Yangon

città birmana
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Yangon (nota anche, soprattutto in passato, come Rangoon[1] o Rangun[2]) è la più grande città della Birmania (5.160.512 ab.), di cui è stata la capitale fino al 6 novembre 2005, quando la giunta militare ha ufficialmente trasferito la capitale a Pyinmana, nella Divisione di Mandalay, che ha preso il nome Naypyidaw il 27 marzo 2006.

Yangon
città
(MY) ရန်ကုန်
Yangon – Veduta
Yangon – Veduta
Centro di Yangon, con vista sulla pagoda di Sule e sul fiume Hlaing
Localizzazione
StatoBirmania (bandiera) Birmania
Stato/DivisioneRegione di Yangon
DistrettoYangon settentrionale
Yangon meridionale
Yangon orientale
Yangon occidentale
Amministrazione
Amministratore localeMaung Maung Soe
Territorio
Coordinate16°47′42″N 96°09′36″E
Altitudine15 m s.l.m.
Superficie598,75 km²
Abitanti5 160 512 (cens. 2014)
Densità8 618,81 ab./km²
Altre informazioni
Prefisso01
Fuso orarioUTC+6:30
Cartografia
Mappa di localizzazione: Birmania
Yangon
Yangon
Sito istituzionale

Geografia fisica

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Capoluogo dell'omonima Regione di Yangon, per lungo tempo è stata conosciuta come Rangoon, anglicizzazione del nome locale (talvolta scritto in italiano Rangun). La città è situata alla convergenza dei fiumi di Bago e di Yangon ed è a circa 30 chilometri dal golfo di Martaban.

Fondata col nome Dagon dai mon nell'XI secolo attorno alla preesistente pagoda Shwedagon, era inizialmente un piccolo villaggio di pescatori. Nel corso della campagna con cui riunificò il paese, re Alaungpaya nel 1755 conquistò Dagon, le diede il nome Yangon e la ingrandì. Fu conquistata dai britannici durante la prima guerra anglo-birmana (1824-1826), al termine della quale fu riconsegnata ai birmani. Un incendio la distrusse nel 1841.[3]

Periodo coloniale

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I britannici si impadronirono di Yangon, che ribattezzarono Rangoon, e di tutta la Bassa Birmania con la seconda guerra anglo-birmana del 1852, e trasformarono la città nel maggior centro politico e commerciale del paese. Vennero costruiti nuovi quartieri nella zona del delta del fiume Yangon. Divenne la capitale della colonia quando fu conquistata anche l'Alta Birmania nella terza guerra anglo-birmana nel 1885. Nel giro di pochi anni fu notevolmente sviluppata dal punto di vista commerciale ed ingrandita con la costruzione dei nuovi quartieri a nord del lago Reale e del lago Inya.[4] In questo periodo furono costruiti anche l'ospedale generale e l'Università di Rangoon.

Notevolmente abbellita con laghi e palazzi che fondevano nuove tendenze alla tradizionale architettura in legno, Yangon fu definita la "città-giardino dell'oriente".[4] All'inizio del XX secolo, Yangon era dotata di servizi ed infrastrutture secondo il modello in uso a Londra.[5] I colonizzatori favorirono l'immigrazione di molti cittadini di altri paesi dell'India britannica e negli anni trenta, su un totale di mezzo milione di abitanti, il 55% proveniva dall'India e paesi limitrofi, circa un terzo erano di etnia bamar (birmani)[6] e gli altri erano membri delle minoranze etniche che tuttora vivono nel paese.

Alla fine della prima guerra mondiale, Yangon divenne il centro dei movimenti indipendentisti birmani, guidati dagli studenti di sinistra dell'Università di Rangoon. In città vennero organizzati i tre scioperi generali contro i britannici del 1920, 1936 e 1938. Durante la seconda guerra mondiale fu occupata dalle truppe dell'Impero del Giappone dal 1942 al 1945, subì gravi danneggiamenti e venne ripresa dagli Alleati nel maggio del 1945.

Dopo l'indipendenza

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Yangon divenne la capitale della Birmania il 4 gennaio 1948, quando il paese ottenne l'indipendenza dai britannici. In breve divenne oggetto di un'intensa inurbazione e furono costruite diverse città-satelliti come Thaketa, Nord Okkalapa e Sud Okkalapa negli anni Cinquanta, e Hlaingthaya, Shwepyitha e Sud Dagon negli anni Ottanta. Durante il periodo in cui fu al potere Ne Win (1962–88), le infrastrutture cittadine non furono sottoposte a manutenzione e si deteriorarono sensibilmente. Molti degli immigrati furono cacciati,[6] ma vi sono tuttora ancora discrete comunità di cinesi e indiani. I britannici lasciarono il paese dopo l'indipendenza. Con le riforme del periodo successivo da parte della giunta militare, il paese uscì dall'isolazionismo. Furono abbattute molte delle cadenti strutture coloniali cittadine ed i loro abitanti furono spostati nelle nuove zone conurbate. Una parte delle residenze e degli edifici commerciali tradizionali (taik) furono ricostruite o ristrutturate nei quartieri centrali di Yangon.

 
L'aeroporto di Yangon

Furono costruiti lussuosi alberghi, centri commerciali e moderni uffici grazie agli investimenti stranieri. Il governo cittadino pose il veto sull'abbattimento di 200 edifici coloniali dichiarandoli patrimonio nazionale.[7] Tra le opere che hanno cambiato il volto della città vi sono 6 nuovi ponti sul fiume e 5 superstrade che collegano Yangon ai nuovi insediamenti e alla zona industriale.[8][9] Malgrado le modernità introdotte, buona parte di Yangon soffre tuttora di disservizi, con frequenti black-out della fornitura di energia elettrica e gravi carenze della nettezza urbana.

Tra le relative innovazioni introdotte dalla nuova giunta, vi fu il cambiamento nel 1989 di molti dei nomi geografici nazionali, tra cui Rangoon, che ritornò a chiamarsi Yangon, e Birmania (Burma in inglese), che divenne Myanmar. Tali cambiamenti hanno trovato le resistenze di molti sia nel paese che all'estero. Tra le istituzioni che hanno continuato ad usare il termine Burma, vi sono la rete radio-televisiva BBC britannica ed i governi del Regno Unito e degli Stati Uniti.[10][11]

A Yangon ebbero luogo imponenti dimostrazioni anti-governative nel 1974, 1988 e 2007. La grande rivolta del 1988, a cui parteciparono molti degli abitanti, fu duramente repressa dalle forze dell'ordine e centinaia di manifestanti persero la vita. La rivoluzione zafferano del 2007, così chiamata per il colore delle vesti dei molti monaci che vi presero parte attivamente, vide lo sterminio di molti dei partecipanti, alcuni dei quali furono cremati per ordine della giunta di governo per cancellare le tracce del massacro.[12]

Nel novembre del 2005, la giunta militare ha spostato la capitale a Naypyidaw, 320 km a nord di Yangon, che resta comunque la più popolosa e industrializzata città del paese. Il ciclone Nargis che ha distrutto buona parte della Bassa Birmania nel 2008, ha provocato un numero relativamente basso di vittime nel centro di Yangon e ha causato danni alle infrastrutture industriali della periferia per un totale di 800 milioni di dollari.[13]

Infrastrutture e trasporti

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Le infrastrutture di Yangon sono poco sviluppate rispetto a quelle di altre città importanti dell'Asia sudorientale.[14] Lo sviluppo che ha avuto inizio verso la fine del XX secolo è dovuto principalmente agli investimenti stranieri, soprattutto quelli di Singapore e della Cina. La città ha il più grande numero di costruzioni coloniali in Asia Sudorientale. I servizi governativi all'interno delle costruzioni coloniali, come il palazzo che ospitava l'Alta Corte di Giustizia, il mercato di Bogyoke e l'ospedale generale, sono stati posti nel 1996 in un elenco di patrimoni birmani da salvaguardare.[14] Yangon è membro della rete delle 21 più importanti città asiatiche.

Tutti i voli internazionali atterrano all'Aeroporto Internazionale di Yangon, che si trova a 19 chilometri dal centro della città. Nel territorio comunale di Yangon è vietato usare biciclette e motorini. Gli autobus sono molto affollati e obsoleti, al pari dei treni dell'antiquata rete ferroviaria nazionale. Le automobili, costose per il potere d'acquisto della maggior parte dei birmani, sono diventate comuni nelle vie di Yangon, provocando una maggiore congestione del traffico. Il governo stabilisce restrizioni nell'importazione di automobili straniere: come risultato il mercato nero è la prima fonte di importazione di auto, di solito prodotte in Thailandia o in Cina.

Amministrazione

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Gemellaggi

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Galleria d'immagini

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  1. ^ Yangon, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 16 aprile 2021.
  2. ^ Rangun, in Sapere.it, De Agostini. URL consultato il 16 aprile 2021.
  3. ^ (EN) Kyaw Kyaw, Frauke Krass, Hartmut Gaese, Mi Mi Kyi: Megacity Yangon: transformation processes and modern developments. Berlin: Lit Verlag, 2006. pagg. 333–334. ISBN 3-8258-0042-3
  4. ^ a b (EN) Yangon Summary Review and Analysis, su bookrags.com, 17 ottobre 2005.
  5. ^ (EN) Falconer, John et al., Burmese Design & Architecture, Hong Kong, Periplus, 2001, ISBN 962-593-882-6.
  6. ^ a b (EN) Tin Maung Maung Than, Indian Communities in Southeast Asia - Some Aspects of Indians in Rangoon, Institute of Southeast Asian Studies, 1993, ISBN 981-230-418-5, , 9789812304186.
  7. ^ (EN) Edward Blair, Beyond Rangoon, The Irrawaddy, 1º maggio 2006.
  8. ^ (EN) Zaw Htet, Pioneering FMI City ‘the best in Yangon’, The Myanmar Times.
  9. ^ (EN) Kyi Kyi Hla, Ngamoeyeik Bridge, myanmar.gov.mm, 1º febbraio 2001.
  10. ^ (EN) Who, What, Why?, Should it be Burma or Myanmar?, BBC News, 26 settembre 2007.
  11. ^ Background Note: Burma, su state.gov, Ufficio degli affari dell'Asia Orientale e del Pacifico, Dipartimento di Stato degli Stati Uniti.
  12. ^ (EN) Burmese Human Rights Yearbook, 2007, burmalibrary.org
  13. ^ (EN) Ye Lwin, Long road back for industrial recovery, The Myanmar Times, 14 luglio 2008.
  14. ^ a b (EN) Burma maintains bygone buildings, 30 marzo 2004. URL consultato il 22 aprile 2023.

Altri progetti

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Collegamenti esterni

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