Norman Manea

scrittore rumeno

Norman Manea (1936 – vivente), scrittore rumeno.

Manea nel 2008

Citazioni di Norman Manea

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  • Se non altro, per perdonare, dobbiamo sapere cosa stiamo perdonando.[1]

Intervista di Marco Cugno, La Stampa, 5 novembre 1994

  • È molto più difficile per un ebreo ricostruire un "albero genealogico" di quanto non lo sia per un membro di una comunità stabile. Ho tentato, senza successo, di scoprire l'origine del mio cognome, Manea, che ha una chiara risonanza romena. Nessuno della famiglia è stato in grado di svelare il mistero. Il nonno paterno già portava questo cognome, quando aveva combattuto nell'esercito romeno.
  • Alla fine degli Anni Trenta, l'antisemitismo romeno era dinamico, esuberante, aggressivo, esercitava una reale forza di seduzione sull'elettorato. In molte famiglie ebree si pose il problema dell'emigrazione. I miei genitori, però, non avevano affatto spirito d'avventura e si dimostrarono vulnerabili alle trappole della speranza.
  • A diciassette anni, ero già guarito dalle illusioni comuniste... e non era affatto un merito: bastava non essere ciechi, non essere sedotti dal vizio e dalle avventure della menzogna, non volere a ogni costo una promozione sociale.
  • L'esiliato incarna una delle drammatiche contraddizioni del nostro tempo: tra la modernità cosmopolita, centrifuga, e il bisogno (o almeno la nostalgia) centripeta dell'appartenenza.

Intervista di Bruno Ventavoli, La Stampa, 10 ottobre 1995

  • Si cerca di demonizzare Ceausescu e la polizia segreta. Ma non possiamo dimenticare che tutto il popolo scese a compromessi col dittatore.
  • Nel circo totalitario attori e pubblico sono obbligati a partecipare. Nella democrazia puoi restarne fuori.
  • La storia della Romania non è stata tragica, ma tragicomica. Ridevamo molto del nostro capo, di sua moglie, delle facce spaventate della gente. Il regime era pauroso, pericoloso, ma anche assai ridicolo. Le migliori barzellette sono state inventate nei 40 anni di comunismo.
  • In nessuna riga di nessun mio libro c'è la minima traccia di compromessi col regime. Uno scrittore, in qualunque regime sociale, resta uno scettico, è un artista e non un prete.
  • Per uno scrittore che viveva in una società chiusa, Fellini ha rappresentato molto. Possedeva un'energia enorme, quando sfiorava il cuore del destino umano.
  • Eliade ha sempre mostrato un'"amnesia" per le sue simpatie legionarie.
  • [Su Mircea Eliade] La sua colpa più grave non è stata essere fascista, ma non aver voluto assumersi le responsabilità. Ha taciuto, dimenticato ciò che aveva fatto. E questo virus è molto diffuso tra gli intellettuali-clown romeni.
  • Eliade è stato un ingegno enciclopedico, eclettico. Ma si è rifugiato nell'ambiguità per non rispondere delle sue scelte. Ha scritto troppo. Pochi suoi libri resteranno, nessuno è arte.
  • La Romania ha una lunga tradizione di sottomissione, opportunismo, compromessi. È un paese che manca di carattere.

Intervista di Andrea Tarquini, La repubblica, 31 gennaio 2015

  • Lo humour è l'ultima via di salvezza, se non ne hai più altre.
  • La storia si basa sul concetto di riesaminare il passato per imparare dal passato. Non dimenticare origini e radici della nostra esistenza. Il genere umano è un po' frivolo in questo senso, non prende sempre sul serio le lezioni del terribile passato. Certo, l'Occidente ha ancora qualcosa da imparare dalle tragedie dal passato: comunismo e fascismo sono nati in Europa occidentale, non all'Est. Una buona lezione ci può venire anche dal destino tragico, passato e attuale, del "popolo eletto", gli ebrei, che continuano a essere visti e trattati in parti del nostro mondo tempestoso come capri espiatori di troppe catastrofi, sebbene siano ben lontani dall'essere l'incarnazione del male. Forse è utile ricordare che Gesù era ebreo, e che ad Auschwitz migliaia di potenziali Gesù furono ferocemente assassinati.
  • [Sulla rivoluzione romena del 1989] Alcuni dopo l'89 si affrettarono a porsi al servizio del nuovo potere, altri abbracciarono la vecchia idea di diritto, altri ancora provarono nostalgia per gloria e privilegi perduti. I dissidenti erano pochi, senza il prestigio e il supporto della Chiesa come fu invece in Polonia o a Praga, e da noi la Chiesa ortodossa aveva nei suoi ranghi molti informatori. Eppure, nel mezzo del cammino tra bene e male, l'evoluzione politica della Romania non è stata certo così negativa come nell'Ungheria o nella Russia odierne.
  • [Su Klaus Iohannis] La sua elezione è stata una sorpresa incoraggiante. Lui che rappresenta la piccola comunità luterana-tedesca di Transilvania ha sconfitto il premier appoggiato dalla Chiesa ortodossa.
  • Iohannis sembra pragmatico e onesto, non il solito commediante del palcoscenico politico romeno. Col suo voto, il popolo sovrano si è mostrato stanco sia della vecchia cosiddetta "sinistra kitsch" sia della destra rancorosa.

Intervista di Marco Dotti, Ilmanifesto.it, 5 febbraio 2015

  • In principio era la parola – ci dicono gli antichi. Per me la parola del principio fu romena.
  • Siamo tutti feriti dalla storia, ma siamo feriti in modi e maniere diverse. Proust possedeva una sensibilità unica, colpita dalla vita quotidiana, dalla banalità di ogni giorno. Ma le cose mutano quando si è feriti da avvenimenti tragici che trasfigurano e sfregiano anche il quotidiano.
  • Ho edificato muri molto spessi che la censura non poteva abbattere o la polizia segreta attraversare. Nella mia stanza ero solo. Solo con la mia pagina bianca. Non dico che quelle pareti fossero totalmente impenetrabili. Nulla è impenetrabile, dinanzi a una forza che prevarica. I poteri penetrano anche nella tua stanza, anche nella tua solitudine. Questo è precisamente il senso dell'aggettivo "totalitario".
  • Quando viviamo immersi in un ambiente totalitario, dove la lingua viene prosciugata, insterilita, conservare la lingua, custodirla, è un gesto clandestino, spesso condotto in solitudine, ma nella convinzione che non si è soli e, dall'altra parte del muro, qualcuno che non è un delatore o un censore saprà ascoltarti. La lingua custodisce l'umano, proprio nel punto in cui il potere mira a soffocarlo.
  • [Sugli attentati dell'11 settembre 2001] Se lo scopo era colpire al cuore una civiltà, bisognava colpire le biblioteche. I santuari del commercio e della finanza sono un aspetto esteriore. Ma nella biblioteca c'è in cuore, perché là c'è tutto, anche sul commercio, anche sulla finanza, anche sulla letteratura, anche sull'arte. Là dentro si trova il codice della civiltà, la sua lingua, la sua matrice.

Intervista di Simone Mosca, La repubblica, 16 settembre 2017

  • [Su Donald Trump] È la classe media che di tanto in tanto per sparigliare si diverte a votare contro se stessa. Accadde anche con Hitler, in troppi dimenticano che i tedeschi lo elessero. Ma non è inaspettato di questi tempi vedere un miliardario diventare presidente. Il vero problema è il sistema americano. Contando il voto popolare, Clinton avrebbe vinto con un margine di quasi tre milioni.
  • La verità è sempre corrotta dalle opinioni. Per un anno il New York Times ha elencato le bugie di Trump, fornendo prove e fatti. Per Trump è stato sufficiente dire che il New York Times faceva propaganda. E in tanti, non tutti, gli hanno creduto.
  • Posso dire che la Germania, accogliendo milioni di siriani, ha perlomeno avuto modo di vivere una parziale redenzione per i suoi crimini. In termini storici non è un risultato da poco, profuma di speranza.
  • È compito dei musulmani chiarire l'eventuale natura pacifica della loro cultura prima ancora che della loro religione. E rispettare le culture dalle quali vengono adottati. Del resto se hanno lasciato un paese significa che in quel paese non ci stavano poi tanto bene. Che senso ha replicarlo con la violenza altrove?

Intervista di Daniela Pizzagalli, Avvenire.it, 19 settembre 2017

  • Le politiche isteriche e contraddittorie hanno provocato danni incredibili, come la Brexit, uno choc che ancora non abbiamo assorbito. E pensare che con tanta fiducia avevo goduto dell'ingresso in Europa delle nazioni dell'Est, in particolare della Romania. Non so se sia stato un bene per l'Europa, questo allargamento a Paesi non abituati alle regole democratiche, ma per la Romania è stato l'avveramento di un sogno. Noi ci siamo sempre sentiti i latini dell’Est, sia come lingua che come cultura, la nostra capitale morale era Parigi.
  • Oggi in America è scomparso il dibattito intellettuale sulla scena pubblica. Chiunque può sostenere tutto e il contrario di tutto, circolano le fake news più sfacciate anche se smentite platealmente.
  • [Su Donald Trump] Il suo esperimento narcisista della sfida al buon senso esprime una scissione culturale profonda e burlesca, derivata dallo scadimento dell'istruzione e dall'arroganza del denaro della società mercantile.
  • L'islam vive nel passato, mentre l'ebraismo e il cristianesimo si sono evoluti, adeguati ai tempi. Apprezzo molto papa Francesco, è un vero riformatore, perché pur restando all'interno della Chiesa promuove la libertà di pensiero. Ma se i cristiani non sono più quelli delle crociate, rinnegando i metodi violenti, nell'islam prevale un’intensa patologia del rancore in grado di coalizzare frustrazioni e utopia.

Intervista di David Emilia, Insulaeuropa.eu, 1 novembre 2017

  • Il regime comunista creò la censura. Esisteva anche prima della guerra, ma aveva altre caratteristiche. Il tipo di censura di cui parliamo, invece, fu introdotta dal partito unico. La prima generazione di censori era composta da imbecilli totali. Venivano selezionati secondo l'origine sociale, dunque, non avevano idea di cosa facevano, seguivano rigidamente le istruzioni del partito. Poi venne il cosiddetto "periodo dell'apertura" e "del disgelo" negli anni Sessanta. Fu un'apertura importante, venne fuori una nuova generazione, furono tradotte opere importanti della letteratura moderna, furono recuperate opere fondamentali di autori romeni proibiti per motivi ideologici o perché appartenevano alla corrente surrealista e così via. Fu un periodo, credo, molto fertile a livello culturale. [...] Dopodiché la censura si fece sempre più severa. Il "più amato figlio del popolo" divenne sempre più sgradevole, ma era acclamato ovunque, tutti raccontavano barzellette su di lui.
  • La Romania è diversa. Lì tutto si basa su relazioni personali, la verità, come si dice in rumeno "non è sul tavolo, ma sotto il tavolo", ovvero è negoziabile di nascosto, e da lì viene adattata, mitigata, amplificata.
  • Se vai in strada e cominci a gridare "Abbasso Ceaușescu, abbasso questo o quest'altro" ti arrestano, ti mettono in carcere e hai finito. Ma se trovi delle battute per esprimerti è diverso, e in generale nei sistemi totalitari la produzione di battute e barzellette è ai massimi livelli e tra le più intelligenti.
  • L'esilio è uno spossessamento e una dislocazione. Se questi due elementi riguardano, nel caso dello scrittore, la lingua, allora sono dirette verso il suo stesso centro vitale. Anche un dentista, un ingegnere o persino un avvocato possono soffrire a seguito di un esilio. Ma nessuno viene colpito nel suo essere in maniera così profonda come lo scrittore, al quale è stata tolta la lingua. Togliergli la lingua vuol dire togliergli tutto.
  1. Da Mentalità velenosa, Internazionale, n. 777, 9 gennaio 2009, p. 55.

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