Il nazi-maoismo fu un fenomeno politico diffuso in Italia in ambito universitario romano a partire dal 1968, che ebbe nel movimento politico Lotta di Popolo la sua principale espressione partitica,[1] in quanto punto di confluenza dei movimenti di destra della Sapienza (come la Caravella e Primula Goliardica) ed altri gruppi di destra extraparlamentare. In esso confluirono, inoltre, altri elementi appartenenti all'area della sinistra extra-parlamentare, che tuttavia non si identificavano nelle organizzazioni all'epoca maggiormente attive.[senza fonte] Il termine "nazi-maoismo" è di origine giornalistica.[senza fonte]

In nessuna occasione esso chiarì mai, quindi, quali fossero i suoi precisi referenti ideologici, neppure nel corso delle occupazioni che il movimento organizzò tra il 1968 e il 1969 nella facoltà di giurisprudenza dell'ateneo romano. Una testimonianza autorevole, perché redatta a pochissima distanza di tempo dagli avvenimenti descritti, è quella proposta da Eduardo M. di Giovanni e da Marco Ligini[2], appartenenti alla cosiddetta "nuova sinistra". Nella loro ricostruzione dell'assalto "squadrista fascista" alla facoltà di giurisprudenza, nella primavera del 1968, in cui rimase gravemente leso dal lancio di una pesante panca il leader di Potere Operaio Oreste Scalzone, gli autori - malgrado l'equivoco, anche loro, della matrice di destra del "Nazi-maoismo" - sottolineano come la facoltà di Giurisprudenza fosse tutt'altro che consonante con le speranze del Movimento Sociale Italiano di Giorgio Almirante e di Giulio Caradonna (che ritenevano il "Nazi-maoismo" allineato con gli ideali della loro parte ideologica) e scrivevano in proposito:

«A qualche centinaio di metri [dalla facoltà di Lettere occupata, NdR] anche la facoltà di Legge è occupata [...] Nel pomeriggio un vicequestore, responsabile dell'ordine nella città universitaria, si presenta per avvertirli che "i comunisti stanno preparando un attacco per domani". Gli studenti [...] non lo stanno nemmeno ad ascoltare, lo scherniscono. Lo stesso succede a Stefano Delle Chiaie che più tardi cerca di convincerli dell'assalto imminente dei "rossi". Qualcuno addirittura lo insulta, lui, il capo riconosciuto dell'estrema destra extraparlamentare, gridandogli "servo dei padroni" e "cane da guardia del capitale" [...] A provocare i necessari incidenti provvederanno, allora, gli squadristi di pelo vecchio. Il giorno dopo una colonna di circa 200 uomini guidata da Giorgio Almirante, Giulio Caradonna e Luigi Turchi marciano verso il piazzale della Minerva già affollato di migliaia di militanti del Movimento Studentesco. Caradonna ha fatto le cose in grande: per l'occasione le sue squadre di picchiatori sono arrivate da tutte le parti d'Italia e sono armate di spranghe di ferro, bastoni e catene. Lungo la strada la colonna fa una sosta alla facoltà di Legge per cacciare fuori gli studenti irresoluti, i camerati rammolliti, e convincerli a partecipare all'azione. Ma sono pochi quelli che si accodano. Lo scontro nel piazzale della Minerva è violentissimo. Superato il momento di sorpresa il Movimento Studentesco reagisce, caccia e insegue i fascisti che per la ritirata scelgono la facoltà di Legge. Assediati da qualche migliaio di studenti esasperati, gli uomini di Caradonna lanciano dalle finestre tutto quanto hanno sotto mano, perfino scrivanie. e feriscono molti degli assedianti. Nonostante i lanci le porte stanno per cedere e i fascisti farebbero la fine che si meritano se non intervenisse provvidenzialmente la polizia a disperdere gli studenti. I fascisti fermati, che vengono scortati uno ad uno sino ai cellulari, sono 162. Fra essi ci sono anche Mario Merlino, Stefano Delle Chiaie e una decina di Bulgari reclutati nel campo profughi di Latina, i quali non saranno portati in Questura: la polizia li lascia andare in una zona tranquilla lontano dall'università. All'onta di essere stati sconfitti, e salvati dalla polizia, i fascisti debbono aggiungere l'amara sorpresa di aver visto tra gli studenti che li assediavano molti dei "camerati" di Legge che essi erano venuti a "salvare dai rossi".»

Altra testimonianza in merito è quella del neonazista Franco "Giorgio" Freda, che in una sua intervista del 1977 che riprendeva argomentazioni già esposte in una sua pubblicazione stampata a Losanna (Svizzera)[3]:

«La formula paradossale del "nazimaoismo" - non del tutto falsa, ma anche non del tutto giustificata - permette di scindere i suoi elementi costitutivi, perché i comunisti mirano a rilevare l'aspetto "nazi" per terrorizzare i compagni ed i neofascisti del MSI mirano ad evidenziare gli aspetti "maoisti" per impaurire i camerati»

La fine del fenomeno "nazi-maoista" è solitamente fatta coincidere con lo scioglimento di Lotta di Popolo, nel 1973, ma in realtà forme degenerate che s'impadronirono di alcune parole d'ordine del cosiddetto "Nazi-maoismo" si possono ritrovare in numerosi gruppi della destra extra-parlamentare, quali Terza Posizione e, più recentemente in Forza Nuova, i quali, pur in un accentuato anticomunismo e nell'ambito di posizioni nazionaliste tipiche dell'estrema destra, hanno una spiccata attenzione alle problematiche sociali, oltre ad un violento antiamericanismo ed antisionismo.

  1. ^ Rossi, p. 117.
  2. ^ La strage di Stato, Roma, Samonà e Savelli, 1970.
  3. ^ Giuseppe Bessarione, Lambro/Hobbit. La cultura giovanile di destra. In Italia e in Europa, Roma, Arcana Editrice, 1979, pp. 99-100

Bibliografia

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  • Gianni Rossi, La destra e gli ebrei: una storia italiana, Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 2003.
  • Eduardo M. di Giovanni e Marco Ligini, La strage di Stato, Roma, Samonà e Savelli, 1970. Supplemento a "Controborghese" (direttore responsabile Alfonso Cardamone).
  • Giuseppe Bessarione, Lambro/Hobbit. La cultura giovanile di destra. In Italia e in Europa, Roma, Arcana Editrice, 1979.
  • Nicola Rao, "La fiamma celtica", Milano, Sperling & Kupfer Editori, 2006.
  • Valerio Evangelisti I rosso-bruni: vesti nuove per una vecchia storia, "Su la testa", 2010.

Voci correlate

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