Massimo Pigliucci

accademico, filosofo e blogger italiano

Massimo Pigliucci (1964 – vivente), filosofo, blogger e divulgatore scientifico italiano naturalizzato statunitense.

Massimo Pigliucci (2013)

Citazioni di Massimo Pigliucci

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  Citazioni in ordine temporale.

  • [Quali sono le principali ipotesi sul fenomeno religioso, oggi sul tavolo?] Alcuni, come Richard Dawkins, sostengono che si tratti di un prodotto accidentale dell'evoluzione di un cervello complesso come quello umano. Si può fare un'analogia con la matematica complessa: è possibile che una certa abilità di fare dei calcoli elementari sia stata vantaggiosa sin dalla preistoria, ma sicuramente la selezione naturale non ha niente a che fare con la capacità di alcuni esseri umani di risolvere le equazioni differenziali. Un'altra possibilità, proposta da Dennett, è che la religiosità derivi dalla tendenza umana a proiettare l'esistenza di agenti coscienti anche dove non ve ne sono. Più o meno quello che succede quando ci arrabbiamo con un computer e gli mandiamo gli accidenti, o come facevano i nostri antenati quando pensavano che terremoti, tuoni o fulmini fossero il risultato di capricci divini. Una terza possibilità, favorita da Wilson, è che la religione sia il risultato di una selezione naturale a livello di gruppo, perché i gruppi di individui religiosi, storicamente, sono spesso riusciti a sopraffare i gruppi meno devoti. Le tre ipotesi non si escludono l'un l'altra ed è possibile che ci sia un grano di verità in tutte e tre. Chiaramente, tutto questo non ci dice niente sull'esistenza di Dio.[1]
  • L'attività della filosofia (la filosofia della scienza, in particolare) non è quella di risolvere problemi scientifici, abbiamo la scienza per questo [...] il progresso in filosofia non è e non deve essere misurato con gli standard della scienza, proprio come la parola "progresso" deve essere interpretata in qualsiasi campo in base alle problematiche e i metodi di quel campo, non in base ai problemi e ai metodi della scienza [...].[2]

Greta Esposito, lachiavedisophia.com, 26 febbraio 2017.

  • La divulgazione è sempre stata difficile e sempre lo sarà, indipendentemente dalla particolare disciplina accademica. Non è facile scrivere per un pubblico generale di argomenti di fisica, biologia, filosofia, storia, ecc. Questo perché si devono navigare delle acque turbolente cercando di evitare sia la Scilla del semplificare troppo, perché allora si presenta un'immagine falsa della disciplina di cui si scrive, sia la Cariddi del mantenersi così tecnico che la gente semplicemente perde interesse. Non ci sono formule magiche, ma direi che il semplice fatto di essere un accademico, anche se di grande statura dal punto di vista specialistico, non prepara per nulla allo scrivere per un pubblico generale. A questo aggiungiamoci che ancora oggi troppi dei miei colleghi considerano lo scrivere per il pubblico un'attività secondaria, probabilmente a cui si dedica gente che non è sufficientemente brava a fare lavoro tecnico; e anche il fatto che il pubblico stesso è spesso refrattario all'idea di investire tempo ed energia per capire argomenti difficili, e otteniamo l'attuale situazione, un tantino deprimente. Ma bisogna continuare, la scienza e la filosofia (e la storia, e l'economia, ecc) sono troppo importanti per lasciarle solo agli specialisti.
  • Sicuramente il blogging si è affiancato al giornalismo tradizionale, ma non può (o perlomeno, non dovrebbe) soppiantarlo. Il blogging ha reso possibile ai giornalisti stessi di scrivere in maniera più libera e flessibile, ed ha anche portato più accademici a scrivere direttamente per il pubblico. Ma il blogging è sostanzialmente una forma di commento editoriale, non una fonte di notizie. I bloggisti semplicemente non hanno le risorse (e spesso le competenze) per fare, per esempio, giornalismo investigativo, o anche semplicemente per produrre buoni pezzi di cronaca, informati da fatti, non dicerie. Quindi mi auguro che il giornalismo [...] trovi un modo di trasformarsi e di crescere, ma senza essere rimpiazzato dai social media. Se lo fosse penso sarebbe una catastrofe per la democrazia.
  • Gli Stoici erano filosofi pratici, per loro la teoria è importante solo se guida la pratica in maniera effettiva, altrimenti si tratta solo di disquisizioni "accademiche", nel senso peggiorativo della parola. Uno Stoico moderno cerca di assorbire e di mettere in pratica le lezioni impartite due millenni orsono, tra gli altri, da Seneca, Epitteto e Marco Aurelio. Due sono i principi fondamentali: primo, ci si deve continuamente chiedere se una cosa è sotto il nostro controllo oppure no. Se lo è, allora vi si dedica tutta la nostra attenzione per farla al nostro meglio; se non lo è, allora smettiamo di preoccuparcene. Per Epitteto, le uniche cose veramente sotto il nostro controllo sono i nostri valori, i nostri giudizi, e le nostre azioni. Di quelli e solo di quelli siamo veramente responsabili. Secondo, lo Stoico moderno – come del resto quello antico – cerca di applicare in ogni circostanza le quattro virtù cardinali: prudenza (nel senso di imparare a navigare situazioni difficili), coraggio (non solo fisico, ma soprattutto morale), temperanza (quindi auto-controllo, specialmente nell'evitare eccessi), e giustizia (nel senso di trattare tutti in modo equo). Sembra facile, ma non lo è.
  • Sono un ateo, e lo sono stato da quando facevo le scuole superiori. Ciononostante, vi sono molti scienziati che non trovano la loro fede incompatibile con la loro pratica scientifica, e quello che trovo bizzarro [...] è la loro insistenza quasi dogmatica che l'ateismo in qualche maniera "dimostra" il fatto che Dio non esiste. Il problema è che "Dio" è un concetto vago, che non si può mettere sotto il microscopio, e non ci sono dati scientifici che contraddicano concetti vaghi a mal definiti. Se si insiste, però, che la gente debba scegliere la scienza o la religione, perché le due sono incompatibili, non si rende un gran favore alla scienza. Ciò detto, non vedo ragioni (o evidenza) positive per credere, e non solo, secondo me ci sono ottimi argomenti filosofici per non credere; quindi considero la mia posizione di ateo perfettamente ragionevole. Se la situazione dovesse cambiare, in termini di ragioni o evidenza, allora cambierò idea.
  • [...] l'America ha molte cose di cui vantarsi, ma la ricettività filosofica del suo pubblico non è tra queste.

Intervista di Chiara Basso, lavocedinewyork.com, 8 maggio 2017.

  • Gli Stoici svilupparono una serie di esercizi per affrontare la vita quotidiana, ed io ne pratico diversi durante la settimana, anche se non tutti ogni giorno. Tipicamente inizio la giornata con una meditazione mattutina, che consiste di due parti. Per primo mi rileggo e medito su un breve passaggio di uno degli stoici classici [...]. [«E poi?»] Nella seconda parte della meditazione mattutina immagino potenziali situazioni difficili o delicate che potrei dover affrontare durante la giornata, pensando a quale possa essere la cosa peggiore che potrebbe succedere, e a come reagire al meglio. Gli Stoici credevano che una mente preparata riesce ad affrontare le difficoltà meglio di una non preparata, e ho trovato che questo è vero in diverse occasioni. [«Immagino non sia tutto qui...»] Durante la giornata cerco semplicemente di prestare attenzione a quello che sto facendo, vivendo nel "hic et nunc", qui e ora. A sera poi mi prendo dieci minuti per scrivere il mio "diario filosofico". Passo in rassegna gli eventi più significativi della giornata e – come consigliato da Epitteto, nel terzo volume delle sue Diatribe – mi domando: dove ho errato? Cosa ho fatto bene? Cosa avrei potuto far meglio? L'idea è quella di imparare dalle proprie azioni, archiviare la giornata, e prepararsi a mente distesa per quella successiva.
  • Gli Stoici pensavano che occasionalmente dobbiamo volontariamente e temporaneamente privarci di qualcosa che ci dà piacere o ci sta a cuore, sia per apprezzarne meglio la presenza quando ne godiamo, sia perché uno di questi giorni la Fortuna potrebbe cambiare e potremmo trovarci a doverne in effetti fare a meno. E, infatti, ci sono altri esercizi che faccio di tanto in tanto durante la settimana, per esempio quelli di auto-deprivazione. Tra i miei preferiti un digiuno di una giornata, l'astinenza dall'alcol per una sera o due, e il finire la doccia con l'acqua fredda. Non si tratta di cose radicali, ma non ti dico quanto apprezzi il pasto successivo quando sei stato a digiuno, o quanto sei grato per il semplice fatto di avere l'acqua calda quando sperimenti una doccia fredda...
  • [...] lo Stoicismo è una filosofia che esiste da ventitré secoli, fu una delle forme di pensiero dominanti nell'antica Grecia e durante l'Impero Romano, e moltissimi ne sono stati influenzati negli ultimi due millenni. Oggi sta tornando in voga perché ti prepara a vivere in un mondo in cui senti che le cose cambiano rapidamente e che tu hai ben poco controllo su quello che succede.
  • [...] per certe persone leggere i testi Stoici la prima volta è una sorta di rivelazione, accompagnata da un "ah! Mi pareva le cose fossero così!" Credo lo Stoicismo sia particolarmente attraente per persone che sono rimaste deluse dalla vacuità di molta letteratura self-help, ma anche da gente che magari sarebbe interessata, che so, a una pratica Buddista, ma la trova troppo aliena da un punto di vista culturale, o troppo orientata al misticismo. In un certo senso, in effetti, lo Stoicismo è la risposta occidentale al Buddismo, ci sono molte similarità tra le due filosofie.
  • Lo Stoicismo insegna che la saggezza consiste nel saper separare le cose che controlliamo da quelle che non sono sotto il nostro controllo, occupandosi poi solo delle prime. "Vincere" non è sotto il nostro controllo, solo fare del nostro meglio per raggiungere un determinato obiettivo lo è. Per esempio, io posso essere considerato per una promozione al lavoro. Ebbene, quello che posso controllare è la qualità del mio lavoro, la mia preparazione, la mia serietà, ecc.. Ma la decisione di promuovermi o meno sta al mio capo, e può essere influenzata da tanti fattori (concorrenza di colleghi, antipatie o simpatie personali, ecc.) che sono al di fuori del mio controllo. La pratica stoica ci insegna a fare del nostro meglio, ma anche ad accettare con equanimità qualunque risultato finale, per poter mantenere una serenità interiore che è condizione necessaria per essere felici. Non solo. Una delle dottrine stoiche più importanti è l'idea che lo scopo della vita umana è di usare la ragione – l'attributo più peculiare della nostra specie – al servizio del miglioramento della vita sociale. "Vincere a tutti i costi" non è consono a questo atteggiamento. Cooperare con gli altri lo è.

Intervista di Andrea Capocci, ilmanifesto.it, 16 settembre 2018.

  • Perché una teoria sia pseudo-scientifica non basta che sia sbagliata: l'errore fa parte della scienza. Prima o poi, ogni teoria viene superata da un'altra più efficace. Ma se intorno a una teoria sbagliata si prosegue a organizzare ricerche, conferenze, articoli, allora siamo di fronte a una pseudo-scienza.
  • Non si può essere dei conoscitori a tutto campo e non si può pretendere che i cittadini sappiano sempre distinguere le teorie scientifiche dalle fake news. Però ci sono alcuni studiosi di cui ci si può fidare, sapendo che anche gli scienziati a volte sbagliano. Se ci si rompe la macchina la portiamo del meccanico e gliela affidiamo, pur se non è necessariamente onesto o infallibile. Invece, degli scienziati non ci fidiamo. È un paradosso.
  • [«Come si conquista la fiducia con la divulgazione?»] È un problema che aveva già messo a fuoco Aristotele: un'idea convincente ha bisogno di «logos», «ethos» e «pathos». Gli scienziati si basano solo sul «logos», cioè sulla teoria e sui dati. È necessario, ma non sufficiente. Occorre anche l'«ethos», cioè dare l'impressione di parlare nell'interesse di chi ascolta. Trattare il pubblico con superiorità, in questo senso, non funziona. Gli scienziati, poi, mancano soprattutto di «pathos», cioè della capacità di toccare chi ascolta o legge a livello emotivo. Soprattutto su tematiche socialmente rilevanti, come vaccini e migrazioni...
  • [...] la filosofia della scienza non è una scienza: serve a completare la sociologia e la storia della scienza nello spiegare come funziona e, soprattutto, come fallisce la scienza stessa.

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