Porto tiberino
Il Porto tiberino (portus Tiberinus) fu il primo porto commerciale di Roma antica, collocato sul tratto urbano del Tevere. Più precisamente fu costruito tra le pendici del Palatino e quelle del Campidoglio, cioè nell'area tra il Foro Boario e il Foro Olitorio, dove l'ansa del Tevere creava una propaggine acquitrinosa nota come palude del Velabro.
Storia
modificaLa costruzione del Porto tiberino risale al VI secolo a.C. ma, a partire dal IV secolo a.C., non solo divenne insufficiente per gestire il traffico commerciale ma fu fortemente compromesso dalle progressive opere di drenaggio della palude del Velabro (specie dalla Cloaca Massima) che comportarono un interramento consistente. Per ovviare al crescente traffico commerciale e al problema dell'interramento (reso però necessario per urbanizzare questo tratto di vallata) venne costruito nel II secolo a.C. l'Emporio (il secondo porto commerciale urbano di Roma). Tuttavia il Porto tiberino continuò a essere mantenuto attivo per secoli, fino all'epoca imperiale (quantomeno fino ai Flavi).
Giungevano al porto: da monte, i prodotti dell'Italia centrale, dell'Umbria e dell'Etruria; da valle, quelli transmarini che dal porto di Ostia venivano trasbordati dalle grandi navi da carico ai battelli fluviali. In quest'ultimo caso i battelli che risalivano il Tevere dovevano essere trainati, il sistema documentato dall'epoca romana era svolto dagli Helciarii[1] che, spesso in condizioni disumane o di schiavitu' a forza di braccia tiravano le barche controcorrente con le corde.
Note
modifica- ^ ALATORI = Helciarii deriva dall'aggettivo latino *helciaria, da helcium, che vale lo stesso, dal greco antico ἑλκίον ("giogo"), dal verbo ἕλκω ("trascinare") ἕλκω: sono diverse le parole moderne collegabili con ἕλκω /hèlkō/ = tiro, tiro con violenza, strappo, oltraggio. ALZAIA: dal lat. helciarĭa, fune per rimorchiare da riva le navi”, der. di helcĭum, “collare per bestie da tiro”, der. di ἕλκω; la forma sente l’attrazione di alzare, in quanto la via riservata al rimorchio da terra delle imbarcazioni è più alta del livello del fiume; RIMORCHIO: dal lat. remulcum < ῥυμυλκέω, “trainare un’imbarcazione con un cavo”, comp. di ῥῦμα, “cavo da traino” e ἕλκω: veicolo che viene trainato; l’azione di trainare; SPILORCIO: dal gr. biz. *παρόλκιον, dim. di πάρολκος, “gomena da rimorchio”, der. di παρέλκω, “tirare, trascinare”, con sviluppo metaforico: l’avaro tira i cordoni della borsa;
Bibliografia
modifica- Filippo Coarelli, Guida archeologica di Roma, Roma-Bari, Laterza, 1994, ISBN 8804385146.
- (EN, IT) Anna Maria Colini, Il porto fluviale del foro boario a Roma, in Memoirs of the American Academy in Rome, vol. 36, University of Michigan Press, 1980, pp. 43-53, DOI:10.2307/4238695.
- Antonio Maria Colini, Portus Tiberinus. Il Tevere e le altre acque del Lazio antico, in Archeologia Laziale, vol. 12, 2ª ed., 1986, pp. 157-197.