Arbëreshë di Sicilia

popolazione di etnia albanese della regione Siciliana, parte della minoranza etno-linguistica albanese d'Italia
Disambiguazione – Se stai cercando in generale la minoranza etno-linguistica albanese storicamente stanziata in Italia, vedi Arbëreshë.

Gli Arbëreshë di Sicilia (Arbëreshët e Siçilisë[8] in albanese), ossia gli albanesi di Sicilia[9], altrimenti detti siculo-albanesi, sono una popolazione di etnia albanese della regione Siciliana, parte della minoranza etno-linguistica albanese d'Italia. I siculi-albanesi hanno una storia, un patrimonio e un'identità medesima a quella degli albanesi del continente.

Arbëreshët e Siçilisë
Albanesi di Sicilia
Gli insediamenti Albanesi di Sicilia
 
Nomi alternativiSiculo-Albanesi,
Italo-Albanesi,
Arbëreshët e Italisë
Luogo d'origineAlbania (bandiera) Albania[1][2][3][4] Grecia (bandiera) Grecia (pop. albanesi provenienti dall'Epiro/Ciamuria, Attica, Candia e dalla Morea, oggi nell'attuale Grecia)
Popolazione33 000[5][6] (Popolazione etnica: 64.000[7])
Linguaarbëreshe (albanese), italiano
ReligioneCristiano cattolici di rito bizantino · Chiesa Italo-Albanese
(Minoranza: cattolici di rito latino)
Gruppi correlatiArbëreshë, Arvaniti, Albanesi
Distribuzione
Sicilia (bandiera) Sicilia (Provincia di Palermo)33 000[5][6] (Popolazione etnica: 64.000[7])

Essi provengono dall'Albania[10] e da varie regioni albanofone della penisola Balcanica, territori che oggi sono inclusi agli stati attuali di Grecia, Macedonia del Nord, Cossovo, Serbia e Montenegro. La diaspora albanese interesso vari centri dell'isola, dal XV secolo sino al XVIII secolo. La popolazione Albanese d'Italia si stabilì esule in questi territori a seguito della morte dell'eroe nazionale Giorgio Castriota Scanderbeg, che per due decenni aveva respinto l'Impero ottomano, e quindi per scampare alla dominazione turco-musulmana. Da allora i siculo-albanesi vivono in alcuni centri dell'entroterra della Sicilia occidentale, tra i monti Sicani e i monti di Piana degli Albanesi, della città metropolitana di Palermo. Sono numerosi gli albanofoni residenti nella stessa città di Palermo.

Le zone di queste comunità sono tradizionalmente dette Albania di Sicilia[11] o Sicilia albanese[12], da cui le espressioni in uso ancora oggi di "colonie albanesi di Sicilia", "comuni albanesi di Sicilia", "paesi albanesi della Sicilia" e "lingua albanese di Sicilia"[13][14]. Nel loro idioma Arbëria è il nome che definisce la loro "nazione" sparsa nell'isola e nel resto dell'Italia meridionale. Gli albanesi di Sicilia parlano una variante dell'albanese, nota come arbërishtja.

Generalmente rifondarono interamente i loro paesi nei pressi di castelli e casati da lungo tempo totalmente abbandonati e spopolati (es. Mezzojuso), in altri casi ne edificarono interamente di nuovi (es. Piana degli Albanesi). In Sicilia, come nel continente, gli arbëreshë mantennero un loro sistema politico, religioso oltre che linguistico e culturale, conservando una certa autonomia dal territorio circostante. Gli italo-albanesi, continentali e insulari, pur trovandosi geograficamente in località differenti, riconoscono d'esser d'origine di una stirpe e usano definirsi gjaku i shprishur (sangue sparso)[15], termine in uso per definire la loro fratellanza e l'appartenenza ad un unico popolo, quello albanese, sparso sia in Italia che nel mondo.

Nel corso dei secoli sono riusciti a mantenere e a sviluppare la propria identità albanese grazie alla loro caparbietà e al ruolo culturale esercitato dai propri istituti religiosi di rito bizantino (o greco). Gli albanesi di Sicilia compongono la Chiesa cattolica italo-albanese, la quale Eparchia di Piana degli Albanesi rappresenta una delle tre sedi ecclesiastiche; e ad essa va la cura della popolazione arbëreshe che in gran parte conserva il rito orientale. Esiste una forte vitalità culturale nei siculo-albanesi e una ferma determinazione a difendere il patrimonio che i loro Padri hanno saputo difendere e trasmettere lungo questi cinque secoli di permanenza in Sicilia[16].

Etnonimo

La popolazione albanese di Sicilia, al pari di quelli italo-albanesi del continente, usa chiamarsi o definirsi arbëreshë nella lingua albanese natia con cui si riconoscono[17], etnonimo che significa appunto albanese[18]. Talvolta, sono stati erroneamente chiamati dai litint, ovvero lett. i latini, i siciliani cattolici di rito romano o latino, con l'appellativo "greco-albanesi"[19] o addirittura semplicemente "greci", a causa della loro appartenenza religiosa al rito bizantino, in passato noto come "rito greco"[20] (allorquando confusi con la gente greca dai "latini"/romani per la lingua greca utilizzata nel rito bizantino professato o tuttalpiù per indicare l'appartenenza all'aspetto religioso di questi, greco/orientale e non romano/occidentale[18][21]).

In ambito siciliano, sulla base di questo appellativo spesso dispregiativo per indicare persone albanesi, veniva detto: Si viri un grecu e un lupu, lassa lu lupu e tira a lu grecu (Se vedi un albanese ed un lupo, lascia stare il lupo e spara all'albanese)[22], la cui pronta risposta degli albanesi era: Derr e litì, mos i vurë ndë shpì se të çajën poçe e kuzi (Maiale e siciliano, non li entrar a casa che ti rompono piatti e pignate). Gli italo-albanesi chiamano infatti litì (latini) i forestieri e le famiglie provenienti dalle località siciliane.

Seppure secondo alcuni studi, in particolare gli arbëreshë di Contessa Entellina mostrerebbero una componente genetica simile a quella dei greci moderni[23][24], il fatto è facilmente spiegabile nell'alto numero di greci-arvaniti o di origine tale della Grecia attuale, e che appunto alcuni dei coloni esuli in questa cittadina dopo il 1521, fossero circa cento famiglie arvanite provenienti da Andro[25], isola già popolata da popolazioni albanesi (arbërorë).

Prima della conquista del Regno d'Albania da parte dell'Impero ottomano (1478) sino a certo il XVIII secolo, il popolo albanese si identificava con il nome di arbëreshë o arbërorë, prendendo origine dal termine Arbër/Arbëri[26] con il quale s'individuava la nazione albanese[27], e venivano indicati dai bizantini col nome di arbanon, aλβανοί o aλβανῖται in greco, albanenses o arbanenses in latino[28].

A seguito dell'invasione turca, al disfacimento dell'Impero bizantino e dei Principati albanesi, molti albanesi, per la libertà e per sottrarsi al giogo turco-ottomano, giunsero in Italia[29]. Da allora, in diaspora, continuarono a identificarsi come arbëreshë, diversamente dai fratelli d'Albania, che assunsero l'etnonimo shqiptarë (da "shqip", ovvero coloro che "pronunciano, parlano bene [l'albanese]"), seppure la denominazione originaria con la radice arbër o arben sopravvive ancora, per quanto poco usata, fra gli albanesi cattolici del nord. (Arbëresh sing. maschile, Arbëreshë pl. maschile, Arbëreshe sing. e pl. femminile[30], da cui Arbëria).

Distribuzione geografica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Arbëria e Comuni dell'Arberia.
 
Cartina delle colonie Albanesi di Sicilia, Museo Nazionale Giorgio Castriota Scanderbeg, Kruja (Albania)
 
Le colonie Albanesi di Sicilia
 
Colonie Albanesi di Sicilia della provincia di Palermo (cfr. linee tratteggiate in orizzontale)
 
Mappa dei comuni albanesi di Sicilia appartenenti all'Eparchia di Piana degli Albanesi

Gli albanesi di Sicilia sono quelli stanziati più a sud degli insediamenti italo-albanesi e i più lontani geograficamente dall'Albania e dai Balcani.

La comunità è composta da cinque centri, tutti in provincia di Palermo, tuttavia solo tre cittadine hanno conservato la lingua (Contessa Entellina, Piana degli Albanesi e Santa Cristina Gela), mentre negli altri due la lingua e la cultura originaria è estinta, essendo stati assimilati culturalmente da quella circostante e quindi caratterizzate da una marcata eredità storica e culturale arbëreshe (Mezzojuso/Munxifsi e Palazzo Adriano/Pallaci). Nelle suddette comunità, però, si è mantenuto il rito bizantino, elemento religioso ed etnico che ricorda l'origine albanese.

Da tempo altre comunità di fondazione albanese, quali Biancavilla, Bronte e San Michele di Ganzaria della provincia di Catania, e Sant'Angelo Muxaro della provincia di Agrigento, hanno perso la lingua, la cultura e il rito religioso.

Le comunità albanesi di Sicilia hanno duplice nomenclatura ufficiale: in albanese e in italiano. In alcuni casi esistono denominazioni non ufficiali in dialetto, utilizzati prettamente dagli individui non arbëreshë.

Una nutrita comunità di arbëreshë, 15.000 battezzati registrati alla Parrocchia Italo-Albanese di San Nicolò dei Greci alla Martorana, vive nella città di Palermo. Nel resto del mondo, in seguito alle migrazioni del XX secolo in paesi come il Canada, Stati Uniti, Argentina e Brasile, esistono forti comunità che mantengono vive la lingua e le tradizioni albanesi.

Comunità albanesi di Sicilia

  Palermo

Nome italiano Nome albanese Abitanti Anno di fondazione lingua Rito Note Foto
 
Contessa Entellina
Kuntisa 1.610 1450 albanese bizantino - Prima colonia albanese fondata,
mantiene la lingua albanese, il rito bizantino e la cultura d'origine. I costumi sono stati ripresi su modello di quelli in uso a Piana degli Albanesi e su esempi dai pochi documenti e fonti storiche.
 
 
Piana degli Albanesi
Hora e Arbëreshëvet 5.963 1488 albanese bizantino - Comunità arbëreshe di Sicilia più grande e popolosa,
mantiene la lingua albanese, il rito bizantino, i costumi tradizionali, gli usi e la cultura d'origine.
 
 
Santa Cristina Gela
Shëndastina 986 1747 albanese latino - Più piccola e giovane comunità albanese di Sicilia,
mantiene la lingua albanese e si conservano gli abiti tradizionali (che sono nel modello di Piana degli Albanesi, luogo da cui ha avuto origine la colonia). Il rito bizantino è decaduto[31].
 

Comunità d'origine albanese osservanti il rito bizantino

Le comunità di Mezzojuso e Palazzo Adriano, in provincia di Palermo, sono da considerarsi un caso particolare, dal momento che, pur avendo perso la lingua albanese e i costumi d'origine, hanno mantenuto il rito greco-bizantino, peculiare pilastro - insieme con lingua e costumi - dell'identità albanese della diaspora. In alcuni casi familiari si è mantenuta la memoria storica e un senso di appartenenza con l'Albania e il popolo albanese arbëresh.

Venuta meno la diversità linguistica, l’identità etnica albanese è percepita nella diversità liturgica. La storia del suo popolo ha lasciato segni tangibili nei monumenti e nelle opere d’arte che ornano i due centri e nelle tradizionali manifestazioni religiose. Oggi vi è la compresenza di due popoli, l’albanese (per i siciliani il "greco", ovvero il [di rito] bizantino, arbëreshi in albanese) e il siciliano (per gli albanesi il "latino", litiri in albanese) che convivono pacificamente, seppur fino anche a tempi recentissimi ha portato ad aspri scontri etnico-religiosi[32].

Nome italiano Nome albanese Abitanti Anno di fondazione lingua Rito Note Foto
 
Mezzojuso
Munxifsi 2.809 1501 italiano[33] bizantino - Colonia di origine albanese,
mantiene il rito bizantino. Conserva tradizioni varie albanesi.
 
 
Palazzo Adriano
Pallaci 1.732 1482 italiano[33] bizantino - Colonia di origine albanese, mantiene il rito bizantino. Conserva tradizioni varie albanesi. Pochi costumi sono stati riprodotti su modello e fantasia di quelli antichi dipinti da Jean Houël.  
Altre comunità d'origine albanese

Furono fondate da esuli albanesi Biancavilla, Bronte, San Michele di Ganzaria (CT) e Sant'Angelo Muxaro (AG), ma persero le loro caratteristiche etno-linguistiche molto presto (intorno al XVII secolo).

  Agrigento
Nome italiano Nome albanese Abitanti Anno di fondazione Lingua Rito Note Foto
 
Sant'Angelo Muxaro
Shënt' Ëngjëlli Mushkarrë 1.270 1506-1511 italiano latino † Comunità estinta.  
  Catania
Nome italiano Nome albanese Abitanti Anno di fondazione Lingua Rito Note Foto
 
Biancavilla
Callicari 23.736 1488-1501 italiano latino † Comunità estinta. Chiamata già "Casale dei Greci" e "Albavilla". Influenza albanese nel dialetto siciliano parlato; presenza di cognomi albanesi. In alcune occasioni particolari i sacerdoti delle colonie albanesi di Palermo vi si recavano per le ufficiature bizantine[34][35][36]. Da recente è svolta annualmente una rievocazione storica in memoria delle antiche origini albanesi[37][38].  
 
Bronte
Brontë 18.746 1468-1500 italiano latino † Comunità estinta. Presenza di cognomi di provenienza albanese e numerose parole di origine albanese. Residui di culto orientale nell'architettura mariana dell'Odigitria.  
 
San Michele di Ganzaria
Shën Mikelli 3.168 1534 italiano latino † Comunità estinta.  

Immigrazione albanese nelle comunità albanesi di Sicilia

 
Tifosi albanesi (arbëreshë e shqiptarë) a Palermo, per la partita Italia-Albania del 2017

Con la caduta del regime comunista d'Albania (1990), una florida comunità albanese di recentissima immigrazione convive ed è bene integrata nel tessuto sociale delle comunità siculo-albanesi (a Contessa Entellina, Mezzojuso, Santa Cristina Gela, Piana degli Albanesi in modo particolare), con la creazione di una comunità di arbëreshë che raccoglie al suo interno un nucleo radicato di shqiptarë[39][40].

Tra il 1997 e il 2002 il Comune e l'Eparchia di Piana degli Albanesi hanno dato accoglienza e aiuto agli albanesi del Kosovo colpiti dalla guerra. Ancora oggi sono rilevanti i trasferimenti di nuclei familiari albanesi d'Albania nelle comunità albanesi di Sicilia, casi di matrimoni fra arbëreshë e shqiptarë e conversioni nel Cristianesimo[41][42].

Storia

 
La venerata immagine dell'Odigitria, portata dall'Albania nel XV secolo dagli esuli albanesi in Piana degli Albanesi (copia)
(AAE)

«O mburonjë e Shqipërisë Virgjëreshëz e dëlirë, Mëma e lartë e Perëndisë Çë na jep këshillë të mirë; Ti, çë ruajte Gjyshrat tanë Të mos zbirjën shejten besë, Te ku ndodhen edhe janë, Arbëreshvet kij kujdes. Sot edhe si kurdoherë një dëshirë ka zëmbra jonë, arbëresh e të krështerë të qëndrojmë për gjithmonë. Sa t'i falemi t'in Zoti Po me gluhën çë na dha, Po si i falej Kastrioti E gjëria nga zbresjëm na.»

(IT)

«O protettrice dell'Albania Piccola vergine pura, Alta madre di Dio Che ci dai buoni consigli; Tu, che hai protetto i nostri Avi, Perché non perdessero la fede, Ovunque si trovino e siano, Proteggi gli Albanesi. Oggi come prima un desiderio ha il cuor nostro, albanesi e cristiani di rimaner sempre. Adoriamo Iddio Con la lingua che ci ha dato, Così come lo adorava Kastriota E la stirpe da cui discendiamo.»

Dopo il 1468, anno di morte di Giorgio Castriota Scanderbeg, ebbe inizio la disfatta della resistenza albanese, che strenuamente aveva combattuto l'invasione ottomana. In maniera massiccia una grande migrazione portò numerosi esuli albanesi a stabilirsi in Italia, sia nel Regno di Napoli che nel Regno di Sicilia. L'invasione della penisola balcanica da parte dei turchi ottomani nel XV secolo costrinse così numerose famiglie a cercare rifugio nelle vicine coste della Sicilia e dell'Italia meridionale.

Con le emigrazioni dall'Albania del 1448, del 1461, del 1468, del 1478, del 1482, del 1491 e del 1534, che aprì la cosiddetta diaspora del popolo albanese, un'ulteriore ondata migratoria, da territori abitati da albanesi (quelli oggi detti arvaniti dai greci) della zona veneziana della Morea, si ebbe tra il 1500 e il 1534 (ecco spiegarsi come gli arbëreshë di Sicilia - in particolare a Contessa Entellina, meta nel 1521 dell'esodo di circa cento famiglie arbëror dall'isola di Andros[25] mostrano una componente genetica riferibile alla Grecia d'oggi, in quanto comune a quelle popolazioni di lingua greca ma di origine arvanitas[23][24]).

Molti impiegati come mercenari dalla Repubblica di Venezia, gli arbëreshë dovettero evacuare le colonie del Peloponneso con l'aiuto delle truppe di Carlo V, ancora a causa della costante invasione turca. Carlo V stanziò questi soldati in Italia meridionale, per rinforzarne le difese proprio contro la minaccia degli Ottomani. Stanziatisi in villaggi isolati (il che permise loro di mantenere inalterata la propria identità e cultura fino ad oggi), gli arbëreshë divennero tradizionalmente soldati del Regno di Napoli, del Regno di Sicilia e della Repubblica di Venezia, dalle guerre di religione tra cristiani e musulmani fino all'invasione napoleonica.

 
Il venerabile P. Giorgio Guzzetta (1682 – 1756), si prodigò assiduamente nella difesa del rito e dell'identità propria

Gli esuli albanesi, provenendo dall'oriente cristiano, erano di tradizione ortodossa - posti sotto la giurisdizione del patriarcato ecumenico di Costantinopoli - ma riconoscenti del papato, in quanto essi erano reduci dal Concilio di Firenze, che riuniva nuovamente le due Chiese d'Oriente e d'Occidente. Per qualche tempo dopo il loro arrivo, gli albanesi furono affidati al metropolita di Agrigento, nominato dall'arcivescovo di Ocrida, con il consenso del Papa. Dopo il concilio di Trento le comunità albanesi vennero poste sotto la giurisdizione dei vescovi latini del luogo, determinando, così, un progressivo impoverimento della tradizione bizantina. Fu in questi anni che molti paesi albanesi si videro costretti ad abbandonare il rito bizantino. Oggi gli albanesi d'Italia, gli arbëreshë, conservano tradizione, struttura e liturgia ortodossa, ma sono in comunione con il Papa. La lingua utilizzata nelle liturgie è il greco, utilizzata perlopiù nelle occasioni più solenni (derivante dall'antica tradizione di utilità pratica, sino al XV secolo, secondo cui per l'oriente la lingua veicolare generale per tutti i popoli era il greco e per l'occidente il latino), e l'albanese, utilizzata abitualmente nelle comunità in cui la lingua viene ancora parlata.

L'ondata migratoria dalla Sicilia verso l'America negli anni tra il 1900 e il 1910 ha causato quasi un dimezzamento della popolazione dei paesi arbëreshë e ha messo la popolazione a rischio di scomparsa culturale, nonostante la recente rivalutazione.

Lingua

  Lo stesso argomento in dettaglio: Lingua arbëreshe.
 
Cartelli stradali bilingue, in italiano e in albanese, a Contessa Entellina
Albanese
Arbërisht
Parlato inSicilia
Locutori
Totale30.000
Altre informazioni
TipoSVO
Tassonomia
FilogenesiLingue indoeuropee
 Albanese
  Toskë
Statuto ufficiale
Ufficiale inlingua comunale a Contessa Entellina, Mezzojuso, Palazzo Adriano, Piana degli Albanesi, Santa Cristina Gela (PA)
Regolato daCattedra di Lingua e Letteratura Albanese dell'Università degli studi di Palermo, Eparchia di Piana degli Albanesi, Enti e Biblioteche comunali
Codici di classificazione
ISO 639-1sq
ISO 639-2(B)alb, (T)sqi
ISO 639-3AAE (EN)
 
Tabella bilingue, in italiano e in albanese, a Santa Cristina Gela
 
Cartelli stradali bilingui, in italiano e albanese, a Piana degli Albanesi

La lingua albanese (gluha arbëreshe) parlata delle comunità albanesi in Sicilia è la variante albanese toskë parlato nell'Albania centro meridionale. Dal secondo XXI secolo la lingua della minoranza arbëreshe ha subito sempre più, a causa dei nuovi media, l'influenza dell'italiano, e si va incontro oggi al rischio sempre costante della sua scomparsa linguistica, specialmente nel comune di Contessa Entellina.

L'albanese parlato in Sicilia è comune alla lingua parlata dagli altri albanesi in Italia (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia), e un albanese di Sicilia riesce a comunicare senza grossi problemi con un altro di diversa regione, ma non vi è un arbëreshë letterario comune a cui ricorrere. Ad esempio, qualora si incontrino due italo-albanesi uno della Sicilia e uno del Molise, in questo caso ciascuno di essi userà la propria parlata[45]. Non è più raro oggi che, per rimpiazzare parole inesistenti nell'albanese antico, sia utilizzato l'albanese standard parlato in Albania e nei territori albanofoni dei Balcani, come Kosovo, Macedonia, Grecia, Montenegro, ecc, così come avevano fatto studiosi e linguisti nei secoli precedenti (Demetrio Camarda, Nicolò Chetta, Nicola Figlia, Giuseppe Schirò, Gaetano Petrotta, Gjergji Schirò)

A partire dai primi decenni del secondo dopoguerra, con la stessa accelerazione dell'italianizzazione della Sicilia, la lingua delle comunità siculo-albanesi è stata seriamente minacciata da un costante processo di assimilazione e da un progressivo passaggio alla diglossia italiano-arbëreshë con l'arbëreshë in posizione sempre più subordinata. Inoltre, le forti pressioni omologatrici in corso, esercitate dalla globalizzazione attraverso i nuovi sistemi tecnologici di comunicazione, sono divenute ancora più aggressive con rischi ulteriori per la sopravvivenza delle peculiarità culturali e linguistiche della comunità arbëreshë di Sicilia.

Da qui la necessità e l'imprenscindibilità di una battaglia culturale sempre più impegnativa e costante. Una battaglia iniziata nel 1950 con la presentazione del primo progetto di legge per l'insegnamento della lingua arbëreshe nella scuola elementare nei comuni arbëreshë della Sicilia.

Gli albanesi in Italia sono stati riconosciuti dallo Stato italiano come minoranza etnica linguistica il 15.12.1999, in base alla legge-quadro n.482. Solo recentemente ha quindi ottenuto il riconoscimento giuridico a livello europeo, nazionale e regionale come minoranza linguistica, con la possibilità di insegnare nelle scuole primarie e secondarie la propria lingua albanese, oltre il suo utilizzo ufficiale in luoghi dell'amministrazione pubblica, biblioteche, banche, ecc.

L'amministrazione comunale di Piana degli Albanesi utilizza da decenni cartelli stradali e documenti ufficiali in lingua albanese, affiancata all'italiano. La lingua albanese in questo comune è pienamente riconosciuta e utilizzata come lingua ufficiale nell'ambito delle amministrazioni locali e delle scuole dell'obbligo, ed è storicamente utilizzata come lingua principale dalle istituzioni religiose.

La lingua albanese è molto utilizzata nelle comunità di Piana degli Albanesi e Contessa Entellina anche in radio private (es. Radio Hora, Radio Jona, Radio Kuntisa) e in alcune riviste e periodici (es. Fiala e t'In Zoti, Lajmtari i Arbëreshvet, Jeta Arbreshe, Mondo Albanese, Biblos, Mirë Ditë).

Note sulla lingua

Tra le parlate dei tre paesi albanofoni di Sicilia, seppur non accentuate, esistono delle piccole variazioni. La lingua albanese parlata a Santa Cristina Gela e Piana degli Albanesi è pressoché identica, sia per il lessico e la sintassi che per la pronuncia. Da sottolineare qualche vocabolo in uno dei due paesi, ormai dimenticato o sostituito da un sinonimo o da un inopportuno italianismo, che si mantiene meglio. Le differenze eventuali vi sono tra le parlate di questi due centri e quella di Contessa Entellina.

1. Pronuncia della "l"
La lettera "elle" in albanese ha lo stesso suono delle "elle" italiana. Nella parlata di Piana degli Albanesi e S. Cristina Gela si mantiene questo suono, come per esempio nelle parole "lule" (fiore), "kal" (cavallo), "lis" (quercia). Nella parlata di Contessa Entellina (come anche in molti centri albanesi della Calabria) essa assume, invece, un suono corrispondente all'italiano "gl" nelle parole "aglio", "foglio", "paglia", e poiché in albanese questo suono viene scritto "lj", la corretta scrittura della parola albanese "lule" nella variante di Contessa Entellina è "ljulje". Quindi essendo "lj" albanese uguale a "gl" italiano: a Piana degli Albanesi e S. Cristina Gela si dirà lule, kal, mal, fjalë, dal, Palermë, ngul, gjel, lopa; a Contessa Entellina invece ljulje, kalj, malj, fjaljë, dalj, Paljermë, ngulj, gjelj, ljopa.

 
Il canto/inno "O mburonjë e Shqipërisë" (O scudo dell'Albania), Giuseppe Schirò, Canti Tradizionali ed altri Saggi delle Colonie Albanesi di Sicilia, Napoli 1907.

2. Pronuncia della "ll"
In Albania, Kosova e altri paesi albanofoni dei Balcani essa suona come la doppia "elle" italiana, come anche a Contessa Entellina, mentre a Piana degli Albanesi e Santa Cristina Gela assume un suono gutturale che non ha un corrispondente in italiano ed è difficile trovarlo in alcuna altra lingua del mondo. Per questo motivo è difficile trovare un segno che esprima bene il suo suono. Si è convenuto, comunque, che, qualora si voglia scrivere questa consonante nella sua variante di Piana degli Albanesi, la si scriva col segno "gh" che riscontriamo nelle parole "moghë" (mela), "ghav" (rimprovero) ecc. Quindi a Piana degli Albanesi si dirà: i hoghë, ghav, miegh, e dieghja, Saghia (Rosalia), baghë (fronte); a Contessa Entellina invece: i hollë, llav, miell, e diellja, Sallia, ballë[46].

Albania Lule Mollë
Piana degli Albanesi Lule Moghë (scritto mollë)
Contessa Entellina Ljulje Mollë

Proverbi e modi di dire

Esistono numerosi proverbi e modi di dire propri delle colonie albanesi di Sicilia che riguardano o nominano i suoi abitanti, tra cui:

  • Kuntisa Pisa, Pallaci Parrajsi, Sheshi një batì, Munxifsi varr i zì
    (Contessa Entellina Inferno, Palazzo Adriano Paradiso, Piana degli Albanesi una badia, Mezzojuso tomba nera);
  • Kuntisjotët kljan, Munxifsjarët beljbësonjën/nanfarusjën, Pallacjotët bumbullisnjë, e Shesharët tronjën/rrojën
    (I Contessioti piangono, i Mezzojusari balbettano, i Palazzioti tuonano, e i Pianoti bestemmiano/vivono)[47]

Letteratura

 
Gabriele Dara Junior (1826 – 1885)

Il rapporto dell'arbëresh è di diretta e rilevante partecipazione nella nascita della lingua scritta e letteraria albanese. La storia della minoranza linguistica albanese d'Italia, compresa quella in Sicilia, presenta caratteristiche singolari e, per molti aspetti uniche, rispetto alle tradizioni linguistiche-letterarie delle altre minoranza esistenti in Italia. Le comunità albanesi d'Italia hanno mantenuto uno stretto legame interiore con la propria lingua e i propri costumi. Il sentimento di appartenenza a una comunità più ampia, anche a differenza della religione e costumi, è stata cementata prima di ogni altra cosa dalla comunanza della lingua. La tradizione linguistica-letteraria arbëreshë si intreccia così con la storia della lingua albanese.

 
Giuseppe Schirò (1865 – 1927)

La letteratura arbëreshe nasce nell'ultimo quarto del XVI secolo, con la pubblicazione a Roma presso il Collegio Greco, ad opera del papàs Luca Matranga (1567-1619), di Piana degli Albanesi, della traduzione dal latino all'albanese della "Dottrina Cristiana" del gesuita Diego Ladesma: E Mbsuame e Chraesterae [E Mbësuame e Krështerë] (1592).

 
Cristina Gentile Mandalà (1856 – 1919)

Nei secoli XVII-XVIII si osserva un generale risveglio della vita culturale nelle comunità albanesi, soprattutto della Sicilia; gli intellettuali, per lo più di formazione ecclesiastica, cominciano ad interessarsi del passato storico della madrepatria, raccolgono le testimonianze del loro folklore, dati e fatti concernenti le loro tradizioni, gli usi e i costumi. Altro fenomeno rilevante in questo periodo storico è il fiorire, in campo letterario, di una poesia popolare nella forma e religiosa nell'ispirazione, che pur non avendo nessuna pretesa artistica, divenne un genere molto diffuso e popolare ed entrò a far parte del folklore tradizionale. Si ricordano: padre Nilo Catalano (1637-1694) di Mezzojuso, papàs Giuseppe Niccolò Brancato (1675-1741) di Piana degli Albanesi, padre Giorgio Guzzetta (1682-1756) di Piana degli Albanesi, papàs Paolo Maria Parrino (1711-1765), papàs Nicolò Figlia (1693-1769) di Mezzojuso, papàs Nicola Chetta (1740-1803) di Contessa Entellina.

 
Papàs Gaetano Petrotta (1882 – 1952)

Nel XIX secolo fiorisce una letteratura di grande impegno politico e civile: Emmanuele Bidera (1784-1858), Mons. Giuseppe Crispi (1781-1859), autore di una delle prime monografie sulla lingua albanese: "Memoria sulla lingua albanese" (1831)[48], Mons. Pietro Matranga (1807-1855), Gabriele Dara Junior (1826-1885) di Palazzo Adriano, autore del poema epico "Kënga e sprasëme e Ballës" - L'Ultimo Canto di Bala" (1900), Giuseppe Spata (1828-1901), Francesco Crispi Glaviano (1852-1933), autore del poema epico "Mbi Malin e Truntafilevet" - Sul Monte delle Rose (1963), Antonino Cuccia (1850-1938), Giuseppe Schirò (1865-1927), autore di "Rapsodie Nazionali" (1887), "Mili e Hajdhia" (1891), "Kënkat e luftës" - I canti della battaglia (1897), "Te dheu i huaj" - In terra straniera (1900), "Këthimi" - Il ritorno (1964), papàs Demetrio Camarda (1821-1882), autore di Saggio di Grammatologia Comparata sulla lingua albanese (1864), Giuseppe Camarda (1831-1878), Cristina Gentile Mandalà (1856-1919), Trifonio Guidera (1873-1936), Mons. Paolo Schirò (1866-19419), papàs Gaetano Petrotta (1882-1952), padre Nilo Borgia (1870-1942), papàs Marco La Piana (1883-1958).

Anche la letteratura italo-albanese contemporanea di Sicilia, partire dagli anni '50 fino ai giorni nostri, è molto florida. Dal dopoguerra si ha un'attenzione sempre crescente per un risveglio culturale e per la valorizzazione della presenza albanese d'Italia. Accanto alla consueta presenza del motivo della diaspora, si affiancano motivi legati all'attualità e a temi esistenziali di valore universale, presenti nell'ambiente culturale esterno. Tra i più rappresentativi vi sono: di Contessa Entellina Leonardo Lala Narduci (1906 – 2000), di Piana degli Albanesi papàs Gjergji Schirò (1907–1992), Giuseppe Schirò di Modica (1938-2020), Giuseppe Schirò di Maggio (1944), Pasquale Renda (1955–2014), Giuseppina Demetra Schirò (1970), di Santa Cristina Gela Zef Chiaramonte Musacchia (1946)[49].

Religione

 
Il territorio dell'Eparchia di Piana degli Albanesi (in nero la cattedrale e la concattedrale)

Fin dall'inizio gli arbëreshë di Sicilia diedero prova di fedeltà alla Sede apostolica, che però ebbe problemi col riconoscere queste comunità di rito bizantino. Questi rapporti tesi con le comunità cattoliche di rito bizantino, o rito greco come noto più in passato, diedero occasione a papa Clemente VIII di approvare un'istruzione che limitava fortemente l'attività religiosa degli italo-albanesi (31 maggio 1595). I provvedimenti furono confermati da papa Benedetto XIV con la bolla Etsi pastoralis del 26 maggio 1742.

 
Un sacerdote italo-albanese di rito bizantino (noto col titolo albanese zoti prifti o papàs) mentre benedice le uova rosse pasquali

Nel corso dei secoli gli albanesi di Sicilia sono riusciti a mantenere e a sviluppare la propria identità grazie al ruolo culturale esercitato dai propri istituti religiosi di rito bizantino-greco con sede in Sicilia[50]: fra i principali, il "Monastero basiliano" di Mezzojuso (1608), l'"Oratorio" per l'educazione dei sacerdoti celibi (1716) ed il "Collegio di Maria" (1733) per la formazione delle giovani donne arbëreshe, questi entrambi in Piana degli Albanesi, e il "Seminario Italo-Albanese" di Palermo (1734).

L'importante Seminario italo-albanese di Palermo diede l'opportunità di formare un clero arbëresh nel solco della propria tradizione orientale, ma nel tempo stesso fedele alla gerarchia siciliana. Quest'opera di conciliazione fu fortemente voluta dal venerabile padre Giorgio Guzzetta. La chiesa locale ha da sempre riunito gli italo-albanesi.

Tuttavia, a causa delle pressioni della chiesa latina e motivi strettamente personali, la piccola comunità di Santa Cristina Gela è passata al rito latino, mantenendo solo in alcuni momenti di festa il rito bizantino d'origine.

Il 26 ottobre 1937 la bolla Apostolica Sedes di papa Pio XI segnò l'erezione dell'Eparchia di Piana dei Greci, con giurisdizione sui fedeli di rito bizantino di Sicilia. Il 25 ottobre 1941 l'eparchia assunse il nome attuale.

L'Eparchia di Piana degli Albanesi è una sede della Chiesa cattolica italo-albanese di rito orientale immediatamente soggetta alla Santa Sede e appartenente alla regione ecclesiastica Sicilia. L'eparchia è stata affidata all'amministrazione apostolica degli arcivescovi di Palermo, sotto l'aiuto di un eparca (vescovo) ausiliare interno fino al 1967, anno in cui fu retto autonomamente dal primo eparca.

L'Eparchia di Piana degli Albanesi comprende i comuni di matrice albanese: Piana degli Albanesi, Contessa Entellina, Mezzojuso, Palazzo Adriano, Santa Cristina Gela, più la parrocchia di San Nicolò dei Greci alla Martorana di Palermo per i fedeli italo-albanesi residenti in città.

Nel 2004 contava 28.500 battezzati su 30.000 abitanti. Dal 19 giugno 2023 è amministratore apostolico di Piana degli Albanesi il cardinale Francesco Montenegro.

Suddivisione ecclesiastica

Eparchia di Piana degli Albanesi

 
Stemma dell'Eparchia di Piana degli Albanesi
 
La Cattedrale dell'Eparchia
  • Sicilia, Provincia di Palermo:
    • Piana degli Albanesi (Sede dell'Eparchia), San Demetrio Megalomartire (Cattedrale), S. Giorgio Megalomartire, SS. Maria Odigitria, S. Vito [di rito latino, già bizantino], SS. Annunziata, S. Antonio il Grande
    • Contessa Entellina, SS. Annunziata e S. Nicolò (Chiesa Madre), Maria SS. delle Grazie o della Favara [di rito latino, già bizantino], Maria SS. Regina del Mondo
    • Mezzojuso, S. Nicolò di Mira (Chiesa Madre), Maria SS. Annunziata [di rito latino, già bizantino]
    • Palazzo Adriano, Maria SS. Assunta (Chiesa Madre), Maria Santissima del Lume [di rito latino, già bizantino]
    • Santa Cristina Gela, S. Cristina [di rito latino, già bizantino]
    • Palermo, S. Nicolò dei Greci alla Martorana (Concattedrale)[51].

Note

  1. ^ I primi albanesi giunti in Sicilia erano stradioti, militari dei vari Principati d'Albania al servizio degli Aragona. Dopo la prima ondata migratoria immediatamente seguente la morte dell'eroe Giorgio Castriota, detto Scanderbeg, la seconda ondata migratoria albanese - che hanno avuto luogo soprattutto nella seconda metà del XV secolo - fu caratterizzata da esuli provenienti dalle zone veneziane della Morea, l'attuale Peloponneso, abitato sin dal XII sec. da popolazioni albanesi che dall'Albania si spostarono più a sud. Esse, pur radicate nel territorio, formarono colonie albanesi che ancora oggi esistono (per saperne di più: Papàs Antonio Bellusci, Schegge di vita arberora : studio-dossier sugli albanesi in Grecia, Centro ricerche socio-culturali G. Castriota, Cosenza 1984 - Papàs Antonio Bellusci, Ricerche e studi tra gli arberori dell'Ellade; introduzione di Aristidhis Kolljas, prefazione di Gjovalin Shkurtaj, Centro ricerche socio-culturali G. Castriota, Cosenza 1994).
  2. ^ Francesco Giunta et al., in Matteo Mandalà (a cura di), Albanesi in Sicilia (PDF) (monografia), su unibesa.it. URL consultato il 6 gennaio 2017 (archiviato dall'url originale il 12 novembre 2016).
  3. ^ Paolo Petta, Despoti d'Epiro e principi di Macedonia. Esuli albanesi nell'Italia del Rinascimento, Ed. Argo, 2000.
  4. ^ Salvatore Petrotta, Albanesi di Sicilia. Storia e cultura, ESA, Palermo 1966.
  5. ^ Annuario diocesano, Eparchia di Piana degli Albanesi, Palermo 1970.
  6. ^ Adam Robert Yamey, From Albania to Sicily, Londra, 2014, p. 61. URL consultato il 5 giugno 2017.
  7. ^ Guzzardi, Arbëria. Mappa., su guzzardi.it. URL consultato il 5 giugno 2017 (archiviato dall'url originale il 23 febbraio 2008).
  8. ^ In uso anche le varianti meno letterarie Arbëreshët e Siçilljës o Arbëreshët e Siqilisë.
  9. ^ Eros Capostagno, Gli Albanesi di Sicilia, su oocities.org. URL consultato il 12 gennaio 2017.
  10. ^ ALBANESI d'Italia, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 23 settembre 2022.
  11. ^ La Sicilia Albanese, di Francesco Bonasera, in "Bollettino della Società Geografica italiana Roma" - Ser. XI, vol. II, 1985, pp. 309-320.
  12. ^ Giuseppina Li Cauli, Leda Melluso, Storie albanesi di Sicilia. Conversazione con un'arbëreshe, Istituto Poligrafico Europeo, Palermo 2015.
  13. ^ Queste espressioni si possono trovare spesso nelle poesie e nei testi letterari colti, così come in saggi, studi e guide sulla lingua e i costumi degli albanesi di Sicilia e, in generale, degli albanesi. Da ricordare, tra gli studiosi, Zef Valentini (1900 – 1979), noto albanologo e bizantinista, che spesso utilizzava l'espressione Lembo d'Albania in Sicilia all'Università di Palermo o al Royal Institute of the Albanian Studies (Instituti Mbretnuer i Studimeve Shqiptare), l'istituto predecessore dell'Accademia delle Scienze d'Albania.
  14. ^ Guide Rosse, Albania, su books.google.it. URL consultato il 6 gennaio 2017.
  15. ^ Revue des études sud-est européennes, Volume 16, Academia Republicii Socialiste România, Academia Republicii Populare Romîne
  16. ^ ALBANIA NEWS: Piana degli Albanesi, dal 1488 una comunità albanese nel cuore della Sicilia.
  17. ^ Franca Pinto Minerva, L'alfabeto dell'esclusione: educazione, diversità culturale, emarginazione, Bari, Edizioni Dedalo, 1980, p. 12. URL consultato il 30 settembre 2019.
  18. ^ a b Cattedra di Lingua e Letteratura albanese, Università della Calabria, Le origini della minoranza linguistica albanese (PDF), su albanologia.unical.it. URL consultato il 30 settembre 2019 (archiviato dall'url originale il 3 marzo 2016).
  19. ^ Giuseppe Maria Viscardi, Tra Europa e Indie di quaggiù: chiesa, religiosità e cultura popolare nel Mezzogiorno, secoli XV-XIX, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2005, p. 375. URL consultato il 6 luglio 2015.
  20. ^ Trovato 2013, p. 290: «la loro identità e individualità viene percepita [dai latini] per il rito, quello greco-bizantino. Gli Albanesi fin dal loro primo apparire in Sicilia sono stati chiamati «Greci»; Piana si chiamò «dei Greci» fino al 1941; il primo provvisorio insediamento a Mezzojuso fu chiamato «Casale dei Greci»; l'antico etnico della comunità albanese di Biancavilla è gricioti [...] mentre riciòti sono tuttora chiamati i biancavillesi dagli abitanti della vicina Santa Maria di Licodia. La stessa contrapposizione semantica tra latinu (e derivati) e grecu nel siciliano va riportata con ogni probabilità ai primi decenni della comparsa degli Albanesi in Sicilia».
  21. ^ Secondo la tradizione delle Chiese orientali, prima dell'avvento delle traduzioni nelle lingue locali e nazionali in epoca moderna, la lingua liturgica veicolare per tutti i popoli dell'Oriente cristiano è stata la lingua greca antica, così come è stata la lingua latina per la Chiesa d'Occidente. Questa tradizione è rimasta agli albanesi esuli in Italia non toccati dal fenomeno delle traduzioni in lingua madre, seppure numerose sono state le traduzioni liturgiche nelle varie parlate albanesi, con l'adozione della lingua albanese nella liturgia degli italo-albanesi a partire dal XVIII secolo e l'introduzione ufficiale nel 1968, riconosciuta dalla congregazione per le Chiese orientali e la Santa Sede.
  22. ^ Gutta cavat lapidem. Indagini fraseologiche e paremiologiche, su books.google.it. URL consultato il 30 settembre 2019.
  23. ^ a b Claudia Grisanti, Le doppie origini degli albanesi d'Italia, in Internazionale, 9 luglio 2015. URL consultato il 7 gennaio 2017.
  24. ^ a b Shared language, diverging genetic histories: high-resolution analysis of Y-chromosome variability in Calabrian and Sicilian Arbereshe, su nature.com, 1º luglio 2015. URL consultato il 7 gennaio 2017.
  25. ^ a b Giunta 2003, p. 33.
  26. ^ Gianni Belluscio, Arbëri, -a Arbëri, -a Arbëri,-a (PDF), su Il paesaggio e il territorio nella lingua arbëreshe (Peizazhi dhe territori në arbërishte), cai.it.
  27. ^ Da Arber, Arben, Arberesh, Arbenesh, Arbenor, Arbnuer, poi Shqiptar. Arber, Arben m., Arberi, Arbeni f. il nome antico dell'Albania, oggi Shqiperi, arberisht, arbenisht la lingua albanese, oggi shqip.
  28. ^ Albania, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 26 gennaio 2016.
  29. ^ Ne seguirono molteplici migrazioni, dal XV sino al XVIII secolo.
  30. ^ Esempio: Një kopil arbëresh, di kopij arbëreshë, një kopile arbëreshe, di kopile arbëreshe ("Un bel giovane albanese, due bei giovani albanesi, una bella giovane albanese, due belle giovani albanesi").
  31. ^ Il rito bizantino continuò a mantenersi a Santa Cristina fino alla seconda metà del XIX secolo, quando la tradizione della messa "arbërisht" (albanese, bizantina) cedette a quella "litisht" (latina), come risulta dai registri parrocchiali consultati da Giuseppe Zef Chiaramonte Musacchia. Nell'occasione della festa patronale, il 24 luglio, il rito bizantino è celebrato nella comunità albanese di Santa Cristina. Nella ricorrenza il Vescovo dell'Eparchia di Piana degli Albanesi fa visita alla comunità e la celebrazione religiosa si tiene in albanese.
  32. ^ Gli scontri nel tempo si sono registrati costanti in tutte le comunità albanesi dell'isola. Per pietas religiosa o per imposizione, nei centri italo-albanesi molte parrocchie già di rito greco erano state nei secoli cedute o prestate al rito latino. La matrice dello scontro era per le differenze etnico-religiose, altre volte storiche (a Palazzo Adriano, ad esempio, i latini hanno voluto sostenere invano che il paese non fosse colonia albanese). I più recenti sono quelli di Contessa Entellina (2010). Si segnalava, tra le tante storie relative alle tensioni avvenute, doppie processioni (alla partenza dei "greci", i latini per ripicca cominciavano la loro), oggi tuttalpiù anacronistiche.
  33. ^ a b I sacerdoti di rito bizantino, i monaci e le suore basiliane generalmente conoscono l'albanese; essi usano come da prassi tradizionale dell'eparchia il greco antico nelle preghiere liturgiche e negli uffici sacri. La lingua albanese è parlata o compresa da quei abitanti che l'hanno appresa e studiata nel seminario minore (uomini) dell'eparchia o nel Collegio di Maria (donne) in Piana degli Albanesi, così come nell'università presso la cattedra di lingua e letteratura albanese di Palermo e nelle università di Tirana e Pristina.
  34. ^ Ancora oggi capita che l'Eparca e una delegazione dell'Eparchia di Piana degli Albanesi vi si reca per celebrare la divina liturgia greco-cattolica in onore della Madre di Dio dell'Elemosina (Eleusa).
  35. ^ Piana degli Albanesi - in ricordo di Monsignor Sotir Ferrara sabato 25 novembre 2017
  36. ^ Biancavilla - incontro con una delegazione di Piana degli Albanesi domenica 2 ottobre 2016
  37. ^ 1ª Rievocazione Storica “Arbëreshe” a Biancavilla
  38. ^ Rievocazione storica arbëreshe Biancavilla 2018
  39. ^ New Albanian immigrants in the old Albanian diaspora: Piana degli Albanesi, su researchgate.net. URL consultato il 22 settembre 2022.
  40. ^ Molti degli albanesi d'Albania, residenti da decenni nei vari comuni albanesi di Sicilia, pur mantenendo il passaporto d'origine, hanno recentemente ottenuto la cittadinanza italiana e naturalizzati tali.
  41. ^ Biblos, Speciale Kosovo: II peso del sangue (Da Portella a Prishtina), Servizio di informazione bibliografica e culturale a cura della Biblioteca «Giuseppe Schirò», Piana degli Albanesi (PA), 1999.
  42. ^ Arbëreshët e Italisë krenarë me shqipen - 04.05.2019 - Klan Kosova
  43. ^ O mburonjë e Shqipërisë, dal cd Canti Tradizionali degli Albanesi di Sicilia, youtube.com
  44. ^ Composto dal poeta Giuseppe Schirò, invoca la protezione della Madonna dell'Odigitria sugli arbëreshë e sull'Albania. Divenuto un celebre canto della comunità di Piana degli Albanesi, inno comune a tutti i siculo-albanesi, viene intonato ancora oggi in occasione delle feste religiose più significative. Il canto è eseguito su una melodia in tonalità maggiore con tempo 4/4. Esso non ha sostituito, pertanto, il più antico e famoso inno dell'esule albanese in Italia: O e bukura Moré (O bella Morea).
  45. ^ Perta, Carmela, Language decline and death in three Arbëresh communities in Italy. A sociolinguistc study. Phd Thesis, University of Edinburgh, 2004
  46. ^ Tanino Gerbino, Impariamo a leggere e a scrivere la nostra lingua - Mësojëm të zgledhjëm e të shkruajëm gluhën tënë, Associazione culturale "Mondo Albanese", Piana degli Albanesi 1985.
  47. ^ Maria Francesca Di Miceli, Ilaria Parrino, Glossario della terminologia dell'abito tradizionale arbëresh di Palazzo Adriano. Arte del ricamo in oro. Antichi proverbi, Grafiche Geraci, Palazzo Adriano 2007.
  48. ^ (a cura di) Stephanie Schwandner-Sievers, Bernd Jürgen Fischer, Giuseppe Crispi (Zef Krispi) in Albanian Identities: Myth and History, su books.google.it. URL consultato l'8 gennaio 2017. (PDF)
  49. ^ Anton Berisha, Antologia della letteratura arbëreshe contemporanea, Rubbettino Editore, Cosenza 1999.
  50. ^ Ignazio Parrino, Gli Archivi ecclesiastici delle Colonie Albanesi di Sicilia
  51. ^ In città esiste, inoltre, la Chiesa di S. Macrina delle Suore basiliane appartenete alla Chiesa Italo-Albanese.

Bibliografia

  • Francesco Giunta, Albanesi in Sicilia (PDF), in Matteo Mandalà (a cura di), Albanesi in Sicilia, Palermo, A.C. Mirror, 2003, pp. 11-38. URL consultato il 7 gennaio 2017 (archiviato dall'url originale il 12 novembre 2016).
  • Salvatore Carmelo Trovato, Lingue alloglotte e minoranze, in Giovanni Ruffino (a cura di), Lingue e culture in Sicilia, I, Palermo, CSFLS, 2013, pp. 275-304, ISBN 978-88-96312-68-1.

Voci correlate

Collegamenti esterni

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