Il mezzo zecchino del Vasto

Solone Ambrosoli

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Il mezzo zecchino del Vasto Intestazione 26 marzo 2012 75% Numismatica

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IL MEZZO ZECCHINO DEL VASTO



La illustre famiglia D’Avalos è celebrata in varie forme da egregi monumenti numismatici.

Don Iñigo, che nel 1442 era venuto di Spagna in Italia con re Alfonso V d’Aragona, ci è ricordato da una medaglia del sommo Pisanello1.

Ferdinando Francesco I e Alfonso II D’Avalos, entrambi famosi capitani, e Ferdinando Francesco II, che mori viceré di Sicilia, hanno medaglie di Cesare da Bagno, di Cavino, del Bombarda, di Annibale Fontana, di Leone Leoni, e d’altri2.

Vittoria Colonna, la chiara poetessa, moglie del primo Ferdinando Francesco, nonché Maria d’Aragona [p. 544 modifica]moglie di Alfonso II, e Iñigo suo figlio, hanno pure medaglie di varî artisti3.

Don Ruiz Lopez D’Avalos è effigiato dal Galeotti4.

A questa ricca serie di medaglie fanno degno seguito le poche ma preziose monete coniate sul principio del secolo XVIII da Don Cesare D’Avalos, marchese e principe del Vasto, “in ostentazione del diritto di zecca statogli accordato dall’imperatore”5. Questa concessione, di Leopoldo, è in data di Vienna, 12 marzo 1704, e il passo relativo del diploma ch’è riferito dal Lünig6 suona come segue, nella forma tradizionale di simili privilegi:

“Ad porro magis magisque Animi Nostri Cæsarei propensionem in prædictum Celsissimum Nostrum Piscariæ, Vasti, Francavillæ, et Roccellæ Principem testificandam, ex certa scientia, ac sano accedente Consilio, proque ea qua fungimur autoritate Cæsarea, deque ejus potestatis pienitudine, ipsi ejusdemque filiis, hæredibus, descendentibus, et successoribus legitimis in infinitum benigne dedimus, concessimus et elargiti sumus libertatem, et facultatem in aliquo ipsi eisque commodo et opportuno Jurisdictionis loco Officinam Monetariam fabricandi et exstruendi, monetamque auream et argenteam, majoris tamen generis, ex una parte Aquila Nostra Imperiali, et ex altera Armorum Susæ Dilectionis, ejusque descendentium insigniis, nominis item, et cognominis proprii inscriptione signatam, bonam tamen, probam, sinceram, et justam, quæ non sit [p. 545 modifica]adulterata, aut deterior illa, quam cæteri vel Italiæ, vel Germaniæ Principes Divorum Antecessorum Nostrorum Romanorum Imperatorum concessione cudunt (ita ut nemo de ejusmodi cusione justam conquerendi causam habere queat) faciendi, atque cudendi, etc. etc. etc.”

Don Cesare D’Avalos, tuttavia, come altri neo-principi italiani di quel tempo, non approfittò della facoltà accordatagli di erigere zecca propria, e si servi invece della zecca d’Augusta in Baviera, nella quale, come dice il Kunz7, “fece lavorare uno zecchino, un mezzo zecchino, un tallero ed un mezzo tallero. I coni del tallero servirono anche per alcuni pochi pezzi in oro”.

È vero che il Promis, nelle Tavole sinottiche parlando delle monete del Vasto, aggiunge di non aver “potuto conoscere dove esse siano state a lavorate”; ma, per chiarire esatta l’asserzione del Kunz, basta osservare che quasi tutte le monete di Cesare D’Avalos portano per distintivo la pigna, ch’è il segno di zecca, o meglio ch’è l’arme stessa della città di Augusta, e i ferri da cavallo, i quali pur si veggono sulle monete di quella zecca8.

D’altronde, già nel Catalogo della Collezione Reichel è annotato esplicitamente (e senza darne nessun [p. 546 modifica]motivo, come di cosa facile a verificare) che il tallero del Vasto è battuto ad Augusta9.

Vi sarebbe il mezzo tallero, che non ha contrassegni caratteristici particolari, ma esso è di lavoro tanto simile a quello del tallero e dello zecchino, da non lasciar dubbio sulla sua provenienza dall’officina di Augusta; tanto più che, essendo dello stesso anno, 1706, diventa maggiormente inverosimile che per coniare quello spezzato si sia ricorso a qualche altra zecca.

Tutte le monete del Vasto furono già pubblicate, nel grande Catalogo del Gabinetto Imperiale di Vienna10, — tranne il mezzo zecchino di cui non si troverebbe nessun disegno, e neppure altra menzione fuorché quella surriferita del Kunz11.

Credo quindi di far cosa grata ai cortesi lettori della Rivista col presentare l’impronta e dar la descrizione di questa moneta, togliendole dall’esemplare a fior di conio che se ne conserva nel R. Gabinetto di Brera.

Mezzo zecchino. Peso, grammi 1,74.

D/ – VASTI • D • – G • S • R • I • PR •
Busto del Principe, a destra, con lunga zazzera inanellata, corazza, pelliccia e Toson d’oro.

R/ — DOMINVS REGIT ME • 17 – 07 •
Arme di forma elittica, circondata dal Toson d’oro e sormontata da berretto principesco.

[p. 547 modifica] Se si confronta il mezzo zecchino colle rimanenti monete del Vasto, si rilevano subito tre differenze: — esso reca l’arme D’Avalos semplice12, mentre le altre hanno uno stemma assai complicato; — è dell’anno 1707, mentre le altre sono tutte del 1706; — ed è mancante del nome di Don Cesare.

La prima differenza si spiega agevolmente coll’angustia dello spazio. Ben più difficile è il rendersi ragione della singolare leggenda: VASTI • D • G • S • R • I • PR •, fuorché supponendo un equivoco da parte dell’incisore, costretto ad accorciare sul suo mezzo zecchino la lunghissima leggenda delle monete del 1706 che gli avranno servito da modello. E si noti infatti che questa prolissa leggenda, per la sua disposizione, aggravata dalla particolarità di presentare i nomi ed i titoli alternati con parole di carattere più piccolo, poteva realmente indurre in errore; tanto più se (come mi sembra) questa moneta del 1707 non fosse della stessa mano di quelle del 1706.

E la omissione del nome di Don Cesare spiegherebbe la straordinaria rarità del mezzo zecchino, il quale, probabilmente per quel motivo, dev’essere rimasto allo stadio di semplice progetto.

Note

  1. Trésor da Numismatique et de Glyptique: Médailles coulées et ciselées en Italie. — Frielaender J., Die italienischen Schaumünzen des fünfzehnten Jahrhunderts. — Heiss A., Les Médailìeurs de la Renaissance: Vittore Pisano. — Armand A., Les Medailleurs Italiens des quinzième et seizième Siecles.
  2. Bolzenthal H., Skizzen zur Kunstgeschichte der modernen Medaillen-Arbeit. — Armand, op. cit. — Plon E., Leone Leoni, etc.
  3. Armand, op. cit.Plon, op. cit.
  4. Armand, op. cit.
  5. Promis V., Tavole sinottiche delle monete battute in Italia e da Italiani all’estero, Torino, 1869 (a pag. 226).
  6. Lünig J. Chr., Codex Italiæ diplomaticus, Francofurti et Lipsiæ, 1726 (tomo II, a pag. 663 e seguenti).
  7. Kunz C., Il Museo Bottacin annesso alla Civica Biblioteca e Museo di Padova, Firenze, 1871 (a pag. 145; — anche nel Periodico di Num. e Sfrag., Vol. III, pag. 26).
  8. Cfr. il Catalogo Wesener della Collezione Morbio (Monaco di Baviera, 1882), in cui, a pag. 258; nella descrizione del tallero di Cesare D’Avalos, è detto: «Unten neben dem Vliesse das Augsburger Stadtpyr und die zwei Hufeisen». (In basso, allato al Tosone, la pigna della città di Angusta e i due ferri da cavallo).
  9. Die Reichelsche Münzsammlung in St. Petersburg, Neunter Theil, 1843 (a pag. 69, N. 466: Ein in Augsburg geprägter Thaler).
  10. Monnoies en or, qui composent une des différente parties du Cabinet de S. M. l'Empereur, Vienne, 1759 (a pag. 258).
    Ifonnoiea en argent, eie, etc, Vienne, 1769 (a pag. 474).
  11. Cfr. Gnecchi F. ed E., Saggio di Bibliografia numismatica delle Zecche Italiane, Milano, 1889 (a pag. 896-897).
  12. «D’Avalo a Napoli alza lo Scudo di azzurro con un Maschio di Fortezza d’oro, e la bordura composta d'oro, e di rosso.» (Ginanni M. A., L’Arte del Blasone, Venezia, 1756; a pag. 216, con figura alla Tav. X, N. 223).
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