Cottura dello zucchero

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La cottura dello zucchero è una tecnica molto usata in pasticceria e confetteria che serve ad ottenere una quantità di preparazioni di largo impiego tra cui sciroppi, fondant, caramelle, toffee e caramello cristallino o in salsa.
Impiegata largamente, compare in ricette antiche, come quella del panforte senese. È una tecnica che si suppone di derivazione araba, le cui prime origini sono molto probabilmente medioevali.

Preparazione

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Per cuocere lo zucchero si procede così:

  • si prende del comune zucchero bianco da cucina, si mette in una casseruola con poca acqua. Facoltativamente gli si può aggiungere del cremortartaro, del glucosio e dell'acido acetico (aceto bianco): i primi due aumentano la scorrevolezza e l'elasticità del composto, mentre l'ultimo (insieme ad una bassa temperatura di cottura) contribuisce a mantenere il composto chiaro. Entrambe le caratteristiche sono indispensabili soprattutto per alcuni usi, come il fondant o gli sciroppi da liquore, che andranno poi a loro volta colorati.
  • Si pone la casseruola su un fuoco delicato e, girando di continuo, si porta ai gradi richiesti dall'utilizzo che si desidera farne.
  • Si bada che il composto non causi schizzi che potrebbero carbonizzarsi sulle pareti, dando un cattivo sapore al preparato.
  • Si procede ad eliminare la schiuma che si forma con la cottura.
  • Infine si estrae il composto e si manipola come previsto dalla ricetta.

La concentrazione di zucchero rispetto all'acqua può variare a seconda dell'uso che si desidera farne, ma solitamente è in proporzione di 3 parti di zucchero e 2 di acqua.

L'operazione si esegue con una tecnica ben precisa i cui passi vanno rispettati e che non consente approssimazioni. È, inoltre, indispensabile una certa rapidità, perché lo zucchero passa velocemente da uno stadio all'altro.

Misurazione dei gradi: le due diverse scale

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Ricettari diversi riportano due scale differenti di misurazione. Una misura la concentrazione a freddo dello zucchero in acqua (espressa in gradi Baumé), l'altra i gradi celsius durante la cottura, ed è quindi una misurazione a caldo.

Per la riuscita corretta è indispensabile controllare a quanti gradi sia giunto il composto.

Metodi di controllo del grado di cottura

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Il controllo del grado di cottura avviene in due modi possibili. Nella misurazione tradizionale o manuale si controlla per le sue caratteristiche di colore e viscosità, testandole sul cucchiaio o sulle dita a seconda di quanto necessario.

Per far ciò si prepara un composto di acqua e ghiaccio vicino al fornello.

Quando sia il momento di testare i gradi dello zucchero, si immergono bene le punte delle dita nel composto ghiacciato e quindi si poggia, tra pollice ed indice, una piccola parte dello zucchero in cottura. Si tuffano subito nell'acqua fredda e si sfregano delicatamente tra loro.

Il modo in cui lo zucchero cotto reagirà allo sfregamento tra le dita (o sulla superficie del cucchiaio), indica a che grado di cottura è giunto.

Oggi, per praticità, precisione e soprattutto per evitare dolorose scottature accidentali, si usa uno strumento apposito, detto pesasciroppi.

I gradi dello zucchero

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Lo zucchero passa attraverso 7 stadi, ognuno dei quali si impiega per utilizzi precisi.

I primi sono sciroppi, gli ultimi due caramelli. Oltre l'ultimo stadio, cioè oltre i 180°, lo zucchero carbonizza ed è immangiabile e amarissimo. I gradi di cottura sono:

Sciroppi leggeri

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Si usano per una grandissima quantità di utilizzi, più o meno concentrati a seconda dei gusti e delle necessità.
Tra le applicazioni più note ricordiamo la diluizione di infusi alcolici casalinghi, come il nocino o il limoncello, per sciroppi da granita o da bibita, come l'orzata: in tal caso sono variamente aromatizzati e colorati. Sono, inoltre, usatissimi in farmacia ed erboristeria per sciroppi medicamentosi, grazie al loro gusto e alle spiccate caratteristiche batteriostatiche e conservanti.

Distesa o à la nappe

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Corrisponde ai 20° di concentrazione a freddo. Immergendo la schiumarola nello zucchero in cottura, questo si distende velandola completamente.

Poco allisciato o petit lissé

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Corrisponde ai 25° di concentrazione a freddo. La prova manuale si esegue ancora senza acqua ghiacciata: si forma un filetto che si spezza subito.

Ben allisciato o bien lissé

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Corrisponde ai 30° di concentrazione a freddo. Alla prova manuale si forma un filetto più consistente che si allunga di più.

Perlato o perlé

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Corrisponde ai 33° di concentrazione a freddo. Alla prova manuale si forma un filetto ancor più consistente che si allunga bene e ricade sul dito formando una goccia a forma di perla.

Al filetto o au filet

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Corrisponde ai 35° di concentrazione a freddo. Alla prova manuale si forma un filetto estremamente elastico, che si allunga parecchio prima di spezzarsi.

Gran soffiato o grand soufflé

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Corrisponde ai 38° di concentrazione a freddo. Da questo punto in poi la prova manuale si esegue con il ghiaccio, per non scottarsi: si formano grosse gocce che stentano a ricadere dal dito, trattenendosi un po'.

Sciroppi da glassa

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Sono più viscosi e, opportunamente manipolati formano glasse di una certa consistenza o paste morbide usate per fare dolcetti o decorazioni. Ai primi stadi vengono usati anche per le marmellate e confetture e per candire piccoli frutti, come i marron glacé o i mandarini, o scorzette di agrumi.

Piccola bolla o petit boulé

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Corrisponde ai 39° di concentrazione a freddo e 105-110° di temperatura. Si forma una pallina che immersa in acqua si scioglie immediatamente. Si usa per le glasse fondenti con cui si guarniscono alcuni biscotti e alcune torte, come la sacher.

Media bolla

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Corrisponde ai 40° di concentrazione a freddo, e ai 115-120° di temperatura. Alla prova manuale si forma una pallina che immersa in acqua si ammorbidisce e appiattisce, ma non si scioglie. Con lo zucchero alla media bolla si preparano anche le caramelle mou e dolci quali il torrone morbido, il panforte senese e simili. Si usa anche per la meringa all'italiana, molto usata in Francia.

Grande bolla

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Corrisponde ai 120-125°. Alla prova manuale si forma una pallina che immersa in acqua resiste alla pressione, ma è ancora collosa: se posta sui rebbi di una forchetta e soffiata si gonfia in una bollicina. Si usa per i torroni duri tradizionali.

Caramelli

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Da freddi tendono ad essere estremamente viscosi, quasi duri o a cristallizzare. Cominciano a presentare un gusto più deciso, che può tendere al gradevolmente amarognolo. Il colore, inoltre, comincia a virare verso i gialli: dal pallido all'ambra.

Piccolo cassè

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Corrisponde ai 132-140°. Alla prova manuale si forma un filamento che immerso in acqua si tira come un piccolo elastico e che resta tale. Si usa per caramellare i bignè e per fare le caramelle semimorbide.

Gran cassè

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Corrisponde ai 145-150°. Alla prova manuale si forma un filamento che immerso in acqua si tira come una piccola stalattite che si spezza immediatamente. Si usa per fare le caramelle dure, i lecca-lecca e simili.

Caramello chiaro o biondo

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Corrisponde ai 160-165°. A questo stadio la prova manuale non si può più eseguire e si controlla dal colore posando una goccia di composto su un piatto bianco. Il caramello chiaro è color miele. Si usa per coprire, decorare ed aromatizzare dolci e pasticcini.

Caramello scuro o gran caramello

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Corrisponde ai 165-180°. Il caramello scuro è di un deciso color ambra, ed è all'ultimo stadio utile. Si usa per i croccanti e le praline di noci, nocciole, mandorle e simili. Si usa anche per preparare lo sciroppo di caramello scuro e una variante più saporita e scura di toffee.

Bibliografia

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  • Ada Boni. Il talismano della felicità. Roma, Colombo Duemila, 1999. ISBN 88-86359-33-0
  • Luigi Carnacina. La grande cucina. Milano, Garzanti, 1960.
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