Il cosiddetto Stato Pallavicino, originariamente feudo imperiale mediato ossia sottoposto a un altro Stato e nello specifico quello Milanese, comprendeva i marchesati di Busseto e di Cortemaggiore, amministrati da due rami dell'omonima dinastia: fu una piccola entità autonoma di natura feudale, situata nell'attuale Emilia occidentale e incuneata nei possedimenti pontifici, poi del ducato di Parma e Piacenza; confinava a nord con il territorio cremonese nel ducato di Milano[1].

Marchesato di Busseto
Marchesato di Cortemaggiore
Marchesato di Busseto Marchesato di Cortemaggiore - Stemma
Motto: Servir y aguardar - Non flector
Marchesato di Busseto Marchesato di Cortemaggiore - Localizzazione
Marchesato di Busseto
Marchesato di Cortemaggiore - Localizzazione
Dati amministrativi
Nome completoStato Pallavicino
Nome ufficialeMarchesati di Busseto e Cortemaggiore
Lingue ufficialiLatino, italiano
Lingue parlatevolgare lombardo
CapitaleBusseto
Altre capitaliCortemaggiore,
Borgo San Donnino
Dipendente da Ducato di Milano
Ducato di Parma e Piacenza (dal 1585)
Politica
Forma di StatoFeudo
Forma di governoMonarchia assoluta
(marchesato)
Nascita1394, con Rolando I il Magnifico Pallavicino
CausaDiritti feudali ereditari concessi nel 1189 al marchese Oberto Pallavicino dall'imperatore Federico I Barbarossa
Fine1585, con Alessandro Pallavicino
CausaAnnessione al ducato di Parma e Piacenza
Territorio e popolazione
Bacino geograficoEmilia nord-occidentale
Massima estensione747 km² circa nel secolo XVI
Popolazione28 500 abitanti circa nel secolo XVI
Economia
ValutaZecca di Cortemaggiore
RisorseAgricoltura, allevamento
Commerci conStati confinanti
Religione e società
Religione di StatoCattolicesimo
Religioni minoritarieEbraismo a Cortemaggiore
Classi socialiNobiltà, clero, popolo
Evoluzione storica
Preceduto daContea di Aucia (feudo degli Obertenghi)
Succeduto da Ducato di Parma e Piacenza
 
Il castello di Busseto

Corrispondeva all'antica contea obertenga dell'Aucia, che con le successive divisioni ereditarie della stirpe, appartenne alle linee dei Pallavicino, i quali dopo aver ottenuto alcune investiture imperiali, riuscirono a raggiungere una certa autonomia.

Situato presso le zone d'influenza di Piacenza, Parma e Cremona, riuscì a conservare l'indipendenza nei secoli, anche grazie alle alleanze che i marchesi Pallavicino strinsero con i Visconti e gli Sforza, duchi di Milano[2].

Le controversie tra le propaggini della casata, tuttavia, indebolirono i marchesati che caddero sotto l'influenza viscontea con il ruolo di feudo camerale, cioè strettamente controllato sotto il profilo tributario e giurisdizionale.

La nascita dello Stato Pallavicino

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Rolando il Magnifico, figlio naturale di Niccolò Pallavicino, ereditò nel 1401 il grande patrimonio terriero paterno, comprendente nel 1395 i feudi di Busseto, Borgo San Donnino, Solignano, Ravarano, Monte Palerio, Tabiano, Bargone, Serravalle, Pietramogolana, Parola, Castelvecchio di Soragna, Soragna, Costamezzana, Medesano, Noceto, Rivo Sangonario, Corte Redalda, Castione de' Marchesi, Varano de' Melegari, Polesine di San Vito, Zibello, Santa Croce e Ragazzola nel Parmense, oltre a numerosi territori all'interno dei vescovadi di Volterra, Lucca, Cremona e Piacenza[3].

Nel 1413 il marchese Orlando ottenne la conferma dei privilegi feudali dall'imperatore del Sacro Romano Impero Sigismondo di Lussemburgo[4]; negli anni seguenti ingrandì ulteriormente i propri domini e soprattutto intraprese l'opera di riorganizzazione amministrativa del potente Stato Pallavicino, emanando nel 1429 gli Statuta Pallavicinia, comprendenti una serie di norme di natura giuridica per disciplinare le istituzioni e le leggi del marchesato[5].

Busseto divenne il centro principale della regione insieme a Cortemaggiore, trasformata successivamente in "città ideale" a partire dal 1479 dal marchese Gian Lodovico I[6].

Tuttavia, nel 1441 Niccolò Piccinino attaccò su più fronti lo Stato Pallavicino, costringendo Rolando il Magnifico ad asserragliarsi nella rocca di Busseto; il condottiero cinse d'assedio il maniero e dopo alcuni scontri ebbe la meglio sul Pallavicino, che si rifugiò dapprima a Venezia e successivamente a Ferrara[7]; tutti i feudi furono incamerati da Filippo Maria Visconti e in buona parte assegnati al Piccinino. Rolando cercò di rientrare in possesso dei propri beni e nel 1445 diede prova di lealtà al Duca di Milano, che acconsentì alla restituzione di quasi tutte le terre confiscate, a eccezione di Monticelli d'Ongina e alcuni altri feudi donati al Piccinino[8].

 
Gli statuti dello Stato Pallavicino (Statuta Pallavicinia, 1582)

La frammentazione dello Stato Pallavicino

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Alla morte di Orlando nel 1457, contravvenendo in parte alle disposizioni testamentarie che prevedevano che lo Stato non venisse frammentato in più parti a eccezione dei soli castelli di Solignano, Varano de' Marchesi e Costamezzana[5], in mancanza di accordo il suo patrimonio fu spartito tra i suoi 7 figli per volere di Francesco Sforza il quale, intenzionato a indebolire la potenza dello Stato Pallavicino, aveva fomentato i dissidi tra i fratelli:

  • Nicolò, primogenito, divenne marchese di Varano de' Marchesi, ereditando inoltre i feudi di Miano, Castelguelfo e Gallinella;
  • Oberto divenne marchese di Tabiano, ereditando inoltre i feudi di Castellina e, per metà col fratello Gianfrancesco, Solignano;
  • Gian Lodovico I e Pallavicino divennero marchesi di Busseto, con la pertinenza di Cortemaggiore, ereditando inoltre il feudo di Bargone;
  • Giovan Manfredo divenne marchese di Polesine, ereditando inoltre il feudo di Costamezzana;
  • Carlo, vescovo di Lodi, divenne marchese di Monticelli d'Ongina;
  • Gianfrancesco, ultimogenito, divenne marchese di Zibello, ereditando inoltre, per metà col fratello Oberto, Solignano[9].

Lo Stato Pallavicino subì un'ulteriore frammentazione nel 1479 quando, a causa dei dissidi sorti tra i due fratelli Gian Lodovico I e Pallavicino, Cortemaggiore fu creata marchesato autonomo nelle mani del primo, mentre Busseto rimase al secondo[5].

Nel 1500 il marchese di Cortemaggiore Rolando II il Gobbo promulgò le Reformationes et Additiones Statutorum Castri Lauri Antiquorum, a integrazione degli Statuta Pallavicinia emanati dal nonno Rolando il Magnifico nel 1429[5].

Nel 1569 i cugini Gerolamo, marchese di Busseto, e Sforza, marchese di Cortemaggiore, privi entrambi di figli maschi, si accordarono sulla successione dei due feudi, stabilendo che chi dei due fosse sopravvissuto all'altro ne avrebbe ereditato il patrimonio e che alla morte di questi lo Stato Pallavicino riunito sarebbe passato ad Adalberto, figlio naturale di Galeazzo I, zio di Gerolamo; tuttavia, Adalberto morì nel 1570, perdendo la possibilità di succedere al trono nonostante la nascita del figlio Galeazzo II[5].

Il 23 maggio del 1579 morì Gerolamo e il marchese Sforza gli succedette, riunendo i due feudi in un unico stato, comprendente nel 1580 Cortemaggiore, Fiorenzuola, Monticelli d'Ongina, Castelvetro, San Rocco, Busseto, Vidalenzo, Sant'Andrea, Samboseto, Frescarolo, Salsomaggiore, Bargone, Costamezzana, Soarza e Villanova. Nel 1584 Sforza emanò i Capitoli del Consiglio di Comunità di Cortemaggiore, a ulteriore integrazione del corpo statutario stilato dal nonno Rolando II e dal trisavolo Rolando il Magnifico; i Capitoli rimasero in vigore per regolamentare il consiglio di Comunità di Cortemaggiore fino alla sua soppressione sancita da Napoleone nel 1806[5].

La fine dello Stato Pallavicino

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Il 4 febbraio del 1585 morì anche il marchese Sforza, nominando suo erede universale Alessandro Pallavicino di Zibello, che, in base agli accordi col duca di Parma Ottavio Farnese, ne sposò la figlia naturale Lavinia. Il 2 settembre del 1587 il nuovo duca Alessandro Farnese incaricò il figlio Ranuccio I di prendere possesso dello Stato Pallavicino; a nulla valsero le proteste del marchese che, imprigionato alla Rocchetta di Parma, fu costretto a cedere alla Camera Ducale le terre ereditate; sopravvisse invece il marchesato di Zibello, soppresso soltanto in seguito all'occupazione napoleonica del 1805[5].

Nel 1613 Gerolamo Galeazzo III Pallavicino, figlio di Galeazzo II, ricorse al Tribunale della Rota Romana contro Alessandro Pallavicino e dunque indirettamente contro Ranuccio I Farnese, rivendicando i propri diritti di successione in qualità di figlio adottivo; dopo aver ottenuto una sentenza favorevole, si rivolse nel 1633 all'imperatore Ferdinando II d'Asburgo, che il 17 marzo del 1636 lo investì formalmente dei diritti sullo Stato Pallavicino. Nel mese di settembre, dopo l'occupazione di Busseto e Cortemaggiore da parte dell'esercito spagnolo, Galeazzo III riprese possesso del marchesato; tuttavia, in seguito alla stipula della pace tra il re di Spagna Filippo IV e il duca di Parma Odoardo I Farnese, nel mese di febbraio del 1637 fu definitivamente ripristinata la sovranità farnesiana sullo Stato Pallavicino[5].

Nonostante l'annessione, le terre dell'antico Stato Pallavicino mantennero, analogamente a quelle dello Stato Landi sull'Appennino parmense, una relativa autonomia all'interno del ducato farnesiano, fino alla fine del XVIII secolo[10].

Lo stemma dei Pallavicino era così illustrato:

«Spaccato di cinque punti di rosso equipollenti a quattro d'argento col capo d'oro all'aquila bicipite spiegata di nero»

Marchesi dello Stato Pallavicino (1394-1587)

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Marchesi di Busseto (1394-1579)

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Titolo Nome Periodo Consorte Note
Marchese di Busseto Rolando I Pallavicino il Magnifico 1394-1457 Caterina Scotti discendeva da Adalberto I, capostipite (+1007 circa)
Marchese di Busseto Pallavicino 1457-1486 Caterina Fieschi figlio di Rolando I, governò col fratello Gian Lodovico fino alla creazione del marchesato di Cortemaggiore nel 1479[5]
Marchese di Busseto Gian Lodovico I 1457-1479 Anastasia Torelli figlio di Rolando I, governò col fratello Pallavicino fino alla creazione del marchesato di Cortemaggiore nel 1479[5]
Marchese di Busseto Galeazzo I 1486-1520 Elisabetta Sforza, Eleonora Pico figlio di Pallavicino, governò coi fratelli ed ebbe un figlio naturale legittimato, Adalberto, morto nel 1570[5]
Marchese di Busseto Cristoforo 1486-1521 Bona della Pusterla figlio di Pallavicino, governò coi fratelli[5]
Marchese di Busseto Ottaviano 1486-1518 Bianca Federici-Todeschini, Battistina Appiani figlio di Pallavicino e privo di figli maschi, governò coi fratelli[5]
Marchese di Busseto Girolamo (vescovo) 1486-1506 figlio di Pallavicino e privo di figli maschi, governò coi fratelli[5]
Marchese di Busseto Antonio Maria 1486-1518 Ambrosina Marliani figlio di Pallavicino e privo di nipoti maschi, governò coi fratelli[5]
Marchese di Busseto Nicola 1486-1495 figlio di Pallavicino e privo di prole, governò coi fratelli[5]
Marchese di Busseto Gerolamo 1521-1579 Ortensia Colonna, Girolama Viritelli figlio di Cristoforo, governò coi fratelli; privo di figli maschi, fu l'ultimo marchese di Busseto e lasciò il suo patrimonio al cugino Sforza di Cortemaggiore[5]
Marchese di Busseto Francesco 1521-? figlio di Cristoforo e privo di prole, governò coi fratelli[5]
Marchese di Busseto Ermete 1521-1562 Lavinia Carminati figlio di Cristoforo e privo di figli maschi, governò coi fratelli[5]

Marchesi di Cortemaggiore (1479-1579)

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Titolo Nome Periodo Consorte Note
Marchese di Cortemaggiore Gian Lodovico I 1479-1481 Anastasia Torelli figlio di Rolando il Magnifico
Marchese di Cortemaggiore Rolando II "il Gobbo" 1481-1509 Antonia Castiglioni, Laura Caterina Landi figlio di Gian Lodovico I[5]
Marchese di Cortemaggiore Gian Lodovico II 1509-1527 Ippolita Pallavicino di Zibello figlio di Rolando II e privo di figli maschi, governò insieme al fratello Gaspare[5]
Marchese di Cortemaggiore Gaspare 1509-1511 Lodovica Trivulzio figlio di Rolando II, governò insieme al fratello Gian Lodovico II[5]
Marchese di Cortemaggiore Gerolamo 1527-1557 Camilla de' Rossi, Camilla Pallavicino[11] figlio di Gaspare e privo di figli maschi[5]
Marchese di Cortemaggiore Cesare 1557-1561 Camilla Pallavicino di Busseto figlio di Marcantonio (fratello di Gaspare e Gian Lodovico II) e privo di prole[5]
Marchese di Cortemaggiore Sforza 1562-1579 Giulia Sforza di Santa Fiora figlio di Manfredo (fratello di Gaspare e Gian Lodovico II), riunì nel 1579 i due marchesati[5]

Marchesi di Busseto e Cortemaggiore (1579-1587)

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Titolo Nome Periodo Consorte Note
Marchese di Busseto e Cortemaggiore Sforza 1579-1585 Giulia Sforza di Santa Fiora privo di figli maschi, lasciò il suo patrimonio al parente Alessandro Pallavicino di Zibello[5]
Marchese di Busseto e Cortemaggiore Alessandro I Pallavicino 1585-1587 Lavinia Farnese, Francesca Sforza, Pantasilea Gaetani fu costretto a cedere lo Stato Pallavicino alla Camera Ducale di Parma dal duca Alessandro Farnese[5]
Marchese di Busseto e Cortemaggiore Gerolamo Galeazzo III 1636-1637 Ersilia Albani figlio di Galeazzo II e bisnipote di Galeazzo I, rientrò in possesso dello Stato Pallavicino, ma soltanto per pochi mesi[5]
  1. ^ Seletti, p. 85.
  2. ^ Boscarelli, p. 31.
  3. ^ Pezzana, 1837, p. 241.
  4. ^ Seletti, p. 120.
  5. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z aa ab Chini.
  6. ^ Soliani, p. 33.
  7. ^ Pezzana, 1842, pp. 446-448.
  8. ^ Pezzana, 1842, p. 498.
  9. ^ Pezzana, 1847, p. 157.
  10. ^ Boscarelli, p. 49.
  11. ^ Litta.

Bibliografia

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  • Marco Boscarelli, Nelle terre dei Pallavicino, vol. IV, Parma, editrice Benedettina, 1992.
  • Luigi Chini, I Pallavicino - la storia di una famiglia longobarda, Piacenza, L.I.R. edizioni, 2014.
  • Pompeo Litta, Famiglie celebri d'Italia. Pallavicino, Torino, 1835.
  • Angelo Pezzana, Storia della città di Parma continuata, Tomo primo, Parma, Ducale Tipografia, 1837.
  • Angelo Pezzana, Storia della città di Parma continuata, Tomo secondo, Parma, Ducale Tipografia, 1842.
  • Angelo Pezzana, Storia della città di Parma continuata, Tomo terzo, Parma, Ducale Tipografia, 1847.
  • Emilio Seletti, La città di Busseto, capitale un tempo dello Stato Pallavicino, Volume I, Milano, Tipografia Bortolotti, 1883.
  • Carlo Soliani, Gianandrea Allegri, Paolo Capelli, Nelle terre dei Pallavicino, Vol. I, Parma, editrice Benedettina, 1990.
  • Marco Horak, Gli Stati indipendenti nel Piacentino nell'epoca di PierLuigi Farnese: Stato Landi e Stato Pallavicino, in "La congiura farnesiana dopo 460 anni", Piacenza, 2008.
Approfondimenti

Voci correlate

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