Mosè

principale profeta nell'ebraismo, profeta anche per cristianesimo e islam
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Mosè (latino: Moyses; Moisè in italiano arcaico[1]; in ebraico: משֶׁה, standard Moshé, tiberiense Mōšeh; greco: Mωϋσῆς, Mōysễs; in arabo موسىٰ?, Mūsā; in copto: Ⲙⲱⲥⲛ, Mōsē; ge'ez: ሙሴ, Musse) fu per gli ebrei il rabbino per antonomasia (Moshé Rabbenu, Mosè il nostro maestro), e tanto per gli ebrei quanto per i cristiani egli fu la guida del popolo ebraico secondo il racconto biblico dell'Esodo; per i musulmani, invece, Mosè fu innanzitutto uno dei profeti dell'Islam la cui rivelazione originale, tuttavia, andò perduta.

Mosè
Mosè e le Tavole della Legge di Philippe de Champaigne (1648 circa)
 

Profeta

 
NascitaGoscen in Egitto, XIII secolo a.C.
MorteMonte Nebo, XII secolo a.C.
Venerato daTutte le Chiese che ammettono il culto dei santi
Ricorrenza4 settembre
Attributile Tavole della legge

Il testo biblico spiega il nome "Mosè", come una derivazione dalla radice משה, collegata al campo semantico dell'"estrarre dall'acqua", in Esodo 2,10[2]. Si suggerisce in questo versetto che il nome sia collegato all'"estrarre dall'acqua" in un senso passivo, Mosè sarebbe "colui che è stato estratto dall'acqua". Altri, prendendo le distanze da questa tradizione, fanno derivare il nome dalla stessa radice, ma con un senso attivo: "colui che estrae", nel senso di "salvatore, liberatore" (di fatto, nel testo masoretico la parola è vocalizzata come un participio attivo, non passivo).[3] Nella lingua egizia, Mosè potrebbe significare fanciullo[4] o anche figlio o discendente[5], come nei nomi propri Thutmose (Dhwty-ms), "figlio di Toth", o Ramose (R-ms-sw), "figlio di Ra".

Secondo la tradizione, Mosè nacque dagli israeliti Amram e Iochebed, scampato alla persecuzione voluta dal faraone, venne salvato dalla figlia di quest'ultimo ed educato alla corte egizia. Fuggì da lei a seguito d'un omicidio commesso ai danni di un sorvegliante e si ritirò nel paese di Madian dove sposò Zippora, figlia del sacerdote Ietro. Secondo la Bibbia nei pressi del monte Oreb ricevette la chiamata di Dio e, tornato in Egitto, affrontò il faraone chiedendo la liberazione del popolo d'Israele dalla schiavitù; il faraone accoglierà la sua proposta solo a seguito delle dieci piaghe d'Egitto, ultima delle quali la morte dei primogeniti egizi. Accampatosi con i suoi nei pressi di Yam Suf (Mare di Giunco), Mosè, su indicazione divina, divise le acque del mare permettendo così al suo popolo di attraversarlo e sommergendo infine l'esercito faraonico corso ad inseguirli. Dopo tre mesi di viaggio il profeta raggiunse il monte Sinai dove ricevette le Tavole della Legge e punì il suo popolo per aver adorato un vitello d'oro. Giunto nei pressi della terra promessa, dopo 40 anni di dura marcia, Mosè morì sul monte Nebo prima di entrarvi. Nei Vangeli sinottici apparve insieme ad Elia, accanto a Gesù, durante la Trasfigurazione sul Monte Tabor.[6]

È considerato una figura fondamentale dell'Ebraismo, del Cristianesimo, dell'Islam, del Bahaismo, del Rastafarianesimo e di molte altre religioni. Per gli ebrei è il più grande profeta mai esistito, per i cristiani colui che ricevette la legge divina, per gli islamici uno dei maggiori predecessori di Maometto. La sua storia è narrata, oltre che nelle Sacre Scritture, anche nella letteratura dell'antico Egitto[7], nel Midrash, nel De Vita Mosis di Filone di Alessandria, nei testi di Giuseppe Flavio. Mosè è venerato come santo dalla Chiesa cattolica che lo commemora il 4 settembre.

Descrizione

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Contesto storico

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La figura di Mosè e l'avvenimento biblico dell'Esodo non possiedono, per gli studiosi, alcun rilievo storico, ma vanno considerati come un racconto religioso che integra vari elementi anche di epoche diverse[Nota 1].

Se alcuni autori antichi - fra cui Giuseppe Flavio ed Erodoto, sostenitori della teoria dell'Esodo Antico - ritennero di datare gli episodi dell'Esodo con la cacciata degli hyksos, i faraoni semiti allontanati dall'Egitto da Ahmose (circa 1550-1525 a.C.), gli studiosi moderni tendono a datare la vicenda nel Nuovo Regno egizio, essendo la cacciata degli hyksos soltanto un termine ante quem, in quanto questo popolo indoeuropeo avrebbe introdotto il carro da guerra, poi utilizzato anche dai Faraoni del Nuovo Regno egizio, e in particolare nel XIII secolo a.C., cioè a cavallo tra i regni di Ramses II[8] e del suo successore Merenptah[9].
L'epica giudaica collegata a questi avvenimenti sarebbe stata messa per iscritto, secondo la teoria più accreditata sulla formazione della Torah, nel primo periodo del regno, X secolo a.C. (tradizione jahvista), quindi rielaborata nel regno del Nord nell'VIII secolo a seguito della divisione del regno (tradizione Elohista), fino a raggiungere la sua versione definitiva nel VII secolo a.C. ad opera di alcuni sacerdoti del regno del Sud (tradizione Deuteronomista) nell'epoca di poco precedente la deportazione, sotto il regno di Giosia, per enfatizzare le proprie caratteristiche religiose[10].

Fonti bibliche

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I libri del Pentateuco, definiti anche libri di Mosè, poiché secondo gli antichi da lui scritti, hanno (eccetto la Genesi) il profeta come protagonista:

 
Mosè (particolare) di Jose de Ribera, 1638, Museo di San Martino, Napoli.
  • Il Libro dell'Esodo, dal greco uscita, narra l'oppressione del popolo israelita, la successiva persecuzione dei nascituri voluta dal faraone, il concepimento e la salvezza del neonato Mosè, allevato dalla figlia del sovrano e divenuto profeta a séguito della chiamata divina. Descrive lo scontro col nuovo faraone, le piaghe d'Egitto e l'esodo attraverso il mare, concludendosi con la Legge sul monte Sinai e le varie norme di vita comunitaria.
  • Il Levitico non narra episodi della vita di Mosè ma questi è comunque protagonista del libro; a lui Dio affida le norme riguardanti i rituali, i sacrifici e le varie cerimonie.
  • Il Libro dei Numeri riprende il filo della storia interrotto dal Levitico, descrivendo il cammino di Israele nel deserto che lo separava dalla terra promessa, a partire dal monte Sinai fino alle soglie di Canaan, dopo un soggiorno di quarant'anni a Kades.
  • Il Deuteronomio presenta tre discorsi di Mosè, il quale, prima di morire, ricorda al popolo gli avvenimenti passati e riprende con accenti nuovi la Legge già definita nell'Esodo. Il libro si conclude con il racconto della successione di Giosuè e della morte del profeta sul monte Nebo.
  • Vari brani successivi, in particolare nei Salmi, ricordano al popolo d'Israele i prodigi accaduti al tempo di Mosè[11].

Il Mosè biblico

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Caratteristiche personali

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Mosè
in geroglifici

Secondo i testi biblici, il nome Mosè significherebbe salvato dalle acque a ricordo del suo miracoloso ritrovamento nel Nilo e difatti l'ebraico Moshè ha un'assonanza col verbo che significa trar fuori, benché tutt'oggi la maggioranza degli studiosi preferisce credere che il nome derivi dalla radice egizia Moses, che significa figlio di o generato da come possiamo ad esempio vedere negli egizi Thutmosis (figlio di Thot) o Ramses (figlio di Ra). In linea con questa tesi e mancando il nome del padre Mosè significa semplicemente bambino quale vezzeggiativo di figlio.

  • L'interpretazione classica del Midrash identifica Mosè come uno dei sette personaggi biblici chiamati con diversi nomi[12]. Gli altri nomi di Mosè erano difatti: Jekuthiel (per sua madre), Heber (per suo padre), Jered (per Miriam), Avi Zanoah (per Aronne), Avi Soco (per la sua balia), Shemaiah ben Nethanel (per il popolo d'Israele). A Mosè sono anche attribuiti i nomi di Toviah (quale primo nome) e Levi (quale nome di famiglia), Mechoqeiq (da legislatore) ed Ehl Gav Ish.
  • Il nome egizio Moses che significa, come già detto, figlio o protetto da fu dato al profeta dalla figlia del faraone, quando venne ritrovato dalla stessa sulle rive del fiume. Il nome prese poi il significato di trarre fuori solo in seguito, quando Mosè liberò il popolo attraverso le acque del Mar Rosso. Anche Giuseppe Flavio cita quest'etimologia.
  • Alcuni studiosi ebrei nel medioevo ipotizzarono che il nome di Mosè fosse in realtà stato tradotto dagli autori della Bibbia da un termine egizio che significasse trarre fuori.
  • Secondo la tradizione islamica, il suo nome, Mūsā, deriverebbe da due parole egizie: Mu che significa acqua e sha che significa giunco o albero, per il fatto che la sua cesta rimase incastrata fra i giunchi presso la casa del faraone.

Legami familiari

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Della tribù di Levi, Mosè era figlio di Amram e sua zia Yochebed, entrambi dello stesso casato; Yochebed sposò il nipote - essendo figlia di Levi, il figlio di Giacobbe[Nota 2] - anche se tale narrazione crea un anacronismo riguardante Mosè, che avrebbe così dovuto nascere una quarantina di anni dopo l'arrivo degli Ebrei in Egitto[Nota 3]. I fratelli di Mosè erano Aronne, di tre anni più grande[13], e Miriam (o Maria) della quale ignoriamo l'età, benché sappiamo sia la maggiore, avendo seguito il fratello nascituro quando questi era stato abbandonato dalla madre lungo le rive del Nilo[14].

A Madian, Mosè sposò Zippora (o Sefora) figlia del sacerdote Ietro, dalla quale ebbe due figli: Gherson (il cui nome significa immigrato poiché nato in terra straniera) ed Eliezer. Il libro dei Numeri cita una moglie etiope di Mosè[15], che alcuni esegeti ipotizzano sia Zippora stessa, riferendosi il termine ebraico Kushita (cioè etiope) anche ad una tribù di Madian, mentre altri esegeti non concordano ritenendoli due personaggi diversi, anche in considerazione delle varie tradizioni intrecciatesi sulla famiglia di Mosè e sotto meglio precisate[16]. Giuseppe Flavio, erede della tradizione ebraica, narra a tal proposito l'episodio della guerra di Mosè, ancora capitano egizio, in Etiopia dove sposò Tharbis, sorella del re nemico, stipulando in tal modo con lui la pace[17].

L'analisi dei legami famigliari di Mosè evidenzia delle difficoltà, visto l'intrecciarsi di più tradizioni bibliche in contraddizione; notano gli studiosi della École biblique et archéologique française (i curatori della Bibbia di Gerusalemme)[18] che "i testi non sono d'accordo sul nome e la persona del suocero di Mosè. Abbiamo qui [Es2,18] Reuèl, sacerdote di Madian; in 3,1; 4,18; 18,1 si chiama Ietro; Nm10,29 parla di Obab, figlio di Reuèl, il Madianita; Gdc1,16; 4,11 di Obab il Kenita. [...] Di fatto le due tradizioni su un matrimonio kenita e un matrimonio madianita sono concorrenti e non bisogna cercare di conciliarle. La prima, originaria della Palestina del sud, riflette l'esistenza di legami amichevoli tra Giuda e i Keniti, conservando il ricordo del matrimonio di Mosè con una straniera. La seconda è più strettamente legata all'uscita dall'Egitto" e anche gli studiosi dell'interconfessionale Bibbia TOB[19] ritengono che "le diverse tradizioni danno al suocero di Mosè nomi differenti, senza cercare di armonizzarli"[Nota 4].

Formazione socio-culturale

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Mosè, adottato dalla figlia del faraone,[Nota 5] entrò a far parte della corte, dove venne senza dubbio educato alla sapienza degli egizi, come ricorda anche Stefano negli Atti degli apostoli[20]. Il profeta conosceva dunque dettagliatamente il futuro nemico, i suoi usi e i suoi costumi, l'Esodo ci riferisce inoltre che egli era un uomo assai stimato in Egitto «agli occhi dei ministri, del faraone e del popolo»[21]. E a tal proposito potremmo ricordare il già citato episodio della guerra d'Etiopia, nella quale Mosè si distinse come generale abile e valoroso.

Scappato a Madian, conobbe le usanze dei popoli del deserto, le vie carovaniere e, secondo alcuni, cercando acqua potabile, anche una serie di fenomeni che permettevano di attraversare le acque del mar Rosso, rimanendone illesi.

Tratti psicologici

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Molto complessa: potente e irrequieta, mansueta e nobile, fra il leggendario e il reale. Dirà Mircea Eliade «la sua biografia e i tratti della sua personalità ci sfuggono completamente. Per il semplice fatto che egli è divenuto una figura carismatica e leggendaria, la sua vita si uniforma al modello di tanti eroi»[22].

Mosè è presentato sin dai primi capitoli come un uomo coraggioso, deciso a difendere i più deboli: affronta dapprima un sorvegliante egizio per salvare uno schiavo, e poi un gruppo di pastori che scacciavano alcune fanciulle da un pozzo. Benché presentato come una figura eroica, Mosè non sfugge a momenti di paura, si copre il volto dinanzi al roveto ardente «perché aveva paura»[23], fugge quando il bastone si trasforma in serpente[24], cerca perfino di evitare il ritorno in Egitto e l'incontro col faraone poiché «impacciato di bocca e di lingua»[25], rifiutando la proposta divina e dicendo perfino «Perdonami Signore mio, manda chi vuoi mandare!»[26].

Tornato in Egitto però Mosè dimostra un gran coraggio alla corte del faraone, sfidando apertamente il sovrano e infuriandosi con lui a causa della sua ostinazione[27]. Il profeta infonde coraggio agli israeliti durante il passaggio del mar Rosso e durante la peregrinazione nel deserto, facendosi portavoce fra l'uomo e Dio, chiedendo a quest'ultimo il cibo e l'acqua per il suo popolo. È un uomo mansueto[28], paziente col suo popolo, benché non esente da forti momenti d'ira, come quando punì gli israeliti a seguito dell'adorazione del vitello d'oro.

È presentato dalla Bibbia come un condottiero esemplare, severo con un popolo di dura cervice, pronto a punire e a perdonare, una figura che rimase impressa nel cuore degli israeliti per il suo particolare carisma tanto che essi dopo secoli lo ricordavano ancora come un uomo di straordinarie capacità non è più sorto in Israele un profeta come Mosè[29].

Biografia

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Nascita e giovinezza

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La figlia del faraone trova Mosè, di Lawrence Alma-Tadema.

Nato da Yochebed e Amram, il piccolo Mosè venne nascosto in un cesto dalla madre a soli tre mesi di vita, e deposto sulle rive del Nilo per essere salvato dalla persecuzione voluta dal faraone. Infatti il faraone aveva detto al suo popolo: «Ecco che il popolo dei figli d'Israele è più numeroso e più forte di noi. Prendiamo provvedimenti nei suoi riguardi per impedire che aumenti, altrimenti, in caso di guerra, si unirà ai nostri avversari, combatterà contro di noi e poi partirà dal paese». Impose quindi agli Ebrei i lavori forzati per opprimerli. Ma il popolo ebreo continuava a aumentare così il re d'Egitto disse alle levatrici degli Ebrei di uccidere i figli maschi degli Ebrei, ma le levatrici non lo fecero. Allora il faraone diede quest'ordine a tutto il suo popolo: «Ogni figlio maschio che nascerà agli Ebrei, lo getterete nel Nilo, ma lascerete vivere ogni figlia». Dalle acque del Nilo, Mosè fu raccolto dalla figlia del sovrano che, commossa dal pianto del bambino, decise di adottarlo come suo figlio, affidandolo, su invito di Miriam, sorella del neonato, alla madre naturale affinché lo nutrisse.

Il tema della nascita di Mosè, anche secondo studiosi cristiani, si colloca tra le "narrazioni dell'infanzia di uomini famosi", sia reali che mitologici, ovvero "storie di nascita e giovinezza che sono state plasmate in retrospettiva dopo che i soggetti erano diventati famosi"[Nota 6]. La Bibbia TOB evidenzia in tal senso: "l'epopea che si raccontava in Oriente intorno a Sargon di Akkad, grande conquistatore mesopotamico del sec. XXV a.C", anch'egli partorito di nascosto dalla madre e abbandonato nel fiume in una cesta di canne, sottolineando inoltre come "questo racconto era ancora ricopiato in Egitto poco prima dell’epoca dell’Esodo. Se è potuto servire come quadro per la tradizione relativa a Mosè, è perché si è voluto mettere il liberatore di Israele a livello dei grandi personaggi della storia".[30] Concordemente, anche il "Nuovo Grande Commentario Biblico" richiama l'epopea di Sargon di Akkad e sottolinea, inoltre, un'altra narrazione antecedente a quella mosaica: "un mito egizio dice che la dea Iside nascose suo figlio Horus, appena nato, in una macchia di papiro del delta per salvarlo dalla morte minacciata da Seth"[31]; anche Rudolf Bultmann ritiene vi siano delle tradizioni più antiche e comuni dietro le narrazioni della strage dei primogeniti ebrei nella storia di Mosè e della strage degli innocenti comandata da Erode dopo la nascita di Gesù[Nota 7].

Cresciuto alla corte egizia ed educato alla sua cultura (come successivamente accadrà anche a Daniele presso Nabucodonosor in Babilonia) Mosè si recò un giorno al cantiere degli israeliti dove, difendendo uno schiavo, uccise senza farsi vedere il sorvegliante che lo percuoteva ma, nascosto il corpo di questi nella sabbia, scoprì che l'omicidio era risaputo quando cercò di fermare la lite fra due schiavi. Ricercato dal faraone abbandonò l'Egitto e fuggì, attraverso il deserto, nella terra di Madian.

Esilio a Madian

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Fermatosi presso un pozzo, Mosè incontrò le sette figlie di Ietro, sacerdote di Madian, e le difese dall'assalto di alcuni pastori prepotenti. Le giovani, grate al loro difensore, lo presentarono al padre che lo invitò a rimanere con loro. A Madian, Mosè divenne pastore al servizio del sacerdote e ne sposò una delle figlie, Sefora (o Zippora), dalla quale ebbe due maschi: Gherson ed Eliezer[32].

Portando ai pascoli del monte Oreb le greggi, Mosè fu attratto dal meraviglioso prodigio d'un roveto che ardeva ma non si consumava; da questi giunse una voce che gli ordinava di togliersi i sandali perché calpestava una terra sacra[33], rivelandosi poi come il Dio dei patriarchi d'Israele che, avendo ascoltato il grido degli schiavi, aveva deciso di liberarli e condurli in una terra «dove scorre latte e miele»[34]. Mosè, ricevuto l'ordine di essere guida degli israeliti, rifiutò dapprima, per paura, l'incarico, chiedendo quale fosse il nome di Dio e come avrebbe potuto convincere il suo popolo che lui stesso l'aveva mandato per riscattarli.

 
Mosè e il roveto ardente, vetrata di Notre-Dame, Parigi

«Io sono colui che sono»[35] fu la risposta proveniente dal roveto, che indicò inoltre al profeta i segni da dare agli israeliti: il suo bastone si tramutò in serpente, la mano divenne lebbrosa, l'acqua si trasformò in sangue[36]. Tormentato dall'angoscia, Mosè rispose di non essere in grado di parlare in presenza del faraone poiché impacciato; Dio dichiarò dunque di affiancargli il fratello Aronne[37] affinché lo assistesse e parlasse al suo posto nei momenti di difficoltà.

Tornato da Ietro, Mosè narrò ciò che era accaduto e chiese il permesso di partire con la moglie ed il figlio verso l'Egitto, mentre secondo un'altra tradizione partì invece da solo[Nota 8]. Un curioso incidente però turbò il suo viaggio: «nel luogo dove pernottava»[38] fu colpito da un male che mise la sua vita in pericolo, segno di una sanzione celeste. La ragione che ne emerge è il fatto che egli aveva ritardato, per suo figlio e forse anche per sé, il rito della circoncisione, segno fisico dell'Alleanza stipulata da Dio con la stirpe di Abramo[39]. Forse Mosè, diventato genero del sacerdote di Madian, si era limitato ad adeguarsi al costume madianita secondo il quale, come presso altri popoli vicini, questa pratica fungeva da rito di iniziazione che segnava l'accesso all'età nuziale ed era dunque riservata ai giovani giunti alle soglie dell'età adulta e non a neonati di otto giorni. L'inserimento di questa non chiara vicenda nel racconto certamente invoca il rispetto rigoroso dei costumi in uso in Israele ai tempi della redazione definitiva del testo sacro, operata in ambiente sacerdotale e in seguito scrupolosamente adottata. La minaccia si allontana immediatamente non appena l'ordine viene ristabilito: fu la stessa Zippora a eseguire su Gherson l'operazione rituale e dopo a porre sul pene di Mosè il prepuzio del figlio, simulando la circoncisione per salvarlo dalla collera divina[Nota 9].

L'antico proscritto fece così ritorno in Egitto. Aronne ispirato a questo fine, gli andò incontro nel deserto e ne ricevette le istruzioni divine inerenti al suo ruolo di coadiutore[40].

Ritorno in Egitto

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Radunati gli anziani d'Israele, a essi Mosè mostrò i prodigi del Signore e comunicò la sua intenzione di recarsi presso il faraone per chiedere la liberazione del proprio popolo[41]. Recatosi col fratello in presenza del sovrano, chiese il permesso di ritirarsi nel deserto per tre giorni con gli schiavi così da sacrificare al loro Dio e onorarlo. Il faraone, in risposta alle loro richieste, ordinò ai suoi sorveglianti di duplicare il lavoro degli israeliti, facendo loro raccogliere la paglia per fabbricare i mattoni, che fino a poco prima veniva loro concessa dagli egizi stessi[42].

Oppressi dal maggior gravame, gli israeliti non riuscivano a portare a termine il lavoro, per questo i loro scribi vennero fustigati e percossi[43]; ricevuta la punizione e non avendo ottenuto dal faraone la grazia d'uno sconto, rimproverarono aspramente Mosè e Aronne che avevano causato tutto ciò[44].

I leviti, su invito divino, si recarono nuovamente a corte mostrando in presenza del faraone e dei suoi ministri il prodigio del bastone tramutato in serpente. Questi, poco meravigliato dall'accaduto, ordinò ai suoi maghi[Nota 10] di fare altrettanto, e così avvenne, se non che il bastone degli israeliti divorò quello degli stregoni egizi[45].

Liberatore del popolo d'Israele

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Mosè si recò nuovamente dal faraone quando era ancora mattino e questi si rilassava presso il fiume Nilo. Mosè chiese la liberazione del suo popolo ma Dio aveva «indurito il cuore» del faraone - in modo che questo si ostinasse a non lasciar partire gli Israeliti e poter quindi colpire l'Egitto con le piaghe[Nota 11] - e il sovrano rifiutò; allora Aronne colpì con il proprio bastone le acque del fiume, che si mutarono in sangue: i pesci morirono, e il Nilo divenne fetido tanto che gli egizi non poterono più attingere acqua da esso. I maghi del faraone riuscirono però a compiere lo stesso prodigio e il sovrano tornò nel proprio palazzo senza dare ascolto a Mosè. Gli egizi scavarono dei pozzi nei dintorni del Nilo per attingere acqua da bere; la siccità durò sette giorni.[46]

Aronne colpì dunque con il proprio bastone i fiumi, i canali e gli stagni d'Egitto e da essi cominciarono a uscire rane in numero infinito che si riversarono sulle case del faraone e dei suoi sudditi. I maghi riuscirono a compiere lo stesso prodigio. Il sovrano, spaventato, chiese a Mosè di far smettere tale piaga ma non appena questa fu scongiurata si ostinò e non diede ascolto alle parole del profeta.[47]

Su ordine del Signore, Aronne percosse la polvere ed essa si mutò in zanzare che infestarono tutto il paese d'Egitto. I maghi questa volta non riuscirono nel loro intento ed essi stessi chiesero pietà al faraone poiché riconobbero in quei prodigi la mano di Dio. Il sovrano, il cui cuore continuava ad essere «indurito» dal Signore, rimase però saldo nelle proprie convinzioni.[48] Il Signore mandò allora contro gli egizi una miriade di mosconi che invase le loro abitazioni. Il faraone, terrorizzato da tale evento, chiese perdono a Mosè e ad Aronne e ordinò loro di sacrificare in onore di Dio. I due però si rifiutarono perché durante le loro celebrazioni sarebbero stati uccisi alcuni animali sacri agli egizi. Il faraone permise loro di allontanarsi dall'Egitto per tre giorni. Non appena i mosconi sparirono il tiranno ordinò ai suoi soldati di ricondurre in schiavitù gli israeliti[49].

Di fronte a questo ennesimo rifiuto, una pestilenza uccise tutto il bestiame degli Egizi. Il bestiame degli Israeliti invece sopravvisse[Nota 12]. Aronne e Mosè tornarono dal faraone portando fra le mani della fuliggine di fornace. Di fronte agli occhi del sovrano essi la gettarono in aria e questa produsse ulcere purulente sugli Egizi e sul loro bestiame. I maghi questa volta non riuscirono neppure a presentarsi di fronte al faraone[50].

La grandine si riversò sull'Egitto, sradicando gli alberi e le piante, colpendo gli Egizi e il loro bestiame. Anche questa volta il faraone si pentì per il suo comportamento ma, non appena la piaga fu scongiurata, continuò a percuotere gli schiavi israeliti. Il lino e l'orzo erano stati distrutti dalla grandine ma il grano e la spelta erano ancora integri[51].

Mosè e Aronne si recarono ancora dal faraone ma questi non voleva ascoltarli. Essi allora rivelarono gli ordini del Signore: questi avrebbe mandato, con un forte vento d'oriente, una miriade di cavallette che avrebbero divorato ciò che la grandine non aveva distrutto. Il faraone spaventato ordinò loro di partire, lasciando però in Egitto le donne e i bambini ma Mosè non acconsentì e venne quindi cacciato dal palazzo reale. Il giorno dopo le cavallette distrussero ogni raccolto[52].

Mosè stese dunque il bastone verso il cielo e, per tre giorni, il paese d'Egitto venne oscurato e le tenebre erano talmente dense che nessuno riusciva a muoversi. Il faraone fece chiamare Mosè ed Aronne e ordinò loro di partire, lasciando però in Egitto il proprio bestiame. I due profeti non acconsentirono e il sovrano, il cui cuore ancora una volta fu «indurito» dal Signore, cacciò via Mosè minacciando di ucciderlo[53].

Il Signore ordinò infine ai due leviti di prepararsi per un lungo viaggio poiché avrebbe mandato un'ultima piaga che avrebbe costretto il faraone a liberarli. Comandò inoltre di commemorare quel giorno nei secoli a venire attraverso la festa della Pesach

« Questo mese sarà per voi il primo mese dell'anno. Parlate a tutta la comunità di Israele e dite: Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per consumare un agnello, si assocerà al suo vicino, al più prossimo della casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l'agnello, secondo quanto ciascuno può mangiarne. Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell'anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo serberete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l'assemblea della comunità d'Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po' del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull'architrave delle case, in cui lo dovranno mangiare »   ( Es 12,2-8, su laparola.net.)
 
Il passaggio del Mar Rosso

Non appena l'angelo della morte, sceso sulla terra d'Egitto, avesse visto quel sangue d'agnello sarebbe passato avanti, riconoscendo in essa una casa israelita. Gli ebrei si radunarono nelle proprie abitazioni per festeggiare la festa della liberazione. Sulle loro tavole la carne d'agnello, il pane della fretta non lievitato, le erbe amare, a simboleggiare la sofferenza della schiavitù. Mentre questi cenavano, a mezzanotte la piaga si abbatté sugli egizi. Ogni primogenito morì, dal primogenito del faraone al primogenito di ogni suo servo[54]. Il sovrano, addolorato dalla morte del figlio, ordinò agli ebrei di andar via e, per accelerare la loro partenza, li rifornì di oro e d'argento[55].

Partiti da Pi-Ramses, gli israeliti portavano con loro le spoglie di Giuseppe perché potessero riposare nella terra promessa come era stato promesso al patriarca prima della morte[56]. Mosè, su indicazione divina, decise di non prendere la via più breve, denominata dei Filistei, poiché munita di fortini egizi[57]. Continuò a proseguire per la via del deserto, verso il Mare di Giunco (tradizionalmente e forse erroneamente identificato col Mar Rosso). Secondo il libro dell'Esodo, Dio guidava il suo popolo, di giorno come una colonna di nube, di notte come una colonna di fuoco, per illuminare loro il passaggio[58].

Il faraone intanto si pentì di aver lasciato partire gli israeliti, e così anche i suoi ministri. Fece dunque preparare il proprio cocchio, si armò e radunò i propri soldati. Prese seicento carri da guerra fra i migliori con il terzo uomo sopra ciascuno di essi e raggiunse gli israeliti mentre essi si trovavano accampati presso il mare[59]. Il profeta, incoraggiando il suo popolo, chiese soccorso al Signore e in quello stesso istante la colonna di fuoco, che guidava gli israeliti, si frappose fra loro e gli egizi, fermando così la carica di questi ultimi[60].

Mosè stese dunque il bastone sul mare e, in quello che forse è fra i racconti leggendari più famosi della Bibbia, le acque si divisero, formando così un muro a destra e a sinistra, con l'asciutto nel mezzo. Gli israeliti poterono così oltrepassare il mare e giungere all'altra riva, mentre gli egizi li inseguivano sui propri carri, finendo sommersi quando essi furono al sicuro[61]. Non ci fu nessun superstite fra gli egizi. Secondo la tradizione islamica[62], il faraone, prima che le acque lo sommergessero, disse a Mosè che credeva a Dio, ma non si salvò perché le parole non erano sincere.

Dal Mar Rosso al monte Sinai

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Nei pressi del deserto di Sur, dopo tre giorni di viaggio, Mosè ordinò di accamparsi presso la località di Mara essendosi esaurite le scorte d'acqua, lì però non fu possibile attingerne poiché era amara da bere. Mosè, su ordine divino, gettò sulla superficie del lago un arbusto miracoloso che ne rese bevibili le acque[63].

Il popolo, già stanco del duro cammino, si lamentò presso Mosè poiché erano finite anche le provviste di cibo. Il Signore, pietoso nei confronti degli israeliti, ordinò al profeta di annunciare che presto avrebbero trovato di che sfamarsi. Quella sera stessa uno stormo di quaglie, condotto lì da un forte vento, si fermò presso l'accampamento, divenendo facile preda per gli israeliti, che il mattino dopo, invece, trovarono sparsi per il campo piccoli chicchi di una strana sostanza resinosa, dal sapore di focaccia al miele[64]. Mosè denominò quel cibo, Man hu[Nota 13], che significa cos'è?. Ordinò inoltre agli israeliti di raccoglierne in brocche, ogni famiglia secondo il proprio bisogno; ogni giorno avrebbero raccolto quel cibo, solo il sesto giorno dovevano prenderne in quantità doppia poiché il sabato era giorno di riposo ed era proibito lavorare. Coloro i quali, avendo temuto di non ricevere ciò che era stato promesso, raccolsero più cibo di quanto fosse necessario a sfamarsi per un giorno, vi trovarono dentro dei vermi[65].

 
Mosè fa scaturire l'acqua dalla roccia

Allo stesso modo non appena le riserve d'acqua furono terminate, il Signore ordinò a Mosè, nella località di Refidim, di andare su un monte e ordinare alla roccia di sgorgare. Mosè tuttavia colpì due volte la roccia col suo bastone. Non appena la roccia venne battuta dalla verga del profeta, da essa sgorgò tutta l'acqua necessaria per gli israeliti. Quel luogo venne chiamato Massa e Meriba che significa prova e protesta.[66].

Mentre erano ancora accampati in quella località, gli Israeliti vennero attaccati dagli Amaleciti, una popolazione beduina proveniente dalla zona meridionale di Canaan. Mosè incaricò dunque Giosuè, suo futuro successore, di organizzare la difesa mentre lui sarebbe salito su un'altura lì vicina con Aronne e Cur per seguire i combattimenti dall'alto. Ogni volta che Mosè pregava, alzando le braccia e tenendo il bastone puntato verso il cielo, Israele vinceva mentre quando lo abbassava, perdeva. I combattimenti si prolungarono e il profeta riuscì a stento e grazie all'aiuto di Aronne e Cur a tenere le braccia alzate, permettendo così a Giosuè di vincere la battaglia e sconfiggere gli Amaleciti[67].

Gli israeliti giunsero infine, dopo tre mesi di cammino, ai piedi del monte Sinai dove si accamparono. In quei giorni Ietro, suocero di Mosè, si mise in viaggio per raggiungerlo. Fra le attività che Mosè svolgeva quotidianamente, la più impegnativa era senza dubbio quella di giudice e consigliere; egli sedeva in mezzo al popolo e chiunque avesse questioni da porre, si rivolgeva a lui che giudicava le contese e ascoltava i problemi del proprio popolo. Quest'attività era però molto faticosa, Ietro si rese subito conto che una persona sola non avrebbe potuto reggere a lungo un compito tanto gravoso e consigliò al genero di scegliere uomini saggi e onesti e di porli a capo di gruppi di cento, dieci, mille persone, così il popolo avrebbe trovato rapidamente qualcuno con cui consultarsi nel momento del bisogno e Mosè avrebbe avuto più tempo per occuparsi di questioni più importanti[68].

Il legislatore

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Dieci comandamenti.

Su comando divino Mosè salì sulle pendici del monte Sinai e ricevette l'ordine di preparare il popolo poiché il Signore voleva mostrarsi loro e comunicare il suo volere. Dopo tre giorni di purificazione, gli israeliti videro tuoni e lampi scendere sul monte, che divenne come una fornace[69] spaventati indietreggiarono e fu solo Mosè ad avanzare e a ricevere per bocca di Dio la legge dei dieci comandamenti:

« Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dei all'infuori di me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo né di quanto è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra (...) Non pronunzierai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascerà impunito chi pronunzia il suo nome invano. Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro (...) Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio. Non uccidere. Non commettere adulterio. Non rubare. Non pronunziare falsa testimonianza contro il tuo prossimo. Non desiderare la casa del tuo prossimo. Non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo »   ( Es 20,2-18, su laparola.net.)

Terrorizzati, gli israeliti supplicarono Mosè di salire verso il monte poiché essi avevano timore di morire per la paura. Il profeta obbedì ed entrò nella nube, scalando le pendici del Sinai, dove rimase per quaranta giorni e quaranta notti, accompagnato dal solo Giosuè, suo fedele collaboratore, che lo seguiva da lontano. Lì egli ricevette la legge, scritta su due tavole di pietra dal dito di Dio[70], oppure, secondo un'altra tradizione biblica, scritta dallo stesso Mosè[Nota 14].

A valle intanto il popolo d'Israele, credendo che Mosè fosse morto, implorò Aronne, che aveva preso il comando in assenza del fratello, di costruire per loro un idolo affinché li guidasse verso la Terra promessa. Venne così forgiato un vitello[Nota 15] d'oro al quale gli israeliti sacrificarono e attorno al quale fecero bagordi. Sceso dal monte il profeta si accese d'ira, distrusse l'idolo e rimproverò aspramente Aronne che aveva tolto loro ogni freno[71] ordinando poi a coloro che gli erano rimasti fedeli di uccidere tutti coloro che si erano ribellati. Secondo il libro dell'Esodo caddero quel giorno circa tremila uomini[72].

Dal Sinai al deserto di Paran

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Seguendo le prescrizioni ricevute sul Sinai, Mosè convocò i maggiori artisti del popolo d'Israele e ordinò loro di costruire una tenda, denominata Dimora, nella quale conservare le tavole della legge, deposte nella famosa arca dell'alleanza, e poter celebrare sacrifici e pratiche rituali per mano del sacerdozio, capitanato da Aronne e dai suoi figli, nonché da tutta la tribù di Levi, che fu incaricata di occuparsi della sorveglianza e della cura della Dimora[73].

Dopo due anni trascorsi alle pendici del Sinai, Mosè, concluso il censimento di tutto il popolo, guidò gli Israeliti attraverso il deserto, verso la terra di Canaan. Dopo tre giorni di marcia li fece accampare presso la località di Tabera, dove un grave incendio decimò gli israeliti, che si ribellarono al proprio capo[74]. Questi sconfortato si ritirò nella Dimora e pregando Dio chiese di morire pur di non ascoltare il lamento della sua gente, che ora l'accusava di averli lasciati morire di fame, colmi di manna ma privi di carne. Su ordine divino, Mosè scelse settanta anziani d'Israele affinché lo sostenessero nel suo arduo compito. A sera il campo fu nuovamente invaso dalle quaglie, così numerose da «uscire loro dalle narici e venirgli a noia»[75]. I più ingordi vennero uccisi da un male misterioso, segno della collera divina.

Risolta la questione, Mosè dovette affrontare una nuova ribellione questa volta organizzata dai membri della sua stessa famiglia: Miriam e Aronne. Entrambi contestavano l'autorità al fratello, ritenendosi profeti come lui e accusandolo di avere una moglie straniera al popolo d'Israele. Punita per la sua ribellione, Miriam divenne lebbrosa e dovette fuggire dal campo per circa una settimana, come era previsto dalle leggi rituali[76].

Guarita ella dal male, Mosè riprese il viaggio e si accampò con i suoi nel deserto di Paran, in prossimità della terra promessa. Da lì spedì dodici uomini, rappresentanti di ciascuna tribù, in ricognizione. Fra di essi vi era anche Giosuè, futuro successore di Mosè. Questi, al suo ritorno, fu l'unico, insieme con Caleb, un altro esploratore, a ritenere conquistabile la terra promessa, a differenza dei compagni che la credevano impenetrabile, causando così una ribellione ai danni di Mosè per tornare in Egitto. Il profeta riuscì per poco a placare la collera divina, che voleva distruggere l'intero popolo, che fu comunque punito col decreto che non sarebbero potuti entrare nella terra promessa prima che fossero passati 40 anni, cosicché la generazione che si era ribellata morisse e i loro discendenti vi entrassero come uomini liberi.

I quarant'anni passati nel deserto

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Inseguiti e uccisi dagli abitanti di Canaan, gli israeliti si rifugiano nel deserto dove Core, Dathan e Abiram, a capo di 200 uomini, si sollevarono contro Mosè e Aronne, accusandoli di volersi porre al di sopra degli altri membri della comunità. In particolar modo si opposero all'investitura sacerdotale di Aronne, perché secondo i tre capi cospiratori, tutto il popolo d'Israele era santo[77].

 
La ribellione di Core, Dathan e Abiram.

Per risolvere la questione, Mosè ordinò a costoro di presentarsi, accompagnati dai loro incensieri, davanti alla Dimora. Quando tutti si trovarono lì, Mosè li sfidò a offrire l'incenso in sacrificio, azione rituale riservata esclusivamente ad Aronne e ai suoi figli.

« Essi dunque presero ciascuno un incensiere, vi misero il fuoco, vi posero profumo aromatico e si fermarono all'ingresso della tenda del convegno; lo stesso fecero Mosè ed Aronne. (...) Come egli ebbe finito di pronunciare tutte queste parole, il suolo si profondò sotto i loro piedi, la terra spalancò la bocca e li inghiottì: essi e le loro famiglie, con tutta la gente che apparteneva a Core e tutta la loro roba. Scesero vivi agli inferi essi e quanto loro apparteneva; la terra li ricoprì ed essi scomparvero dall'assemblea. Tutto Israele che era attorno ad essi fuggì alle loro grida; perché dicevano: "La terra non inghiottisca anche noi!". Un fuoco uscì dalla presenza del Signore e divorò i duecentocinquanta uomini che offrivano l'incenso »   ( Nm 16,18-35, su laparola.net.)

In presenza del popolo d'Israele, il bastone di Aronne fiorì miracolosamente, segno che Dio approvava la sua elezione al sacerdozio, rifiutando quella dei cospiratori, i cui incensieri vennero fusi e utilizzati per ricoprire l'altare del sacrificio[78].

Giunti a Kades, gli israeliti resero gli onori funebri a Miriam, che lì venne sepolta[79]. In quel luogo il popolo si lamentò inoltre presso Mosè e Aronne per la mancanza d'acqua. I due profeti si recarono presso la Dimora e chiesero consiglio al Signore, ricevendo da lui l'ordine, di colpire col proprio bastone una roccia, come avevano già fatto presso Refidim[80]. Mosè e Aronne fecero com'era stato loro ordinato ma dalla pietra non uscì inizialmente acqua. Intimoriti da questo insuccesso ripeterono l'azione e riuscirono nell'intento. Avendo dubitato di Dio furono entrambi puniti: non avrebbero mai posto piede nella terra promessa[81].

Dopo 38 anni di lunga attesa, gli israeliti si rimisero in marcia e, dovendo passare per i confini del regno di Edom, chiesero al sovrano locale di lasciarli passare. Questi non acconsentì e mandò i suoi uomini per sterminarli, costringendo dunque Mosè e i suoi a fuggire e stabilirsi momentaneamente alle pendici del monte Cor[82]. Lì Mosè spogliò Aronne dei suoi abiti sacerdotali poiché, essendo prossimo alla morte, secondo il rituale, li avrebbe contaminati[83], dopodiché nominò nuovo sommo sacerdote suo nipote Eleazaro, figlio di Aronne. Quest'ultimo morì sulla cima del monte e lì venne sepolto[84].

Dopo una feroce battaglia con il re cananeo Arad, sconfitto con tutte le sue truppe[85], gli israeliti si ribellarono nuovamente contro Mosè, venendo perciò invasi da una miriade di serpenti velenosi che assaltarono i cospiratori, uccidendoli. Il popolo si pentì per il proprio comportamento e chiese perdono a Mosè che, su invito divino, costruì un serpente di bronzo, lo mise su un'asta e tutti coloro che lo guardavano furono guariti[86].

Smontato il campo, gli israeliti vennero attaccati dal re degli Amorrei, Sicon, che finì sconfitto e ucciso, così come in seguito anche il gigante Og, re di Basan: le loro città vennero distrutte e i territori conquistati[87]. Salvatisi dalla guerra col re di Moab[88], Balak, gli israeliti si accamparono nei pressi del suo regno e lì vennero attirati dalle donne locali che li spinsero all'idolatria. Mosè ordinò di punirli subito e Pincas - nipote di Aronne - uccise, trafiggendoli nel basso ventre con una lancia, una coppia costituita da una madianita e un ebreo, e con tale gesto ottenne il sacerdozio perenne per la stirpe di Aronne; il Signore fermò allora il flagello, che aveva portato alla morte di 24.000 Israeliti[Nota 16]. Questi avvenimenti portarono alla guerra e allo sterminio dei Madianiti, per quanto tale evento non sia considerato storico; secondo la narrazione biblica, gli Israeliti massacrarono tutti i Madianiti ma risparmiarono le donne e i bambini e questo fece infuriare Mosè che ordinò di ucciderli tutti, tenendo come bottino solo le fanciulle vergini[Nota 17].

Essendo giunto il momento di entrare nella Terra Promessa, Mosè nominò Giosuè quale suo successore e prima di lasciare per sempre il suo popolo, il profeta dette loro il suo testamento, tre dialoghi contenuti nel libro del Deuteronomio. Nel primo discorso sono riassunte le tappe del cammino nel deserto[89] con il monito di rispettare la legge di Dio se non si vuol perdere la Terra guadagnata dopo quest'arduo cammino e nel secondo discorso abbiamo difatti un accorato richiamo all'osservanza di questa legge stessa[90] e alle sanzioni che l'accompagnano. Dopo aver benedetto le tribù d'Israele[91] Mosè salì, dalle steppe di Moab, sul monte Nebo e da lassù poté guardare la Terra Promessa, senza potervi entrare a causa della sua mancanza alle acque di Meriba.

« Mosè, servo del Signore, morì in quel luogo, nel paese di Moab, secondo l'ordine del Signore. Fu sepolto nella valle, nel paese di Moab, di fronte a Bet-Peor; nessuno fino ad oggi ha saputo dove sia la sua tomba. Mosè aveva centoventi anni quando morì; gli occhi non gli si erano spenti e il vigore non gli era venuto meno (...) Non è più sorto in Israele un profeta come Mosè (lui con il quale il Signore parlava faccia a faccia) per tutti i segni e prodigi che il Signore lo aveva mandato a compiere nel paese d'Egitto, contro il faraone, contro i suoi ministri e contro tutto il suo paese e per la mano potente e il terrore grande messo in opera da Mosè davanti agli occhi di tutto Israele »   ( Dt 34,5-12, su laparola.net.)

Concludendo, la vita di Mosè, secondo la narrazione biblica, può essere divisa esattamente in tre periodi di 40 anni ciascuno: i primi 40 da egizio in qualità di figlio adottivo della figlia del faraone allora al potere. Quando, per salvare e difendere un israelita, uccide un egizio, fugge nel deserto, in quanto la notizia diviene prestissimo di dominio pubblico. I successivi 40 anni li trascorse presso il suocero Ietro nel paese di Madian in qualità di pastore, dove ebbe modo di meditare e imparare l'umiltà, così da essere pronto per condurre il suo popolo fuori dall'Egitto. Gli ultimi 40, li trascorse in peregrinazione nel deserto fino alla terra promessa, Canaan. Morì a 120 anni.

Apocrifi e leggende successive

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La corona del faraone

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Secondo un'antica leggenda, riportata anche da Giuseppe Flavio[92], quando Mosè aveva solo tre anni, il faraone per gioco prese la propria corona e la pose in testa al bambino. Questi la gettò a terra e la calpestò turbando così il sovrano che chiese ai suoi ministri se questo gesto fosse stato degno della condanna capitale.

L'angelo Gabriele, sotto forma di uno dei saggi di corte, consigliò di far portare pietre preziose e carboni ardenti e poi far scegliere al bambino cosa prendere. In questo modo essi avrebbero potuto giudicare se avesse agito di proposito. Guidato dall'angelo, Mosè prese il carbone e se lo portò alla bocca rimanendo ferito sulle labbra e sulla lingua.

Si ipotizza che questo episodio voglia fornire solo una spiegazione al difetto di pronuncia di cui soffriva Mosè[93].

La guerra contro Kush

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Riprendendo la narrazione di Giuseppe Flavio,[94] il faraone, vedendo Mosè crescere e diventare un giovane forte e robusto, decise di affidargli una missione bellica per testare il suo temperamento. Ordinò al nipote adottivo di combattere a sud dell'Egitto contro il regno di Kush (nome semitico per l'attuale Etiopia).

La città avversaria era stata fortificata in modo da essere inespugnabile: mura altissime su due lati, un canale profondo con dei coccodrilli sul terzo lato, un fossato colmo di serpenti sul quarto. Mosè ordinò che venissero catturati e addestrati alcuni ibis, grazie all'aiuto dei quali egli riuscì a eliminare i serpenti e ad avvicinarsi così disarmato alle mura della città.

I generali nemici lo videro giungere con in mano un simbolo di pace e, benché spaventati da un possibile attacco, lo lasciarono entrare. Mosè trattò con loro una resa onorevole e tutti coloro che garantivano pace e alleanza per il futuro poterono mantenere i loro ruoli di comando, mentre venne allontanato chi fomentava guerra e ribellione.

Grandi furono i festeggiamenti, durante i quali, per sancire l'alleanza, Mosè dovette sposare la sorella del re, Tharbis. Quest'ultimo riferimento serviva soltanto a giustificare il malcontento suscitato da Aronne e Miriam sulla presenza di una moglie etiope di Mosè[95].

L'assunzione in cielo

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Secondo una leggenda riportata da Giuseppe Flavio, Mosè fu assunto in cielo alla fine della sua vita. Dopo essere salito sul monte Nebo ed avere abbracciato Eleazaro e Giosuè, mentre parlava con loro una nube scese improvvisamente su di lui ed egli scomparve. Nel Pentateuco fu riportato che morì di morte naturale, per evitare che la gente pensasse che era salito a Dio a causa della sua straordinaria virtù.[96]

Storicità

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Il problema della storicità di Mosè e degli eventi narrati dall'Esodo è un tema che è stato ampiamente dibattuto in ambito accademico. A chi in passato ha difeso la storicità del personaggio[97], si contrappongono quanti oggi vedono in Mosè una figura dai contorni mitici o leggendari, pur tenendo presente che "una figura simile a Mosè potrebbe essere esistita da qualche parte nel sud della Transgiordania nella seconda metà del XIII secolo a.C." e che l'archeologia non è in grado di confermarlo.[98][99][100]

L'egittologo Jan Assmann sostiene che non sia possibile sapere se Mosè sia mai vissuto perché non ci sono tracce di lui al di fuori della tradizione.[101] Sebbene i nomi di Mosè e di altri nelle narrazioni bibliche siano egizi e il Libro dell'Esodo contenga elementi egiziani genuini, nessuna fonte extrabiblica indica chiaramente Mosè.[102][103][104] Nessun riferimento a Mosè appare in alcuna fonte egiziana prima del IV secolo a.C., molto tempo dopo il periodo in cui si crede che sia vissuto. Nessuna fonte egiziana contemporanea menziona Mosè o gli eventi narrati nel Pentateuco, né sono state scoperte prove archeologiche in Egitto o nel deserto del Sinai a sostegno della storia in cui egli è la figura centrale.[105]

David Adams Leeming considera Mosè un eroe mitico e la figura centrale della mitologia ebraica.[106] Lo storico John van Seters ritiene che un Mosè storico possa essere esistito, ma sottolinea che "nel Pentateuco la storia si fa memoria, che la ingigantisce e la trasforma in mito", concludendo che "la ricerca del Mosè storico è un tentativo futile: ormai egli appartiene solo alla leggenda".[107][108]

La storia della scoperta di Mosè da parte della figlia del Faraone si ricollega ad un tema familiare della mitologia del Vicino Oriente, ovvero quello del leader di umili origini che ascende al potere. Ad esempio, Sargon di Akkad così descrive le sue origini:

Mia madre, la grande sacerdotessa, concepì; in segreto mi portò in grembo.

Mi mise in un cesto di giunchi, con il bitume sigillò il coperchio.

Mi gettò nel fiume che sorse su di me.[109]

Alcuni studiosi, tra cui Israel Finkelstein[Nota 18], pur negando la verità storica della relativa narrazione biblica, la considerano la mitizzazione di un confronto attinente a una cronologia più bassa (a partire dal X secolo a.C.) della storia d'Israele, come l'invasione di Israele da parte del faraone Sheshonq I dopo la morte del re Salomone e dello scontro tra il re Giosia e il faraone Necao II, ritenendo quindi che i suoi protagonisti non siano che la risultante scaturita da quella che potrebbe essere chiamata pia tradizione.

La maggioranza degli studiosi, anche cristiani[Nota 19], ritiene che gli avvenimenti narrati nella Bibbia in merito alla presenza ebraica in Egitto non siano storici e per questo non sono menzionati nei documenti egizi dell'epoca; infatti, anche due eventi straordinari - quali la fuga di circa tre milioni di schiavi e l'annientamento dell'intero esercito egiziano, inclusa la sua cavalleria - avrebbero dovuto esser riportati, oltre che nei documenti egizi, anche in quelli dei sovrani stranieri, che avrebbero accolto positivamente una simile notizia, stante anche la possibilità di invadere una terra fertile e ricca come l'Egitto; tutto ciò non avvenne e, anzi, le fonti storiche extrabibliche attestano che, durante il regno di Ramses II e poi di suo figlio e successore Merenptah, l'Egitto continuò ad avere un esercito potente e ad essere una nazione dominante.

Mosè storico secondo Sigmund Freud

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  Lo stesso argomento in dettaglio: L'uomo Mosè e la religione monoteistica.

Mosè e Aton

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Il faraone Akhenaton, con la moglie Nefertiti, sotto i raggi del dio solare Aton.

Il padre della psicoanalisi, Sigmund Freud, afferma nel suo saggio L'uomo Mosè e la religione monoteista che la storia biblica di Mosè metterebbe in evidenza la forte influenza della cultura e della religione monoteistica del dio Aton dell'antico Egitto sulla cultura ebraica antica ed il suo monoteismo.

Freud evidenzia questi punti:

  1. Mosè predica in Egitto, come Akhenaton 50 o 100 anni prima, una teologia monoteistica;
  2. Mosè ha un nome egizio;
  3. Mosè ha, nel racconto biblico, una nascita assolutamente leggendaria;
  4. un nome del dio ebraico (Adonai), ha la stessa radice del dio solare (Aton) di Amenofi IV;
  5. l'arca dell'alleanza degli ebrei presenta forti somiglianze con la "barca degli dèi" dei templi egizi, circondati da cherubini con ali spiegate.[110]

Innanzitutto, secondo Freud, va fatto notare che nella lingua egizia antica, "Mosè" aveva il significato di "bambino", "figlio", "discendente", (si veda ad esempio J. Lehmann, Mosè l'egiziano). Inoltre, il racconto biblico della nascita di Mosè, coerentemente con altre leggende semitiche, riprende esattamente il racconto della nascita del grande Sargon di Accad, che fu abbandonato nelle acque e poi salvato per diventare in seguito un grande re.

Riportiamo di seguito quanto afferma ancora Freud a proposito dell'origine del noto credo presente nel Vecchio Testamento: Il credo ebraico, come è noto, recita "Shemà Israel Adonai Elohenu Adonai Ehad". Se la somiglianza del nome dell'egizio Aton alla parola ebraica Adonai e al nome divino siriaco Adonis non è casuale, ma proviene da una vetusta unità di linguaggio e significato, così si potrebbe tradurre la formula ebraica: "Ascolta Israele il nostro Dio Aton (Adonai) è l'unico Dio".

Inoltre, sempre per Freud, va ricordata la forte somiglianza del Sal104[111], che canta la gloria di Dio nel creato, con l'Inno al Sole di Akhenaton, il faraone che nel XIV secolo a.C. introdusse il culto monoteistico del dio Aton.

La presunta relazione tra il culto di Aton e Mosè potrebbe spiegarsi in due modi: mentre il caso che gli ebrei in Egitto seguissero tale culto è da escludere, rimarrebbe l'educazione che Mosè ricevette nella corte del faraone Haremhab, sotto il cui regno potrebbe essere nato Mosè. Concordanze storiche non meglio precisate fanno ritenere che dietro la figlia di faraone che adottò Mosè si celasse una nobildonna iniziata al culto di Aton, forse la regina Ankhesenamon, figlia di Akhenaton finita dopo varie vicissitudini in sposa ad Haremhab. Mentre l'ipotesi più certa è che Mosè sia stato un cortigiano di Akhenaton, e dunque fu certamente seguace del culto di Aton; questa ipotesi è suffragata dalla data di nascita[112] di Mosè secondo la tradizione il 7 Adar 2368 (corrispondente agli anni tra il 1391-1386 a.C.) che lo fa un contemporaneo del faraone Akhenaton vissuto nel XIV secolo a.C.

La teoria dell'uccisione di Mosè

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Secondo il celebre padre della psicoanalisi, Mosè non era in realtà un solo uomo, che liberò gli israeliti e li condusse alla Terra Promessa, bensì due persone differenti.

Il primo Mosè, colui che liberò gli ebrei dall'Egitto, era un egizio, fanatico della religione monoteista fondata da Akhenaton, seguace dunque, di Aton, dio misericordioso, che decise di partire in una terra dove il suo credo non fosse perseguitato, così come invece succedeva in Egitto, conducendo con sé il popolo semita e alcuni seguaci egizi. Questi, durante il viaggio nel deserto, uccisero il loro maestro, e quindi il primo Mosè.

Il potere passò dunque nelle mani di un secondo Mosè, un sacerdote madianita, fedele a una religione adoratrice di un Dio vulcanico e sanguinario, che non esitava nel chiedere ai propri accoliti di passare "a fil di spada" tutti gli abitanti della terra di Canaan. Questo madianita altri non era che Ietro, il suocero di Mosè che, durante il viaggio nel deserto del Sinai, andò a trovare il genero e, dopo aver conversato con lui nella tenda (luogo nel quale, secondo diversi seguaci della teoria di Freud avvenne l'omicidio del primo Mosè) uscì, da solo, e partecipò ad un banchetto in compagnia di Aronne e degli anziani d'Israele[113].

Mosè l'egizio

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Osarseph.

Giuseppe Flavio accomuna la figura di Mosè a quella di Osarseph, figura semi-leggendaria della storia dell'antico Egitto, e afferma di fare riferimento agli scritti dell'astrologo e storico egizio antisemita Manetone (periodo tolemaico, IV o III secolo a.C.), e delle controargomentazioni dello storico ebraico greco Artapano d'Alessandria, che discutono entrambi di Mosè come di un'unica personalità storicamente esistita fra Israele ed Egitto.

Secondo lo storico egizio (sempre nella versione di Giuseppe Flavio) Osarseph fu un alto sacerdote (forse Primo Profeta) del clero di Osiride della città di Eliopoli che si sarebbe costruito un potente seguito tra gli intoccabili (nome forse indicante i lebbrosi) e sarebbe stato esiliato, insieme ai suoi seguaci, nella terra di Canaan in seguito ad un sogno profetico del sovrano. Nella terra d'esilio avrebbe poi organizzato, alleandosi con le popolazioni locali, una rivolta che lo avrebbe portato a conquistare lo stesso Egitto esiliando a sua volta, in Etiopia, il sovrano ed il figlio Rapsaces, di cui viene detto essere chiamato anche Sethos. Dopo un regno di tredici anni caratterizzato dall'oppressione religiosa Amenophis ed il figlio avrebbero scacciato l'usurpatore ripristinando il culto degli antichi dei.

È difficoltoso un corretto inquadramento storico in quanto vi furono ben quattro sovrani, tutti appartenenti alla XVIII dinastia egizia, a portare il nome di Amenhotep, forma originale del grecizzato Amenophis. Dei quattro Amenhotep quello che maggiormente potrebbe essere collegato al sovrano descritto da Manetone è Amenhotep III[Nota 20] (1387 a.C. - 1348 a.C.) padre di Akhenaton.

Mosè nelle tre religioni monoteiste

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Tradizione ebraica

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La tradizione ebraica, che ha in Mosè il più alto rappresentante, avendo egli ricevuto le tavole della Legge sul monte Sinai, ha creato intorno a questa figura una serie di leggende e miti che ne hanno ampliato lo spessore epico: bambino prodigio, illuminò la camera dei suoi genitori quando fu concepito, a un anno era già in grado di parlare e a tre sapeva prevedere il futuro. Divenuto egizio mantenne i costumi degli israeliti e fu salvato miracolosamente dalla morte quando, catturato dai soldati del faraone, fu condannato alla decapitazione ma il suo collo non venne neppure scalfito dalla spada del boia, che cadde in frantumi. Divenuto guida del suo popolo, dovette combattere contro l'ingordigia degli altri israeliti, che volevano a tutti i costi accaparrarsi i tesori degli egizi, e salito sul monte Sinai, divenne, su insegnamento degli angeli, maestro della Torah, a lui vennero comunicati gli scritti sapienziali della tradizione ebraica: il Talmud, la Mishna.

Fra gli scritti della tradizione ebraica possiamo ricordare, oltre al "Libro dei Giubilei", trascritto nella comunità degli esseni, l'apocrifo "Ascensio Mosis", la cui prima parte, detta propriamente "il Testamento di Mosè", comprende il discorso profetico di congedo rivolto da Mosè al suo successore Giosuè sul futuro destino di Israele e sulla fine dei tempi. Si descrive con ampiezza il periodo degli Asmonei: un potente re dell'Occidente conquisterà la terra, ma Israele con l'aiuto di Dio riuscirà vittorioso su Roma; quindi verrà il giorno finale. Il testo, scritto a cavallo tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., è menzionato anche dai padri della Chiesa. Alla seconda parte, non conservata, "l'Ascensione", si riferisce la neotestamentaria lettera di Giuda, nei versetti in cui narra l'episodio dove l'arcangelo Michele lotta con Satana per impossessarsi del corpo di Mosè.

« L'arcangelo Michele quando in contesa, con il diavolo, disputava per il corpo di Mosè, non osò accusarlo con parole offensive, ma disse: "Ti condanni il Signore" »   ( Gd 1,9, su laparola.net.)

Nel De Vita Mosis di Filone d'Alessandria, Mosè figura come un erudito del periodo ellenistico. Supera in conoscenze i suoi maestri Egizi e Greci e, come uomo avveduto e guidato dalla ragione, unisce in sé le qualità del filosofo e del profeta con quelle del re. Secondo Filone, a lui risalgono anche la dottrina sulla creazione di Platone e l'insegnamento sui contrari di Eraclito.

 
Mosè con in mano i dieci comandamenti raffigurato da Rembrandt

Lo storiografo ebreo Giuseppe Flavio scrive una biografia di Mosè con segni mirabili della sua missione nella giovinezza, che finisce con l'ascesa a viceré egizio. Nello scritto Contra Apionem, Mosè è per Giuseppe Flavio il più antico legislatore e anche le leggi dei Greci si rifanno a lui. Secondo Aristobulo di Alessandria invece, dalla mano di Mosè, hanno ricevuto gli argomenti da trattare nei loro poemi e drammi epici Omero ed Esiodo.

Tradizione cristiana

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Il Cristianesimo, nato in ambito ebraico e avendo in comune con gli ebrei l'Antico Testamento, vede in Mosè le stesse caratteristiche di patriarca, legislatore e capo del popolo ebraico della tradizione ebraica. Il Nuovo Testamento considera Mosè soprattutto come profeta, che ha predetto la venuta di Gesù come Messia, per questo egli, insieme a Elia, è testimone della trasfigurazione di Gesù

« Si trasfigurò davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè, che discorrevano con Gesù »   ( Mc 9,3-5, su laparola.net.)

Oltre che inascoltato testimone della fede, quale lo descrive Stefano nella sua ampia apologia[114] Mosè è esaltato anche nella lettera agli Ebrei, come esempio di fede, come servitore di Dio non superiore a Gesù che, secondo il Cristianesimo, è Dio stesso incarnato[115].

Per il Nuovo Testamento Mosè è il legislatore attraverso cui Dio ha parlato, e quindi è il fondatore dell'ordinamento salvifico veterotestamentario. A lui viene contrapposto tipologicamente Gesù quale fondatore del nuovo ordine di salvezza; in Mosè e Gesù si contrappongono la legge degli antichi da un lato e il vangelo dall'altro, vangelo inteso come perfezione e non demolizione della legge stessa[116].

Nel periodo seguente Mosè, anche per influsso delle tradizioni ebraiche, è considerato modello di vita perfetta, di un'ascesa costante dell'anima a Dio, tanto che la tradizione cristiana ha rielaborato la vita e la figura del profeta biblico in chiave cristologica[Nota 21] trovando diverse concordanze fra la sua biografia e quella di Gesù Cristo

Concordanze fra la vita di Mosè e quella di Cristo
Vita di Mosè Vita di Cristo
Il massacro voluto dal faraone[117] La strage degli innocenti[118]
L'agnello della cena pasquale[119] Cristo che si sacrifica come agnello immolato[120]
La liberazione degli ebrei dall'Egitto[121] La liberazione dell'uomo dal peccato tramite Cristo[122][123]
Il passaggio del Mar Rosso[124] Il battesimo
La manna nel deserto[125] L'eucaristia[126]
L'innalzamento del serpente di bronzo[127] L'innalzamento di Cristo sulla croce[128]
Mosè legislatore Cristo compitore della Legge[116]

Nel 390 san Gregorio di Nissa scrisse una Vita di Mosè in cui fin dal prologo richiama i cristiani ad imitare i grandi della storia sacra. Mosè riceve da Dio delle manifestazioni della sua presenza di importanza sempre crescente, da quella del roveto ardente a quella della consegna delle tavole della legge. Quando si addentra per vedere Dio sul Sinai, la tenebra in cui è emerso simboleggia la tenebra dei sensi che stanno per ricevere la visione mistica di Dio.

Anche Raymond Brown[129] ritiene che la narrazione della nascita di Gesù sia stata modellata su quella di Mosè, a sua volta derivata da precedenti tradizioni di altri popoli[Nota 22]. Lo studioso - in merito alla narrazione biblica sulla nascita di Mosè, utilizzata da Matteo per la Natività di Gesù[Nota 23] - evidenzia una serie di parallelismi: Erode cerca di uccidere Gesù e questo viene fatto fuggire in un altro paese, il faraone cerca di uccidere Mosè e questo fugge in un altro paese; Erode ordina la strage degli innocenti (bambini maschi), il faraone quella dei primogeniti ebrei maschi[Nota 24]; Erode e il faraone muoiono entrambi mentre Gesù e Mosè sono in esilio; un angelo del Signore avvisa la famiglia di Gesù che può tornare alla sua terra e così fa il Signore con Mosè (in entrambi i casi Brown sottolinea l'uso della medesima espressione per giustificare il rientro in Israele (oppure in Egitto): "«perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino (oppure: "la tua vita")»"[Nota 25]); Giuseppe prende moglie e figlio e ritorna in Israele, Mosè prende moglie e figlio e ritorna in Egitto. Brown sottolinea che anche altre fonti sulla vita di Mosè - come Flavio Giuseppe e vari midrash ebraici - "accentuano i già noti paralleli biblici tra le infanzie di Mosè e Gesù"[Nota 26]. Alle stesse conclusioni giunge lo storico John Dominic Crossan, tra i cofondatori del Jesus Seminar, che sottolinea come, rispetto al resoconto lucano, Matteo "invece di immaginare coppie sterili e concepimenti miracolosi, si concentra sull'infanzia di Mosè", creando i relativi parallelismi.[130] Anche il teologo Rudolf Bultmann ritiene vi siano delle tradizioni più antiche e comuni dietro le narrazioni della strage degli innocenti comandata da Erode dopo la nascita di Gesù e quella della strage dei primogeniti ebrei nella storia di Mosè.[131]

È venerato come santo dalla Chiesa cattolica, che lo ricorda il 4 settembre.

Tradizione islamica

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Secondo il Corano Mosè (Mūsā) fu un grande uomo, uno dei maggiori profeti predecessori di Maometto nonché il profeta menzionato più frequentemente nel Corano.[132] Venne salvato ancora bambino da una persecuzione voluta da Faraone (Firawūn),[Nota 27] che temeva la nascita d'un usurpatore, e adottato dalla moglie del sovrano stesso (Āsija) che affidò poi il piccino, per ispirazione divina, alla madre naturale affinché lo allattasse.

Cresciuto, un giorno si ritrovò davanti due uomini, un egiziano e uno appartenente ai Bani Israil. Occorre specificare che al tempo i Bani Israil erano vittime di torture e vennero resi schiavi da Faraone, perciò Mūsā, uccise l'egizio e chiese perdono ad Allah che glielo concesse. Fuggito a Madian sposò la figlia (di nome Zippora?) dell'uomo che lo aveva accolto nella sua tenda, che alcuni studiosi ritengono sia il messaggero o profeta Shu'Ayb AS che al tempo forse si trovava lì. Si allontanò dopo aver concluso gli impegni da lui stabiliti e, passando con i suoi dal Sinai, si allontanò per cercare un tizzone di fuoco e giunse nei pressi della santa valle Tuwa. Lì gli accorse la voce di Allah, che gli ordinò di togliersi i calzari in quanto si trovava nella valle santa e gli disse di lanciare il suo bastone che teneva nella mano destra. Questo si trasformò in un serpente di grandi dimensioni, ma riprendendolo ritornò un bastone come in origine. Allora, Allah gli disse di mettere la mano sotto l'ascella e questa divenne una luce luminosa come la Luna, ripetendo il processo, la mano ritornò normale. Per ciò molte volte musulmani si riferiscono a Mūsā, come "Musa Kalimullah", ovvero colui a cui Allah ha parlato direttamente.

Recatosi in presenza di Faraone, gli parlò molto modestamente perché liberasse Bani Israil dalle continue oppressioni. Ma questi non volle sentire nulla. Mūsā e suo fratello Harun gli si presentarono come i Messaggeri di Allah e Faraone ferito nell'animo lo sfidò ad un duello contro i suoi maghi, nel giorno di festa in Egitto. Mūsā gettò davanti ai piedi del sovrano il suo bastone, e per il volere di Allah soltanto, questo si tramutò in serpente dalle grandi dimensioni che nessuno aveva mai visto prima, ma così fecero anche i maghi egizi, facendo credere di aver dato vita ad alcune corde, che vennero tuttavia assai presto divorati dal serpente di Mūsā. Gli incantatori, meravigliati dal prodigio, si convertirono alla religione d'Israele, venendo per questo uccisi da Faraone. Durante la notte Mūsā e Harun, su ordine di Allah, lasciarono l'Egitto assieme al loro popolo attraversando il mare e richiudendolo poi sull'esercito egizio corso a inseguirli. Faraone allora capendo che la punizione di Allah, di cui Mūsā per lungo tempo lo aveva avvertito, era ormai giunta all'inizio e si sarebbe abbattuta su di lui e sui suoi complici se non si fosse pentito delle sue azioni e avesse chiesto perdono ad Allah; Faraone si pentì, ma era ormai troppo tardi. Morì come un miscredente (kafir), assieme ai suoi complici.

Salito sul Sinai Mūsā lasciò il comando ad Aronne (Hārūn ibn Imrān) che venne sopraffatto dal popolo, in particolare da Samirī che si costruì e adorò un vitello d'oro, e per questo fu cacciato da Mūsā e condannato a dire "Non toccatemi", per il resto della sua vita. Ripartiti alla volta del deserto, gli Israeliti si lamentarono col profeta per l'assenza d'acqua e di cibo, questi pregò Allah che fece piovere manna dal cielo e sgorgare dodici fonti da una roccia. In quel momento nacquero le tribù d'Israele. Giunti in prossimità della Terra Promessa, a causa della loro ribellione, gli israeliti furono puniti con i quarant'anni d'esilio nel deserto.

Mosè nell'arte

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Iconografia

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Le corna di Mosè

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Il Mosè di Michelangelo

Famoso è il controverso dibattito sorto sulle corna poste sul capo di Mosè in diverse opere artistiche, come ad esempio l'omonima scultura di Michelangelo.

Questa caratteristica iconologica deriva dal passo di Es34,29[133], che nel testo originale ebraico (testo masoretico) riferisce che, dopo aver ricevuto da Dio le tavole dei dieci comandamenti, Mosè ignorava che la sua pelle era 'raggiante' (verbo ebraico qrn). Nell'ebraico scritto non vengono inserite le vocali per cui uno stesso termine può assumere significati differenti a seconda delle vocali che il lettore abbia deciso di inserire o del significato che abbia scelto di interpretare. In questo caso la radice trilittera può indicare sia il termine QARAN (anche Karan), con il significato di radiosità nel senso di un''irradiazione' luminosa, sia il termine QEREN (Keren), ovvero 'corna' nel senso dell'apparato osseo animale. L'interpretazione data dai masoreti, che è quella preferita dalla comunità religiosa canonica, è che l'autore volesse indicare appunto che il volto di Mosè fosse luminoso, irradiante luce.

Quando San Gerolamo tradusse il testo ebraico in latino nella Vulgata, la versione della Bibbia ufficiale per secoli nella Chiesa latina, adottò questa lezione, traducendo "ignorabat quod cornuta esset facies sua", cioè "ignorava che la sua faccia fosse cornuta". Ciò è stato per secoli fonte d'ispirazione per diversi artisti, fra cui il sopracitato Michelangelo Buonarroti.

Con la diffusione dello studio delle lingue originali della Bibbia ha preso progressivamente piede l'interpretazione data dai masoreti. Molti pittori però hanno continuato a preferire l'iconografia tradizionale di Mosè 'cornuto'. In alcuni casi il volto di Mosè è stato raffigurato con due fasci di luce, simili a corna, che partono dalla sommità del capo, scelta che congiunge le due interpretazioni allo stesso tempo.

Dipinti

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Sculture

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Letteratura

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  • Sigmund Freud, L'uomo Mosè e la religione monoteistica (Der Mann Moses und die monotheistische Religion) 1937-39, 3 saggi. Nella celebre opera il padre della psicoanalisi sostiene che Mosè, egizio di nascita, durante il regno di Akhenaton (XIV secolo a.C.) aveva aderito alla fede monoteista. Quando questa fu abolita con la morte del sovrano e venne ripristinato il tradizionale politeismo egizio, Mosè 'convertì' gli Ebrei stanziati nel territorio egizio e li spinse verso la Palestina, la terra promessa del Dio Aton-Adonai.
  • Thomas Mann, La Legge (titolo originale tedesco Das Gesetz), 1944. Mosè è il figlio bastardo della figlia del faraone e di un servo ebreo. Si sente chiamato da Dio a liberare il suo popolo, scontrandosi col faraone Ramessu. Le prime nove piaghe sono eventi naturali mentre l'ultima, l'uccisione dei primogeniti egizi, è attuata dagli Ebrei. Fuggono in 12-13.000 attraverso i Laghi Amari, parzialmente prosciugati da un forte vento.
  • Christian Jacq, Ramses (1995-1997), 5 romanzi. Intercalata alla vita del faraone Ramses è narrata la storia dell'Esodo. Mosè, amico ebreo di Ramses, integrato nella società egizia, accetta il monoteismo di Akhenaton, ormai sradicato dall'Egitto. Diventato un visionario fanatico sobilla gli Ebrei, lavoratori ma non schiavizzati, contro il faraone e gli Egizi. Attua e ordina alcuni trucchi e inganni per generare le piaghe, spingendo infine gli Ebrei ad abbandonare controvoglia l'Egitto.

Cinematografia

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Anno Film Attore Note
1920 La Bibbia Guido Guiducci
1923 I dieci comandamenti (The Ten Commandments) Theodore Jr. Roberts
1936 Verdi pascoli (The Green Pastures) Frank H. Wilson
1956 I dieci comandamenti (The Ten Commandments) Charlton Heston
Fraser Clarke Heston (Mosè neonato)
1958 The Old Testament Scriptures Thayer Roberts serie TV
The Green Pastures, episodio della serie BBC Sunday-Night Theatre James Clarke
1959 The Green Pastures Frederick O'Neal film TV
1974 Mosè (Moses the Lawgiver) Burt Lancaster
Bill Lancaster (Mosè giovane)
miniserie TV
1975 Mosè e Aronne (Moses und Aron) Günter Reich
1978 The Story of Moses: Part 1, episodio della serie I grandi eroi della Bibbia (Greatest Heroes of the Bible) John Marley miniserie TV
The Story of Moses: Part 2, episodio della serie I grandi eroi della Bibbia (Greatest Heroes of the Bible)
1979 The Ten Commandments, episodio della serie I grandi eroi della Bibbia (Greatest Heroes of the Bible)
1981 La pazza storia del mondo (History of the World: Part I) Mel Brooks film commedia
1984 Moïse Samuel Ramey film TV
1992 Ancient Secrets of the Bible David Jensen film TV
1993 Moses: From Birth to Burning Bush Ray Porter (voce) film d'animazione uscito in home video
Ancient Secrets of the Bible, Part II David Jensen film TV
1995 Mosè (Moses) Ben Kingsley
Lawrence Blight (Mosè a 7 anni)
Christian Catuogno (Mosè a 15 anni
miniserie TV
1996 Moses, episodio della serie The Bible in Animation Martin Jarvis serie animata
1998 Il principe d'Egitto (The Prince of Egypt) Val Kilmer (voce)
Amick Byram (voce)
film d'animazione
2000 In the Beginning - In principio era (In the Beginning) Billy Campbell
Corey J. Smith (Mosè bambino)
miniserie TV
2001 Les dix commandements Daniel Levi
Joshaï
uscito in home video
2003 Kids' Ten Commandments: A Life and Seth Situation Peter Strauss
Kids' Ten Commandments: The Rest Is Yet to Come
Kids' Ten Commandments: Toying with the Truth
Mosè e faraone, o il passaggio del Mar Rosso Ildar Abdrazakov film TV
2005 The Animated Kid's Bible Andrew Carlton serie animata uscita in home video
2006 Unlocking Ancient Secrets of the Bible Nevin Millan serie TV
The Ten Commandments Dougray Scott
Ben Hammersley (Mosè giovane)
miniserie TV
Moses und Aron Franz Grundheber film TV
The Ten Commandments: The Musical Val Kilmer musical
2007 Exodus Daniel Percival
Jack Greenhough (Mosè neonato)
Stephen Greenhough (Mosè neonato)
I dieci comandamenti (The Ten Commandments) Christian Slater
2009 Moses und Aron Dale Duesing film TV
2013 Un popolo in cammino, puntata della miniserie televisiva La Bibbia (The Bible) William Houston
Joe Forte (Mosè giovane)
2014 Son of God William Houston
Episodio 1 della serie HaYehudim Baim Yaniv Biton
Exodus - Dei e re (Exodus: Gods and Kings) Christian Bale
2015 Os Dez Mandamentos telenovela

Mosè compare nell'opera lirica di Gioachino Rossini, Mosè in Egitto del 1818 e nel suo rifacimento francese Moïse et Pharaon, ou Le Passage de la mer Rouge del 1827, oltre che nell'opera Moses und Aron composta da Arnold Schoenberg tra il 1930 e il 1932. È inoltre protagonista di numerosi oratori, tra i quali quelli di Giovanni Paolo Colonna, Vincenzo de Grandis, Adolf Bernhard Marx, Max Bruch, Lorenzo Perosi e Marco Frisina.

  1. ^

    «The quest for the historical Moses is a futile exercise. He now belongs only to legend»

    «I tre periodi più antichi, invece, dall'età detta dei Patriarchi (da Abramo, il più antico antenato, a Giuseppe) all'età mosaica alla Conquista e poi al tempo dei Giudici, sono certamente finzioni bibliche.»

    «Alla storicità delle figure dei Patriarchi, e dei relativi racconti che troviamo nella Genesi, nemmeno gli studiosi più tradizionalisti credono più; l'Esodo dall'Egitto, la marcia attraverso il deserto e la conquista della Palestina (la terra di Canaan) sono oggi negati da alcuni studiosi, mentre coloro che accettano una qualche credibilità storica non sono d'accordo fra loro quanto alla datazione, alla portata e al contesto degli eventi che propongono di collegare al racconto biblico dell'Esodo e dei libri connessi e del libro dei Giudici»

    «Nel corso degli ultimi due secoli la critica biblica ha dapprima smantellato la storicità della creazione e del diluvio, poi quella dei Patriarchi, (poi sempre seguendo l'ordine cronologico) quella dell'Esodo e della conquista, di Mosè e di Giosuè, del periodo dei Giudici e della Lega delle 12 tribù arrestandosi al regno unito di David e Salomone considerato sostanzialmente storico [...] La più recente critica al concetto stesso di regno unito ha messo in crisi totale il racconto biblico.»

  2. ^ Vedi anche l'albero genealogico di Levi.
  3. ^ Gli esegeti dell'interconfessionale Bibbia TOB notano in proposito che "secondo Es6,20, figlia di Levi va inteso in senso proprio; nata in Egitto, Iochebed [Yochebed] era molto più giovane dei suoi fratelli e ciò spiega come abbia potuto sposare un suo nipote. In questo caso, però, Mosè ed Aronne avrebbero dovuto nascere circa 40 anni dopo l’arrivo degli Ebrei in Egitto; ciò contraddice la cronologia comune". (Bibbia TOB, Elle Di Ci Leumann, 1997, p. 311, ISBN 88-01-10612-2.).
  4. ^ Aggiungono gli stessi esegeti che "il testo non è chiaro, poiché non si comprende bene chi sia il suocero di Mosè, se Obab (cf Gdc1,16; 4,11) oppure Reuel (Es2,18), tanto più che in Es18,1 viene denominato Ietro. Si tratta pertanto di varie tradizioni non sempre concordi che presentano Mosè come alleato dei Keniti (a cui appartiene Obab) oppure dei Madianiti (Reuel, Ietro). La prima considerazione ha probabilmente soppiantato la seconda quando nacque ostilità tra Madian e Israele" e concordemente gli studiosi del "Nuovo Grande Commentario Biblico" osservano che "il termine ebraico tradotto «suocero», cioè hoten, può essere inteso come riferito a Obab (in accordo con Gdc4,11), oppure a Reuel (in accordo con Es2,18). A complicare ancora le cose, il suocero di Mosè è chiamato Ietro in Es3,1; 4,18; 18,1". (Bibbia TOB, Leumann, Elle Di Ci, 1997, p. 277, ISBN 88-01-10612-2; Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, Nuovo Grande Commentario Biblico, Queriniana, 2002, pp. 109-110, ISBN 88-399-0054-3.).
  5. ^ Nella Bibbia, e anche nel Corano, Faraone è un nome proprio (senza articolo) e non identifica quindi strettamente la funzione politico-religiosa antico-egiziana.
  6. ^ Come definite da Raymond Brown, il quale collega tali elementi alla nascita di personaggi come Mosè e Gesù. (Raymond E. Brown, The Birth of the Messiah, Doubleday, 1993, p. 580, ISBN 0-385-47202-1.).
  7. ^ Lo studioso cita, tra queste tradizioni, Sargon di Akkad, Horus e Apollo. (Rudolf Bultmann, Storia dei vangeli sinottici, EDB, 2016, p. 293, ISBN 978-88-10-55850-8.).
  8. ^ Gli esegeti dell'interconfessionale Bibbia TOB osservano che "[Es18,2-3] secondo un testo «iahvista» (Es4,19-20a), Mosè aveva condotto con sé la famiglia lasciando Madian, mentre per il racconto «elohista» (4,18.20b-23) era partito solo. La notizia sul rinvio di Sefora è una giunta «redazionale» che tenta di armonizzare queste divergenze." (Bibbia TOB, Leumann, Elle Di Ci, 1997, p. 165, ISBN 88-01-10612-2.).
  9. ^ Es4,21-26, su laparola.net.. Notano gli esegeti dell'École biblique et archéologique française (i curatori della Bibbia di Gerusalemme) come "la non circoncisione di Mosè gli attiri la collera divina: questa è placata quando Sefora ha circonciso realmente suo figlio e simulato una circoncisione di Mosè toccando i suoi genitali («i suoi piedi», cf. Is6,2;7,20) con il prepuzio del fanciullo"; anche gli studiosi del "Nuovo Grande Commentario Biblico" confermano che al v.25 si parla del "pene («piedi» nel v.25 è un eufemismo) di suo marito addormentato". (Bibbia di Gerusalemme, EDB, 2011, p. 133, ISBN 978-88-10-82031-5; Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, Nuovo Grande Commentario Biblico, Queriniana, 2002, p. 61, ISBN 88-399-0054-3.).
  10. ^ Secondo San Paolo, erede della tradizione ebraica, i loro nomi erano Iannes e Iambres. Vedi 2Tm3,8, su laparola.net.
  11. ^ Es7,1-6; Es7,20-25, su laparola.net.. "«Tu gli dirai quanto io ti ordinerò: Aronne, tuo fratello, parlerà al faraone perché lasci partire gli Israeliti dal suo paese. Ma io indurirò il cuore del faraone e moltiplicherò i miei segni e i miei prodigi nel paese d'Egitto. Il faraone non vi ascolterà e io porrò la mano contro l'Egitto e farò così uscire dal paese d'Egitto le mie schiere, il mio popolo degli Israeliti, con l'intervento di grandi castighi. Allora gli Egiziani sapranno che io sono il Signore, quando stenderò la mano contro l'Egitto e farò uscire di mezzo a loro gli Israeliti!»"; secondo la Bibbia è lo stesso Dio a «indurire il cuore» del faraone (cfr anche: Es4,21, su laparola.net.; Es9,12, su laparola.net.; Es11,10, su laparola.net.; Es14,3-4, su laparola.net.) perché, nonostante tutti i prodigi compiuti da Mosè, non lasci partire gli Ebrei dall'Egitto e possa così colpire l'Egitto stesso con le piaghe; tale frase «indurire i loro cuori» (lᵉhazzēq 'et-libbām) - talvolta riportata anche, con medesimo significato, nella forma «ostinare i loro cuori» - ricorre anche durante la successiva conquista di Canaan da parte di Giosuè: "Infatti era per disegno del Signore che il loro cuore si ostinasse nella guerra contro Israele, per votarli allo sterminio, senza che trovassero grazia, e per annientarli, come aveva comandato il Signore a Mosè." ( Gios11,20, su laparola.net.). Gli esegeti del "Nuovo Grande Commentario Biblico" - precisando come il cuore fosse "l'organo della decisione nella Bibbia" - osservano che "l'espressione «Ma io indurirò il cuore del faraone» non prende neppure in considerazione gli attori umani per evidenziare il controllo di Dio" ma "nonostante i problemi che il concetto può far sorgere per il lettore moderno, il punto di vista degli scrittori va interpretato: i nemici d'Israele non avevano alcuna importanza, erano, per così dire, semplici marionette nelle mani di YHWH che perseguiva i suoi scopi per Israele". (Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, Nuovo Grande Commentario Biblico, Queriniana, 2002, pp. 61-62, 159, ISBN 88-399-0054-3. Cfr anche: Bibbia TOB, Elle Di Ci Leumann, 1997, p. 146, ISBN 88-01-10612-2.).
  12. ^ Es9,6-7, su laparola.net.. Rilevano gli esegeti dell'interconfessionale Bibbia TOB - analogamente a quelli della Bibbia Edizioni Paoline - che questa è un'"amplificazione letteraria che contiene qualche incoerenza con ciò che segue", in quanto il bestiame sarà nuovamente citato come vivo nella sesta piaga (le ulcere) e nella settima piaga (la grandine); tali esegeti osservano, comunque, come la contraddizione storica "non disturba l'intenzione didattica di questi cc." (Bibbia TOB, Elle Di Ci Leumann, 1997, p. 149, ISBN 88-01-10612-2; La Bibbia, Edizioni Paoline, 1991, p. 86, ISBN 88-215-1068-9.).
  13. ^ Nella penisola sinaitica, da una varietà di tamericio raccoglie un essudato che ha più o meno le qualità della manna biblica
  14. ^ Es34,27, su laparola.net.. Osservano gli esegeti del "Nuovo Grande Commentario Biblico" che "i vv. 27-35 descrivono come Mosè stesso scrisse i Dieci Comandamenti (in contrasto con la stesura da parte di Dio prima, 31,18; 32,16)". (Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, Nuovo Grande Commentario Biblico, Queriniana, 2002, p. 78, ISBN 88-399-0054-3.).
  15. ^ Il vitello, così come il toro, è simbolo di potenza divina. Anche i faraoni venivano nominati col titolo di Toro possente
  16. ^ Nm25,1-13, su laparola.net.. Notano gli esegeti del "Nuovo Grande Commentario Biblico" che "il racconto serve a legittimare la posizione dei discendenti di Pincas nella gerarchia sacerdotale ed idealizza la funzione sacerdotale", "Pincas segue la coppia in un luogo chiamato qubbâ, un termine che non si trova in nessun altro passo dell'ebraico biblico. Può riferirsi ad una tenda-santuario, forse una parte della stessa Tenda del convegno. La presenza della donna potrebbe quindi essere stata specificamente rituale" e "la conclusione prepara alla guerra contro Madian in Nm31." (Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, Nuovo Grande Commentario Biblico, Queriniana, 2002, pp. 116-117, ISBN 88-399-0054-3.).
  17. ^ Nm31,7-18, su laparola.net.. Gli studiosi del "Nuovo Grande Commentario Biblico" rilevano che "Mosè si adira perché le donne e i bambini sono stati risparmiati, così tutti, tranne le fanciulle vergini, vengono sterminati" ma ritengono che la narrazione biblica non sia un evento storico reale e "l'orrore che proviamo oggi di fronte al genocidio descritto in questo capitolo è in parte attenuato dalla consapevolezza che questi fatti non accaddero realmente"; infatti "la conclusione conferma lo scetticismo provocato dagli elementi non realistici all'interno del racconto stesso: l'enorme quantità di bottino, l'impossibilità di conciliare l'annientamento dei Madianiti con la loro invasione di Israele solo poche generazioni più tardi (Gdc6,1-6), e il contrasto con tradizioni più antiche circa la buona armonia esistente tra Mosè e Madian (Es18,1-27; Nm10,28-32)." (Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, Nuovo Grande Commentario Biblico, Queriniana, 2002, p. 119, ISBN 88-399-0054-3.).
  18. ^

    «New layers would be added to the Exodus story in subsequent centuries- during the exile in Babylonia and beyond. But we can now see how the astonishing composition came together under the pressure of a growing conflict with Egypt in the seventh century BCE. The saga of Israel's Exodus from Egypt is neither historical truth nor literary fiction. It is a powerful expression of memory and hope born in a world in the- midst of change. The confrontation between Moses and pharaoh mirrored the momentous confrontation between the young King Josiah and the newly crowned Pharaoh Necho. To pin this biblical image down to a single date is to betray the story's deepest meaning. Passover proves to ,be not a single event but a continuing experience of national resistance against the powers that be.»

  19. ^ E anche gli archeologi Israeliani - molto attivi nel campo dell'archeologia biblica, anche come parte del progetto sionista - condividono l'opinione che molto di quanto contenuto nel racconto biblico sia da ritenersi non storico e che "questo è ciò che gli archeologi hanno scoperto dai loro scavi nella Terra di Israele: gli Israeliti non sono mai stati in Egitto, non hanno vagato nel deserto, non hanno conquistato i territori in una campagna militare e non li hanno dati alle 12 tribù di Israele" e "un altro intoppo è che l'Egitto stesso governava la Terra di Israele nel momento del presunto Esodo. Anche se i Figli di Israele fossero fuggiti dall'Egitto, avrebbero comunque raggiunto un altro territorio sotto il controllo Egiziano. È difficile trovare un archeologo della corrente di maggioranza che difenda la descrizione biblica degli eventi. Qui, in 18 anni [anno 2017], nulla è cambiato". ( "Is The Bible a true story?" - Haaretz URL consultato il 12 febbraio 2021, su haaretz.com. URL consultato il 12 febbraio 2021., archiviato il 24 ottobre 2017 [1]. Cfr anche: Ivana Zingariello e Giorgio Gabbi, La Bibbia è piena di bugie?, in Quark, n° 50, marzo 2005, pp. 79-87; Israel Finkelstein e Neil Asher Silberman, Le tracce di Mosé. La Bibbia tra storia e mito, Carocci, 2002, pp. 13-37, 50-60, 71-136, 143-159, 163-176, 199-203, 243-263, 286-328, 341-354, ISBN 978-88-430-6011-5; Bart Ehrman, L'Antico Testamento, Carocci Editore, 2018, pp. 103-104, ISBN 978-88-430-9350-2; Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, Nuovo Grande Commentario Biblico, Queriniana, 2002, p.145, ISBN 88-399-0054-3; La Bibbia, Edizioni Paoline, 1991, p. 273, ISBN 88-215-1068-9; Bibbia TOB, Elle Di Ci Leumann, 1997, pp. 258,284,397,399, ISBN 88-01-10612-2; Bibbia di Gerusalemme, EDB, 2011, pp. 446-447, ISBN 978-88-10-82031-5; Mario Liverani, Oltre la Bibbia. Storia antica di Israele, Laterza, 2007, pp. VII-IX, 37-38, 59-87, 109-116, 134-135, 154-156, 193-198, 275-398, ISBN 978-88-420-7060-3; "Deconstructing the walls of Jericho" - Ze'ev Herzog URL consultato il 12 febbraio 2021, su mideastfacts.org. URL consultato il 12 febbraio 2021 (archiviato dall'url originale il 21 dicembre 2008)., archiviato il 22 Settembre 2018 [2].; "Ze’ev Herzog and the historicity of the Bible", archiviato il 22 Settembre 2018 ; "Focus Storia - Mosè è esistito davvero?", archiviato il 12 febbraio 2021 ; Cristiano Grottanelli. La religione d'Israele prima dell'Esilio in Ebraismo (a cura di Giovanni Filoramo). Roma-Bari, Laterza, 2007; John Van Seters. «Moses», in Encyclopedia of Religions vol. 9. New York, MacMillan, p. 6199, 2005.).
  20. ^ Nelle liste reali di Manetone solamente Amenhotep I ed Amenhotep III sono identificati con il nome di Amenophis
  21. ^ Si pensi al "De Vita Mosis" di Gregorio di Nissa
  22. ^ Come evidenziato nella soprastante sezione Nascita e giovinezza.
  23. ^ Afferma Brown: "ancora una volta suggerisco che Matteo non ha attinto a un resoconto di eventi storici, ma ha riscritto un racconto pre-Matteano che associa la nascita di Gesù, figlio di Giuseppe, con il patriarca Giuseppe e la nascita di Mosè". (Raymond E. Brown, The Birth of the Messiah, Doubleday, 1993, p. 228, ISBN 0-385-47202-1.).
  24. ^ L'esegeta sottolinea che "la trama, che coinvolge il massacro dei bambini maschi a Betlemme e nelle regioni circostanti, riecheggia fedelmente il massacro del Faraone dei neonati maschi degli Ebrei". (Raymond E. Brown, The Birth of the Messiah, Doubleday, 1993, p. 216, ISBN 0-385-47202-1.).
  25. ^ Es4,19; Mt2,19-20, su laparola.net.. Nota ancora Brown che "l'ambientazione ("quando Erode morì") e la direttiva divina a Giuseppe in Egitto ("prendi il bambino e sua madre e torna nella terra di Israele, perché quelli che cercavano la vita del bambino sono morti") evocano in modo letterale la direttiva divina a Mosè in Madian quando il faraone ostile era morto: "Andate in Egitto, perché tutti quelli che cercavano la tua vita sono morti" (Esodo 4:19). Una quasi-citazione dai primi capitoli dell'Esodo, che tratta con l'infanzia e la giovinezza di Mosè, è importante perché, come vedremo, una narrazione intrecciata in Matteo 1:18-2:23 evidenzia paralleli tra l'infanzia di Gesù e l'infanzia di Mosè". (Raymond E. Brown, The Birth of the Messiah, Doubleday, 1993, p. 107, ISBN 0-385-47202-1.).
  26. ^ Inoltre lo studioso sottolinea ulteriori paralleli con la Natività di Gesù in altri passaggi biblici ed extrabiblici, ad esempio relativi a Giuseppe (il patriarca) e Balaam. (Raymond E. Brown, The Birth of the Messiah, Doubleday, 1993, pp. 36, 112-116, 119, 154, 193-196, 228, 298, 543, 559-560, 598-600, ISBN 0-385-47202-1.).
  27. ^ Da notare che, tanto nel Tanakh quanto nel Corano, Faraone è un nome proprio di persona e non la carica sovrana tipica dell'Egitto. È per questo che Gilles Kepel intitolò correttamente il suo libro forse più famoso Le Prophète et Pharaon, visto che questi due termini erano i soprannomi con cui i fondamentalisti dell'organizzazione terroristica egiziana, al-Jihād, chiamavano rispettivamente il loro amato ideologo Shukrī Muṣṭafā e l'odiato presidente Anwar al-Sādāt. È stato quindi per pura ignoranza biblico-coranica che l'editore italiano dell'opera ha intitolato il libro Il Profeta e il Faraone.

Riferimenti

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