Chiesa di San Martino Vecchio
La chiesa di San Martino Vecchio è una chiesa in rovina sita lungo la strada che da Carpena conduce al Forte Bramapane, alle pendici del monte Verrugoli, al confine tra i comuni di Riccò del Golfo e La Spezia.[1]
Chiesa di San Martino Vecchio | |
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I ruderi dell'edificio | |
Stato | Italia |
Regione | Liguria |
Località | monte Verrugoli (La Spezia) |
Coordinate | 44°06′19.65″N 9°46′03.23″E |
Religione | cattolica di rito romano |
Titolare | San Martino di Tours |
Stile architettonico | Romanico |
Inizio costruzione | XII |
Storia
modificaLa chiesa dedicata a San Martino di Tours è citata per la prima volta il 24 settembre 1229 in occasione della nomina di tale Roberto a cappellano della "ecclesie Sancti Martini de Blasso"[2][1].
La chiesa aveva giurisdizione su un ampio territorio che comprendeva i borghi di Biassa, Carpena e Riomaggiore, separatisi poi da essa nel corso del XIII e XIV secolo nella chiesa di San Martino a Biassa, San Nicolò a Carpena e San Giovanni Battista a Riomaggiore.[2]
Il 5 agosto 1758 la parrocchiale di San Martino a Biassa venne elevata al rango di arcipretura: questo evento segnò la definitiva decadenza dell'edificio religioso, iniziata già circa un secolo e mezzo prima, alla fine del Cinquecento.[2][1]
Descrizione
modificaDell'intero edificio rimane ad oggi integra solo la parte absidale, orientata ad est, costituita da quarantotto bozze in pietra locale, sormontate da quattro archetti pensili.[2] Si ritiene che la chiesa avesse tre accessi, due a nord e uno a sud, corrispondenti alle tre comunità principali su cui aveva giurisdizione (Carpena, Biassa e Riomaggiore).
Alla chiesa apparteneva parte del parapetto del pergamo, oggi conservato nella chiesa di San Giovanni Battista di Riomaggiore. Datato 1530, l'altorilievo raffigura San Martino nell'atto di donare il mantello, tra i Santi Anna e Gioacchino; su una parte di esso si legge:
«Hoc altare sculptum fuit aedilibus Ant. Bonanno et Joann. Io. Ant. Vivaldasco anno MDXXX.»
«Questo altare fu scolpito dai costruttori Antonio Bonanno e Giovanni Antonio Vivaldasco nell'anno 1530.»
L'area circostante la chiesa era adibita a camposanto ancora nel 1823, come testimoniato dall'allora parroco di Biassa Maurizio Cima[2]: d'altra parte, rilievi condotti sul pavimento dell'edificio per mezzo di sonde elettriche, restituivano una significativa caduta dei valori di resistività alla distanza di 5 m e 12 m dal paramento interno del muro absidale, facendo ipotizzare l'esistenza del tumulus presbiterorum (camera ipogea destinata alla sepoltura dei sacerdoti) e del tumulus fidelium (camera ipogea per la sepoltura dei parrocchiani)[2].