Melencolia I

incisione a bulino di Albrecht Dürer

Melencolia I o Melancholia I è un'incisione a bulino (23,9x18,9 cm) di Albrecht Dürer, siglata e datata al 1514 e conservata, tra i migliori esemplari esistenti, nella Staatliche Kunsthalle di Karlsruhe. L'opera, densa di riferimenti esoterici, tra cui il quadrato magico, è una delle incisioni più famose in assoluto.

Melencolia I
AutoreAlbrecht Dürer
Data1514
Tecnicaincisione
Dimensioni23,9×18,9 cm
UbicazioneStaatliche Kunsthalle, Karlsruhe
Il quadrato magico
Quadrato magico "a Gjove" Completamento grafico con cifre in colore blu del quadrato magico dedicato “a Gjove”, secondo le indicazioni fornite da Luca Pacioli in De viribus quantitatis, Parte prima, Delle forze numerali cioe de Arithmetica, Cap. LXXII, i [f. 118v] – Illustrazione in Ezio Fiorillo, Melencolia § II, p. 81.

Descrizione e stile

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L'incisione fa parte del trittico detto Meisterstiche, con il San Girolamo nella cella e Il cavaliere, la morte e il diavolo, realizzato tra il 1513 e il 1514. Sebbene non legate dal punto di vista compositivo, le tre incisioni rappresentano tre esempi diversi di vita, legati rispettivamente alle virtù morali, teologiche e intellettuali.

Ritrae una figura alata seduta con aria pensosa davanti a una costruzione di pietra circondata da strani oggetti, simboli appartenenti al mondo dell'alchimia: una bilancia, un cane scheletrico, attrezzi da falegname, una clessidra, un solido geometrico (un "troncato romboedrico" o "poliedro Dürer")[1], un putto, una campana, un coltello, una scala a pioli. L'opera simbolicamente rappresenta, in termini alchemici, le difficoltà che si incontrano nel tentativo di tramutare il piombo (anime delle tenebre) in oro (anime che risplendono).

Secondo la tradizione astrologica l'ambito alchemico era dominato dal pianeta Saturno, ed era legato al sentimento della malinconia, quindi al temperamento melanconico. Altri elementi che suscitano tale emozione sono l'arcobaleno e la cometa. Le chiavi rappresentano la conoscenza, in grado di liberare l'uomo dal suo stato melanconico. Altro simbolo di speranza è il pipistrello, che viene rischiarato dalla luce che spazza le tenebre.

Si tratta quindi di un vero e proprio compendio del pensiero dell'artista sull'arte e sull'animo umano.

Esiste un raro primo stato della stampa in cui la cifra "9" del quadrato magico risulta disegnata a rovescio[2].

Il quadrato magico

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Il quadrato magico contenuto nell'opera è molto complesso. Infatti non è solo la somma dei numeri delle linee orizzontali, verticali e oblique a dare 34 ma anche la somma dei numeri dei quattro settori quadrati in cui si può dividere il quadrato e anche i quattro numeri al centro, se sommati danno 34. Così come i quattro numeri agli angoli.

Inoltre se si prende un numero agli angoli e lo si somma con il numero a lui opposto si ottiene 17, proprio come i numeri ai lati e nei numeri opposti, nel quadrante centrale (infatti se si addiziona 15+2, 14+3, 12+5, 9+8, 6+11, 10+7, viene sempre 17). Inoltre se si prendono i numeri centrali dell'ultima riga si trova il numero 1514, anno in cui è stata creata l'opera. È citato nell'opera letteraria Dottor Faustus di Thomas Mann e nel romanzo Il simbolo perduto di Dan Brown.

Sorprendentemente il numero 34 del quadrato magico «compare per ben sedici volte, quanto il numero totale dei riquadri. Una proprietà questa che figura anche nella Tabula Jovis di Henricus Cornelius Agrippa di Nettesheim, ma che è stata da molti inavvertita, forse perché non compare nell’elenco delle sue caratteristiche, redatto dall’autore stesso.[3] La caratteristica delle somme di ciascuna zona è condivisa anche dai quadrati analoghi di Mescupolo e Paracelso.[4] Nonostante la similarità con questi, il quadrato magico di Melencolia § I non pare scelto per seguire una tradizione ermetica. L’esclusività sottaciuta di questo tipo di quadrato può essere il motivo della dedica a Giove (privilegiato tra gli dei e il più grande dei pianeti) e della scelta di Dürer. In verità, la sua fonte più attendibile si trova nella descrizione che Luca Pacioli offre come curiosità amena [“ligiadro solazo” (f. 122r)], attribuendone l’origine a supremi astronomi, “Ptolomeo al humasar ali, al fragano, Geber, et gli altri tutti”, i quali “a Giove [pianeta] [5] hanno dicata la figura de .4. casi per facia con numeri situati ch’ per ogni verso ut supra fanno .34. cioe .16.3.2.13. elasse’quente .5.10.11.8. el .3°.9. [etc.] co’mo vedi in margine”.[6] » [7] Il quadrato magico di Melencolia § I rappresenta un esercizio gioviale (lat. iovialis, da Iovis) per contrastare gli influssi della malinconia. In basso al centro, l’unione delle cifre 15 e 14 indica un anno molto triste. [8]

  1. ^ Il poliedro avvicina l'artista al Ritratto di Luca Pacioli che raffigura il famoso matematico con due decaedri e oggetti avvicinabili all'esoterismo, il Pacioli aveva pubblicato solo nel 1494 il Summa de arithmetica anno precedente al disegno Francesca Cortesi Bosco, Viaggio nell'ermetismo del rinascimento Lotto Dürer Giorgione, Il Poligrafo, 2016, ISBN 978-88-7115-743-6.
  2. ^ Gothic and Renaissance Art in Nuremberg, 1300-1550., Metropolitan Museum of Art, 1986, p. 312. URL consultato il 16 novembre 2019.
  3. ^ Henricus Cornelius Agrippa von Nettesheim, De occulta philosophia, Liber secundus, Caput XXII, p. CXLIX, ed. 1533, Biblioteca Trivulziana, Milano.
  4. ^ Riprodotti in Maurizio Calvesi, La melanconia di Albrecht Dürer, p. 127, Einaudi, Torino 1993.
  5. ^ Il “quadrato di Giove presenta la stessa disposizione che si vede nella Melencolia I di Dürer.” (R. Klibansky, E. Panofsky, F. Saxl, Saturno e la melanconia, Parte quarta, II, 2, b) I, p. 306, Einaudi, Torino 1983).
  6. ^ Luca Pacioli, De viribus quantitatis, Parte prima, Delle forze numerali cioe de Arithmetica, Cap. LXXII, [f. 118r, 118v], Codice 250 della Biblioteca Universitaria di Bologna
  7. ^ Ezio Fiorillo, Melencolia § II, p. 80, All’insegna del Matamoros, Algua (Bergamo) 2016. Edizione digitale. ISBN 978-88-907489-6-7
  8. ^ “Il disegno della madre conservato a Berlino (carboncino, L. 40) è del 1514, l’anno della Malinconia [sic]. È anche l’anno della morte della donna” (Heinrich Wölfflin, Albrecht Dürer [Die Kunst Albrecht Dürers], X, 4, p. 238, Salerno Editrice, Roma 1987.

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