L'uomo del banco dei pegni

film del 1964 diretto da Sidney Lumet

L'uomo del banco dei pegni (The Pawnbroker) è un film del 1964 diretto da Sidney Lumet.

L'uomo del banco dei pegni
Sol Nazerman (Rod Steiger)
Titolo originaleThe Pawnbroker
Paese di produzioneStati Uniti d'America
Anno1964
Durata116 min
Dati tecniciB/N
Generedrammatico
RegiaSidney Lumet
Soggettodal romanzo di Edward Lewis Wallant
SceneggiaturaMorton S. Fine, David Friedkin
ProduttorePhilip Langner, Roger Lewis, Ely Landau
Produttore esecutivoWorthington Miner
Casa di produzioneAmerican International Pictures, Landau Company
FotografiaBoris Kaufman
MontaggioRalph Rosenblum
MusicheQuincy Jones
ScenografiaRichard Sylbert
CostumiAnna Hill Johnstone
TruccoBill Herman
Interpreti e personaggi
Doppiatori italiani

Nel 2008 è stato scelto per essere conservato nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.[1]

Il film è stata la prima produzione cinematografica interamente prodotta negli Stati Uniti a trattare il tema dell'Olocausto dal punto di vista di un ebreo sopravvissuto allo sterminio e una delle prime produzioni mainstream americane a contenere scene di nudo, che furono proiettate senza il nulla osta della censura.[2]

Sol Nazerman, un ex professore universitario, ebreo, sopravvissuto alla prigionia nel campo di concentramento di Auschwitz, gestisce un negozio di pegni a Harlem, utilizzato anche come copertura dalla malavita organizzata. L'uomo ha perduto la moglie e i due figli nella tragedia dell'Olocausto e dopo la guerra è emigrato negli Stati Uniti; vive a Long Island con la sorella, Berthe, sposata con due figli e contribuisce al sostentamento della famiglia di lei. Frequenta Tessie, vedova di un amico, morto nel lager e provvede anche al suo mantenimento e a quello del vecchio padre di lei, Mendel, entrambi ex internati. Ogni giorno numerose persone indigenti, spesso clienti abituali, entrano nel suo negozio per impegnare quel poco che hanno, sempre trattati con freddezza e distaccata durezza da Nazerman che ha reagito ai traumi della guerra imponendosi un totale distacco dalle sofferenze del genere umano. Quando però Jesus Ortiz, giovane portoricano suo assistente, muore per difenderlo durante una rapina Nazerman ne rimane intensamente colpito.

Produzione

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Originariamente, il film avrebbe dovuto essere girato a Londra, in modo da usufruire dei vantaggi fiscali riservati ai registi cinematografici in Inghilterra.

Rod Steiger restò coinvolto nella produzione a partire dal 1962, un anno dopo la pubblicazione del romanzo di Edward Lewis Wallant dal quale il film è tratto, e contribuì alle prime stesure della sceneggiatura. Egli ricevette un compenso di 50,000 dollari per la sua performance, molto meno del suo abituale compenso, in quanto si fidava del progetto di Lumet, con il quale aveva lavorato in precedenza in una serie televisiva.

I registi Stanley Kubrick, Karel Reisz e Franco Zeffirelli rifiutarono il copione loro proposto. Kubrick disse di ritenere Rod Steiger "non troppo entusiasmante". Reisz, i cui genitori erano morti in un campo di concentramento nazista, disse di non poter accettare per "ragioni strettamente personali". Zeffirelli, all'epoca regista teatrale, era ansioso di dirigere un film, ma disse che L'uomo del banco dei pegni non era il tipo di soggetto che avrebbe voluto dirigere, "certamente non come sua opera prima per il mercato angloamericano".

Le riprese del film si effettuarono a New York alla fine del 1963. Molte delle scene furono girate nel quartiere di Harlem, dove il negozio venne allestito al numero 1642 di Park Avenue, nei pressi dell'incrocio con la 116th Street. Altre location includono Connecticut, Jericho e Lincoln Center.[3]

Controversie

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Il film fece scalpore e si attirò delle critiche per la presenza audace per l'epoca di scene di nudo, delle attrici Linda Geiser e Thelma Oliver. Giudicate "C" (condannevole) dalla Catholic Legion of Decency, si ritenne dalla stessa associazione "che una condanna fosse necessaria per mettere un freno alla diffusa abitudine dei produttori di infilare scene di nudo indecenti nei film statunitensi".

Le stesse scene risultarono in conflitto con le norme sulla censura stabilite dalla Motion Picture Association of America, in base al codice Hays e giudicate "inaccettabili e lussuriose". Nonostante il veto, Landau trovò un accordo con la Allied Artists per distribuire il film senza il nulla osta della censura, mettendolo in circolazione senza i tagli richiesti.

Alcune associazioni ebraiche chiesero di boicottare il film, poiché a loro parere gli Ebrei vengono rappresentati come usurai, rafforzando eventualmente il sentimento antisemita. Associazioni di afroamericani protestarono analogamente per dei presunti stereotipi razziali, in quanto i personaggi neri ricoprono il ruolo di prostitute, malavitosi e tossicodipendenti.

Critica

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«Il ritratto dell'uomo vulnerato dal lager, postosi fuori del bene e del male, in una posizione di glaciale indifferenza (ma tutta crepe e scricchiolii, tutta fermentazione di ricordi e industria, fin troppo scoperta, di analogie visuali tra il passato e il presente) è tratteggiato con mano ferma e Rod Steiger vi sta, specie nella prima parte, quando la sobrietà gli è comandata, col piglio di un forte interprete. Quel che persuade meno è il modo con cui il ritratto si scandisce in dramma, la parte che vi hanno gli altri personaggi, dura, schematica (stucchevole anche, in quei negri ingenui), evidentemente protesa a sollecitare, oltre il necessario, spiegazioni circa le ombre e le pieghe di quel carattere, e a tessere con lui dialoghi esplicativi che tengono del pistolotto. Anche i ricordi e le visioni del campo — spesso lampeggiate come istantanee — introducono la punta dell'artificio fotografico (e i pigmenti del nudo integrale) in un dramma della coscienza offesa che si sarebbe assai giovato d'uno stile più contenuto e casto. Ma ombre e semitoni non sono il forte d'un regista quale Sidney Lumet, sempre più incline (come si è visto anche ne Il gruppo) all'esplicito per non dire all'effettistico, e sempre meno sordo alle lusinghe d'una rettorica illusoriamente realistica.»

In patria, il film, e la performance di Steiger in particolare, ricevettero il plauso quasi unanime della critica. Life elogiò la "versatilità senza fine" di Steiger. Brendan Gill scrisse sul The New Yorker che l'attore era in grado di rendere convincente e plausibile ogni ruolo interpretasse. Il critico del New York Times Bosley Crowther definì il film "opera notevole" lodando la recitazione di tutti gli attori, inclusi i comprimari.[5] Di parere negativo invece la recensione di Pauline Kael, che definì la tematica della pellicola "trita e ritrita".

Riconoscimenti

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Curiosità

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  1. ^ (EN) Cinematic Classics, Legendary Stars, Comedic Legends and Novice Filmmakers Showcase the 2008 Film Registry, su loc.gov, Library of Congress, 30 dicembre 2008. URL consultato il 2 gennaio 2012.
  2. ^ Leonard J. Leff, Hollywood and the Holocaust: Remembering The Pawnbroker (PDF), American Jewish History n. 84 (4), 1996, pag. 353–376
  3. ^ Eugene Archer, As Crowds Watch, 'The Pawnbroker' Goes Into Business in Spanish Harlem, in The New York Times, 3 novembre 1963. URL consultato il 10 marzo 2009.
  4. ^ Coraggioso film americano sul reduce da un lager nazista
  5. ^ Bosley Crowther, The Pawnbroker, in The New York Times, 21 aprile 1965. URL consultato il 10 marzo 2009.

Bibliografia

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  • (EN) Lester D. Friedman, The Jewish Image in American Film, Secaucus, NJ: Citadel Press, 1987, pp. 168–171.

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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