Eros

dio greco dell'amore, passione, procreazione, dell'attrazione sessuale e desiderio fisico
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Eros (in greco antico: Ἔρως?, Érōs) è, nella religione greca, il dio dell'amore fisico e del desiderio[1], in latino conosciuto come Cupido.

Eros
Eros che incorda l'arco - Copia romana in marmo dall'originale di Lisippo conservata nei Musei Capitolini di Roma.
Nome orig.Ἔρως
Lingua orig.greco antico
Caratteristiche immaginarie
ProfessioneDio dell'amore fisico
AffiliazioneDei primigeni
Dei olimpici (divinità minore)

Nella cultura greca antica l'eros è ciò che fa muovere verso qualcosa, un principio divino che spinge verso la bellezza[2][3]. In ambito greco, quindi, non vi era una precisa distinzione tra «la passione d'amore e il dio che la simboleggiava»[4].

Etimologia

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Il greco ἔρως, che significa "desiderio", deriva da ἔραμαι "per desiderare, amare", dall'etimologia incerta. R. S. P. Beekes ha suggerito un'origine pre-greca.[5]

Culto e rappresentazione

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Amor e Psyche. Scultura romana su modello greco risalente al II secolo d.C. conservata all'Altes Museum di Berlino. La vicenda di Amor e Psyche è narrata nelle Metamorfosi[6] di Apuleio (II d.C.). Il dio Amor (Eros) si innamora della bellissima fanciulla Psyche e le fa visita ogni notte con il patto che ella non cerchi mai di vedere il suo volto. Psyche tradisce il patto e Amor si allontana da lei. Per riconquistare l'amato, Psyche si sottopone a durissime prove impostegli da Venere (Afrodite) finché lo stesso dio Giove (Zeus), mosso a compassione, non l'aiuta facendogli così conquistare l'immortalità e quindi accogliendola sull'Olimpo come sposa di Amor. Amor e Psyche rappresentano l'amore umano e quello divino, inteso come il percorso spirituale che l'anima umana (Psyche) deve intraprendere per tornare ad essere puramente "divina" dopo aver scontato i propri errori. Il tema è spesso raffigurato nei sarcofaghi come immagine della felicità nell'oltretomba.

Eros appare in antiche fonti greche sotto diverse forme. Nelle prime fonti egli è una delle divinità primordiali coinvolte nella venuta all'essere nel cosmo. Ma nelle fonti successive, Eros è rappresentato come il figlio di Afrodite, i cui maliziosi interventi negli affari di dei e mortali fanno sì che si formino legami di amore, spesso illecitamente. In definitiva, nei successivi poeti satirici, è rappresentato come un bambino bendato, il precursore del paffuto Cupido rinascimentale, mentre nella prima poesia e arte greca, Eros era raffigurato come un maschio adulto che incarna il potere sessuale e un artista profondo.[7][8]

In un frammento di una tragedia perduta di Euripide, da lui scritta prima del 422 a.C., Stheneboia (Σθενέβοια) si sostiene che esistano due Eros[9]. Così come nella sua Ifigenia in Aulide (406 a.C.) compaiono due ambiti del dio Eros e, per la prima volta, l'immagine del dio armato di arco e di frecce:

«Avventurato chi prova fa
della dea dell'amore con
temperanza e misura,
e con grande placidità
lungi dagli estri folli, perché
duplice è l'arco della beltà
che l'Amore (Eros) tende su di noi:
l'uno ci porta felicità,
l'altro la vita torbida fa.»

Uno degli Amori provoca la sophia, ovvero la conoscenza, mentre l'altro distrugge l'anima dell'uomo[10].

Dio primordiale

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Secondo Esiodo (700 a.C. circa), una delle più antiche fonti greche, Eros (il dio dell'amore) fu il quarto dio ad essere creato, dopo il Caos, Gaia (la Terra) e il Tartaro (l'Abisso o gli Inferi).[11] Il De Melisso Xenophane et Gorgia, erroneamente attribuito ad Aristotele, vide nel mito di Eros il primo esempio di una nascita dell'essere dal non-essere, quindi in violazione del principio per il quale niente può essere generato dal nulla (ex nihilo nihil fit).[12]

Omero non menziona Eros. Tuttavia, Parmenide (circa 500 a.C.), uno dei filosofi presocratici, fa di Eros il primo di tutti gli dei a nascere.[13]

I Misteri Orfici mostravano Eros come un dio delle origini, ma non del tutto primordiale, poiché era il figlio della Notte (Nyx).[7] Aristofane (circa 400 a.C.), influenzato dall'orfismo, racconta la nascita di Eros:

«All'inizio c'erano solo Chaos, Notte (Nyx), Oscurità (Erebus) e Abisso (Tartarus). La Terra, l'Aria e il Cielo non avevano esistenza. In primo luogo la Notte oscura posò un uovo senza germe nel seno delle profondità infinite delle Tenebre, e da questo, dopo la rivoluzione dei lunghi secoli, scaturì il grazioso Amore (Eros) con le sue scintillanti ali dorate, rapide come i turbini della tempesta. Si accoppiò nel profondo Abisso con il caos oscuro, alato come lui, e così nacque la nostra razza, che fu la prima a vedere la luce.»

Figlio di Afrodite e Ares

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"Eros con delfino", opera romana del II secolo d.C. in marmo bianco a grana fine, utilizzata come ornamento di una fontana: dalla bocca del delfino fuorusciva l'acqua. Già appartenente alla Collezione Farnese è oggi conservata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. La presenza di immagini di Eros accompagnato da un delfino è testimoniata da pitture vascolari risalenti fin dal V secolo a.C. e origina dalle iconografie proprie del "giovane sul delfino".

Nei miti successivi, era il figlio delle divinità Afrodite e Ares, e fratello di Anteros, Imero, Deimos, Fobos e Armonia. È l'Eros di questi miti successivi che diviene uno degli eroti. Eros era associato con l'atletismo, con statue erette nei gymnasia[15] e "era spesso considerato il protettore dell'amore omosessuale tra gli uomini".[15] Eros è stato spesso raffigurato come colui che porta una lira o un arco e una freccia. Era anche raffigurato accompagnato da delfini, flauti, galli, rose e torce.[15]

«[Hera rivolta ad Athena] Dobbiamo avere una parola con Afrodite. Andiamo insieme e chiediamo a lei di persuadere il suo ragazzo [Eros], se è possibile, di lanciare una freccia alla figlia di Aeetes, Medea dei tanti incantesimi, e farla innamorare di Giasone...»

«[Eros] colpisce il seno delle domestiche con calore sconosciuto, e ordina agli stessi dei di lasciare il paradiso e dimorare sulla terra secondo forme prese a prestito.»

«Una volta, quando il figlio di Venere [Eros] la stava baciando, la sua faretra penzolava, una freccia sporgente, a sua insaputa, le aveva sfiorato il seno, spingendo via il ragazzo, infatti la ferita era più profonda di quanto sembrava, anche se inizialmente non percepita [e lei divenne] rapita dalla bellezza di un uomo [Adone].»

«Eros ha fatto impazzire Dioniso per la ragazza [Aura] con la deliziosa ferita della sua freccia, poi curvando le sue ali ha volato leggermente verso l'Olimpo e il dio vagava sulle colline flagellato da un fuoco più grande.»

La nozione di Eros in Omero e nei lirici

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Eros Farnese, un marmo pompeiano ritenuto una copia del colossale Eros di Tespie di Prassitele
 
Antonio Canova, Cupido e Psiche, San Pietroburgo, Ermitage
  Lo stesso argomento in dettaglio: Omero e Lirica greca.

La prima apparizione della nozione di Eros è nelle opere attribuite ad Omero. In tale contesto Eros non viene personificato, quanto piuttosto come principio divino corrisponde all'irrefrenabile desiderio fisico come quello vissuto da Paride nei confronti di Elena:

(GRC)

«ἀλλ' ἄγε δὴ φιλότητι τραπείομεν εὐνηθέντε
οὐ γάρ πώ ποτέ μ' ὧδέ γ' ἔρως φρένας ἀμφεκάλυψεν»

(IT)

«Ma ora andiamo a letto e facciamo l'amore:
non mi ha mai preso il cuore un desiderio (ἔρως ) tanto possente»

o ancora lo stesso desiderio provato da Zeus nei confronti di Era:

(GRC)

«Ἥρη δὲ κραιπνῶς προσεβήσετο Γάργαρον ἄκρον
Ἴδης ὑψηλῆς· ἴδε δὲ νεφεληγερέτα Ζεύς.
ὡς δ' ἴδεν, ὥς μιν ἔρως πυκινὰς φρένας ἀμφεκάλυψεν,
οἷον ὅτε πρῶτόν περ ἐμισγέσθην φιλότητι
εἰς εὐνὴν φοιτῶντε, φίλους λήθοντε τοκῆας.»

(IT)

«Era raggiunse rapidamente la cima del Gargano,
sull'alto Ida, e la vide Zeus che raduna le nubi,
e quando la vide la passione (ἔρως) invase il suo animo saggio,
come quando per la prima volta s'unirono nell'amore
e andarono a letto, all'insaputa dei genitori»

o, infine, ciò che rende tremanti le membra dei proci di fronte a Penelope:

(GRC)

«τῶν δ' αὐτοῦ λύτο γούνατ', ἔρῳ δ' ἄρα θυμὸν ἔθελχθεν,
πάντες δ' ἠρήσαντο παραὶ λεχέεσσι κλιθῆναι.»

(IT)

«Ed ecco i ginocchi dei proci si sciolsero, furono sedotti da amore (ἔρω)
bramarono tutti di giacere al suo fianco nel letto»

Tale desiderio irrefrenabile si spiritualizza nei lirici greci del VII/VI a.C. ma presenta comunque delle caratteristiche crudeli e ingestibili. Manifestandosi improvvisamente, Eros agita in modo cupo le sue vittime:

«Ma per me Eros non dorme
in nessuna stagione:
come il vento di Tracia infiammato di lampi
infuria accanto a Cipride
e mi riarde di folli passioni,
cupo, invincibile,
con forza custodisce l'anima mia.»

(GRC)

«Ἔρος δηὖτέ μ' ὀ λυσιμέλης δόνει,
γλυκύπικρον ἀμάχανον ὄρπετον»

(IT)

«Eros che scioglie le membra mi scuote nuovamente:
dolceamara invincibile belva»

«Eros tremendo, le Follie ti furono nutrici:
per te cadde la rocca di Troia,
per te il grande Teseo, l'Egide, cadde, e Aiace Oileo,
il valoroso per la loro follia.[16]»

«non è Afrodite, ma il folle e insolente Eros che come fanciullo gioca,
sfiorando il sommo dei fiori - ma che non me li tocchi - del cipero.
Eros di nuovo, a causa di Cipride, dolce mi invade, riscalda il cuore.»

In Anacreonte questo vissuto viene presentato come colui che colpisce violentemente:

«Ancora Eros m'ha colpito:
con un gran maglio, come un fabbro,
e mi ha temprato tuffandomi
in una fiumana invernale.»

Il dio Eros e il suo culto

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Statua in marmo di Eros addormentato risalente al II d.C. di provenienza sconosciuta, è conservata al Museo archeologico nazionale di Atene. Il giovane Eros alato è addormentato su una roccia, il braccio sinistro funge da cuscino mentre un giovane leone fa la guardia al dio.

Nell'opera teogonica di Esiodo sono due i passaggi che riguardano Eros qui attestato per la prima volta come quel dio primordiale in grado di domare con la passione sia gli dèi che gli uomini:

(GRC)

«Ἦ τοι μὲν πρώτιστα Χάος γένετ᾽, αὐτὰρ ἔπειτα
Γαῖ᾽ εὐρύστερνος, πάντων ἕδος ἀσφαλὲς αἰεὶ
ἀθανάτων, οἳ ἔχουσι κάρη νιφόεντος Ὀλύμπου,
Τάρταρά τ᾽ ἠερόεντα μυχῷ χθονὸς εὐρυοδείης,
ἠδ᾽ Ἔρος, ὃς κάλλιστος ἐν ἀθανάτοισι θεοῖσι,
λυσιμελής, πάντων δὲ θεῶν πάντων τ᾽ ἀνθρώπων
δάμναται ἐν στήθεσσι νόον καὶ ἐπίφρονα βουλήν.»

(IT)

«Orbene, innanzitutto venne all'esistenza lo Spazio beante[17], poi a sua volta
la Terra dal largo petto, sede per sempre sicura di tutti
gli immortali che abitano le cime del nevoso Olimpo,
e il Tartaro nebbioso nel fondo della Terra dalle larghe strade,
poi Eros che è il più bello tra gli dei immortali
e scioglie le membra[18], e di tutti gli dei, come di tutti gli uomini,
doma nel petto il pensiero e la saggia volontà.»

A tal proposito Ilaria Ramelli e Carlo del Grande evidenziano come:

«La Teogonia Esiodea sembra riflettere la dottrina teogonica dei sacerdoti di Apollo delfico. In origine sarebbe stato il Χάος, il "vuoto primordiale" e poi αῖα, la Terra, ed Ἔρως o amore, come attrazione reciproca e principio di unione ed armonia»

In un secondo passaggio Esiodo evidenzia Eros come quel dio che, insieme ad Himeros, accompagna Afrodite appena nata[19]:

(GRC)

«Τῇ δ᾽ Ἔρος ὡμάρτησε καὶ Ἵμερος ἕσπετο καλὸς
γεινομένῃ τὰ πρῶτα θεῶν τ᾽ ἐς φῦλον ἰούσῃ.»

(IT)

«L'accompagnò Eros e il bel Desiderio[20] la seguì
non appena venuta alla luce e avviata a raggiungere la razza degli dei»

Connesso all'opera di Esiodo vi è il richiamo nella Biblioteca di Apollodoro dove, riferendosi a Io:

«Esiodo e Acusilao affermano che era figlia di Pirene. Io era sacerdotessa di Era, e Zeus la violentò. Scoperto da Era, toccò la fanciulla, la trasformò in una bianca giovenca e giurò che non si era unito a lei. Perciò Esiodo dice che i giuramenti fatti per amore (ἔρωτος) non attirano l'ira degli dei.»

Un culto di Eros esisteva nella Grecia pre-classica, ma era molto meno importante di quello di Afrodite. Tuttavia, nella tarda antichità, Eros era adorato da un culto della fertilità a Tespie. Ad Atene, condivideva un culto molto popolare con Afrodite, e il quarto giorno di ogni mese era sacro per lui. Il culto di Eros a Tespie è attestato da Pausania:

«Il dio che i Tespiesi onorano fin dai tempi antichi e più di ogni altro dio è Eros e di Eros hanno una statua antichissima, costituita da una pietra grezza. Chi abbia istituito presso i Tepiesi l'usanza di anteporre Eros a tutti gli dei, io non so.»

L'origine mitica di tale culto, culto forse di origini preistoriche[21], è così spiegata da Conone:

«A Tespi, in Beozia (la città non è molto lontana dall'Elicona), c'era un ragazzo di nome Narciso, molto bello, ma che disdegnava Eros e i suoi amanti. Tutti quelli che l'amavano finirono per rassegnarsi, a eccezione di Amenia che si ostinava a corteggiarlo. Ma Narciso non cedeva alle sue preghiere e perfino gli inviò una spada. Amenia allora si uccise davanti alla porta di Narciso, implorando la vendetta del dio. E Narciso, vedendo il proprio viso e la propria bellezza riflessi nell'acqua di una fonte, divenne, stranamente, amante di se stesso: il primo e l'unico. Alla fine spinto dalla disperazione e avendo compreso che soffriva giustamente per aver respinto l'amore di Amenia, si uccise. A seguito di ciò gli abitanti di Tespi decisero di onorare e di servire Eros, e di rendergli sacrifici sia in pubblico che in privato. E la gente del paese pensa che il fiore del narciso è nato dal loro suolo, laddove fu versato il sangue di Narciso»

Pausania riporta anche di un altare ad Eros posto di fronte all'ingresso dell'Accademia:

«Davanti all'ingresso dell'Accademia[22] c'è un altare di Eros la cui epigrafe attesta che Carmo[23] fu il primo degli Ateniesi che abbia dedicato un altare ad Eros»

Tuttavia, come nota Gerard Krüger[24]:

«a questa venerazione mancano realmente la piena dignità ed il valore di un servizio religioso: Eros non è un dio del culto statale.»

Tanto che così ci si lamenta nell'Ippolito di Euripide[25]:

«Invano, invano, sull'Alfèo,
nei templi di Febo a Delfi, addensa
la Grecia ecatombi se d'Amore
tiranno dell'uomo, ch'è custode
dei letti figliolo
d'Afrodite, non c'è riguardo, e non si venera
il dio che tutto rovina
e dà calamita
all'uomo, se giunge.»

Eros nelle teogonie orfiche

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Eros possiede un ruolo fondante in alcune teogonie orfiche. Questo emerge già nella teogonia di tipo "parodistico", ma di derivazione orfica, presente in Aristofane (V-IV secolo a.C.) negli Uccelli (vv. 693-702)[26]:

  • in principio vi sono Chaos, Nyx (Notte), Erebo e Tartaro;
  • nel buio Erebo, Nyx genera un Uovo "pieno di vento";
  • da questo Uovo emerge Eros dalle ali d'oro;
  • unitosi durante la notte al Chaos, Eros genera la stirpe degli "uccelli";
  • quindi genera Urano (Cielo) e Oceano, Gea (Terra) e gli dèi.

Tale brano è ritenuto il testo più antico attribuibile all'orfismo, «esso riproduce sinteticamente la forma scritta più antica delle teogonie orfiche, evocata anche da Platone, da Aristotele e trasmessa da Eudemo»[27].

Un frammento, che richiama Eudemo da Rodi (IV secolo a.C.) riprende la Notte come origine di tutte le cose e Eros al terzo posto:

«La teologia esposta nell'opera del peripatetico Eudemo come se fosse di Orfeo ha taciuto tutto ciò che è intelligibile, in quanto totalmente indicibile e inconoscibile [...] ha posto come principio la Notte, dalla quale inizia pure Omero, anche se non ha reso continua la genealogia. Infatti non si deve accogliere l'affermazione di Eudemo che inizi da Oceano e Teti: infatti egli sembra essere consapevole che pure la Notte è una divinità grandissima, a tal punto che anche Zeus la venera: "Infatti egli temeva di compiere azioni sgradite alla Notte veloce". Ma Omero stesso deve cominciare dalla Notte; invece mi pare di capire che sia stato Esiodo per la prima volta, narrando del Caos ad aver chiamato il Caos la natura inconoscibile dell'intelligibile e compiutamente indifferenziata e a far derivare da lì la Terra come il principio primo, se così si può dire, dell'intera generazione degli dei; a meno che il Caos non sia il secondo dei due principi, mentre la Terra, il Tartaro e Eros i tre oggetti dell'intuizione ed Eros è al terzo posto, in quanto contemplato secondo un ritorno. Questa espressione è impiegata pure da Orfeo nelle rapsodie: la Terra è al primo posto, in quanto per prima si è solidificata in una massa solida e stabile, il Tartaro a quello intermedio, perché già mosso verso una differenziazione.»

Nel complesso queste teogonie presentano un inizio caratterizzato da una sfera perfetta nella Notte cosmica, quindi una totalità rappresentata da Phanes (Φάνης, Luce, "vengo alla Luce", anche Fane, Protogono Πρωτογόνος, Erichépaio Ἠρικεπαῖος) androgino e con le ali dorate, completo in sé stesso ma dai lineamenti irregolari, e, infine, da questa unità ancora perfetta un insieme di accadimenti conducono a dei processi di differenziazione. Quindi emerge Zeus in cui tutto viene riassorbito e rigenerato nuovamente per una seconda processione, dalla quale emerge Dioniso che, tuttavia, per una macchinazione di Era, sposa di Zeus, verrà divorato dai Titani. Zeus irato scaglia contro costoro il fulmine: dalla fuliggine provocata dalla combustione dei Titani sorgono gli uomini composti dalla materia di questa, mischiata con la parte dionisiaca frutto del loro banchetto.

E «Primo nel governare il mondo, Fane-Protogono-Erichépaio si chiama anche Eros»[28].

Eros filosofo

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Eros (filosofia).
 
Afrodite armata con Eros, copia del II sec., Museo del Louvre

Il tema di Eros/Amore è citato in Parmenide (V sec. a.C.)[29] ma in Empedocle (V sec. a.C.) acquisisce un ampio impianto teologico quando il filosofo siceliota pone accanto alle quattro "radici" (ριζώματα), poste a fondamento del cosmo, e motore del loro divenire nei molteplici oggetti della realtà, due ulteriori principi: Φιλότης (Amore) e Νεῖκος (Odio, anche Discordia o Contesa); avente il primo la caratteristica di "legare", "congiungere", "avvincere" (σχεδύνην δὲ Φιλότητα «Amore che avvince»[30]), mentre il secondo possiede la qualità di "separare", "dividere" mediante la "contesa". Così Amore nel suo stato di completezza è lo Sfero (Σφαῖρος), immobile (μονίη) uguale a sé stesso e infinito (ἀλλ' ὅ γε πάντοθεν ἶσος 〈ἑοῖ〉 καὶ πάμπαν ἀπείρων[31]). Egli è Dio. Significativo è il fatto che Empedocle appelli Amore con il nome di Afrodite (Ἀφροδίτη)[32], o con il suo appellativo di Kýpris (Κύπρις)[33], indicando qui la «natura divina che tutto unisce e genera la vita»[34]. Tale accostamento tra Amore e Afrodite ispirò al poeta romano Lucrezio l'inno a Venere, collocato nel proemio del De rerum natura. In questa opera Venere non è la dea dell'amplesso, quanto piuttosto «l'onnipotente forza creatrice che pervade la natura e vi anima tutto l'essere», venendo poi, come nel caso di Empedocle, opposta a Marte, dio del conflitto.

Con Platone (V-IV sec. a.C.) si compie il fondamentale passo filosofico e teologico inerente a Eros. Nel Fedro[35] l'anima (ψυχή, psyché) umana decade dal mondo perfetto e intelligibile nel corpo fisico, durante il suo esilio prova un'irresistibile nostalgia per la condizione perduta. Nel Simposio[36] Eros è un demone figlio di Indigenza (Πενία Penia, la madre) e Espediente (Πόρος , Poros, il padre). Povero come la madre, Eros aspira alla ricchezza del padre: Eros è quindi anche una tendenza, una mania (μανία), uno stato emotivo provocato dalla bellezza terrestre che stimola il ricordo di quella perfetta e intelligibile, celeste, da cui l'anima è caduta[37]. Non è tuttavia la "bellezza" l'oggetto del desiderio dell'anima ma la sua fecondità[38]. A questo punto il filosofo ateniese individua due tipi di Eros: l'amore sensuale (πάνδημος ἔρως, pandemos eros) attratto dalla bellezza dei corpi provocante la fecondità fisica, e l'amore celeste (ουράνιος ἔρως , oruanios eros) attratto dall'amore spirituale e provocante al fecondità spirituale[39]: «E malvagio è quell'amante che è volgare e ama il corpo più dell'anima»[40]. Il vero amante si eleva quindi per sei gradi di attrazione che lo conducono dall'attrazione fisica alla realizzazione spirituale[41]: amore per un corpo bello; amore per la bellezza fisica in sé; amore per la bellezza delle attività, delle condotte; amore per la bellezza del sapere; amore per la Bellezza in sé: «È questo il momento della vita, o caro Socrate -disse la straniera di Mantinea-, che più di ogni altro è degno di essere vissuto da un uomo, ossia il momento in cui un uomo contempla il Bello in sé. E se mai ti sarà possibile vederlo, ti sembrerà ben superiore all'oro, alle vesti, e anche ai bei ragazzi e ai bei fanciulli [...] Che cosa, dunque, noi dovremmo pensare -disse- se ad uno capitasse di vedere il Bello in sé assoluto, puro, non affatto contaminato da carni umane e da colori e da altre piccolezze mortali, ma potesse contemplare come forma unica lo stesso Bello divino?».

Il filosofo ed esegeta di Platone, Plotino (III sec. d.C.), continuatore coerente dell'opera del filosofo ateniese, riprende, nelle Enneadi, le conclusioni dello stesso inserendo tuttavia tra le tre entità/persone da lui indicate con il termine di hypostasis (ὑπόστᾰσις): Hen (ἕν, l'Uno), il Nous (νοῦς, l'Intelletto) e la Psyche (ψυχὴ, Anima) una relazione di "processione" (πρόοδος). Dal che l'unica "realtà" consiste in queste tre hypostasis che procedono una dall'altra: dall'Uno (il Bene, il primo, inconoscibile e ineffabile mistero dell'unità, intuibile solo per mezzo dell'esperienza religiosa) procede l'Intelletto (altro dall'Uno, è la prima molteplicità che "pensa", il mondo eterno delle Idee, è il logos dell'Uno che contempla l'Uno e da questa contemplazione deriva la sua generazione delle Idee), dall'Intelletto procede l'Anima universale (Afrodite celeste) che intermedia fra l'essere costituito dalle tre hypostasis e il mondo sensibile. Se l'Uno rende conto dell'unità del reale, e l'Intelletto della sua intelligibilità, l'Anima universale rende conto della vita e del movimento contemplando l'Intelletto con la sua parte superiore, mentre rende conto delle forme sensibili con la sua parte inferiore (Afrodite terrestre). Al di fuori di queste tre ipostasi eterne tutto il resto, quindi il mondo sensibile, è privo di realtà, è pura apparenza, inganno e non-Essere. Dall'Anima universale (Afrodite celeste) procedono l'Anima del mondo (Afrodite terrena) e le anime individuali dei viventi. Ma se l'Anima del mondo essendo vincolata al corpo dell'universo con un legame non dissolubile risulta eterna nelle sue caratteristiche sensibili, le anime individuali sono in qualche modo destinate a "ribellarsi" alle leggi dell'universo, oppure ad armonizzarsi alle stesse. Nel primo caso sono destinate alla corruzione, trasmigrando di esistenza in esistenza, cambiando corpi fisici ma potendo, se lo vogliono, riconquistare la condizione dell'unità perduta. Nella teologia plotiniana ciò che è relativo ai sensi non solo riguarda quell'ambito, ma rimanda sempre alla realtà intellegibile da cui procede. Quindi ciò che è "bello" per i sensi rimanda sempre all'"Idea" del Bello assoluto di cui l'arte ne è una rivelazione. Quindi l'artista non produce da sé, ma rivela l'Essere di cui intuisce la portata. Chi contempla l'opera d'arte esce da sé per vivere l'esperienza dell'opera solo apparentemente, in realtà è l'opera stessa con la sua bellezza che lo mette in contatto con la sua vera natura, con l'anima che è in lui. Allo stesso modo nella vita affettiva il bello corporeo può avere la funzione di rivelare ciò che è vero in noi stessi. Ne consegue che se l'uomo ricerca i beni o le bellezze sensibili lo fa innanzitutto perché questi lo richiamano all'Uno, al Bene, alla sua vera natura di cui sono immagine. Così Eros è sia una divinità che aiuta l'uomo a ricongiungersi al Bene, sia un diverso essere, un demone, che lo spinge a mischiare l'anima con la materia. Essendo molteplici gli Eros delle anime, Plotino li intende come Eroti (Erotes).

Il filosofo tardo platonico Proclo (V sec. d.C.) è, tra l'altro, autore di un inno ad Afrodite che riassume poeticamente la teologia platonica sul tema:

(GRC)

«῾Υμνέομεν σειρήν πολυώνυμον ’Αφρογενείης
καί πηγήν μεγάλην βασιλήιον, ής άπο πάντες
αθάνατοι πτερόεντες ανεβλάστησαν ’’Ερωτες,
ών οι μέν νοεροίσιν οιστεύουσι βελέμνοις
ψυχάς, όφρα πόθων αναγώγια κέντρα λαβούσαι
μητέρος ισχανόωσιν ιδείν πυριφεγγέας αυλάς:
οι δέ πατρός βουλήσιν αλεξικάκοις τε προνοίαις
ιέμενοι γενεήσιν απείρονα κόσμον αέξειν
ψυχαίς ίμερον ώρσαν επιχθονίου βιότοιο.
άλλοι δέ γαμίων οάρων πολυειδέας οίμους
αιέν εποπτεύουσιν, όπως θνητής από φύτλης
αθάνατον τεύξωσι δυηπαθέων γένος ανδρών:
πάσιν δ’ έργα μέμηλεν ερωτοτόκου Κυθερείης.
αλλά, θεά, πάντη γάρ έχεις αριήκοον ούας,
είτε περισφίγγεις μέγαν ουρανόν, ένθα σέ φασι
ψυχήν αενάοιο πέλειν κόσμοιο θεείην,
είτε καί επτά κύκλων υπέρ άντυγας αιθέρι ναίεις
σειραίς υμετέραις δυνάμεις προχέουσ’ αδαμάστους,
κέκλυθι, καί πολύμοχθον εμήν βιότοιο πορείην
ιθύνοις σέο, πότνα, δικαιοτάτοισι βελέμνοις
ουχ οσίων παύουσα πόθων κρυόεσσαν ερωήν.»

(IT)

«Cantiamo la stirpe onorata di Afrogenia
e l'origine grande, regale, da cui tutti
nacquero gli immortali alati Amori,
dei quali alcuni con dardi intellettivi saettano
le anime, affinché punte da stimoli sublimanti di desideri,
agognino vedere le sedi d'igneo splendore della madre[42];
altri, invece, in obbedienza ai voleri e ai previggenti, salutari consigli del padre[43],
desiderosi d'accrescere con nuove nascite il mondo infinito,
eccitano nelle anime il dolce desiderio della vita terrena.
Altri ancora sui vari sentieri degli amplessi nuziali
incessantemente vigilano, onde da stirpe mortale
immortale rendere il genere degli uomini oppressi dai mali
e a tutti stanno a cuore le opere di Citerea, madre d'amore.
Ma, o dea, poiché tu dovunque porgi orecchio attento,
o che circondi il vasto cielo, dove dicono che tu
sia l'anima divina del mondo eterno,
o che risiedi nell'etere al di sopra dell'orbite dei sette pianeti[44],
riversando su di noi, che da te discendiamo, indomite energie,
ascolta, e il doloroso cammino della mia vita
guida coi tuoi santissimi strali, o veneranda,
placando l'impeto gelido dei desideri non pii.»

Pittura

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  Le singole voci sono elencate nella Categoria:Dipinti su Cupido.
  1. ^

    «Eros was the ancient Greek god of sexual (either homosexual or heterosexual) love or desire.»

  2. ^ Ivan Gobry. Eros in Le vocabulaire grec de la Philosophie 2002, trad. it. Vocabolario greco di filosofia. Milano, Bruno Mondadori, 2004, pag. 80. Anche

    «The word erōs is the ordinary noun denoting that emotion; it could be personified and treated as an external being because of its unfathomable and irresistible power over humans (and animals and gods).»

  3. ^ La corrispondente nozione latina è resa come desiderium, amor, cupiditas, libido
  4. ^ George M. A. Hanfmann. Oxford Classica Dictionary. Oxford University Press, 1970. In italiano Dizionario delle antichità classiche, Cinisello Balsamo, Paoline, 1995, pag. 849.
  5. ^ R. S. P. Beekes, Etymological Dictionary of Greek, Brill, 2009, p. 449.
  6. ^ Metamorphoseon anche conosciuta come L'asino d'oro (Asinus aureus)
  7. ^ a b (EN) EROS - Greek Primordial God of Procreation, su theoi.com. URL consultato l'8 febbraio 2018.
  8. ^ "Eros", in S. Hornblower and A. Spawforth, eds., The Oxford Classical Dictionary.
  9. ^ T. G. Rosenmeyer, Eros-erotes Phoenix 5 (1951): 12.
  10. ^ T. G. Rosenmeyer, Eros-erotes Phoenix 5 (1951): 12-13.
  11. ^ Esiodo, Theogony 116–122 in The Homeric Hymns and Homerica with an English Translation by Hugh G. Evelyn-White, Cambridge, MA., Harvard University Press; London, William Heinemann Ltd. 1914.
  12. ^ [Pseudo-]Aristotele, de M.X..G., c.1-2 ed. Diels. Per il testo completo: ARISTOT. de M. X. G. c. 1-2 ed. Diels [cfr. lo scritto di Aristotele, Della dottrina di Melisso, un libro (DIOG. LAERT. V 25), su ancientsource.daphnet.org. URL consultato l'8 dicembre 2020 (archiviato l'8 dicembre 2020).
  13. ^ "Prima di tutto gli dei che le hanno ideato Erōs." (Parmenide, frammento 13) (L'identità della "lei" non è chiara, poiché il lavoro di Parmenide è sopravvissuto solo in frammenti.
  14. ^ Traduzione di Eugene O'Neill, Jr., Perseus Digital Library, traduzione modificata vedi.
  15. ^ a b c Conner, p. 132, "Eros"
  16. ^ Troia cadde per la passione di Paride. Aiace perse la vita sulla via del ritorno punito da Poseidon per aver egli violato, vittima della passione, la sacerdotessa Cassandra all'interno dello stesso santuario dedicato ad Artemide. Per quanto attiene Teseo, forse si riferisce al voto di morte nei confronti del figlio espresso nella vicenda di Fedra e Ippolito.
  17. ^ Nota Cesare Cassanmagnago, allievo di Giovanni Reale, (Op.cit. pag. 927 n. 23) come sia del tutto inopportuno rendere Χάος (Chaos) con il termine italiano di "caos" indicando questo uno stato di confusione che nulla ha a che fare con la nozione greca. Lo scoliaste lo indica come kenòn, lo spazio vuoto tra cielo e terra dopo che una possibile unità originaria fu spezzata. D'altronde lo stesso Esiodo lo indica come eghèneto non il principio quindi, ma ciò che da questo per prima appare.
  18. ^ George M. A. Hanfmann, nell'Oxford Classica Dictionary (Oxford University Press, 1970, in italiano Dizionario delle antichità classiche Cinisello Balsamo, Paoline, 1995, pag. 849) nota il collegamento tra questo passo esiodeo e il precedente omerico.
  19. ^ Nota George M. A. Hanfmann, nell'Oxford Classica Dictionary (Oxford University Press, 1970, in italiano Dizionario delle antichità classiche Cinisello Balsamo, Paoline, 1995, pag. 849) come molti studiosi ritengano che in realtà Eros non si limiti ad accompagnare Afrodite, ma può accompagnare qualsivoglia altra divinità quando ciò concerne episodi di amore.
  20. ^ "Desiderio ardente" (Ἵμερος, Himeros). Nota lo scoliaste che mentre Eros nasce dalla vista, Himeros nasce dal sentimento di brama (epythimeìn) dopo aver visto.
  21. ^ Il mito di Narciso e l'interpretazione di Plotino in L'Immagine riflessa, Anno X, 2001, n. 1, pag. 12
  22. ^ Qui intesa come quella vasta area a Nord-Ovest del Dyplon circondata a partire dal VI secolo a.C. dal Muro di Ipparco.
  23. ^ Aten.,13, 609d, da Clitodemo attidografo così riporta«Carmo fu amante di Ippia e fu il primo a innalzare la statua di Eros all'Accademia. L'iscrizione dice: "Eros dai varii inganni, a te quest'altare eresse/Carmo presso gli ombrosi confini del ginnasio». Cfr. Salvatore Rizzo. Op.cit. pag. 432.
  24. ^ Gerard Krüger. Ragione e passione: l'essenza del pensiero platonico. Milano, Vita e Pensiero, 1996, pag. 34
  25. ^ Cfr. 535 segg.
  26. ^

    «Uomini nati nel buio della vostra vita, simili alla stirpe caduca delle foglie, essere fragili, impasto di fango, vane figure d’ombra, senza la gioia delle ali, fugaci come il giorno, infelici mortali, uomini della razza dei sogni, date ascolto a noi: immortali e sempre viventi, creature del cielo, ignari di vecchiezza, esperti di indistruttibili pensieri. Ascoltate da noi tutta la verità sulle cose del cielo e la natura degli uccelli, sull'origine degli dèi e dei fiumi, e dell'Erebo e del Caos. Conoscerete il vero, e da parte mia direte a Prodico di andare alla malora, per l'avvenire. In principio c'erano il Caos e la Notte e il buio Erebo e il Tartaro immenso; non esisteva la terra, né l'aria né il cielo. Nel seno sconfinato di Erebo, la Notte dalle ali di tenebra generò dapprima un uovo pieno di vento. Col trascorrere delle stagioni, da questo sbocciò Eros, fiore del desiderio: sul dorso gli splendevano ali d'oro ed era simile al rapido turbine dei venti. Congiunto di notte al Caos alato nella vastità del Tartaro, egli covò la nostra stirpe, e questa fu la prima che condusse alla luce. Neppure la razza degli immortali esisteva avanti che Eros congiungesse gli elementi dell'universo. Quando avvennero gli altri accoppiamenti, nacquero il cielo e l'oceano e la terra, e la razza immortale degli dèi beati»

  27. ^ Paolo Scarpi. Le religioni dei misteri vol. I, p. 628; sull'attribuzione orfica del passo di Aristofane cfr. anche Giorgio Colli. La sapienza greca vol. 1, p. 394 nota a 4[A 24].
  28. ^ Reyanal Sorel. Orfeo e l'orfismo- morte e rinascita nel mondo greco antico. Salento, Besa Editrice, 2003, p. 52.
  29. ^ Fr. 13
  30. ^ D-K 31 B 19
  31. ^ D-K 31 B 28
  32. ^ D-K 31 B 17, B 22, B 66, B 71
  33. ^ D-K 31 B73, B 75, B 95, B 98.
  34. ^ Werner Jaeger, La teologia... p. 215.
  35. ^ Cfr. 245-249
  36. ^ 203 C-D
  37. ^ Fedro 250 A.
  38. ^ Simposio 206 B.
  39. ^ Simposio 180 D
  40. ^ Simposio 183 D-E
  41. ^ Simposio 210-211
  42. ^ L'anima incarnata nella materia ricorda la bellezza divina quando incontra la bellezza terrena da cui è attratta per la sua ultima natura celeste: in tal senso vanno intesi i "dardi intellettivi". Quindi allo stesso modo di Afrodite celeste (l'Anima universale) che si volge al Nous, le anime colpite dai "dardi intellettivi" si sollevano a contemplare il Bene.
  43. ^ L'amore intellettivo dell'anima individuale corrisponde all'amore dell'Anima universale (Afrodite celeste); ma quando l'amore dell'anima individuale è stimolato dall'Anima del mondo (Afrodite terrena) esso si rivolge ai piaceri sensibili che tuttavia procurano il succedersi delle generazioni, in tal senso va inteso il richiamo ai "salutari consigli del padre".
  44. ^ Cfr. il sistema dei pianeti in Cicerone Somnium Scipionis, IV.

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