Lampronia

genere di insetti

Lampronia Stephens, 1829[1][2] è un genere di lepidotteri appartenente alla famiglia Prodoxidae, diffuso in Eurasia e America settentrionale.[3][4]

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Lampronia
Lampronia rupella
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
SottoregnoEumetazoa
SuperphylumProtostomia
PhylumArthropoda
SubphylumTracheata
SuperclasseHexapoda
ClasseInsecta
SottoclassePterygota
CoorteEndopterygota
SuperordineOligoneoptera
SezionePanorpoidea
OrdineLepidoptera
SottordineGlossata
InfraordineHeteroneura
DivisioneIncurvariina
SuperfamigliaAdeloidea
FamigliaProdoxidae
SottofamigliaLamproniinae
GenereLampronia
Stephens, 1829
Serie tipo
Tinea rupella
[Denis & Schiffermüller], 1775
Specie

Etimologia

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Il nome del taxon deriva dal greco λαμπρός (lamprós) = splendente, fulgido, riferito anche ad un metallo, a causa dei riflessi metallici delle ali di alcune specie appartenenti a questo genere.[3][5]

Descrizione

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Si tratta di piccole falene diurne, alquanto primitive, con nervatura alare di tipo eteroneuro e apparato riproduttore femminile provvisto di un'unica apertura , funzionale sia all'accoppiamento, sia all'ovodeposizione.[6][7][8][9][10][11]

L'apertura alare può variare dai 9 mm di Lampronia redimitella fino ai 24 mm di Lampronia oregonella.[4][12]

Il capo è ricoperto di scaglie piliformi, che tuttavia appaiono meno fitte rispetto a quanto osservabile in generale negli Adeloidea.[4][6][13]

Le antenne non sono molto lunghe, potendo misurare al massimo 0,33-0,6 volte la lunghezza della costa dell'ala anteriore; sono di regola moniliformi, mai clavate, con lo scapo talvolta provvisto di pecten ed il flagello filiforme.[4][6]

Gli occhi, sono relativamente piccoli e glabri o con cornea ricoperta da esili microsetae.[4] Gli ocelli sono assenti, come pure i chaetosemata.[6]

I pilifer sono ben sviluppati.[4] Le mandibole sono vestigiali ma tuttavia pronunciate. La proboscide è poco sviluppata e priva di scaglie.[4][6][14][15]

I palpi mascellari sono sottili e ricurvi.[3][4][6][13]

Le ali sono lanceolate (la lunghezza è circa il triplo della larghezza), con colorazione variabile dal biancastro traslucido al marroncino, in alcuni casi con riflessi metallici, e spesso con macchie e geometrie varie. Il tornus non è individuabile. I microtrichi sono di solito presenti su tutta l'ala anteriore.[4] Il termen è convesso e manca una macchia discale. Rs4 termina sulla costa, mentre 1A+2A è biforcata solo alla base.[4][6] L'ala posteriore presenta un apice arrotondato, ed è lievemente più corta dell'anteriore.[6][14]

L'accoppiamento alare è di tipo frenato (con frenulum più robusto nel maschio), mentre è presente l'apparato di connessione tra ala anteriore e metatorace; si può inoltre osservare un ponte precoxale.[4][6][14][15][16][17]

Nelle zampe, l'epifisi è presente, mentre gli speroni tibiali hanno formula 0-2-4.[4][6][14][15]

Nell'apparato genitale maschile, si osservano i pectinifer sulle valve di molte specie, con sviluppo e struttura variabili, talvolta ridotti a semplici spine, oppure totalmente assenti.[4][6] L'uncus si trova fuso assieme al tegumen con varie soluzioni, tra cui uno o due lobi terminali. Il tegumen appare costituito da una stretta fascia dorsale, mentre il vinculum è solitamente ben sviluppato, a forma di "V" o di "Y". La juxta si mostra sotto forma di uno sclerite sagittato ben definito. L'edeago è costituito da una struttura tubulare alquanto allungata, facilmente distinguibile.[4]

Nel genitale femminile, l'ovopositore è ben sviluppato e perforante, al fine di permettere l'inserimento delle uova all'interno dei tessuti fogliari della pianta ospite.[6][8][14][15] Si può osservare inoltre un paio di signa stellati sul corpus bursae (in alcuni casi ridotti o assenti), oltre che un caratteristico bordo posteriore arrotondato sul settimo tergite.[4][6][14][18]

L'uovo si mostra biancastro e di forma alquanto variabile, ma di regola è ovoidale, con dimensioni comprese tra 0,3 e 0,5 mm di lunghezza, e con un diamentro di 0,2-0,3 mm. Il chorion appare liscio e provvisto di un reticolo micropilare ridotto.[4]

La larva può essere bianca, verdastra oppure rossiccia, di solito cilindrica o sub-cilindrica, e con una lunghezza compresa tra 6 e 22 mm.[4]

Il capo è prognato, con frontoclipeo breve, e di colorazione da chiara a molto scura. Solitamente si osservano sei paia di stemmata, che tuttavia si riducono a tre paia nelle sole forme meramente apode.[4][6][15][19]

Zampe e pseudozampe

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Le zampe sono di solito presenti e ben sviluppate; il pretarso rivela spesso una robusta seta squamiforme disposta sulla base laterale dell'unghia; le pseudozampe possono essere vestigiali, con uncini talvolta assenti, almeno nei primi stadi di sviluppo, ma spesso presenti sui segmenti addominali da III a VI, e disposti su doppie file. In ogni caso gli uncini sono sempre assenti nel decimo segmento addominale.[4][6][15][19]

La pupa è exarata e relativamente mobile, con appendici libere e ben distinte (pupa dectica).[4][6][15][19][20]

Nel capo, il vertice è spesso dotato di un rostro frontale molto evidente. Le ali si estendono fin sul V-VII segmento addominale e di regola i segmenti addominali da II a VII sono mobili in ambo i sessi.[20] Sui segmenti addominali da II a VIII è inoltre osservabile una singola fila di spine tergali. Il cremaster è di solito rappresentato da una coppia di robuste spine, o tubercoli dorsali, disposte sul decimo segmento addominale, in alcune specie accompagnate da altre due spine in posizione ventrale.[4]

Biologia

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Ciclo biologico

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Le uova vengono inserite nei tessuti della pianta nutrice, tra la fine della primavera e l'inizio dell'estate; la giovane larva è minatrice e, come nei Cecidosidae, non costruisce un fodero; essa si accresce inizialmente alle spese del seme in formazione ma, a seconda della specie in questione, possono invece essere attaccati i piccioli, le gemme, le foglie, i ricettacoli fiorali, oppure i frutti della pianta ospite.[4][6]

Durante la seconda parte dell'estate, la larva di terza età abbandona le strutture vegetali occupate in precedenza, per iniziare a tessere un hibernaculum, ossia una struttura all'interno della quale si appresta a trascorrere l'inverno tra gli strati superficiali del terreno, oppure al riparo in una fessura, sempre alla base della pianta nutrice; all'inizio della primavera successiva, la larva emerge dal proprio riparo, risale lungo il fusto, per poi andare a perforare le nuove gemme, provocando danni anche severi alla fioritura. Eccezionalmente, come nel caso di Lampronia fuscatella, il bruco si alimenta all'interno dello stesso cecidio (altrimenti detto "galla") di cui provoca la formazione. L'impupamento può avvenire sia all'interno delle mine, come pure in un bozzolo sericeo, sito all'esterno alla pianta.[4][6]

Di regola le specie sono univoltine, con la larva che rappresenta lo stadio svernante.[4][6][21]

Alimentazione

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Fa seguito un elenco parziale delle specie vegetali che possono essere attaccate da questi bruchi:[4][6][19][22]

Parassitoidismo

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Sono noti fenomeni di parassitoidismo ai danni delle larve di Lampronia, da parte di diverse specie di imenotteri appartenenti alle superfamiglie Chalcidoidea e Ichneumonoidea; tra queste citiamo:[23]

 
L'Olartico

Distribuzione e habitat

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Il genere è a distribuzione esclusivamente olartica, ma con una biodiversità decisamente maggiore nel Paleartico occidentale; non è presente nel Nordafrica.[4][6][14]

L'habitat è rappresentato da boschi e foreste a latifoglie, orti e giardini.[4][6]

Tassonomia

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Lampronia Stephens, 1829 - Nom. Br. Ins.: 51[1] - Specie tipo: Tinea rupella [Denis & Schiffermüller], 1775 - Ank. syst. Schmett. Wienergegend: 320[24][25]

La designazione della specie tipo fu effettuata da Curtis, 1837, Br. Ent. 6: 639.[26] Tuttavia, "Tinea rupella Fab." rappresenta un errore di attribuzione.[25]

Il genere comprende ventotto specie distribuite nell'ecozona olartica, di cui diciotto sono presenti in Europa, otto in Nordamerica e sette in Asia; in Italia sono presenti dieci specie, di cui nove nel Settentrione, due nel Meridione, una sola in Sicilia e nessuna in Sardegna. Non si conoscono endemismi italiani.[27][28][29]

Si segnala inoltre che tre delle specie nordamericane, e segnatamente L. aenescens, L. humilis e L. sublustris, sono state attribuite da Davis al genere Tanysaccus Davis, 1978,[30][31] da altri Autori considerato un sottogenere.[12]

Sinonimi

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Non sono stati riportati sinonimi.[23][28]

Alcune specie

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Conservazione

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Nessuna specie appartenente a questo genere è stata inserita nella Lista rossa IUCN.[32]

  1. ^ a b (EN) Stephens, J. F., The nomenclature of British insects: being a compendious list of such species as are contained in the systematic catalogue of British insects, and forming a guide to their classification (PDF), Londra, Baldwin and Cradock, 1829a, p. 51, DOI:10.5962/bhl.title.51800, ISBN 978-1-247-82419-2, OCLC 11464838. URL consultato il 18 febbraio 2017.
  2. ^ (EN) Stephens, J. F., A systematic catalogue of British insects: being an attempt to arrange all the hitherto discovered indigenous insects in accordance with their natural affinities (PDF), Londra, Baldwin and Cradock, 1829b, p. 226, DOI:10.5962/bhl.title.8987, ISBN non esistente, OCLC 3581754. URL consultato il 18 febbraio 2017.
  3. ^ a b c (EN) Stephens, J. F., Illustrations of British entomology; or, A synopsis of indigenous insects: containing their generic and specific distinctions (PDF), Vol. 4 - Haustellata, v. 4, Londra, Baldwin and Cradock, 1835 [1828-1835], p. 356, DOI:10.5962/bhl.title.8133, ISBN non esistente, OCLC 3165129. URL consultato il 18 febbraio 2017.
  4. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z aa (EN) Davis, D. R., The Monotrysian Heteroneura, in Kristensen, N. P. (Ed.) - Handbuch der Zoologie / Handbook of Zoology, Band 4: Arthropoda - 2. Hälfte: Insecta - Lepidoptera, moths and butterflies, Kükenthal, W. (Ed.), Fischer, M. (Scientific Ed.), Teilband/Part 35: Volume 1: Evolution, systematics, and biogeography, ristampa 2013, Berlino, New York, Walter de Gruyter, 1999 [1998], pp. 65 - 90, ISBN 978-3-11-015704-8, OCLC 174380917. URL consultato il 18 febbraio 2017.
  5. ^ Schenkl, F.; Brunetti, F., Dizionario Greco-Italiano/Italiano-Greco, a cura di Meldi D., collana La creatività dello spirito, Berrettoni G. (nota bibliografica), La Spezia, Casa del Libro - Fratelli Melita Editori, dicembre 1991 [1990], pp. xviii, 972, 14 tavv.,  538, ISBN 978-88-403-6693-7, OCLC 797548053.
  6. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v (EN) Scoble, M. J., Early Heteroneura, in The Lepidoptera: Form, Function and Diversity, seconda edizione, London, Oxford University Press & Natural History Museum, 2011 [1992], pp. 213-219, ISBN 978-0-19-854952-9, LCCN 92004297, OCLC 25282932.
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  8. ^ a b (EN) Davis, D. R. and Gentili, P., Andesianidae, a new family of monotrysian moths (Lepidoptera:Andesianoidea) from austral South America (PDF), in Invertebrate Systematics, vol. 17, n. 1, Collingwood, Victoria, CSIRO Publishing, 24 marzo 2003, pp. 15-26, DOI:10.1071/IS02006, ISSN 1445-5226 (WC · ACNP), OCLC 441542380. URL consultato il 18 febbraio 2017.
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  29. ^ (EN) Stoch, F., Prodoxidae, su Fauna Italia - Checklist of the Species of the Italian Fauna, 2003. URL consultato il 18 febbraio 2017.
  30. ^ (EN) Davis, D. R., Two New Genera of North American Incurvariine Moths (Lepidoptera: Incurvariidae) (PDF), in Pan-Pacific Entomologist, vol. 54, n. 2, San Francisco, CA, Pacific Coast Entomological Society, aprile 1978, pp. 147-153, ISSN 0031-0603 (WC · ACNP), LCCN 34041370, OCLC 819189661. URL consultato il 18 febbraio 2017.
  31. ^ (EN) Giusti, A., Tanysaccus, su The Global Lepidoptera Names Index, Londra, Natural History Museum, 6 agosto 2004, ISSN 2405-8858 (WC · ACNP), OCLC 223993023. URL consultato il 18 febbraio 2017.
  32. ^ (EN) International Union for Conservation of Nature and Natural Resources, IUCN Red List of Threatened Species. Version 2016-3, su IUCN 2016, Cambridge, IUCN Global Species Programme Red List Unit, ISSN 2307-8235 (WC · ACNP), OCLC 943528404. URL consultato il 18 febbraio 2017.

Bibliografia

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Pubblicazioni

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