Giraffa camelopardalis

mammifero africano artodattilo

La giraffa settentrionale (Giraffa camelopardalis Linnaeus, 1758), nota anche come giraffa dalle tre corna[2] o più raramente come camelopardo è la specie tipo del genere Giraffa, originaria del Nord Africa.

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Giraffa settentrionale
Giraffa settentrionale (G. camelopardalis)
Stato di conservazione
Vulnerabile[1]
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
ClasseMammalia
OrdineArtiodactyla
FamigliaGiraffidae
GenereGiraffa
SpecieG. camelopardalis
Linnaeus, 1758
Areale
Distribuzione geografica delle sottospecie di G. camelopardalis

Nell'attuale schema tassonomico dell'IUCN, esiste una sola specie di giraffa, ossia G. camelopardalis, e le sue nove sottospecie, sebbene delle ipotesi tassonomiche alternative hanno proposto l'esistenza di più specie, da due a undici.[1][3]

Un tempo abbondanti in tutta l'Africa fino al XIX secolo, l'animale era presente nel Senegal, Mali e Nigeria, dall'Africa occidentale al nord dell'Egitto.[4] Le giraffe dell'Africa occidentale vivevano un tempo in Algeria e Marocco in periodi antichi fino alla loro estinzione a causa del clima secco sahariano.[4][5][6] Alcune popolazioni isolate possono essere trovate nel sud del Sudan, Kenya, Ciad e Niger.

Tutte le giraffe sono considerate Vulnerabili all'estinzione dall'IUCN.[1][7] Nel 2016, circa 97.000 individui di tutte le sottospecie erano presenti allo stato brado.[7]

Etimologia

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cranio e scheletro di giraffa camelopardalis

Il nome specifico camelopardalis è di origine latina[8]. Durante il Medioevo la specie era conosciuta come «camelopardo», nome derivato dalle parole greche antiche che indicavano il cammello e il leopardo, animali a cui la giraffa ritenevano somigliasse[9][10].

Kameelperd è anche il nome della specie in lingua afrikaans[11]. Tra gli altri nomi africani della giraffa ricordiamo ekorii (ateso), kanyiet (elgon), nduida (gikuyu), tiga (kalenjin e luo), ndwiya (kamba), nudululu (kihehe), ntegha (kinyaturu), ondere (lugbara), etiika (luhya), kuri (ma'di), oloodo-kirragata od olchangito-oodo (maasai), lenywa (meru), hori (pare), lment (samburu) e twiga (swahili e altre) nell'Africa orientale[12]; e tutwa (lozi), nthutlwa (shangaan), indlulamitsi (siswati), thutlwa (sotho), thuda (venda) e ndlulamithi (zulu) in quella meridionale[11].

Descrizione

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La giraffa settentrionale presenta due protuberanze simili a corno, chiamate ossiconi, sulla fronte. I maschi, inoltre, presentano una terza protuberanza cilindrica meno sviluppata nel centro della fronte sopra gli occhi, che può raggiungere anche i 3-5 pollici. Le giraffe settentrionali sono più grandi e alte delle loro controparti meridionali.[2]

Sottospecie

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Giraffa § Specie e sottospecie.
 
Giraffa camelopardalis presso lo Zoo d'Amnéville

Lo schema tassonomico dell'IUCN, considera valida una sola specie di giraffa, ossia G. camelopardalis, che contiene nove sottospecie, elencante di seguito:

Distribuzione

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Le giraffe settentrionali sono divise in varie popolazioni isolate tra loro, e prediligono le savane e le zone boschive. A seguito delle loro estinzioni locali in varie regioni, le giraffe settentrionali sono la specie meno numerose e più minacciata. Nell'Africa orientale, si trovano principalmente in Kenya e nell'Etiopia sud-occidentale, e raramente nella Repubblica Democratica del Congo nordorientale e nel sud del Sudan. Se ne contano circa 2000 nella Repubblica Centrafricana, il Ciad e il Camerun, nell'Africa centrale. Un tempo diffuse nell'Africa occidentale, alcune centinaia di giraffe settentrionale sono confinate nella Riserva Dosso di Kouré, Niger. Sono comuni sia all'interno che all'esterno delle aree protette.[1]

La distribuzione originale delle giraffe settentrionale era nel Ciad durante il tardo Pliocene. Vissero anche in Algeria sin dal primo Pleistocene durante il Quaternario. Vissero anche in Marocco fino alla loro estinzione intorno all'anno 600 d.C., poiché il clima secco del Sahara rendeva le condizioni impossibili per le giraffe.[5] Sono estinte anche in Libia e in Egitto.[6]

  1. ^ a b c d Muller, Z., Bercovitch, F., Brand, R., Brown, D., Brown, M., Bolger, D., Carter, K., Deacon, F., Doherty, J.B., Fennessy, J., Fennessy, S., Hussein, A.A., Lee, D., Marais, A., Strauss, M., Tutchings, A. e Wube, T., Giraffa camelopardalis, vol. 2016, 2016, p. e.T9194A109326950, DOI:10.2305/IUCN.UK.2016-3.RLTS.T9194A51140239.en.
  2. ^ a b Linnaeus, C. (1758). The Nubian or Three-horned giraffe (Giraffa camelopardalis). Existing Forms of Giraffe (February 16, 1897): 14.
  3. ^ (EN) Alice Petzold e Alexandre Hassanin, A comparative approach for species delimitation based on multiple methods of multi-locus DNA sequence analysis: A case study of the genus Giraffa (Mammalia, Cetartiodactyla), in PLOS ONE, vol. 15, n. 2, 13 febbraio 2020, pp. e0217956, DOI:10.1371/journal.pone.0217956, ISSN 1932-6203 (WC · ACNP), PMC 7018015, PMID 32053589.
  4. ^ a b Alexandre Hassanin, Anne Ropiquet, Anne-Laure Gourmand, Bertrand Chardonnet, Jacques Rigoulet: Mitochondrial DNA variability in Giraffa camelopardalis: consequences for taxonomy, phylogeography and conservation of giraffes in West and central Africa. C. R. Biologies 330 (2007) 265–274. online abstract
  5. ^ a b Anne Innis Dagg, Giraffe: Biology, Behaviour and Conservation, Cambridge University Press, 23 gennaio 2014, p. 5, ISBN 978-1-107-72944-5. URL consultato il 30 marzo 2017.
  6. ^ a b Fred Wendorf e Romuald Schild, Holocene Settlement of the Egyptian Sahara: Volume 1: The Archaeology of Nabta Playa, Springer Science & Business Media, 11 novembre 2013, p. 622, ISBN 978-1-4615-0653-9. URL consultato il 30 marzo 2017.
  7. ^ a b Z. Muller, Giraffa camelopardalis (Giraffe), 2016. URL consultato il 2 maggio 2017 (archiviato dall'url originale il 14 maggio 2019).
  8. ^ camelopardalis, su perseus.tufts.edu, A Latin Dictionary, Perseus Digital Library. URL consultato il 23 novembre 2011.
  9. ^ Definition of CAMELOPARD, su m-w.com, Encyclopædia Britannica: Merriam-Webster. URL consultato il 3 settembre 2014.
  10. ^ Definition of camelopard, su medieval_terms.enacademic.com, Dictionary of Medieval Terms and Phrases. URL consultato il 3 settembre 2014 (archiviato dall'url originale il 4 settembre 2014).
  11. ^ a b C. Walker, Signs of the Wild, Struik, 1997, p. 142, ISBN 1-86825-896-3.
  12. ^ J. Kingdon, East African Mammals: An Atlas of Evolution in Africa, Volume 3, Part B: Large Mammals, University Of Chicago Press, 1988, pp. 313-37, ISBN 0-226-43722-1.

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Collegamenti esterni

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