Homo heidelbergensis

specie di animali della famiglia Hominidae

Homo heidelbergensis è un ominide estinto vissuto fra 600 000 e 100 000 anni fa.

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Uomo di Heidelberg
Cranio dell'Homo heidelbergensis rinvenuto ad Atapuerca
Stato di conservazione
Fossile
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
SottoregnoEumetazoa
RamoBilateria
SuperphylumDeuterostomia
PhylumChordata
SubphylumVertebrata
InfraphylumGnathostomata
SuperclasseTetrapoda
ClasseMammalia
SottoclasseTheria
InfraclasseEutheria
SuperordineEuarchontoglires
(clado)Euarchonta
OrdinePrimates
SottordineHaplorrhini
InfraordineSimiiformes
ParvordineCatarrhini
SuperfamigliaHominoidea
FamigliaHominidae
SottofamigliaHomininae
TribùHominini
SottotribùHominina
GenereHomo
SpecieH. heidelbergensis
Nomenclatura binomiale
Homo heidelbergensis
Schoetensack, 1908
Sinonimi

Homo erectus heidelbergensis
Homo sapiens (arcaico)
Homo sapiens heidelbergensis

L'albero delle discendenze del genere Homo secondo l'antropologo Chris Stringer misurato in milioni di anni

Il nome è stato attribuito a ritrovamenti fossili precedentemente definiti come Homo sapiens arcaico[1], con particolare riferimento a quelli trovati in Germania presso Heidelberg, nel Baden-Württemberg, sulle rive del fiume Neckar.

Resti di H. heidelbergensis sono stati trovati in Africa, Europa ed Asia occidentale. L'attribuzione alla stessa specie di reperti trovati in India e in Cina è controversa.[2]

Evoluzione e morfologia

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Sia Homo antecessor che H. heidelbergensis discendono probabilmente da Homo ergaster, morfologicamente molto simile e proveniente dall'Africa. Tuttavia H. heidelbergensis aveva una calotta cranica più allargata, con una capacità cranica di circa 1100–1200 cm³, non lontana dal valore di circa 1350 cm³ tipico per l'uomo moderno; questa differenza, assieme al comportamento e all'utilizzo di strumenti più avanzati, lo ha fatto assegnare ad una specie diversa.

Questa specie, rispetto alle altre più strettamente congeneri, era di dimensioni particolarmente sviluppate: dai reperti infatti si pensa a una altezza media di circa 170 cm e ad una corporatura più massiccia per la sua epoca, pari al 90% di quella dell'uomo moderno. Alcuni studiosi ritengono però che fosse solo di poco più alto dell'uomo di Neanderthal (in media 163-164 cm).[3]

Linguaggio

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La morfologia dell'orecchio esterno depone per una sensibilità uditiva simile a quella degli esseri umani moderni e maggiormente complessa di quella dei suoi parenti più stretti: Homo heidelbergensis poteva infatti distinguere le frequenze associate alla parlata umana.[4]

Le analisi delle striature dei denti suggeriscono che gli individui utilizzassero prevalentemente la mano destra. Questa selettività nell'uso della mano è correlata alla lateralizzazione delle funzioni cerebrali, tipicamente associata con lo sviluppo del linguaggio negli individui moderni. Da alcuni autori è stato ipotizzato che questi individui fossero in grado di esprimersi con una forma primitiva di linguaggio,[5][6][7] o che fossero in grado di produrre suoni complessi, facilitando in questo modo la trasmissione di esperienze e la formazione di culture che, sebbene ancora primitive, erano molto più sofisticate di quelle incontrate fino a quel momento.[8]

Altri studiosi ritengono che questi tratti non provino in modo indiscutibile l'esistenza di un linguaggio umano ben strutturato.[6]

Ritrovamenti fossili

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I principali siti dove sono stati trovati resti di Homo heidelbergensis sono:

Reperti controversi provengono dai siti:[2]

  • Gran Dolina in Spagna
  • Dali e Jinnishuan in Cina
  • Narmada in India

Il consolidamento di questa denominazione per indicare determinati ominidi è susseguente agli studi di Eudald Carbonell dell'Università di Tarragona che, insieme ad i suoi collaboratori, ha analizzato i reperti trovati[senza fonte] nel 1992 nella grotta di Gran Dolina, situata nelle colline di Atapuerca (Spagna settentrionale). Infatti nel 1994 una sua spedizione ha portato alla luce un gran numero di utensili di pietra molto semplici, troppo primitivi per essere attribuiti a Homo sapiens. Diversi paleontologi peraltro attribuiscono i fossili di Atapuerca alla specie Homo antecessor, considerata diretta antenata di H. heidelbergensis, che è vissuta nelle stesse aree circa 200 000 anni dopo.

Una prima tesi[senza fonte] è che i resti del sito archeologico di Atapuerca rappresentino il primo tentativo da parte di Homo heidelbergensis di uscire dall'Africa, dove si hanno prove della sua presenza già 600 000 anni fa, e che quindi colonizzando l'Europa avrebbe fatto da progenitore a Homo neanderthalensis, mentre in Africa si evolveva Homo sapiens e in Asia Homo ergaster, di cui potrebbe essere il discendente. Questa tesi farebbe sì che l'H. heidelbergensis sia l'ultimo antenato comune fra noi e Homo neanderthalensis.

Altri studi[senza fonte] condotti nel 2001 sul cranio completo di Atapuerca, insieme ai resti di altri trenta individui, attestano la possibilità che questi ominidi potessero parlare, sebbene a livelli molto elementari. Infatti l'apparato vocale trovato nei resti fossili, per quanto risulti essere meno sviluppato rispetto a Homo sapiens, è sicuramente più complesso rispetto a quello degli scimpanzé.

Alcuni scienziati considerano appartenenti a Homo heidelbergensis anche i due crani ritrovati fra il 1989 ed il 1990 a Yunxian, nella provincia cinese di Hubei[13], sebbene molti altri, compresi gli scopritori, tendano a considerarli resti di Homo erectus.

  1. ^ Aurélien Mounier, François Marchal & Silvana Condemi, Is Homo heidelbergensis a distinct species? New insight on the Mauer mandible, Journal of Human Evolution, Volume 56, Issue 3, March 2009, Pages 219-246 [1] Archiviato il 30 maggio 2020 in Internet Archive.
  2. ^ a b c d (EN) Institute of Human Origins, Homo heidelbergensis, su Becoming Human, 2008. URL consultato il 5 novembre 2017 (archiviato dall'url originale il 29 settembre 2018).
  3. ^ (EN) Scientists Determine Height of Homo Heidelbergensis, su Sci-News, 2012. URL consultato il 5 novembre 2017.
  4. ^ Martínez, I, Rosa, M, Arsuaga, JL, Jarabo, P, Quam, R, Lorenzo, C, Gracia, A, Carretero, JM, Bermúdez de Castro, JM (2004). Auditory capacities in Middle Pleistocene humans from the Sierra de Atapuerca in Spain. Proceedings of the National Academy of Sciences, 101 (27): 9976–81.[2]
  5. ^ E. Carbonell e M. Mosquera, The emergence of a symbolic behaviour: the sepulchral pit of Sima de los Huesos, Sierra de Atapuerca, Burgos, Spain, in Comptes Rendus Palevol, vol. 5, 1–2, 2006, pp. 155–160, DOI:10.1016/j.crpv.2005.11.010.
  6. ^ a b I. Martínez, Human hyoid bones from the middle Pleistocene site of the Sima de los Huesos (Sierra de Atapuerca, Spain) (PDF), in Journal of Human Evolution, vol. 54, n. 1, 2008, pp. 118–124, DOI:10.1016/j.jhevol.2007.07.006, PMID 17804038.
  7. ^ Marina Lozano, Marina Mosquera, José María Bermúdez De Castro, Juan Luis Arsuaga ed Eudald Carbonell, Right handedness of Homo heidelbergensis from Sima de los Huesos (Atapuerca, Spain) 500,000 years ago, in Evolution and Human Behavior, vol. 30, n. 5, 2009, pp. 369–76, DOI:10.1016/j.evolhumbehav.2009.03.001.
  8. ^ Iain Morley, Hominin physiological evolution and the emergence of musical capacities, Music, language, and human evolution, 2012, pp. 109-41.
  9. ^ (DE) Otto Schoetensack, Der Unterkiefer des Homo Heidelbergensis aus den Sanden von Mauer bei Heidelberg. Ein Beitrag zur Paläontologie des Menschen, Lipsia, Verlag von Wilhelm Engelmann, 1908, ISBN 3337198678.
  10. ^ K. Harvati, 100 years of Homo heidelbergensis – life and times of a controversial taxon (PDF), in Mitteilungen der Gesellschaft für Urgeschichte, vol. 16, 2007, p. 85 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
  11. ^ P. Mietto, M. Avanzini & G. Rolandi, Human footprints in Pleistocene volcanic ash. «Nature», 422/2003, p. 133.
  12. ^ M. Avanzini, P. Mietto, A. Panarello, M. De Angelis & G. Rolandi, The Devil's Trails: Middle Pleistocene Human Footprints Preserved in a Volcanoclastic Deposit of Southern Italy, «Ichnos», 15/2008, pp. 179–189.
  13. ^ (EN) AA.VV., Was Homo heidelbergensis in South Asia? A test using the Narmada fossil from central India, The Evolution and History of Human Populations in South Asia, Olanda, Springer, 2007 [22 maggio 2007], pp. 137-170, DOI:10.1007/1-4020-5562-5_7, ISBN 978-1-4020-5561-4.

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