Agrippa Furio Medullino Fuso
Agrippa Furio Medullino Fuso[1] (in latino Agrippa Furius Medullinus Fusus; fl. V secolo a.C.) è stato un politico e militare romano del V secolo a.C..
Agrippa Furio Medullino Fuso | |
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Console della Repubblica romana | |
Nome originale | Agrippa Furius Medullinus Fusus |
Gens | Gens Furia |
Consolato | 446 a.C. |
Biografia
modificaNel 446 a.C. venne eletto console, insieme a Tito Quinzio Capitolino Barbato console per la quarta volta.
Approfittando dei dissidi interni a Roma, tra Patrizi e Plebei, per l'ennesima volta Volsci ed Equi avevano razziato le campagne di Roma, arrivando impunemente fin sotto le mura della città. In quel frangente Tito Quinzio pronunciò un discorso al popolo romano riunito, riuscendo a far tornare la concordia tra le classi, che Tito Livio riporta per intero[2].
«Tenetevele strette le vostre assemblee e continuate pure a vivere nel Foro: ma la necessità di prendere le armi - da cui rifuggite - vi incalza. Vi pesava marciare contro Equi e Volsci? Ora la guerra è alle porte. Se non si riuscirà ad allontanarla, presto si trasferirà all'interno delle mura e salirà fino alla rocca del Campidoglio, perseguitandovi anche dentro le case.»
Approntato in breve tempo l'esercito, Agrippa cedette il comando delle proprie legioni a Tito Quinzio per affrontare più efficacemente lo scontro, un atto non dovuto, che gli valse la stima e riconoscenza del collega. Lo scontro, al quale Agrippa partecipò come legato del collega più anziano, fu breve e cruento, e i romani vittoriosi, tornarono in città con un grande bottino[3].
L'anno consolare fu però macchiato dalla decisione del popolo romano riunito, sobillato da Publio Scapzio, di avocare a Roma la proprietà di territori contesi tra Ardea ed Ariccia, per i quali le popolazioni delle due città avevano chiesto il giudizio di Roma[4].
Note
modifica- ^ William Smith, Dictionary of Greek and Roman Biography and Mythology, 1, Boston: Little, Brown and Company, Vol.2 p. 1005 Archiviato il 23 settembre 2009 in Internet Archive.
- ^ Tito Livio, "Ab Urbe Condita", III, 4, 67-68
- ^ Tito Livio, "Ab Urbe Condita", III, 4, 70
- ^ Tito Livio, "Ab Urbe Condita", III, 4, 71-72.