Lorenzo Dalmazzo

generale italiano (1886-1959)

Lorenzo Dalmazzo (Torino, 23 gennaio 1886Torino, 12 dicembre 1959) è stato un generale italiano, combattente pluridecorato durante la guerra italo-turca e nella prima guerra mondiale, prese parte come comandante di divisione a quella d'Etiopia. Durante la seconda guerra mondiale fu comandante del XXI Corpo d'armata in Africa settentrionale, e poi del VI durante l'invasione della Jugoslavia. Tra il 1942 e il 1943 fu Comandante Superiore delle F.F.A.A dell'Albania, e poi comandante della 9ª Armata avente Quartier generale a Tirana. Catturato dei tedeschi dopo la proclamazione dell'armistizio dell'8 settembre 1943 fu deportato in Germania. Per l'incarico di Ministro della Difesa della Repubblica Sociale Italiana Mussolini prese in considerazione anche il suo nome, ma poi lo assegnò al Maresciallo d'Italia Rodolfo Graziani..

Lorenzo Dalmazzo
SoprannomeRenzo
NascitaTorino, 23 gennaio 1886
MorteTorino, 12 dicembre 1959
Dati militari
Paese servitoItalia (bandiera) Italia
Forza armata Regio Esercito
ArmaFanteria
CorpoBersaglieri
GradoGenerale designato d'armata
GuerreGuerra italo-turca
Prima guerra mondiale
Guerra d'Etiopia
Seconda guerra mondiale
CampagneOperazione Compass
Invasione della Jugoslavia
Fronte jugoslavo
BattaglieBattaglia di Mai Ceu
Comandante diRegio Corpo Truppe Coloniali della Somalia (1925-1926)
2ª Divisione Celere "E.F.T.F." (1935-1936)
2ª Divisione eritrea (1936)
VI Corpo d'armata
9ª Armata
Decorazionivedi qui
Pubblicazionivedi qui
dati tratti da Generals[1]
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Biografia

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Nacque a Torino il 23 gennaio 1886, figlio di Giuseppe e di Secondina Galoppi. Arruolatosi nel Regio Esercito partecipò con il grado di tenente alla guerra italo-turca dove fu decorato con la medaglia di bronzo al valor militare per il coraggio dimostrato a Regdaline il 15 agosto 1912. Partecipò successivamente alle operazioni di polizia coloniale, e dopo l'entrata in guerra del Regno d'Italia, nel giugno 1915[2] prestò servizio come capitano di fanteria assegnato allo Stato maggiore della colonna "Cassinis"[3] durante la grande rivolta araba, distinguendosi a Homs, a el-Cussabàt[4] e a Slinten,[5] venendo decorato con una medaglia d'argento al valor militare. Rientrato in Patria prese parte alle operazioni sul fronte del Carso, nella zona di Gorizia, e negli ultimi mesi di guerra, come tenente colonnello di Stato maggiore, assegnato al comando della 48ª Divisione schierata nella zona del Monte Pertica e dell'Alto Piave e successivamente della 2ª Divisione d'assalto. Al termine della guerra risultava decorato con un'altra medaglia d'argento e una di bronzo al valor militare.

Tra il 1920 e il 1923 fu istruttore di tattica presso la Scuola di guerra dell'esercito, e tra il 4 aprile 1925 e il 10 dicembre 1926[6] prestò servizio nella colonia della Somalia italiana, assegnato come comandante al Regio Corpo Truppe Coloniali.[7] Il 16 aprile 1934 fu promosso generale di brigata, ed assunse il comando della Brigata fanteria "Piave".

Nell'estate del 1935 assume il comando della 2ª Brigata eritrea,[8] mantenendolo anche dopo l'inizio[9] della guerra d'Etiopia fino al 24 gennaio 1936, quando sostituì il generale Achille Vaccarisi alla testa della 2ª Divisione eritrea.[10] Rientrato in Italia divenne in successione comandante della 32ª Divisione motorizzata "Trento", della 2ª Divisione Celere "Emanuele Filiberto Testa di Ferro", e della 12ª Divisione fanteria "Timavo". Tra il settembre e il dicembre 1939 fu comandante del Corpo d'armata di Udine, assumendo in quello stesso mese quello del XXI Corpo d'armata operante in Africa settentrionale. Il 31 maggio 1940 fu promosso al grado di generale di corpo d'armata.

Dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, il XXI Corpo d'armata inquadrato nella 10ª Armata partecipò all'Operazione Compass[11] ma il 28 agosto fu sostituito, per divergenze con il Maresciallo d'Italia Graziani, dal generale Carlo Spatocco. Comandò poi il VI Corpo d'armata durante l'invasione della Jugoslavia, dove fu determinante nella negoziazione dell'accordo di collaborazione con i cetnici[12]. Dal 1 ottobre 1942 e il 9 settembre 1943 svolse l'incarico di Comandante Superiore delle F.F.A.A dell'Albania, avente Quartier generale a Tirana.

Il 20 febbraio 1943 venne elevato al rango di generale designato d'armata, e il 9 settembre di quell'anno si trovava in Albania come comandante della 9ª Armata e, quali principali collaboratori, aveva il generale di divisione Carlo Tucci, capo di stato maggiore, il generale di divisione Giuseppe Piacentini, comandante del genio d'armata e il generale di brigata Alberto de Agazio, comandante dell'artiglieria d'armata. Qui ottenne la collaborazione di Ali Këlcyra, dell'organizzazione nazionalista Balli Kombëtar, per combattere la resistenza comunista. Fu fatto prigioniero di guerra dai tedeschi dopo la firma dell'armistizio di Cassibile e deportato poi al campo di concentramento Offizierlager 64/Z di Schokken dove rimase tra il 25 settembre e il 2 febbraio 1944.[N 1]

Il 10 febbraio 1946 il Tribunale militare di Roma assolse il generale Lorenzo Dalmazzo, accusato di resa e aiuto militare ai tedeschi alla data dell'armistizio, perché i fatti a lui ascritti non costituiscono reato.[13]

Onorificenze

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— Regio Decreto 3 giugno 1918[14]
— Regio Decreto 25 maggio 1937[14]
— Regio Decreto 24 dicembre 1942[14]
«Per la grande attività dimostrata durante le operazioni militari del giugno 1915 e per le mirabili prove di audacia e di coraggio date costantemente neoi vari combattimenti di quel mese. Homs, Kussabat, Slinten, dal 10 giugno all'8 luglio 1915
— Decreto Luogotenenziale 11 febbraio 1917
«Capo di stato maggiore di una divisione d'assalto, ordinatogli di assumere il comando dell'avanguardia e d'incalzare il nemico in ritirata, adempiva al suo compito con grande slancio ed energia, dando continuo esempio di sprezzo del pericolo. Superata ogni resistenza raggiungeva i limiti del possibile, riuscendo a catturare circa 4.000 uomini e 30 pezzi. Già distintosi in precedenti azioni. M. Pertica-Alto Piave, 4 ottobre, 3-4 novembre 1918
— Regio Decreto 2 giugno 1921
«Per le belle prove di coraggio e di serenità date in combattimento ove disimpegnò lodevolmente e con spiccato ardimento le mansioni di ufficiale d'ordinanza, portando ordini e cercando informazioni in terreno esposto al fuoco nemico. Regdaline, 15 agosto 1912
«Durante sei mesi di campagna diede prove continue di serenità, intrepidezza e ed alto sentimento del dovere, eseguendo frequenti ricognizioni, talora anche di sua iniziativa, due delle quali in aeroplano come osservatore, con utili risultati. In una speciale circostanza, addetto al comando delle fanterie attaccanti, confermò sul campo di battaglia, sotto l'intenso fuoco nemico, le sue belle doti di intelligenza e di coraggio. Gorizia e San Marco di Gorizia, 9 agosto 1916-febbraio 1917
«Bella figura di comandante e di animatore, sempre presente nel pericolo con fede ed entusiasmo, seppe trasfondere nella propria Grande Unità operante in Africa Settentrionale la sua ferrea volontà di superare le più ardue prove. In una guerra aspra e difficile ed in momenti assai critici della lotta si prodigava senza risparmio nella gravosa azione di comando dando ammirevole esempio di coraggio, abnegazione ed alto spirito di sacrificio. Bardia-Ridotta Maddalena (A.S.), 10 giugno-1 settembre 1940
— Regio Decreto 19 dicembre 1940[15]
— Regio Decreto 14 gennaio 1937.[16]

Pubblicazioni

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  • I bersaglieri nella guerra mondiale, L. Cappelli Editore, Bologna, 1934.

Annotazioni

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  1. ^ Per l'incarico di Ministro della Difesa della Repubblica Sociale Italiana Mussolini prese in considerazione anche il suo nome, ma non se ne fece nulla. Gli altri candidati iniziali erano il Maresciallo d'Italia Enrico Caviglia, e i generali Francesco Saverio Grazioli, Ottavio Zoppi e Alessandro Pirzio Biroli. L'incarico fu poi affidato, contro il volere dei tedeschi, al Maresciallo d'Italia Rodolfo Graziani.
  1. ^ Generals.
  2. ^ Del Boca 2010, p. 284.
  3. ^ Del Boca 2010, p. 285.
  4. ^ Del Boca 2010, p. 286.
  5. ^ Del Boca 2010, p. 289.
  6. ^ Del Boca 2001, p. 67, fu rimpatriato in quell'anno in quanto entrato in contrasto con il governatore della colonia Cesare Maria De Vecchi.
  7. ^ Del Boca 2001, p. 61.
  8. ^ Del Boca 2001, p. 484.
  9. ^ Del Boca 2001, p. 402.
  10. ^ Del Boca 2001, p. 623.
  11. ^ Elsie 2012, p. 96.
  12. ^ Tomasevich 1975, p. 213.
  13. ^ http://www.esercito.difesa.it/storia/Ufficio-Storico-SME/Documents/150312/L-16.pdf
  14. ^ a b c Sito ufficiale del Quirinale.
  15. ^ Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n.206 del 6 settembre 1932, pag.3938.
  16. ^ Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale del regno d'Italia n.221 del 22 settembre 1937, pag.3.
  17. ^ Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n.295 del 14 dicembre 1942, pag.7.
  18. ^ Bollettino ufficiale delle nomine, promozioni e destinazioni negli ufficiali e sottufficiali del R. esercito italiano e nel personale dell'amministrazione militare, 1941, p. 83. URL consultato il 22 agosto 2019.

Bibliografia

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  • Alberto Becherelli e Andrea Carteny, Fabrizio Giardini, L’Albania indipendente e le relazioni italo-albanesi (1912-2012), Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2013, ISBN 88-6812-135-2.
  • Angelo Del Boca, Gli Italiani in Libia. Tripoli bel suol d'amore. 1860-1922, Milano, A. Mondadori Editore, 2010, ISBN 978-88-04-42660-8.
  • Angelo Del Boca, Gli Italiani in Africa Orientale. La conquista dell'impero, Milano, A. Mondadori Editore, 2001, ISBN 978-88-04-46947-6.
  • (EN) Robert Elsie, A Biographical Dictionary of Albanian History, London, I.B.Tauris, 2012, ISBN 978-1-78076-431-3.
  • (EN) Charles D. Pettibone, The Organization and Order of Battle of Militaries in World War II Volume VI Italy and France Including the Neutral Countries of San Marino, Vatican City (Holy See), Andorra, and Monaco, Trafford Publishing, 2010, ISBN 1-4269-4633-3.
  • (DE) Gerhard Schreiber, Die italienischen Militärinternierten im deutschen Machtbereich (1943-1945), Munchen, R.Oldenbourg Verlag Gmbh, 1990, ISBN 3-486-59560-1.
  • Mario Torsiello, Le Operazioni delle Unità Italiane nel settembre-ottobre 1943, Roma, Ufficio Storico Stato Maggiore dell'Esercito, 1975.
  • (EN) Jozo Tomasevich, War and Revolution in Yugoslavia, 1941–1945: The Chetniks, Stanford, Stanford University Press, 1975, ISBN 978-0-8047-0857-9.
  • (EN) Jozo Tomasevich, War and Revolution in Yugoslavia, 1941–1945: Occupation and Collaboration, Stanford, Stanford University Press, 2001, ISBN 978-0-8047-3615-2.

Collegamenti esterni

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