Physeter macrocephalus

specie di cetaceo

Il capodoglio (Physeter macrocephalus o P. catodon Linnaeus, 1758) è un cetaceo odontoceto della famiglia dei Fiseteridi (Physeteridae). Unico rappresentante del suo genere e della sua famiglia, è una delle tre specie ancora esistenti della superfamiglia Physeteroidea, insieme al cogia di de Blainville (Kogia breviceps) e al cogia di Owen (K. sima). Ha una distribuzione cosmopolita ed è presente in tutti gli oceani e in quasi tutti i mari del mondo. Tuttavia, solo i maschi si avventurano nelle acque artiche e antartiche: le femmine rimangono con i piccoli in acque più calde.

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Capodoglio
Stato di conservazione
Vulnerabile[1]
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
ClasseMammalia
OrdineArtiodactyla
InfraordineCetacea
FamigliaPhyseteridae
Gray, 1821
GenerePhyseter
Linnaeus, 1758
SpecieP. macrocephalus
Nomenclatura binomiale
Physeter macrocephalus
Linnaeus, 1758
Sinonimi

P. catodon Linnaeus, 1758
P. microps Linnaeus, 1758
P. tursio Linnaeus, 1758
P. australasianus Desmoulins, 1822
P. australis Gray, 1846

Con una lunghezza che nei maschi può superare i 20 metri, il capodoglio è il più grande predatore del mondo. La sola testa è pari a un terzo della lunghezza dell'animale. Si nutre principalmente di calamari e di pesci, in proporzioni variabili a seconda dell'area geografica. È conosciuto per i suoi record di apnea, in quanto può spingersi fino a 2250 metri di profondità,[2][3] una prestazione che nessun mammifero, a parte lo zifio[N 1] e l'elefante marino del sud, può eguagliare. Le sue vocalizzazioni, costituite da serie di click, sono i suoni più potenti prodotti da un animale e vengono usate per comunicare, identificarsi e localizzarsi a vicenda.[4]

I capodogli si riuniscono in gruppi chiamati pod. Femmine e maschi vivono in gruppi separati; le prime rimangono vicine ai loro piccoli e si aiutano a vicenda per proteggerli e allattarli. Partoriscono ogni tre-sette anni e si prendono cura della prole per più di dieci anni.

Non ci sono predatori naturali che riescano a sopraffare un capodoglio adulto sano: solo le orche si arrischiano talvolta ad assalire un pod per cercare di uccidere un piccolo. Tuttavia, dal XVIII secolo fino alla fine del XX, la caccia a questo animale, dal quale si ricavavano spermaceti, olio, ambra grigia e avorio, divenne un'attività molto importante, praticata su scala industriale. Grazie alle sue dimensioni, comunque, il cetaceo a volte riusciva a difendersi efficacemente dai balenieri, come testimonia il celebre caso dell'esemplare di 25 metri[5] che attaccò e fece colare a picco la baleniera americana Essex nel 1820 (un episodio che si ritiene sia servito da ispirazione per il celebre romanzo Moby Dick). Le popolazioni di capodoglio furono pesantemente colpite dalla caccia intensiva, tanto che si ridussero del 67%. Nel 1985 la Commissione internazionale per la caccia alle balene garantì piena protezione alla specie, che da allora viene classificata come vulnerabile.

Descrizione

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Dimensioni

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Misure medie[6]
Lunghezza Peso
Maschio 15-18 m 41000 kg
Femmina 10-13 m 14000 kg
Neonato 4 m 1000 kg
 
Confronto delle dimensioni tra capodogli a diversi stadi di crescita e sviluppo e un subacqueo.

Con dimensioni che nei maschi adulti possono raggiungere i 20,5 metri di lunghezza e le 57 tonnellate di peso, il capodoglio è il più grande rappresentante degli odontoceti.[7][8] A titolo di informazione, i secondi odontoceti più grandi, i berardi, misurano 12,8 metri e pesano «appena» 15 tonnellate.[9] Al Nantucket Whaling Museum è conservata una mandibola lunga 5,5 metri, appartenente a un individuo che si stima misurasse 24 metri. L'esemplare che si dice abbia affondato la Essex (uno degli episodi all'origine della leggenda di Moby Dick) venne descritto come un gigante di 26 metri.[10] Tuttavia, questi individui «eccezionali» sono divenuti estremamente rari, dal momento che la caccia sistematica ha portato a una riduzione delle dimensioni medie: i maschi più grandi, infatti, erano molto ricercati, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale. Oggi generalmente non superano i 18,3 metri di lunghezza e le 51 tonnellate di peso.[6]

La specie presenta un dimorfismo sessuale molto marcato: alla nascita entrambi i sessi hanno all'incirca la stessa taglia, ma i maschi adulti sono generalmente del 30-50% più lunghi e fino a tre volte più pesanti.[7] Infatti, le femmine pesano in media 14 tonnellate per 11 metri di lunghezza, contro una media di 41 tonnellate per 16 metri di lunghezza dei maschi[6]

Morfologia generale

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Un capodoglio e il suo scheletro.
 
La coda sollevata di un esemplare che si immerge al largo di Kaikoura (Nuova Zelanda).

La forma del capodoglio è inconfondibile. Il capo enorme, che da solo costituisce da 1/4 a 1/3 dell'intera lunghezza dell'animale, presenta una tipica sagoma squadrata, tronca anteriormente, fortemente compressa lateralmente, con un solco longitudinale lungo ciascun lato che ne restringe la sezione nel mezzo. Lo sfiatatoio (con unico orifizio, come in tutti gli odontoceti), di forma sigmoide, è situato all'estremità del rostro sulla sinistra, sul sommo di una leggera protuberanza.[7] Ciò conferisce al soffio dell'animale un aspetto caratteristico, proiettato in avanti e un po' a sinistra, caso unico tra i cetacei.

La coda è molto larga, triangolare, con marcato seno interlobare e con margine posteriore tipicamente rettilineo. Misura fino a 4 metri di lunghezza e il cetaceo la solleva fuori dall'acqua quando si immerge.[7] Il capodoglio non ha una pinna dorsale vera e propria, ma una serie di creste sul terzo posteriore del dorso. La più grande di queste – una gobba triangolare – può essere scambiata per una pinna dorsale a causa della sua forma.[6] Le pinne pettorali sono corte e allargate. Il pene è retrattile e a riposo viene tenuto all'interno del corpo, e i testicoli sono interni per favorire l'idrodinamicità. Le mammelle si trovano nei solchi laterali su ciascun lato della vulva.[11][12]

La superficie del corpo, posteriormente al capo, non è liscia, come quella della maggior parte delle balene più grandi, ma presenta lievi, irregolari corrugamenti ondulati, e può essere paragonata a una prugna secca. Inoltre, può presentare segni rettilinei e numerose cicatrici, dovute ai combattimenti tra maschi o con i calamari giganti.[13] La colorazione è grigio scuro uniforme, spesso con tonalità decisamente brunastre. Nella regione della bocca, lungo l'esterno della mascella superiore e della mandibola, la pelle è spesso bianca. Chiazze biancastre più sfumate sono talvolta presenti qua e là. Si conoscono rari casi di esemplari albini.[14][15] Nelle acque calde, i capodogli effettuano la muta costantemente, perdendo ampi lembi di pelle che spesso vengono mangiati dai pesci vicini; così facendo, i cetacei possono liberarsi di alcuni dei loro parassiti. Questa muta è meno frequente alle latitudini più elevate.[16] Talvolta questi animali si strofinano anche tra loro per potersi liberare meglio dei frammenti di epidermide.[17]

Cranio e denti

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L'anatomia interna del capo smisurato è interessante poiché la forma del cranio risulta ben diversa da quella del capo nel suo complesso. La scatola cranica relativamente piccola sta piuttosto all'indietro e dalla sua parte anteriore si protende in avanti una specie di piastra ossea, che si affila arrotondandosi all'apice del muso. Le ossa che costituiscono questa piastra sono i mascellari e le mascelle, con la partecipazione del lungo vomere, al di sotto della linea mediana. Nella loro parte posteriore i mascellari si espandono incurvandosi lateralmente e ripiegandosi quindi verso l'interno fino a raggiungere il grande sopraoccipitale che fa da volta alla scatola cranica; tra le due ossa si crea una fossa al fondo della quale si aprono le cavità nasali, grande la sinistra, piccola la destra. Le ossa omologhe dei due lati del cranio sono di dimensioni differenti, cosicché partecipano, in modo ineguale, alla formazione della scatola cranica la cui architettura è, quindi, asimmetrica. Le parti molli del capo sono appoggiate sulla fossa descritta precedentemente e che i vecchi balenieri chiamavano «cocchio di Nettuno»; all'estremità del capo tali parti molli s'innalzano largamente al di sopra della mascella che le sostiene.[18]

La mandibola è lunga e sottile, posta sotto al capo; il suo apice è assai arretrato rispetto all'estremità anteriore del rostro; quando è chiusa s'incastra perfettamente in un recesso sotto il capo, diventando invisibile. I denti sono ben cospicui solo nella mascella; nei maschi più grandi possono misurare 25 centimetri e pesare 500 grammi.[11][19] Sono in numero di 20-26 per emimascella.[7] La loro utilità è generalmente sconosciuta, poiché non sembrano essere necessari per catturare e mangiare i calamari, in quanto sono stati segnalati individui sdentati in perfette condizioni di salute. È stato ipotizzato che vengano utilizzati principalmente negli scontri tra maschi,[20] in quanto questi presentano spesso cicatrici che sembrano essere causate dai denti. Nella mascella superiore i denti sono vestigiali e di rado erompono dalle gengive.[21] I denti d'avorio, grandi e conici, venivano incisi dai marinai, nelle lunghe attese in mezzo al mare, con scene di caccia o immagini della vita a terra e sono giunti a noi come oggetti d'artigianato conosciuti come scrimshaw. Nella regione golare si trovano da 2 a 10 solchi, corti e profondi.

Respirazione e immersioni

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Come gli altri odontoceti, il capodoglio è in grado di ritrarre gli occhi.

Il capodoglio è, insieme agli zifidi e agli elefanti marini, uno dei mammiferi marini che si immerge più in profondità (tale record è detenuto da uno zifio che, nel 2018, ha raggiunto i 2992 metri nel corso di una immersione durata 138 minuti): infatti è in grado di immergersi per una durata superiore alle due ore, e a profondità superiori ai 2000 metri.[22] Del resto, l'analisi dei contenuti stomacali fa ipotizzare che possano raggiungere profondità abissali di 2000 metri.[23][24] Abitualmente, tuttavia, le sue immersioni durano meno di mezz'ora,[7] nel corso delle quali non vengono superati i 500 metri di profondità.[25] A queste grandi profondità, alcuni esemplari sono morti annegati dopo essere rimasti impigliati in cavi telefonici transoceanici.[26] Il capodoglio generalmente nuota in superficie a una velocità non superiore agli 8 chilometri all'ora. Quando il mare è calmo, non è raro vedere grossi animali immobili sulla superficie. Se spaventati, fuggono nuotando fino a raggiungere i 30 chilometri orari.[27]

 
Capodoglio in procinto di immergersi al largo della Dominica.

Il capodoglio ha sviluppato diversi adattamenti per far fronte alle enormi differenze di pressione che incontra durante le sue immersioni. La gabbia toracica flessibile impedisce ai polmoni di schiacciarsi e il metabolismo può essere rallentato (bradicardia) allo scopo di risparmiare ossigeno.[24][28][29] Le vene sono grandi ed elastiche e le retia mirabilia possono trattenere grandi quantità di sangue per riempire i vuoti creati dalla compressione dell'aria.[30] La quantità di mioglobina, la proteina che immagazzina l'ossigeno nei tessuti muscolari, è di gran lunga superiore che negli animali terrestri:[31][N 2] 5,7 grammi per 100 grammi di muscolo, rispetto agli 0,5 grammi dell'uomo.[32] Il sangue presenta un alto livello di globuli rossi contenenti l'emoglobina che trasporta l'ossigeno: il sangue ossigenato può essere reindirizzato al cervello e ad altri organi vitali quando i livelli generali di ossigeno diminuiscono.[33][34][35] Inoltre, l'organo dello spermaceti può regolare la galleggiabilità[36] (vedere la sezione «Spermaceti»).

Nonostante tali adattamenti, il ripetersi di immersioni a grandi profondità può avere effetti a lungo termine sui capodogli. Molti esemplari presentano lesioni ossee dovute alla presenza di bolle di azoto non eliminate, in tutto e per tutto identiche a quelle dei subacquei colpiti da malattia da decompressione. Questo tipo di necrosi è maggiormente frequente negli scheletri degli esemplari più anziani, mentre gli scheletri dei giovani sono pressoché intatti. Tali osservazioni indicano che anche i capodogli sono soggetti a tali problemi e che una risalita troppo rapida in superficie potrebbe essere loro fatale.[37]

Tra un'immersione e l'altra, il capodoglio emerge per respirare per circa otto minuti,[7] al ritmo di 3-5 volte al minuto quando è a riposo e di 6 o 7 volte al minuto dopo un'immersione. Il soffio è rumoroso, ed è costituito da un unico getto che può sollevarsi fino a 15 metri sopra la superficie dell'acqua, oltre a puntare in avanti e verso sinistra con un angolo di 45°. Le femmine e i giovani respirano in media ogni 12,5 secondi prima di immergersi, rispetto alla media di 17,5 secondi dei maschi di grosse dimensioni.[38] La velocità di discesa è in media di 120 metri al minuto, ma può raggiungere, per brevi tratti, i 600 metri al minuto; quella di emersione, invece, è leggermente superiore: in poco meno di un quarto d'ora il capodoglio ha tutto il tempo di scendere fino a un chilometro di profondità e risalire.[32]

Cervello e sensi

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Vista della faccia superiore (a sinistra, Fig.1) e della faccia ventrale (a destra, Fig.2) dell'encefalo di un adulto.
  Lo stesso argomento in dettaglio: Ecolocalizzazione.

Il cervello del capodoglio può arrivare a pesare 8 chilogrammi ed è quindi il più grande del mondo.[39][40] Si tratta di un record interessante, ma non bisogna dimenticare che l'intelligenza non è direttamente proporzionale alle dimensioni del cervello; inoltre, la proporzione rispetto all'enorme massa corporea di questo animale è inferiore a quella di molti altri cetacei più piccoli, nonché a quella delle scimmie antropoidi, uomo compreso.[40][41] Ciò premesso, l'intelligenza del capodoglio è comunque comprovata dai risultati di approfonditi studi etologici, che hanno evidenziato capacità pari a quelle di altri mammiferi marini intelligenti, soprattutto riguardo alla complessa organizzazione sociale.[11][42]

 
Ecolocalizzazione negli odontoceti.

Rapportato alle dimensioni dell'animale, l'occhio del capodoglio è più piccolo che in altri cetacei; inoltre non ha la conformazione tipica dei mammiferi, essendo la camera anteriore quasi inesistente, ridotta a una sottile fenditura tra la pupilla e la cornea. L'impossibilità di ruotare il bulbo oculare, bloccato nell'orbita, crea un'area «cieca» sia sul davanti sia sul retro: è quindi probabile che per i capodogli l'ecolocalizzazione sia un senso più importante della vista.[43] Come gli altri odontoceti, utilizzano quindi il principio del sonar per trovare le prede. Il suono in uscita viene prodotto dalla vibrazione dell'aria spinta nelle narici ossee attraverso le labbra foniche (chiamate anche «muso di scimmia»), una struttura situata all'estremità della testa.[44] Il cranio, il melone e le varie sacche d'aria nella testa svolgono tutti un ruolo importante nel modellare e focalizzare il suono. La mandibola, invece, è la via principale attraverso la quale viene ricevuta l'eco di rimando: da qui, un canale interamente riempito di grasso la trasmette all'orecchio interno.[45][46]

Organo dello spermaceti e melone

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Spermaceti.
 
Anatomia della testa del capodoglio. Gli organi sopra la mascella sono deputati alla produzione di suoni.

Il nome capodoglio fa riferimento al fatto che gran parte della testa di questo animale è costituita dall'enorme «organo dello spermaceti»: una massa spugnosa, imbevuta di quello che è chiamato anche «olio di balena», lo spermaceti appunto, dalle proprietà particolarissime, simili a quelle della cera.[47]

L'organo dello spermaceti è una sorta di grosso barile pieno di questa sostanza. Noto tra i balenieri del XIX secolo come case, cioè «cassa» o «serbatoio», presenta pareti estremamente dure e fibrose; può contenere al suo interno fino a 1900 litri di spermaceti[48] ed è, in proporzione, più grande nei maschi.[49] Questo olio è una miscela di trigliceridi e cere. La proporzione di cere aumenta con l'età del cetaceo: 38-51% nei piccoli, 58-87% nelle femmine adulte e 71-94% nei maschi adulti;[50] inoltre, lo spermaceti che si trova al centro dell'organo ha un contenuto di cera maggiore rispetto a quello delle zone più esterne.[51] Nello spermaceti il suono viene trasmesso ad una velocità di 2684 m/s (a 40 kHz con una temperatura di 36 °C), ovvero quasi il doppio di quella trasmessa dall'olio contenuto nel melone di un delfino.[52]

Sotto l'organo dello spermaceti si trova un altro organo, che i balenieri chiamavano junk, cioè «spazzatura», non perché questa parte del cetaceo venisse scartata, ma perché l'organo è diviso da membrane di cartilagine in segmenti e to junk, come verbo, un tempo significava «tagliare in pezzi»: era quindi un riferimento alla forma dell'organo e anche a quello che ne facevano i balenieri. Esso è analogo al melone degli altri odontoceti.[53] Secondo gli studiosi le membrane di cartilagine sono implicate nell'operazione di dispersione dell'energia provocata dalle collisioni che si creano durante i combattimenti tra maschi.[53][54][55]

La funzione dell'organo dello spermaceti è sempre stata un mistero per gli scienziati e l'opinione più diffusa la considerava connessa in qualche modo alle immersioni profonde. Secondo questa ipotesi i condotti nasali e i seni che permeano l'organo potrebbero controllare la velocità di riscaldamento e raffreddamento della sostanza cerosa, dotata di un punto di fusione di 29 °C. Quando il cetaceo passa dalle calde acque superficiali alle fredde profondità, entrerebbero in azione i condotti nasali che regolerebbero il flusso dell'acqua in modo da refrigerare rapidamente il grasso liquido rispetto alla normale temperatura del corpo di 33,5 °C. Di conseguenza il grasso solidificherebbe e si contrarrebbe, aumentando la densità del capo e favorendo l'immersione.[56][57] In fase ascensionale, l'aumentato flusso sanguigno ai capillari cefalici determinerebbe un leggero riscaldamento dello spermaceti che si tradurrebbe in un provvidenziale aumento della spinta di galleggiamento.[58] Tuttavia, studi più recenti[59] hanno riscontrato molte lacune in questa teoria, ad esempio l'assenza di strutture anatomiche destinate all'effettivo scambio di calore.[60] Inoltre, se lo spermaceti effettivamente si raffreddasse e si solidificasse, la capacità di ecolocalizzazione del capodoglio verrebbe meno proprio quando ne ha maggior bisogno per cacciare nelle profondità.

Altri studiosi, com'era già stato ipotizzato anche da Herman Melville nel romanzo Moby Dick, ipotizzano che la «cassa» contenente lo spermaceti funga da ariete durante i combattimenti tra maschi.[61] Anche se Moby Dick è un'opera di finzione, sono noti casi, alcuni anche ben documentati, come quelli della Essex e della Ann Alexander, di navi fatte colare a picco da capodogli che si stima pesassero solo un quinto di esse.[53]

Pur non escludendo altre possibilità, recenti ricerche hanno verificato che l'organo dello spermaceti potrebbe avere una funzione essenziale come cassa di risonanza e per orientare i suoni prodotti dall'animale.[47]

Nella testa corrono due condotti nasali attraverso cui passa l'aria. Quello sinistro corre a fianco dell'organo dello spermaceti e conduce direttamente allo sfiatatoio, mentre quello destro passa sotto l'organo dello spermaceti e conduce l'aria, attraverso un paio di labbra foniche, nella sacca distale posta proprio di fronte all'estremità del muso. Quest'ultima è collegata sia allo sfiatatoio che alla parte terminale del condotto sinistro. Quando il capodoglio è immerso, può chiudere lo sfiatatoio, e l'aria che passa attraverso le labbra foniche può circolare nuovamente nei polmoni. A differenza degli altri odontoceti, che ne hanno due,[62] il capodoglio ha un solo paio di labbra foniche, posto inoltre sulla sommità del muso invece che dietro il melone. All'estremità posteriore dell'organo dello spermaceti si trova la sacca frontale, adagiata sulla superficie concava del cranio. La parete posteriore della sacca frontale è ricoperta da protuberanze piene di liquido, di circa 4-13 millimetri di diametro e separate da strette scanalature. La parete anteriore, invece, è liscia. La superficie bitorzoluta riflette le onde sonore provenienti dalle labbra foniche e passate attraverso l'organo dello spermaceti. Le scanalature tra le protuberanze intrappolano una pellicola d'aria che, essendo sempre costante qualunque sia l'orientamento o la profondità dell'animale, costituisce un eccellente specchio sonoro.[52]

Biologia

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Organizzazione e comportamento sociale

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Diagramma della formazione a «margherita».

La struttura sociale del capodoglio si articola intorno a due unità funzionali: i gruppi familiari e i gruppi dei maschi cosiddetti scapoli. Il gruppo familiare, composto da femmine adulte con i loro piccoli di entrambi i sessi, è formato, in genere, da una ventina di esemplari. Le femmine, a quanto pare, permangono nel gruppo di nascita per tutta la vita;[63] i maschi invece, al raggiungimento della maturità sessuale (tra i 15 e i 21 anni di età), abbandonano il gruppo familiare per andare a formare un gruppo di scapoli. I gruppi di scapoli sono costituiti unicamente da maschi, e hanno due altre caratteristiche: sono formati da esemplari per lo più di dimensioni ed età simili, e il numero di individui di cui sono composti diminuisce con l'aumentare delle dimensioni degli stessi. In altre parole, gruppi di giovani possono contenere fino a 50 esemplari,[64] mentre i grossi adulti sono solitari, o in gruppi di 2-5. Sono proprio questi gruppi, poi – quelli dei maschi più grandi – che si accompagnano ai gruppi familiari durante la stagione riproduttiva invernale; la fusione tra i due gruppi sembrerebbe durare solo alcune ore, dopo di che i maschi abbandonerebbero le femmine per andare a cercarne delle altre. Importantissima è la funzione sociale coesiva del gruppo familiare, in cui le relazioni tra individui sono estremamente stabili, e in cui la prolungatissima dipendenza della prole dagli adulti crea ottime condizioni per varie forme di apprendimento. Non si può nemmeno escludere che in tali gruppi si siano sviluppati livelli estremi di cooperazione: per esempio, l'allevamento dei piccoli e l'allattamento in comune.[7] A volte gruppi diversi si uniscono a formare super-gruppi di diverse centinaia di individui.[65]

Oltre all'uomo, il capodoglio ha pochi nemici naturali: solo le orche (Orcinus orca), ma in rari casi anche i globicefali (Globicephala sp.) e le pseudorche (Pseudorca crassidens), possono aggredire le femmine e i giovani, che sono particolarmente vulnerabili.[66][67] La maggior parte di questi predatori cerca di isolare un giovane dal gruppo, ma in caso di attacco le femmine adulte si dispongono nella formazione detta «a margherita», che può essere effettuata in due modi: con le teste unite al centro e le code all'esterno o, al contrario, con le teste rivolte all'esterno della formazione. Nel primo caso le code possono infliggere poderosi colpi, mentre nel secondo le femmine si difendono a morsi dagli attaccanti. In entrambe le disposizioni, i cuccioli e i più giovani sono al centro, protetti dagli adulti.[7] Tale comportamento era ben noto ai balenieri, che lo sapevano sfruttare a proprio comodo: ferendo un singolo capodoglio, riuscivano ad attirare l'intero gruppo che arrivava in soccorso, in modo da abbatterne un gran numero.[68] Se le orche sono abbastanza numerose, a volte riescono a uccidere una femmina adulta, mentre è probabile che i maschi adulti non abbiano predatori naturali, dal momento che la corporatura imponente e la forza formidabile li tengono al sicuro dagli attacchi delle orche.[69]

Durante la caccia, i gruppi di femmine e di giovani possono sparpagliarsi e allontanarsi gli uni dagli altri di qualche centinaio di metri. In questi casi si dispongono in una sorta di fronte d'assalto, e avanzano tutti nella stessa direzione, effettuando ognuno le proprie immersioni per andare a catturare i calamari in profondità. Quindi, pur rimanendo in gruppo, anche se sparso, si può dire che le catture vengono effettuate individualmente. Al termine delle «battute di caccia», generalmente nelle ore pomeridiane, i gruppi si radunano di nuovo per il riposo e stanno a lungo vicini e immobili, come addormentati, a pochi metri di profondità o quasi al pelo dell'acqua. Durante il sonno, anche se parziale come negli altri cetacei, la soglia di attenzione è comunque inferiore rispetto ai periodi di attività, e quindi trascorrere queste ore in gruppo significa una maggiore sicurezza nei confronti di possibili minacce da parte di predatori come le orche, che possono attaccare soprattutto gli esemplari più giovani. A conferma di ciò, c'è il fatto che i grandi maschi riposano solitari, dato che le loro dimensioni li mettono automaticamente al sicuro dalle orche. Qualche volta, ma non sempre, i capodogli assumono durante il sonno una caratteristica posizione disposti verticalmente con la testa rivolta verso la superficie e, in questi casi, costituiscono uno strano e irreale spettacolo, assomigliando a tanti enormi «palloncini» ancorati al fondo da cordicelle invisibili.[64]

Vocalizzazioni

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Una serie di click normali.
Una serie di click rapidi.

Il repertorio vocale del capodoglio non è molto vario: consiste essenzialmente in serie di suoni ad impulsi (detti click), rassomiglianti al battere di un martello su di un pezzo di legno. All'inizio dell'era dell'esplorazione acustica subacquea, tra le due guerre mondiali, le vocalizzazioni del capodoglio erano infatti attribuite ad un ipotetico e sconosciuto «pesce falegname». Questi suoni vengono emessi soprattutto nel corso delle immersioni: gli esemplari in superficie e quelli solitari in genere sono silenziosi. Ogni battito, che in buone condizioni di ascolto si può udire fino ad una distanza di oltre 10 chilometri, è composto da una serie (1-9) di impulsi, della durata complessiva di 2-30 msec. La banda di frequenza del battito è assai larga: da 200 Hz a 32 kHz. I battiti vengono prodotti in sequenze ritmiche regolari, con intervalli che oscillano tra gli 0,01 e i 10 secondi, e possono durare oltre 20 minuti. Dalla struttura degli impulsi di ciascun battito, secondo alcuni autori, si dovrebbe poter ricostruire le dimensioni dell'animale che li ha prodotti. Spesso le sequenze vengono concluse con una breve serie di impulsi emessi secondo uno schema irregolare ma ripetuto, detto coda, che può trasmettere ai conspecifici qualche informazione sull'individuo che produce i suoni oppure sul branco o sulla popolazione di appartenenza.[11][70] Alcuni studiosi ritengono che questi suoni, che possono raggiungere circa 230 decibel a un metro di distanza,[71] vengano utilizzati anche per stordire le prede (vedere la sezione «Ricerca del cibo»); durante la fase di caccia il capodoglio produce click molto ravvicinati che formano dei «ronzii» (buzz). Due cetologi della Dalhousie University, Luke Rendell e Hal Whitehead, riuscirono a identificare nel 2002 dei «clan vocali» (vocal clans), gruppi sociali uniti dalla stessa «lingua», o più prosaicamente e cautamente gruppi di individui socialmente uniti le cui vocalizzazioni condividono una struttura o degli schemi specifici del gruppo cui appartengono.[72]

Ciclo vitale e riproduzione

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Veduta aerea di un capodoglio.

I capodogli costituiscono un eccellente esempio di specie dalla strategia K,[6][14][73] la strategia riproduttiva correlata a un ambiente stabile, un basso tasso di natalità, un livello significativo di cure parentali, uno sviluppo lento e un'elevata longevità.[7]

La modalità di scelta del partner non è ancora stata compresa a pieno: talune prove indicherebbero l'esistenza di relazioni gerarchiche tra i maschi, altre che l'accoppiamento sia influenzato dalla selezione da parte delle femmine.[74] Al contrario dei misticeti, che sembrano assai dipendenti dall'alternanza stagionale per i loro ritmi riproduttivi, gli odontoceti – e in particolare il capodoglio – mostrano schemi assai meno rigidi. La stagione riproduttiva del capodoglio è piuttosto prolungata: da metà inverno a metà estate.[11] La gestazione dura 14-15 mesi; i piccoli, di 4 metri per 500-800 chilogrammi[6] e di colore più chiaro degli adulti,[11] nascono in primavera-estate. Durante il parto, gli altri membri del branco si mantengono in stretto contatto con la partoriente e le offrono assistenza. Il piccolo viene allattato per almeno due anni, malgrado inizi ad assumere cibo solido prima del compimento del primo anno di età. Anche dopo lo svezzamento, tuttavia, il piccolo può continuare a prendere il latte; le femmine fino a 7 anni e mezzo, i maschi fino a 13 anni. Come avvenisse l'allattamento, però, è rimasto a lungo un mistero: il piccolo non ha labbra per succhiare e i capezzoli della madre sono invertiti. Tuttavia, grazie alle moderne riprese video, si è scoperto che il piccolo affonda la mascella inferiore nella cavità del capezzolo e il latte gli viene iniettato in bocca; è denso come lo yogurt e dieci volte più grasso del latte umano.[11]

Le femmine raggiungono la maturità sessuale tra i 7 e i 13 anni, quando misurano 8-9 metri; i maschi, invece, maturano tra i 18 e i 21 anni, alla lunghezza di 11-12 metri. Le femmine adulte vanno in estro una volta ogni 3-5 anni.[6] Dopo aver raggiunto la maturità sessuale, i maschi si spostano verso latitudini elevate dove l'acqua è più fredda e le risorse alimentari sono più abbondanti,[6] mentre le femmine sono piuttosto sedentarie e rimangono a latitudini più basse. I maschi si uniscono a loro solo per accoppiarsi tra la fine dell'inverno e l'inizio dell'estate.[75] Così facendo, fanno sì che vi sia una maggiore mescolanza del patrimonio genetico.[76] La durata massima della vita di un capodoglio sembra possa superare i 70 anni.[7]

Alimentazione

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Scontro tra un capodoglio e un calamaro gigante in un diorama dell'American Museum of Natural History.
Località Composizione
Australia meridionale[77] Onychoteuthidae (36,5%)
Architeuthidae (13,6%)
Pholidoteuthidae (11,4%)
Perù e Cile[78] Histioteuthis (56%) (Histioteuthidae)
Dosidicus gigas (32%) (Ommastrephidae)
Vampyroteuthis infernalis (3%) (Vampyroteuthidae)
Brasile[79] Ommastrephidae (33,1%)
Onychoteuthidae (18,5%)
Azzorre[80] Octopoteuthidae (39,8%)
Histioteuthidae (32,7%)
Architeuthidae (12,1%)
Canada occidentale[81] Moroteuthis robusta (61,9%) (Onychoteuthidae)
Berryteuthis magister (17,6%) (Gonatidae)
Atlantico nord-orientale[82] Taningia (79%) (Octopoteuthidae)
Gonatus (13,9%) (Gonatidae)
Teuthowenia (3,4%) (Cranchiidae)
Islanda e Groenlandia[83] Histioteuthidae (38%)
Cranchiidae (25%)
Mediterraneo[84] Histioteuthis bonnellii (95%) (Histioteuthidae)
Octopoteuthis sicula (2,3%) (Octopoteuthidae)
Histioteuthis reversa (1,3%) (Histioteuthidae)

Il capodoglio è il più grande predatore che esista al momento attuale sulla faccia della Terra. La componente principale della sua dieta è costituita da calamari mesopelagici: si parla pertanto di specie «teutofaga». La dieta delle femmine e dei giovani è costituita principalmente da calamari di diverse specie, di peso variabile da 100 grammi a 10 chilogrammi, ma possono catturare anche pesci, seppure in misura molto minore. La dieta dei maschi adulti differisce solo per le possibili dimensioni delle prede, dato che preferiscono calamari più grandi e arrivano a catturare enormi esemplari del calamaro gigante antartico Mesonychoteuthis hamiltoni, che può superare una lunghezza di 14 metri, o altre specie del genere Architeuthis, quasi altrettanto grandi, diffuse nelle acque profonde anche negli oceani settentrionali. Gli enormi cefalopodi sono catturati a grandi profondità, oltre 1000 metri, e i capodogli recano sul corpo i segni delle lotte con questi straordinari molluschi, che possiedono potenti becchi, simili nella forma a quelli dei pappagalli, molto acuti, taglienti e di dimensioni adeguate alle loro proporzioni; inoltre, le ventose dei loro tentacoli hanno all'interno un anello corneo dal bordo dentato e affilato, come la lama di una sega, con cui i calamari si ancorano saldamente alla pelle dei loro predatori, procurando una ferita circolare quando ne sono strappati via: la pelle dei vecchi capodogli maschi è spesso cosparsa da centinaia di queste cicatrici rotonde.[85]

In genere i pesci sono secondari rispetto ai cefalopodi e comprendono diverse specie di abitudini sia nectoniche sia bentoniche, spesso di dimensioni considerevoli fra cui tonni, barracuda e squali.[27] Un esempio estremo è rappresentato da uno squalo elefante (Cetorhinus maximus) di 2 metri e mezzo rinvenuto nello stomaco di un esemplare catturato alle Azzorre.[27] Si ipotizza che il capodoglio possa predare anche lo squalo dalla bocca grande (Megachasma pelagios), una specie rara, di grandi dimensioni, scoperta negli anni '70:[86][87] sono stati infatti osservati tre capodogli che cercavano di attaccare o giocare con un esemplare di questa specie.[88]

 
Un capodoglio percepisce un calamaro gigante grazie al suo sonar.

Gli studi sulle abitudini alimentari mostrano risultati significativamente diversi a seconda della località. A partire dal numero e dalle dimensioni dei becchi di calamaro rinvenuti nello stomaco del cetaceo, tra la carne già semidigerita, è possibile stimare il peso dei «proprietari» di questi resti chitinosi, il che consente un'interessante valutazione del consumo di questi cefalopodi espresso in unità di massa. I risultati di alcuni di questi studi sono riassunti nella tabella in alto. Una ricerca effettuata alle Galápagos, qua non riportata perché limitata al conteggio del numero dei becchi, ha rilevato che i calamari dei generi Histioteuthis (62%), Ancistrocheirus (16%) e Octopoteuthis (7%), di peso compreso tra 12 e 650 grammi, costituivano le prede dominanti.[89] Altri studiosi, nell'Australia meridionale, hanno analizzato il contenuto stomacale degli esemplari spiaggiati e sono giunti alla conclusione che le variazioni osservate non erano correlate all'età, ma alla posizione geografica (in questo caso al sito di spiaggiamento) e al sesso. Gli stessi studiosi hanno anche riscontrato la presenza di un gran numero di nematodi in tutti gli stomaci, nonché di frammenti di plastica relativamente frequenti, crostacei e altri invertebrati.[77] Uno studio più vecchio, effettuato esaminando i capodogli catturati dalla flotta baleniera della Nuova Zelanda nella regione dello stretto di Cook, rilevò un rapporto di massa tra calamari e pesci di 1,69:1.[90]

La dieta a base di calamari dei capodogli è all'origine della produzione dell'ambra grigia. Oggi sappiamo che questa sostanza si forma nell'apparato digerente dei capodogli per reazione all'indigeribilità dei grossi e duri becchi dei cefalopodi di cui si nutrono: di regola i capodogli rigurgitano queste parti, ma una piccola percentuale si accumula in una parte dello stomaco. La parete dello stomaco, come reazione di difesa all'irritazione causata, incorpora i becchi in una particolarissima secrezione grassa, che nel tempo tende a indurire e che costituisce appunto l'ambra grigia, in modo analogo alla produzione delle perle da parte di certi molluschi o dei bezoar dei ruminanti. Alla morte del capodoglio, dopo la decomposizione della sua carcassa, questa massa può andare alla deriva per anni, compattandosi e diventando bianca e cerosa, sino ad approdare su una spiaggia, dove verrà raccolta.[91][92]

I capodogli ingeriscono ogni giorno una quantità di cibo pari a circa il 3% del loro peso corporeo. Ipotizzando che in Antartide siano presenti almeno 85000 capodogli e che i cefalopodi rappresentino il 95% del loro cibo, si può stimare che ne consumino 12 milioni di tonnellate, in un periodo di circa 120 giorni, che equivale alla loro permanenza in quelle acque;[27] il consumo totale annuo di prede dei capodogli di tutto il mondo viene stimato in circa 100 milioni di tonnellate, una cifra superiore al consumo totale annuo di animali marini da parte dell'uomo.[93]

Ricerca del cibo

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Un frammento di pelle di capodoglio con i segni delle ventose di un calamaro gigante.

I capodogli si alimentano sempre in acque profonde, eseguendo ripetute immersioni a profondità che vanno da 400 a oltre 1000 metri, con punte di quasi 3000 metri, per un tempo variabile da 45 minuti fino a più di 2 ore; tra un'immersione profonda e la successiva, trascorrono una decina di minuti in superficie per la respirazione. Discese e risalite avvengono quasi in verticale e, nel tuffo iniziale, la pinna caudale esce dall'acqua in modo caratteristico prima di inabissarsi.[94] Nessuno ha mai potuto osservare un capodoglio in caccia, e pertanto nessuno sa esattamente come faccia a trovare e catturare le sue prede al buio. C'è chi postula l'uso dell'ecolocalizzazione,[95] chi fa notare che gran parte dei calamari predati sono bioluminescenti, chi propone che il capodoglio se ne stia a bocca aperta, con la mandibola a penzoloni, in attesa che qualche calamaro ci finisca dentro,[11] chi infine sostiene che i calamari siano attratti dalla colorazione bianca della sua bocca.[27] Le tecniche di cattura sono avvolte da ancor più fitto mistero. I denti chiaramente c'entrano poco, visto che i giovani capodogli sembrano in grado di cacciare fin dal primo anno di età, mentre i denti erompono dalle gengive solo dopo l'ottavo; inoltre, esemplari con la mandibola inservibile, perché stortata o semidivelta, sono stati trovati in ottimo stato di nutrizione. La capacità di ingerire per suzione certo gioca in questa fase un ruolo importante; alcuni autori hanno avanzato l'ipotesi – peraltro non suffragata da osservazioni – che i capodogli siano capaci di tramortire o immobilizzare le loro prede con intense emissioni acustiche.[96]

 
Una rara scena di caccia in superficie: il capodoglio tiene un grosso pesce in bocca. Fotografia scattata a Kaikoura, Nuova Zelanda.

Uno studio pubblicato nel 2010 suggerisce che le femmine di capodoglio possano cooperare per cacciare i calamari di Humboldt (Dosidicus gigas).[97] I capodogli a volte «rubano» i merluzzi carbonari e i merluzzi antartici dall'estremità delle lenze di profondità. I pescatori con palangari del golfo dell'Alaska lamentano il fatto che i capodogli approfittano delle loro battute di pesca per mangiare il frutto del loro lavoro, risparmiandosi la fatica di cacciare.[98] Tuttavia, la quantità di pesce prelevata è inferiore al fabbisogno giornaliero di questi animali.

Importanza ecologica

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Posto al vertice della piramide alimentare marina e in grado di spingersi fino a grandi profondità, il capodoglio è un superpredatore che svolge un ruolo importante nell'ambiente marino, soprattutto nella regolazione delle popolazioni di polpi e grossi calamari. In effetti, nella sua nicchia ecologica non ha praticamente concorrenti, quindi approfitta dell'importante fonte di proteine fornita da questi cefalopodi. La regressione del numero di esemplari a seguito della caccia ha avuto conseguenze sulla distribuzione e su alcuni equilibri all'interno delle popolazioni ittiche.

Attraverso un fenomeno di causa ed effetto, sembra che la caccia al capodoglio possa aver contribuito anche al cambiamento climatico, che a sua volta può avere conseguenze sulle popolazioni degli altri cetacei. A metà del 2010, un gruppo di scienziati della Flinders University di Adelaide ha pubblicato una serie sorprendente di scoperte, confermando che l'attività del capodoglio esercitava un effetto significativo e quantificabile sulla composizione dei gas atmosferici in tutto il mondo. I ricercatori spiegavano così il meccanismo: i capodogli in mare agiscono come «pompe» di nutrienti, alimentandosi in profondità di calamari, e rilasciando pennacchi fecali a un livello più superficiale. In questo modo, spostano grandi volumi di materia organica dalle acque profonde, immobili o lente, agli strati fotici a mescolamento più rapido. Nelle acque povere di ferro dei mari freddi, i nutrienti necessari per fertilizzare le piantine alla base della piramide alimentare oceanica scarseggiano. Soprattutto lì, il letame dei capodogli si rivela un catalizzatore vitale per accelerare le fioriture di plancton. Il movimento verticale dei cetacei spinge inoltre il plancton verso l'alto; la turbolenza creata, chiamata miscelazione «diapicnale», porta più vita vegetale verso la luce più forte, e quindi produce tassi maggiori di fotosintesi e crescita. Questi plancton assorbono l'anidride carbonica ed emettono ossigeno su scala planetaria. Nel tempo, vengono sfarinati ed escreti da zooplancton e larve di pesci, decomponendosi nel loro modo microscopico e diffuso per spargersi nell'oceano come sedimento. I resti del plancton trascinano il carbonio atmosferico in basso, perché si adagi sulla superficie del fondale marino e sia infine sepolto da altri detriti, concentrando e bloccando per secoli il carbonio nel limo. Si pensa che oggi questo meccanismo, la circolazione del plancton, provochi l'assorbimento e spostamento di circa metà dell'anidride carbonica prodotta dai combustibili fossili: una proporzione maggiore rispetto a quella sequestrata dalle foreste pluviali, e da tutta l'altra vegetazione sulla terraferma messa insieme. La quantità di carbonio accumulata sul fondo dell'oceano sarebbe potuta essere dieci volte più consistente se la specie non fosse stata cacciata intensamente per due secoli.[99] Inoltre, grazie al loro effetto sul «riciclo del ferro» a tutto vantaggio della produzione primaria, i capodogli della regione australe contribuiscono anche ad attivare e mantenere un'importante catena alimentare.

Dal momento che la sua densità è inferiore a quella dell'acqua, diversamente degli altri cetacei, una volta morto, il capodoglio galleggia in superficie. Partecipa quindi poco o nulla alla creazione degli ecosistemi effimeri creati dalle carcasse delle balene che cadono sulla piana abissale.[100]

Parassiti

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I parassiti esterni come i ciamidi o «pidocchi delle balene» (qui Cyamus ovalis) si ancorano molto saldamente alla pelle del capodoglio grazie ai loro potenti uncini.

Come tutte le balene, il capodoglio fornisce supporto a molti parassiti, sia interni che esterni:

  • i parassiti interni, piccoli invertebrati come vermi piatti (trematodi, cestodi), nematodi o acantocefali, possono in certi casi rivelarsi addirittura pericolosi per il loro ospite: moltiplicandosi nei condotti uditivi, provocano il malfunzionamento del sonar; non riuscendo più a orientarsi nell'ambiente esterno, il capodoglio può arenarsi, non può più cacciare o non riesce più ad evitare gli ostacoli;
  • i parassiti esterni si sviluppano sull'epidermide del capodoglio mangiandone la pelle o ripulendo le ferite purulente. Si tratta generalmente di crostacei, in particolare di copepodi o anfipodi. Questi ultimi possono essere dotati di potenti uncini che si ancorano molto saldamente alla pelle, lasciando grosse cicatrici.[11] Prendono di mira le zone in cui la pelle è più morbida, ad esempio intorno alla regione genitale, allo sfiatatoio o alle palpebre, e succhiano il sangue del cetaceo.[101] Tra questi, il ciamide Neocyamus physeteris è specifico del capodoglio: è il più comune tra gli ectoparassiti ed è presente solamente sulle femmine e sui giovani,[102] ma è stato riscontrato in tutte le popolazioni ed è talvolta esso stesso portatore di parassiti.[103][104] I grossi maschi sono, dal canto loro, il bersaglio di un altro ciamide, Cyamus catodontis.[102] Altri crostacei, i cirripedi, si limitano semplicemente ad ancorarsi al capodoglio; è il caso delle lepadi e dei balani. Sebbene l'animale funga solo da substrato, la presenza di questi organismi costituisce pur semple un problema, soprattutto in caso di proliferazione eccessiva, in particolare nelle acque fredde.[101] Tra i vertebrati, lo squalo tagliatore (Isistius brasiliensis) può staccare a morsi interi bocconi dalla carne del capodoglio.[105]

Distribuzione e habitat

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Areale del capodoglio.

Il capodoglio è una delle specie più cosmopolite. È presente con un cospicuo numero di esemplari in tutti gli oceani e in quasi tutti i mari, Mediterraneo compreso. Predilige le acque aperte con profondità superiori a 1000 metri[1] e si incontra più facilmente in acque equatoriali o tropicali; le femmine e i loro piccoli non si spingono mai oltre i 50° di latitudine nord e sud e trascorrono l'intera esistenza in acque calde, ma i maschi adulti raggiungono anche i mari polari.[14] Nell'emisfero australe si spingono fin quasi all'Antartide, ma intorno alla Georgia del Sud sono rari e confinati alle acque profonde lontane dalla costa;[106] sono più comuni nel canale di Drake al largo del capo Horn e in molte baie della Terra del Fuoco aperte sull'oceano, lungo la costa della penisola Mitre, nel canale di Beagle e nello stretto di Magellano.[107] Nell'emisfero boreale, invece, sono presenti in tutte le acque, fino al 75º parallelo. Tuttavia, è raro che un esemplare si sposti da un emisfero all'altro: i maschi in particolare tendono a rimanere sempre dallo stesso lato dell'equatore.[27]

I capodogli sono presenti nel Mar Mediterraneo, ma non nel Mar Nero,[6] e pure la loro presenza nel Mar Rosso è incerta.[1] Forse l'assenza da queste aree è dovuta alle acque poco profonde dei punti di accesso sia al Mar Nero che al Mar Rosso;[108] inoltre, le acque più profonde del Mar Nero sono anche anossiche e contengono alte concentrazioni di composti dello zolfo, come l'acido solfidrico.[109] Le popolazioni presentano una maggiore densità in prossimità delle piattaforme continentali e dei canyon sottomarini.[14] I capodogli si incontrano generalmente nelle acque profonde al largo, ma si possono vedere anche più vicino alla riva nelle aree dove la piattaforma continentale è stretta e si inabissa rapidamente a profondità comprese tra 310 e 920 metri.[6] Acque costiere che ospitano un consistente numero di capodogli sono quelle intorno alle Azzorre e all'isola caraibica della Dominica.[110]

I capodogli seguono un calendario migratorio dallo schema simile a quello delle balenottere: i maschi si avvicinano all'equatore ogni inverno per unirsi ai gruppi di femmine. Una volta che la riproduzione ha avuto luogo, ripartono verso i poli, dove le risorse di cibo sono più abbondanti.[27]

Etimologia

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Incisione del 1577 raffigurante dei capodogli arenati. Il disegno è piuttosto approssimativo. Si può notare che l'autore ha rappresentato (erroneamente) due narici (o sfiatatoi) all'estremità del muso di ogni animale, occhi posti in alto e pinne dorsali più sporgenti di quanto non siano in realtà.

Il termine «capodoglio», o l'ormai desueto «capidoglio», trae origine dalla prodigiosa quantità di olio che si ricavava dal suo capo. Un altro nome desueto dell'animale è «cascialotto»[111] o «cascialoto»,[112] forma italianizzata del francese cachalot, a sua volta di origine iberica. Tuttavia, nei testi francesi il termine cachalut era già presente nel 1628, in quanto questo nome veniva utilizzato a Saint-Jean-de-Luz per descrivere l'animale che veniva considerato il «maschio della balena». Il termine attuale, trovato per iscritto nel 1694, è preso in prestito dal portoghese del XVII secolo cachalote o cacholote, che designa lo stesso animale, ma la cui origine non è chiara. Sembrerebbe provenire dal portoghese cachola, che significa «grossa testa».[113] Il termine viene anche attribuito al guascone cachau o da caichal, riscontrato a Carcassonne, col significato di «grandi denti».[114][115] Nel suo dizionario etimologico, Joan Coromines propose che i termini iberici sono a loro volta derivati dal latino volgare cappula, plurale di cappulum, l'impugnatura della spada.[116]

 
Le Physale Cylindrique, tratto dalla Histoire naturelle des cétacés di Lacépède (1804).

Nei paesi anglosassoni il capodoglio è chiamato sperm whale, apocope di spermaceti whale: lo spermaceti è una sostanza semiliquida, cerosa, contenuta nell'organo omonimo che occupa gran parte della testa dell'animale e serve da zavorra durante le immersioni (vedi la sezione «Spermaceti»). Spermaceti significa, in latino, «sperma di balena», in quanto questa sostanza biancastra venne inizialmente confusa con il liquido seminale. Un altro nome arcaico, «fisetere»,[117] è la semplice italianizzazione del nome scientifico dell'animale, Physeter, una parola di origine greca che significa «soffiatore», da φυσώ (physo), che vuol dire «soffiare».[118] Questo termine, oggi del tutto desueto, si ritrova, ad esempio, sotto la penna di François Rabelais con la grafia Physetère nei capitoli 33 e 34 del Libro quarto di Gargantua e Pantagruel (1552).[119] Anche l'epiteto specifico macrocephalus deriva dal greco: composto da μακρός (makrós) e κεφαλή (képhalế), significa letteralmente «grossa testa»; il nome specifico alternativo, catodon, vuol dire «denti sulla mandibola», dal greco κατά (katá), «in basso», e ὀδούς (odoús), «dente».[11]

Sistematica

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Tassonomia

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Il capodoglio è collocato nel genere Physeter, unico genere della famiglia dei Fiseteridi (Physeteridae), a sua volta collocata nella superfamiglia Physeteroidea, che raggruppa il capodoglio e le due specie di cogia – il cogia di Owen (Kogia sima) e il cogia di de Blainville (K. breviceps).[120] In passato queste ultime venivano anch'esse collocate tra i Fiseteridi, ma oggi si preferisce porle in una famiglia a parte, i Kogiidi (Kogiidae).[121] Se la monotipicità della famiglia è tuttora oggetto di discussioni, è ormai ben dimostrata la monotipicità del genere Physeter. Tuttavia non è sempre stato così, perché Linneo, autore della descrizione scientifica della specie, nella sua opera Systema Naturae del 1758 descrisse quattro specie in questo genere:[122] P. catodon, P. macrocephalus, P. microps e P. tursio. Sulla base di uno studio di Frédéric Cuvier del 1836 seguito da tutti i cetologi, le quattro specie sono state ridotte a una sola, sebbene dalla descrizione originale rimarrà una certa ambiguità su quale debba essere il corretto appellativo della specie, P. macrocephalus o P. catodon, entrambi coniati da Linneo e da lui usati indifferentemente. Inizialmente venne data la priorità a P. catodon, finché nel 1974 Husson e Holthuis proposero come nome corretto P. macrocephalus,[123] il secondo dei nomi coniati da Linneo; tuttavia, per il fatto che i due nomi sono sinonimi pubblicati contemporaneamente, fu necessario applicare il «principio del primo revisore» del Codice internazionale di nomenclatura zoologica (ICZN), come confermato da Holthuis nel 1987.[124] Da allora la maggior parte degli autori ha seguito questa denominazione, anche se Schevill (nel 1986 e nel 1987) sostenne che P. macrocephalus era stato pubblicato con una descrizione imprecisa e quindi solo P. catodon poteva essere considerato valido, rendendo inapplicabile il principio del «primo revisore».[125][126] Tuttavia, attualmente, la maggior parte degli autori accetta macrocephalus come nome valido, considerando catodon mero sinonimo secondario.

La specie ha avuto nel tempo numerosi sinonimi, nonché varie sottospecie descritte, sebbene oggi sia considerata monotipica.

Taxa sinonimi o incerti[127]
Specie Sottospecie
  • Physeter catodon Linnaeus, 1758
  • Physeter microps Linnaeus, 1758
  • Physeter tursio Linnaeus, 1758
  • Physeter andersonii Borowski, 1780
  • Physeter novaeangliae Borowski, 1780
  • Phiseter cylindricus Bonnaterre, 1789
  • Phiseter mular Bonnaterre, 1789
  • Phiseter trumpo Bonnaterre, 1789
  • Physeter microps rectidentatus Kerr, 1792
  • Physeter maximus Cuvier, 1798
  • Catodon macrocephalus Lacépède, 1804
  • Physalus cylindricus Lacépède, 1804
  • Physeter orthodon Lacépède, 1804
  • Physeterus sulcatus Lacépède, 1818
  • Physeter australasiensis Desmoulins, 1822
  • Tursio vulgaris Fleming, 1822
  • Delphinus bayeri Risso, 1826
  • Cetus cylindricus Billberg, 1828
  • Physeter australis Gray, 1846
  • Catodon colneti Gray, 1850
  • Catodon australis Wall, 1851
  • Catodon (Meganeuron) krefftii Gray, 1865
  • Physeter macrocephalus albicans Kerr, 1792, sinonimo di Delphinapterus leucas (Pallas, 1776)
  • Physeter macrocephalus cinereus Kerr, 1792, nomen dubium
  • Physeter macrocephalus niger Kerr, 1792, nomen dubium

Storia evolutiva

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Evoluzione dei cetacei.

Fossili

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Zygophyseter varolai a caccia.

Sebbene le testimonianze fossili siano scarse,[128] sono diversi i generi estinti assegnati alla superfamiglia monofiletica Physeteroidea, che comprende l'ultimo antenato comune dei moderni capodoglio, cogia di de Blainville e cogia di Owen, oltre a tutti gli altri suoi discendenti. Ferecetotherium, rinvenuto in Azerbaigian e risalente all'Oligocene (circa 28-23 milioni di anni fa), è il fossile più primitivo finora scoperto a possedere caratteristiche specifiche dei capodogli, come un rostro asimmetrico.[129] La maggior parte dei capodogli fossili risale al Miocene, il periodo compreso tra 23 e 5 milioni di anni fa. Diaphorocetus, proveniente dall'Argentina, risale al Miocene inferiore. Al Miocene medio risalgono Aulophyseter, Idiorophus e Orycterocetus, tutti rinvenuti sulla costa occidentale degli Stati Uniti, Leviathan melvillei, rinvenuto nel 2010 più a sud, in Perù, e Scaldicetus, rinvenuto in Europa e in Giappone.[129][130] Fossili di Orycterocetus sono stati trovati anche nell'Oceano Atlantico settentrionale e nel Mar Mediterraneo, oltre che sulla costa occidentale degli Stati Uniti.[131] Placoziphius, rinvenuto in Europa, e Acrophyseter, in Perù, risalgono alla fine del Miocene.[129][132]

I capodogli fossili differiscono da quello moderno soprattutto per il numero dei denti, ma anche per la forma del muso e della mascella.[129] Ad esempio, Scaldicetus aveva un rostro sottile.[130] I generi che vissero tra l'Oligocene e il Miocene medio, con la possibile eccezione di Aulophyseter, avevano denti sulla mascella superiore.[129] Anche Acrophyseter, della fine del Miocene, aveva denti su entrambe le mascelle, nonché un breve rostro con una mandibola curvata verso l'alto.[132] Queste differenze anatomiche suggeriscono che le specie fossili non fossero necessariamente cacciatrici di acque profonde, come il capodoglio attuale, ma che alcuni generi si nutrissero principalmente di pesci.[129] Zygophyseter, vissuto nel Miocene medio e superiore, aveva denti su entrambe le mascelle e sembra che si fosse adattato a nutrirsi di prede di grandi dimensioni, in modo simile all'orca.[95]

Cetacea
Odontoceti
Physeteroidea

Altri Physeteroidea †

Kogiidae

Cogia di de Blainville

Cogia di Owen

Physeteridae

Altri Physeteridae †

Capodoglio

Plataniste

Altri delfini di fiume

Delfini e orche

Focene

Beluga e narvalo

Zifidi

Misticeti

Albero filogenetico del capodoglio,[133] compresi i rami dei gruppi estinti (†).[95]

Filogenesi

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La teoria più accettata afferma che i misticeti e gli odontoceti derivino da balene primitive dell'inizio dell'Oligocene, e che la superfamiglia Physeteroidea si sia separata dagli altri odontoceti poco dopo, più di 23 milioni di anni fa.[128][129] Analisi molecolari filogenetiche effettuate tra il 1993 e il 1996 suggerirono che i capodogli fossero più strettamente imparentati con i misticeti che con gli altri odontoceti, il che avrebbe comportato che il sottordine degli odontoceti non fosse monofiletico.[133][134] Tuttavia, studi successivi di anatomia comparata e di filogenesi molecolare, che analizzarono una gamma più ampia di caratteristiche morfologiche e marcatori molecolari, contestarono questi risultati e confermarono la monofilia degli odontoceti.[133][135][136][137]

Le analisi confermano anche che durante il Miocene la superfamiglia Physeteroidea andò incontro a una rapida diversificazione.[95] La famiglia dei Kogiidi si separò da quella dei Fiseteridi almeno 8 milioni di anni fa.[135]

Rapporti con l'uomo

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La caccia al capodoglio

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Caccia alla balena.

Gli inizi della caccia commerciale

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Campione di cera di spermaceti, candela di spermaceti e bottiglia di olio di capodoglio.
 
Estrazione dello spermaceti sul ponte di una baleniera.

Prima degli inizi del XVIII secolo, la caccia al capodoglio veniva effettuata con metodi tradizionali ed era praticata principalmente dagli indigeni indonesiani del villaggio baleniero di Lamalera sull'isola di Lembata.[138] I primi occidentali che si dedicarono alla caccia a questo animale furono invece i balenieri americani dell'isola di Nantucket e di New Bedford, nel Massachusetts. Le cronache marinare riportano che nel 1712 Christopher Hussey, capitano di baleniera partito alla ricerca di balene franche, venne sospinto dal vento lontano dalla riva e si ritrovò nel bel mezzo di un gruppo di capodogli, uccidendone uno.[139] Il giudice Paul Dudley, nel suo Essay upon the Natural History of Whales del 1725, afferma che un certo Atkins, attivo nel settore per dieci o dodici anni, fu tra i primi a catturare capodogli al largo delle coste del New England intorno al 1720.[140]

Questi esempi segnano l'inizio della caccia commerciale al capodoglio: durante i secoli XVIII, XIX e XX lo spermaceti e l'olio di capodoglio divennero molto ricercati dai balenieri, che iniziarono a specializzarsi nella cattura di questo cetaceo. Questi prodotti di origine animale trovavano all'epoca un'ampia gamma di applicazioni, ad esempio nella produzione di candele, sapone, cosmetici, olio per motori, altri lubrificanti speciali per i macchinari della rivoluzione industriale, olio per lampade, matite, impermeabilizzanti per cuoio, prodotti antiruggine e numerosi composti farmaceutici. Anche l'ambra grigia, sostanza cerosa, solida e infiammabile, veniva usata come fissativo in profumeria. Date le numerose applicazioni di questi materiali all'epoca della rivoluzione industriale, la caccia divenne indispensabile per la mancanza di prodotti sostitutivi.[141][142][143][144] Il numero delle baleniere dedite alla caccia ai capodogli aumentò rapidamente e i metodi di cattura e di estrazione dei prodotti vennero quasi industrializzati.

Ascesa, declino e rinascita

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Incisione degli anni '50 del XIX secolo raffigurante una scena di caccia al capodoglio.

Durante i primi decenni di caccia al capodoglio in mare aperto (dal 1709 agli anni '30 del XVIII secolo) furono registrate solo poche catture. Gli sloop (navi veliere con un solo albero) tendevano infatti a concentrarsi sui Nantucket Shoals a caccia di balene franche, o intorno allo stretto di Davis, dove potevano trovare le balene della Groenlandia. Fu solo all'inizio degli anni '40 del XVIII secolo (prima del 1743), con l'avvento delle candele di spermaceti, che le navi americane iniziarono a interessarsi ai capodogli. La zona di influenza dei balenieri americani si estese rapidamente dalla costa orientale delle colonie americane alla corrente del Golfo, ai Grandi Banchi, all'Africa occidentale (1763), alle Azzorre (1765) e all'Atlantico meridionale (1770). Dal 1770 al 1775, i porti di Massachusetts, New York, Connecticut e Rhode Island produssero 45000 barili di olio di capodoglio all'anno, rispetto agli 8500 di olio di balena.[145] Nello stesso decennio, anche gli inglesi iniziarono a cacciare i capodogli, impiegando però navi e personale americani, seguiti, nel decennio successivo, dai francesi, che si avvalevano anch'essi dell'esperienza degli americani.[146]

La caccia al capodoglio acquistò sempre più importanza nel corso del XVIII secolo. Vennero costruiti arpioni più robusti e navi sempre più grosse e massicce, le baleniere, adatte per poter stipare i ricavati del capodoglio e la grande quantità di viveri necessaria per i lunghi viaggi in mare aperto; infatti, dato che i luoghi di raduno dei capodogli erano molto lontani dalle coste, i marinai impiegavano mesi se non addirittura anni per scovare esemplari sufficienti da macellare. Per questo motivo, onde evitare che le carcasse marcissero, tutte le baleniere vennero dotate degli elementi necessari per la lavorazione del corpo della balena, tramutandosi in delle vere e proprie industrie mobili. Tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo, le baleniere a caccia di capodogli navigavano ormai verso il Pacifico, l'Oceano Indiano, il Giappone, la costa dell'Arabia, l'Australia e la Nuova Zelanda.[146][147]

 
I balenieri staccano l'enorme della testa del capodoglio per ricavarne lo spermaceti in una stampa del 1916.

Quando il capodoglio veniva avvistato si calavano le lance, solitamente due o tre, cariche di sei uomini ciascuna: cinque remavano ed uno, ovvero colui a cui spettava il compito di abbattere il capodoglio, rimaneva al timone. Nel momento in cui erano sufficientemente vicini alla balena l'ufficiale dava l'ordine al timoniere di alzarsi e lanciare l'arpione; quest'ultimo veniva conficcato in una particolare arteria situata vicino alla pinna pettorale, uno dei pochi punti deboli esposti dell'enorme cetaceo, che ne permetteva una grande fuoriuscita di sangue: questo però non uccideva subito il capodoglio, ma lo spingeva a fuggire, facendo restare l'imbarcazione agganciata ad esso. In uno spettacolo mozzafiato, il disperato e furioso animale trascinava impetuosamente la lancia con i marinai a bordo, in quello che è conosciuto in gergo tecnico come «la slitta di Nantucket»; questo lungo calvario poteva durare dai venti minuti fino addirittura alle 24 ore a seconda della robustezza e delle dimensioni dell'esemplare attaccato. Con l'animale ormai senza forze, l'ufficiale si avvicinava e lo colpiva con un arpione più lungo per perforargli i polmoni e farlo affogare nel suo stesso sangue. La balena non poteva essere caricata di peso sulla nave, così la si tagliava in lunghi tranci per poi introdurli in enormi pentole di ferro per lavorare il grasso e produrre l'olio.[145]

 
Il capodoglio che attacca la Essex, tratto dai taccuini di Thomas Nickerson.

La caccia però ad animali grossi e pericolosi come i capodogli comportava continuamente rischi notevoli, e le tragedie durante le battute di caccia erano all'ordine del giorno: marinai dagli arti mozzati o totalmente mutilati dalle fauci della balena, scialuppe distrutte o addirittura navi intere danneggiate erano di fatto avvenimenti comuni, senza contare le lunghe odissee in mezzo all'oceano per scovarli. Uno dei casi più estremi di incidenti avvenuti durante una di queste spedizioni è il famigerato affondamento della baleniera Essex, avvenuto nel novembre del 1820 e causato dall'improvviso attacco di un enorme maschio di capodoglio; ciò probabilmente avvenne per il fatto che il maschio avesse confuso l'imbarcazione per un rivale, decidendo dunque di caricarlo. La nave colò a picco nel tempo necessario da permettere a quasi tutto l'equipaggio di mettersi in salvo sulle scialuppe, ma furono le scarse riserve di cibo ed acqua a decimarlo: su venti marinai che erano presenti a bordo della Essex soltanto otto sopravvissero ed alcuni fra questi furono addirittura costretti a cibarsi dei corpi dei loro compagni morti. Da questa tragedia, anni dopo lo scrittore americano Herman Melville pubblicò uno dei libri simbolo di questo periodo storico ed un classico della letteratura statunitense: Moby Dick, la leggendaria balena bianca.[53]

 
I capodogli «festeggiano» l'avvento dell'industria petrolifera in una vignetta satirica del 1861.
Scena di caccia al capodoglio.

Eravamo ormai al culmine della grande epopea della caccia ai cetacei quando il sanguinoso commercio dello spermaceti iniziò lentamente a decadere. I motivi del declino furono molteplici, quali la nascita dell'industria petrolifera e l'incombente guerra civile americana. Fino a quel momento l'olio di balena era l'unico combustibile per le lampade, ma venne sostituito in fretta con il cherosene, un sottoprodotto della lavorazione del petrolio.[148][149] Oltre a ciò la popolazione di capodogli era diminuita drasticamente, tanto che divenne sempre più difficile scovare abbastanza esemplari.[145] Secondo alcuni studi svolti sui diari di bordo di alcuni marinai dell'epoca è emerso anche un altro interessante fattore: i capodogli potrebbero avere imparato a sfuggire e a difendersi dalle baleniere stesse; infatti all'interno delle pagine di questi ultimi viene riportato come alcuni branchi di capodogli avessero iniziato a smettere di raggrupparsi attorno ai piccoli in caso di pericolo, cosa che facilitava i balenieri, oppure come altri esemplari nuotassero controcorrente per sfuggire alle barche a vela, e come altri ancora avessero iniziato ad attaccare molto più spesso le imbarcazioni.[150] Tuttavia, nonostante il mercato dell'olio stesse andando in bancarotta, la stessa cosa non si poteva dire per la carne.[151]

Con l'inizio del XX secolo anche altri stati come Giappone e Russia si unirono alla caccia; questa volta i grandi cetacei vennero cacciati principalmente per le risorse alimentari e perciò si iniziò a prediligere specie sempre più grandi, tra cui non solo i pochi esemplari di capodoglio rimasti, ma per la prima volta anche megattere e le colossali balenottere. Anche le armi cambiarono nuovamente: con l'avanzare delle tecnologie vennero fabbricati arpioni con carica esplosiva in grado di essere sparati da un cannone posto alla prua della nave, rendendo quindi più facile e sicura l'uccisione delle enormi prede.[152] Nel corso delle due guerre mondiali, per rifornire di cibo la popolazione in crisi si stima venissero uccisi anche 50000 esemplari all'anno, tanto da indurre le autorità dei paesi interessati a tentare di porre un freno alla caccia indiscriminata.[152] Durante gli anni '70 e '80 le campagne di sensibilizzazione portarono alla firma di trattati internazionali che regolano il commercio dei prodotti derivati dall'industria baleniera e alla creazione di un sempre maggiore numero di aree di protezione. Quando ormai le popolazioni si erano ridotte drasticamente, la Commissione internazionale per la caccia alle balene dichiarò il capodoglio specie protetta nel 1985. Tuttavia, la caccia continuò ad essere praticata in forma tradizionale alle Azzorre fino al 1984[153] e in Giappone, nell'Oceano Pacifico settentrionale, fino al 1988.[149]

Popolazioni e conservazione

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La caccia al capodoglio raggiunse il suo apice negli anni '30 del XIX secolo e negli anni '60.

Si stima che prima della caccia commerciale la popolazione globale di capodogli ammontasse a circa 1100000 individui, ma nel 1880 questa cifra era diminuita di quasi il 29%.[1] Da allora fino al 1946, sembra che la popolazione si fosse parzialmente ripresa, grazie alla minore pressione venatoria, ma dopo la seconda guerra mondiale la popolazione diminuì ulteriormente fino a raggiungere solo il 33% di quanto fosse prima dell'era della caccia.[1] È stato stimato che, durante il XIX secolo, tra 184000 e 236000 capodogli furono uccisi da balenieri di ogni nazionalità,[154] mentre la moderna ondata di caccia alla balena portò all'uccisione di almeno 770000 individui, soprattutto tra il 1946 e il 1980.[N 3] Ancora oggi è possibile notare l'impatto che ha avuto la caccia su questa specie: dal momento che venivano cacciati prevalentemente i maschi di grandi dimensioni, che in alcuni casi sono addirittura scomparsi da intere aree, la lunghezza media dei capodogli è diminuita, almeno in certe aree.[158]

Le popolazioni di capodogli sopravvissute sono abbastanza consistenti da far sì che la specie venga considerata «vulnerabile» (Vulnerable).[1] Tuttavia, la ripresa dopo secoli di caccia commerciale è un processo lento, in particolare nel Pacifico meridionale, dove il prelievo di maschi in età riproduttiva fu particolarmente intenso.[159] Il numero di capodogli esistenti oggi è sconosciuto, ma gli scienziati presumono che potrebbero aggirarsi sulle 360000 unità, una stima risalente agli anni '90 che potrebbe anche essere cambiata da allora. Questa cifra indica una diminuzione del 67% della popolazione originaria. Le prospettive di conservazione sono più rosee di quelle di molte altre balene, ma non vi sono prove che la popolazione sia aumentata dopo il divieto di caccia alla balena, né che sia diminuita, salvo eccezioni regionali.[1]

La specie è protetta quasi ovunque nel mondo e le attività di caccia sono cessate quasi ovunque, con rarissime eccezioni, peraltro poco influenti dal punto di vista della conservazione della specie.[152] I pescatori non prendono di mira le specie di cui si nutrono i capodogli, pertanto la pesca non ha alcun impatto sulle loro risorse alimentari. Attualmente, le principali minacce per la specie sono gli intrappolamenti nelle reti da pesca e le collisioni con le navi,[14] senza dimenticare l'ingestione di rifiuti galleggianti, l'inquinamento acustico sottomarino e l'inquinamento chimico.[160] A Kaikōura, in Nuova Zelanda, è stato studiato il possibile impatto del whale-watching sulla popolazione qui presente. Sembra infatti che questa attività modifichi il comportamento dell'animale, ma in maniera così esigua che probabilmente non sono da temere conseguenze biologiche.[161]

Impiego alimentare

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Lo squartamento seguiva uno schema preciso.

Quando un capodoglio si arena sulla riva, la sua carne rosso scuro diventa rapidamente nerastra se esposta all'aria aperta, il che la rende poco appetitosa. Per questo motivo, gli abitanti delle Azzorre non prelevavano la carne degli esemplari arenati, ma si accontentavano di estrarre loro i denti, usati come ornamenti.[162] Ciononostante, il capodoglio, come le altre balene, compare sul menu di alcune popolazioni, seppur sporadicamente. In effetti, le sue grandi dimensioni ne fanno una notevole riserva di cibo, sebbene solo il grasso sia veramente commestibile; la carne non ha particolare valore gastronomico: ha sapore piuttosto mediocre e veniva utilizzata principalmente per l'alimentazione degli animali. I balenieri americani tagliavano le strisce di grasso in piccoli pezzi e ne facevano delle polpette che poi immergevano nell'olio bollente, con le quali banchettavano. Ma la maggior parte di queste polpette veniva essiccata con l'aiuto di un fornello per poi essere macinata e trasformata in farina animale per il bestiame.[162]

Poiché in precedenza le balene venivano considerate dei pesci, l'Islam consente il consumo della carne di capodoglio, come indica anche la Sunna parlando della «spedizione sulla costa» condotta da Abu Ubayda ibn al-Jarrah e dai suoi trecento uomini.[163] Oggi la caccia al capodoglio è vietata e la sua carne non viene più consumata, tranne che in Giappone, dove sul menu compare la carne di una grande varietà di balene. Il consumo della carne di balena fa parte di una tradizione che risale a prima del XVII secolo.[164] Per quanto riguarda il capodoglio, i giapponesi cucinano il grasso (honkawa, 本皮) cuocendolo in un brodo chiamato koro oden (コロおでん). Oltre a questo, ancora oggi vengono consumate altre parti dell'animale, alcune delle quali considerate addirittura pregiate, dalla testa (il kabura-bone, かぶら骨, cioè la cartilagine del rostro) alla coda (l'onomi, 尾の身, la base della coda), senza trascurare il rene (mamewata, 豆腸) e perfino il pene (takeri, たけり).[152][165]

Studi recenti suggeriscono che il grasso del capodoglio contiene PCB, sostanze cancerogene che danneggiano il sistema nervoso, immunitario e riproduttivo umano.[166][167] La fonte delle concentrazioni di PCB è sconosciuta. Gli odontoceti, come il capodoglio, si trovano generalmente in cima alla catena alimentare e sono quindi soggetti a immagazzinare grandi quantità di inquinanti industriali a seguito del bioaccumulo. Tuttavia, il caso del capodoglio sembra essere più complesso, dato che va in cerca di cibo a grandi profondità.

Osservazione dei capodogli

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I capodogli non sono i cetacei più facili da osservare, soprattutto a causa delle loro lunghe apnee e della capacità di percorrere lunghe distanze sott'acqua. Tuttavia, a causa dell'aspetto particolare e delle grandi dimensioni, sono un obiettivo amato dai whale-watcher, che usano spesso degli idrofoni per ascoltarne i click e localizzarli prima che emergano. Mete popolari per l'osservazione dei capodogli sono Kaikōura, nell'Isola del Sud della Nuova Zelanda, dove la piattaforma continentale è così stretta che i cetacei possono essere visti dalla riva; Andenes e Tromsø in Norvegia; e infine le Azzorre, dove è possibile vederli tutto l'anno.[168] Si ritiene che la Dominica sia l'unica isola dei Caraibi ad ospitare un branco di femmine e piccoli residente tutto l'anno.[169]

Dal 2013, un team di subacquei effettua regolari osservazioni subacquee di una popolazione al largo delle coste di Mauritius per studiarne la struttura sociale.[170]

Il capodoglio nella cultura

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Etnologia

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Incisione raffigurante un capodoglio spiaggiato (1598).

Secondo alcuni studiosi, alcuni graffiti scoperti nell'area del golfo di Morbihan in Bretagna, risalenti al V-IV millennio a.C., raffigurerebbero dei capodogli, ma tale interpretazione non è unanimemente accettata.[171]

Il più antico riferimento a questo animale giunto fino a noi si trova nella Storia naturale di Plinio il Vecchio. Egli racconta che il mare è così grande e illimitato che «non è sorprendente trovarvi tante creature strane e mostruose». Aggiunge che nell'oceano dei Galli, «è stato scoperto un enorme pesce chiamato physeter [dal greco «soffiatore», antico nome del capodoglio] che emerge dal mare come una colonna o un pilastro, più alto persino delle vele di una barca, e da esso sprizza, in alto nell'aria, una grande quantità d'acqua, come da un tubo [...]». Fino alla fine del XVII secolo, comunque, i cetacei venivano considerati dei pesci, nonostante già nel 400 a.C. il filosofo greco Aristotele classificasse le balene tra i mammiferi. All'epoca il capodoglio non veniva distinto dalle altre balene e, assieme a queste, compariva sui bestiari tra le creature più terrificanti.[11].

 
Oggetto kanak (Nuova Caledonia), costituito da un dente di capodoglio forato in due punti e munito di un cordino di sospensione di liana intrecciata. Collezione di etnografia del Museo di Tolosa.

I denti di capodoglio rivestivano una grande importanza culturale in tutto il Pacifico. In Nuova Zelanda, i maori li chiamavano rei puta ed erano piuttosto rari, in quanto presso questa società tradizionale i capodogli non venivano cacciati[172] e i denti e le ossa venivano prelevati solo dagli esemplari spiaggiati. Nelle Figi, i denti sono conosciuti come tabua e venivano offerti come dono o come segno di espiazione (sevusevu): erano quindi importanti nelle trattative tra capi rivali.[173] Friedrich Ratzel, in Storia dell'umanità (1896), riferisce che, nelle isole Figi, i denti di capodoglio erano oggetti ornamentali di grande valore, da cui venivano ricavate delle perline per realizzare collane.[174] Oggi i tabua rimangono un elemento importante nella vita delle Figi. Inizialmente i denti erano rari su queste isole e a Tonga, ma con l'arrivo degli europei i denti inondarono il mercato e il valore di questa «moneta» crollò. L'eccesso di offerta a sua volta portò allo sviluppo dell'arte tutta europea dello scrimshaw.[175] I denti di capodoglio, comunque, erano considerati oggetti di pregio anche in altre zone del mondo, dato che sono stati rinvenuti anche in sepolture della Vandea (epoca gallica)[176] e dell'Assiria (XII secolo a.C.).[177]

 
L'arte dello scrimshaw veniva espressa sui denti di capodoglio.

Riferimenti culturali

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Mocha Dick attacca una scialuppa della baleniera Essex.

Il romanzo Moby Dick di Herman Melville è basato sulla storia vera del capodoglio che attaccò la baleniera Essex e forse su un esemplare bianco del Pacifico noto per la sua ferocia, un maschio che era stato chiamato Mocha Dick. Melville associò il capodoglio al Leviatano della Bibbia. Tuttavia, mentre l'episodio della Essex viene citato sia nel romanzo che nella corrispondenza dell'autore, Mocha Dick non vi compare mai. Potrebbe quindi trattarsi di una coincidenza, non essendo rari i casi di albinismo tra questi animali, né i nomi propri (Dick è il diminutivo di Richard) affibbiati dai cacciatori ad esemplari particolarmente combattivi, come riporta lo stesso Melville in un capitolo del suo romanzo.

Nel 1869 anche Jules Verne, in Ventimila leghe sotto i mari, parlò dei capodogli, dandone però una descrizione errata, dal momento che li descrisse come feroci assassini predatori di balene, forse confondendoli con le orche.[178]

 
La Balena di Pinocchio.

L'animale appare anche nelle sembianze feroci della Balena del film Pinocchio (1940) di Walt Disney (chiamata Monstro nell'originale), dove ingoia Geppetto insieme alla sua barca, analogamente alla storia di Giona, il profeta biblico inghiottito da una balena. Anche se la presenza di denti nella mascella di questo immenso cetaceo e la forma squadrata della testa lasciano una sola interpretazione possibile sulla sua identità, la rappresentazione dell'animale resta piuttosto approssimativa, in quanto presenta anche i solchi golari propri delle balenottere.[179] Nel 2006 al capodoglio è stato dedicato un lungo docu-drama in computer grafica prodotto dalla BBC, dal titolo Odissea negli abissi (Ocean Odissey).[180] Altre riprese di questo animale si trovano nella seconda stagione della serie Il pianeta azzurro e nel quarto episodio della serie I segreti delle balene (Secrets of the Whales) della National Geographic Society. Due sottomarini della United States Navy presero il nome dall'animale: lo USS Cachalot (SS-33) (ribattezzato USS K-2 (SS-33) nel 1911) e lo USS Cachalot (SS-170) della «classe Cachalot». Il cetaceo è, inoltre, il simbolo della prefettura di Yamanashi in Giappone e dello stato del Connecticut negli Stati Uniti.

Esplicative

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  1. ^ Una squadra di ricercatori, nel 2018, ha monitorato uno zifio sceso fino a 2992 metri di profondità.
  2. ^ Proprio per la sua quantità, la mioglobina del capodoglio è stata la prima proteina cui è stata determinata la struttura tridimensionale mediante cristallografia ai raggi X, grazie alle ricerche di John Kendrew e Max Perutz.
  3. ^ Sebbene fossero state dichiarate ufficialmente oltre 680000 catture,[155] i ricercatori hanno scoperto che i rapporti ufficiali dell'URSS erano stati sottostimati di almeno 89000 unità.[156] Oltre all'URSS, anche altri paesi, come il Giappone, hanno sottostimato il numero di catture.[157]

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Bibliografia

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