L'inculturazione è un termine in uso nell'antropologia culturale, per indicare il processo di trasmissione della cultura fra le generazioni e in storia delle religioni per indicare la trasmissione e adattamento del culto in contesti culturali diversi.

L'inculturazione secondo l'antropologia culturale

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Il termine "inculturazione" indica il processo di trasmissione della cultura da una generazione all'altra, in cui l'aspetto complementare è la socializzazione dell'individuo tramite l'apprendimento della lingua, l'educazione in ambito familiare, l'imitazione degli adulti e l'assimilazione delle regole di comportamento, l'educazione sessuale, la partecipazione a giochi, gare, danze e cerimonie, la memorizzazione dei racconti degli anziani, l'associazione a gruppi di età, società segrete e di culto, iniziazione.

Durante la fanciullezza e l'adolescenza si forma, mediante il processo di antropopoiesi, la personalità di base dell'individuo: questi con la maturità e la vecchiaia diviene in grado di dare un contributo innovativo ed originale alla sua cultura. Alcune categorie di persone ricevono un'educazione particolare, finalizzata alla specificità dei loro ruoli, come ad esempio gli operatori magico-religiosi (guaritori, sciamani, stregoni), gli artigiani, i griot e gli artisti, spesso soggetti a tabù particolari.

L'inculturazione del cristianesimo

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L'inculturazione è «l'incarnazione del Vangelo nelle culture autoctone ed insieme l'introduzione di esse nella vita della Chiesa» (Papa Giovanni Paolo II, enciclica Slavorum Apostoli, 1985, nº 21). Si tratta di un doppio movimento: da una parte, le culture ricevono il messaggio cristiano ai livelli più profondi della loro peculiare mentalità, e dall'altra si convertono in un'espressione inedita del Cristianesimo, all'interno della Chiesa.

L'inculturazione, dunque, ha due facce: da un lato l'annuncio del vangelo induce in ogni popolo una ri-comprensione in termini nuovi dei propri valori profondi e spesso il loro riemergere in forme originali di pietà popolare, dall'altro la liturgia può assumere modalità espressive caratteristiche del popolo e da esso più immediatamente comprensibili. La parte più visibile dell'inculturazione, quindi, consiste nella diversificazione della liturgia per assimilare contenuti dei diversi popoli. L'adozione e la trasformazione in senso cristiano di simboli, riti e credenze di culture non cristiane è un fenomeno antichissimo. Esempi di inculturazione, tanto remota da esserne stato perso il ricordo, sono il bastone ricurvo dei vescovi e degli abati, che era una insegna degli aruspici etruschi, e il colorito nero di molte antiche immagini della vergine Maria, comune anche in immagini di divinità greche ed egizie (vedi Madonna Nera). Un antico esempio, invece, di deliberata cristianizzazione di riti pagani è descritto in una lettera scritta da papa Gregorio Magno nel 601:

«Si dice che gli uomini di questa nazione sono abituati a sacrificare buoi. È necessario trasformare questa tradizione in un rito cristiano. Nel giorno della consacrazione dei templi (pagani), cambiati in chiese e nelle feste dei santi, le cui reliquie saranno conservate là, gli permetterete come in passato di costruire strutture di foglie attorno alle chiese. Essi porteranno alle chiese i loro animali, li ammazzeranno, non offrendoli più al diavolo, ma per un banchetto cristiano nel nome e in onore di Dio, al quale renderanno grazie, dopo essersi saziati. Solo così, conservando per gli uomini alcune delle gioie del mondo, li condurrete più facilmente ad apprezzare le gioie dello spirito»

L'inculturazione pone sempre difficili problemi teologici per assicurarsi che essa non comporti in realtà l'abbandono di alcuni dogmi cristiani o l'introduzione di credenze pagane producendo una nuova religione sincretistica. Questo problema risultò particolarmente grave in occasione della prima introduzione del cristianesimo da parte dei gesuiti, prima in India e in Giappone da parte del Visitatore Padre Alessandro Valignano ("Cerimoniale per i missionari del Giappone" il suo testo che ne descrive il metodo), e quindi in Cina dal discepolo di questi, Matteo Ricci; Finì nel 1715 con la condanna dei cosiddetti riti cinesi da parte di papa Clemente XI. L'inculturazione costituisce anche oggi un punto delicato per la chiesa dell'Africa.

Benché la pratica sia antica, l'uso del termine "inculturazione" nel cristianesimo è recente e spesso deve competere con la scelta di altri termini come "adattamento" o "contestualizzazione".

L'inculturazione liturgica nel Cattolicesimo

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Parlare di storia della liturgia cristiana è, implicitamente, affrontare il tema dell'inculturazione ante litteram giacché la stessa parola culto è collegata etimologicamente a cultura. Il culto liturgico della Chiesa realizza, proprio attraverso ciascuna forma culturale propria di un'epoca, una particolare incarnazione. Da questi periodi ed espressioni storici, la liturgia, assimila alcuni elementi e, allo stesso tempo, riesce ad avere un influsso su di essi.

Anche se non hanno parlato di storia della inculturazione, gli esperti che maggiormente hanno studiato e insegnato questa disciplina accademica sono stati Ildefonso Herwegen[1], abate di Maria Laach, e il suo allievo Burkhard Neunheuser. Un'opera di quest'ultimo, Storia della liturgia attraverso le epoche culturali[2], traccia un percorso storico del rapporto tra liturgia e cultura nel tempo. Le tappe principali, in cui esso si dipana, potrebbero essere così suddivise:

  1. Epoca apostolica
  2. Epoca del contatto col mondo greco-latino
  3. Epoca della libertà religiosa
  4. Epoca della liturgia romana pura
  5. Epoca del contatto col mondo franco-germanico
  6. Epoca della liturgia "romana"
  7. Epoca della liturgia "Secundum usum romane Curiae"
  8. Epoca della Riforma del Concilio di Trento
  9. Epoca del Barocco
  10. Epoca dell'Illuminismo
  11. Epoca della restaurazione del secolo XIX
  12. Epoca del movimento liturgico
  13. Epoca del Concilio Vaticano II
  14. Epoca contemporanea

Dopo il Concilio Vaticano II

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Il Sinodo straordinari dei Vescovi del 1985[3], pubblicò nella sua relazione finale una definizione di inculturazione. Essa viene collocata nel capitolo dedicato a "La missione della Chiesa nel mondo". Così vi si legge:

«Poiché la Chiesa è comunione, che unisce diverse unità, essendo presente in tutto il mondo, assume da ogni cultura tutto quello che in-contra di positivo. L'inculturazione tuttavia è diversa da un semplice adattamento esteriore, perché significa l'intima trasformazione degli autentici valori culturali mediante l'integrazione nel cristianesimo e il radicamento del cristianesimo nelle varie culture umane.»

I Padri sinodali, continuando, sottolineano la rottura fra Vangelo e cultura citando Paolo VI:

(LA)

«Discidium inter Evangelium et culturam sine dubio detrimentosus nostri temporis casus est, sicut etiam aliis aetatibus fuit. Proinde, oportet omnem opem operamque impendere, ut sedulo studio humana cultura, sive potius ipsae culturae evangelizentur. Renasci eas necesse est ex sua cum Bono Nuntio coniunctione. Verumtamen, huiusmodi coniunctio non eveniet, nisi Bonus Nuntius proclamabitur .»

(IT)

«La rottura tra Vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca, come lo fu anche di altre. Occorre quindi fare tutti gli sforzi in vista di una generosa evangelizzazione della cultura, più esattamente delle culture. Esse devono essere rigenerate mediante l'incontro con la Buona Novella. Ma questo incontro non si produrrà, se la Buona Novella non è proclamata.»

Questa definizione presenta il tema chiave dell'inculturazione da declinare, successivamente, anche in ambito liturgico, ovvero: la "reciproca integrazione di elementi pertinenti, tra cristianesimo e cultura"[4]. Questo concetto, applicato alla liturgia porta, secondo il liturgista filippino Chupungco, alla seguente definizione: "il processo attraverso il quale elementi peculiari di una cultura locale sono integrati nei testi, riti, simboli e istituzioni assunti da una chiesa locale per il suo culto"[4].

La relazione fra liturgia e cultura, in taluni casi, viene identificata anche con altri termini:

  • indigenizzazione: quando la liturgia prende una forma che deriva proprio dal contesto culturale nativo[5];
  • contestualizzazione: termine che riprende Gaudium et Spes ed evidenzia la significatività della Chiesa nel contesto del mondo d'oggi;
  • adattamento: vocabolo usato nella costituzione Sacrosanctum Concilium (nn.37-40). Nel 1994 il documento "La liturgia romana e l'inculturazione[6]" fa la scelta preferenziale per inculturazione in luogo di adattamento che compare in altri documenti:
  • acculturazione: il liturgista Chupungco propone, per questo termine, la seguente definizione: "l'acculturazione consiste nella giustapposizione di due culture, operata secondo una dinamica di interazione senza il vantaggio della mutua integrazione"[4]. L'acculturazione liturgica sarebbe una realtà specifica presente, ad esempio, nel periodo barocco che non va oltre alle barriere rubricali e canoniche.
Teologia dell'inculturazione liturgica
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Come Brambilla spiega, per costruire una teologia della inculturazione bisogna partire proprio dall'incarnazione di Gesù Cristo[7] essendo essa il paradigma della stessa Chiesa.

Ad gentes al numero 10 afferma:

(LA)

«Ecclesia, ut omnibus mysterium salutis vitamque a Deo allatam offerre possit, sese omnibus his coetibus inserere debet eodem motu, quo ipse Christus incarnatione sua se obstrinxit certis socialibus et culturalibus conditionibus hominum cum quibus conversatus est.»

(IT)

«La Chiesa quindi, per essere in grado di offrire a tutti il mistero della salvezza e la vita che Dio ha portato all'uomo, deve cercare di inserirsi in tutti questi raggruppamenti con lo stesso movimento con cui Cristo stesso, attraverso la sua incarnazione, si legò a quel certo ambiente socio-culturale degli uomini in mezzo ai quali visse.»

E prosegue, in riferimento alle giovani chiese:

(LA)

«Equidem ad instar oeconomiae Incarnationis, Ecclesiae novellae in Christo radicatae Apostolorumque fundamento superaedificatae, in admirabile commercium assumunt omnes divitias nationum quae Christo datae sunt in haereditatem.»

(IT)

«Indubbiamente, come si verifica nell'economia dell'incarnazione, le giovani Chiese, che han messo radici in Cristo e son costruite sopra il fondamento degli apostoli, hanno la capacità meravigliosa di assorbire tutte le ricchezze delle nazioni, che appunto a Cristo sono state assegnate in eredità»

L'inculturazione, in questo modo, viene ad essere premessa sia da un principio cristologico che ecclesiologico che Chupungco riassume come: "paradigma storico" per l'incarnazione de Figlio di Dio e "realizzazione continua di quel paradigma" per l'incarnazione della Chiesa[4]. Questo principio teologico insito nell'inculturazione viene sintetizzato anche dal documento Liturgia Romana e Inculturazione[6]: "la fede in Cristo offre a tutte le nazioni di beneficiare della promessa di condividere l'eredità del popolo della Alleanza (cfr Ef 3,6), senza rinunciare alla loro cultura".

L'inculturazione nel Luteranesimo

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Il tema "liturgia e cultura" è stato oggetto di riflessione anche della Federazione luterana mondiale[8]. La terza consultazione della Federazione luterana, come frutto di questi confronti multiculturali ed ecumenici, presentò a Nairobi nel gennaio 1996 la dichiarazione: Nairobi statement on Worship and Culture[9]. Dopo aver rilevato che la liturgia si basa su elementi trans-culturali, il termine che incontriamo in questi testi per indicare l'introduzione di elementi tipici di ogni cultura è contestualizzazione:

(EN)

«Several specific elements of Christian liturgy are also transcultural, e.g., readings from the Bible (although of course the translations vary), the ecumenical creeds and the Our Father, and Baptism in water in the Triune Name.»

Tra le sfide che la Federazione si diede nel 1996, inoltre, troviamo:

(EN)

«We call on all member churches of the Lutheran World Federation to undertake more efforts related to the transcultural, contextual, counter-cultural, and cross-cultural nature of Christian worship.»

L'inculturazione nell'Ortodossia

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L'inculturazione nel Buddismo

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L'inculturazione nell'Islam

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  1. ^ Ildefons Herwegen, Das Kunstprinzip in der Liturgie Junfermann, Paderborn 1912.
  2. ^ Burkhard Neunheuser, Storia della liturgia attraverso le epoche culturali,, collana Bibliotheca Ephemerides Liturgicae. Subsidia, CLV, 1999, ISBN 978-8885918054.
  3. ^ Seconda Assemblea Generale Straordinaria. Il ventesimo anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II (24 novembre - 8 dicembre 1985), su synod.va. URL consultato l'8 maggio 2020 (archiviato dall'url originale il 17 febbraio 2020).
  4. ^ a b c d A.J. Chupungco, "Inculturazione liturgica", in Liturgia, a cura di C. Cibien , D. Sartore , A.M. Triacca,, collana Dizionari San Paolo, San Paolo, Cinisello Balsamo,, 2001, p. 956.
  5. ^ D.S. Amalorpavadass, Towards Indigenizations in the Liturgy, Bangalore, 1971, pp. 26-53.
  6. ^ a b Congregazione per il culto divino e sacramenti, La liturgia romana e l'inculturazione. IV istruzione per una corretta applicazione della Costituzione conciliare sulla sacra liturgia (nn. 14), collana Documenti Santa Sede , Nnr. 25, EDB, 1994, ISBN 9788810111192.
  7. ^ G. Brambilla, Ermeneutica teologica dell'adattamento liturgico, in A. Pistoia-A.M. Triacca, Liturgia e adattamento, CLV-Liturgiche, 1990, pp. 38-83.
  8. ^ K.F. Pecklers, Liturgia. La dimensione storica e teologica del culto cristiano e le sfide del domani, collana Giornale di Teologia 326, 2ª ed., Queriniana, 2013, pp. 168-173.
  9. ^ (EN) Lutheran World Federation, Nairobi Statement on Worship and Culture: Contemporary Challenges and Opportunities, su worship.calvin.edu, 1996.

Bibliografia

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  • Metamorfosi del sacro. Acculturazione, inculturazione, sincretismo, fondamentalismo, Jaca Book, Milano 2009. Volume 10 della collana Trattato di Antropologia del Sacro diretta da Julien Ries e Lawrence Edward Sullivan
  • A.J. Chupungco, "Inculturazione liturgica", in C. Cibien , D. Sartore , A.M. Triacca, Liturgia (Dizionari San Paolo), San Paolo, Cinisello Balsamo, 2001, pp.952-968.
  • A.J. Chupungco, "Liturgia e inculturazione", in Pontificio istituto liturgico (Sant'Anselmo), Scienza liturgica. Manuale di liturgia. Vol. II - Liturgia fondamentale, (direzione di A.J. Chupungco), Piemme, 1998, pp. 345-386.
  • Nairobi Statement on Worship and Culture Full Text
  • Seconda Assemblea Generale Straordinaria. Il ventesimo anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II (24 novembre - 8 dicembre 1985): Relazione Finale del Sinodo dei Vescovi 1985 Archiviato il 18 novembre 2019 in Internet Archive.
  • Paulus VI, Adhortatio apostolica Evangelii nuntiandi, die VIII mensis Decembris, anno MCMLXXV.
  • Lutheran World Federation, Nairobi Statement on Worship and Culture: Contemporary Challenges and Opportunities., su worship.calvin.edu, 1996.
  • Burkhard Neunheuser, Storia della liturgia attraverso le epoche culturali, in Bibliotheca Ephemerides Liturgicae. Subsidia, CLV, 1999
  • Ildefons Herwegen, Das Kunstprinzip in der Liturgie Junfermann, Paderborn 1912
  • ldefons Herwegen, Germanische Rechtssymbolik in der Römischen Liturgie Winter, Heidelberg 1913
  • Donald C. Nevile, "Liturgy in a multicultural community", in Consensus: Vol. 23 : Iss. 1 , Article 18.
  • Mark B. Francis, C.S.V, ’’Liturgy in a Multicultural Community.” in American Essays in Liturgy, Edited by Edward Foley, Collegeville, Minn.: The Liturgical Press, 1991.
  • Aylward Shorter, Toward a Theology of Inculturation, Orbis Books, Maryknoll, N.Y.,1988.
  • Service National de la Pastorale Liturgique et Sacramentelle, La Maison-Dieu n°296 : Liturgie et inculturation, 2019.
  • Paul F. Bradshaw, Alle origini del culto cristiano: fonti e metodi per lo studio della liturgia dei primi secoli, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2007, (edizione originale The Search for the Origins of Christian Worship: Sources and Methods for the Study of Early Liturgy, Oxford, University Press, 2002).
  • Arnold Angenendt, Liturgia e storia. Lo sviluppo organico in questione (Leitourgia. Sezione storico-pastorale), Cittadella 2005.


Voci correlate

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Collegamenti esterni

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