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simo peccatore; la quale umilità il santificava e confermava in grazia e facevalo continuamente crescere in virtú e doni di Dio, e mai non lo lasciava cadere in peccato. — Udendo frate Masseo cosí meravigliose cose della umilità, e conoscendo ch’ella era un tesoro di vita eterna, cominciò ad essere sí infiammato d’amore e disiderio di questa virtú della umilità; che in grande fervore levando la faccia a cielo, fece vóto e proponimento fermissimo di non si ralegrare mai in questo mondo, insino a tanto ch’elli sentisse la detta virtú perfettamente nell’anima sua. E d’allora innanzi istava quasi di continuo rinchiuso in cella, macerandosi con digiuni, vigilie et orazioni e pianti grandissimi dinanzi a Dio, per inpetrare da lui questa virtú, sanza la quale elli si riputava degno dello inferno, e della quale quello amico di Dio ch’elli avea udito, era cosí dotato. Et istando frate Masseo per molti di in questo desiderio, adivenne che uno di egli entrò nella selva, et in fervore di spirito andava per essa gittando lagrime, sospiri e voci, domandando con fervente desiderio a Dio questa virtú divina; e però che Dio esaudisce volentieri le orazioni delli umili e contriti, istando cosí frate Masseo, venne una voce da cielo, la quale il chiamò due volte: — Frate Masseo, frate Masseo! — et elli, conoscendo per ispirito che quella era la voce di Cristo, sí rispose: — Signor mio, signor mio! — E Cristo a lui: — Che vo’ tu dare per avere questa grazia, che tu

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