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60 I Vicerè

ma allora il monaco, guardatolo un momento fisso, lo mandò a carte quarantotto come quell’altro babbaccio, e si diresse verso la marchesa.

Questa era con tutte le altre signore che facevano cerchio a donna Ferdinanda: la zitellona non esprimeva il proprio parere, non rispondeva al cicaleccio degli astanti: «Il giusto!... Tutti trattati bene!... Un modello di testamento....» E la cugina Graziella alla principessa: «Le male lingue volevano dire che la zia avesse diseredato tuo marito! Come se il bene che voleva a Raimondo potesse impedirle di riconoscere in Giacomo il capo della casa, l’erede del titolo!» La duchessa Radalì, invece, con aria tra stupita e costernata, confessava a don Mariano: «Non l’avrei mai creduto! Eredi tutti e due? E allora la primogenitura dove se ne va? Le case hanno proprio da finire?...» Ma la principessa, imbarazzatissima, non osava rispondere, non lasciava con gli occhi il principe. Questi, nel gruppo degli uomini che non cessavano di ripetere: «Che saggezza! che previdenza!» dichiarava con voce grave: «Ciò che ha fatto nostra madre è ben fatto....» mentre il Priore ripeteva a Monsignore: «La volontà della felice memoria sarà certo legge per tutti....» e solo Raimondo pareva stufo dei rallegramenti, insofferente delle strette di mano congratulatorie. Ma già Baldassarre, spalancato l’uscio di fondo, entrava seguito da due camerieri che reggevano due grandi vassoi di gramolate e di paste e di biscotti. Il principe cominciò a servire i testimonii; il maestro di casa si diresse dalla parte delle signore.

— Rubàti del vostro! Spogliàti! Ridotti in camicia! — diceva frattanto don Blasco alla nipote Chiara che era riuscito ad agguantare. — Per favorire quello scapestrato che neppur si diede la pena di venirla a vedere prima che crepasse! E quell’altra villana ch’è venuta a ficcarsi qui dentro! — Il monaco fulminava di sguardi rabbiosi la contessa Matilde. — Vi lascerete rubare così? Qui bisogna agire subito, spiattellare chiaro e tondo

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