Andrea Riccardi

storico, accademico, attivista e politico italiano

Andrea Riccardi (1950 – vivente), storico, accademico, attivista e politico italiano.

Andrea Riccardi, 2009

Citazioni di Andrea Riccardi

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  Citazioni in ordine temporale.

  • In un mondo che conosce nuove divisioni, ma non meno radicali di quelle di ieri, i cristiani rappresentano umilmente una comunità che testimonia la familiarità tra i popoli e l'amicizia con i poveri.[1]
  • Sì, ricordiamo anche chi, ancora, patisce nelle prigioni, nei campi di concentramento, nell'ingiustizia, nella privazione della libertà, nella schiavitù, condannato a non avere un futuro degno. Nel silenzio di questa piazza giungono le grida e le espressioni di dolore di chi sta duramente soffrendo, come una domanda a tutti perché si costruisca un mondo più giusto.[2]
  • Alla fine la memoria dei martiri non è un libro degli eroi, ma la storia di tante esistenze cristiane vissute con fede e stroncate dalla violenza. Come scriveva il grande teologo Karl Rahner, "il martirio è semplicemente la morte cristiana. Questa morte è quella che dovrebbe essere in assoluto la morte cristiana.[3]
  • La nostra società è cresciuta, dopo la seconda guerra mondiale, guardando anche verso Est: c'erano l'Unione Sovietica, il comunismo, l'Europa orientale, la guerra fredda, la minaccia atomica... Si guardava verso Est con un misto di attrazione e paura. Quella Russia che ci appare oggi complessa, contraddittoria, indecifrabile sembrava allora invece riassumibile in poche categorie. Quel tempo oggi è remoto, malgrado siano passati pochi anni. Sia la paura sia l'attrazione sono scomparse. La Russia non è patria di utopie socialiste o minaccia per il nostro Occidente. Rimane però un problema di fondo: la difficoltà di comprendere la Russia e di seguirne le vicende.[4]
  • Certamente noi guardiamo con preoccupazione ad un Nord che si dimentica del Sud: come cristiano e come uomo della contemporaneità non posso accettare che si lasci andare alla deriva l'Africa, cui ci unisce una stessa civiltà. Non possiamo vivere bene quando brucia la casa del nostro vicino: è immorale e inoltre il fuoco è contagioso».[5]
  • Religione a Roma non vuol dire divisione com'è a Gerusalemme, non vuol dire esclusione degli altri com'è a La Mecca. Questa è una realtà non solo di pluralismo religioso (destinato ad accentuarsi con le comunità immigrate), ma di confronto tra religione e laicità o pensiero laico e democrazia.[6]
  • No, il cammino insieme tra credenti di diverse religioni è tutt'altro che inattuale. Anzi oggi è più necessario che ieri: è vitale quando si addensano le nubi delle incomprensioni, quando si respira un diffuso pessimismo.[7]
  • Un cammino religioso non si giudica dalle novità, quanto dalla fedeltà.[8]
  • L'idea di una religione universale (coltivata in laboratorio dagli scienziati) non esiste.[9]
  • La globalizzazione, a suo modo, rende un po' più meticce tutte le culture. Ma non dobbiamo dimenticare che, nell'età della globalizzazione, le identità (nazionali, religiose, culturali) riprendono coscienza di sé.[9]
  • Nella storia dei popoli non esistono formule create in laboratorio: la purezza identitaria o il meticciato. La storia è complessa e crea non solo meticci, ma culture meticce.[9]
  • La presenza di tanti, che rappresentano il sentire religioso di popoli, è un'immagine densa di promettente significato. I leader religiosi, qui convenuti, non parlano solo della loro fede, ma fanno memoria del dolore dell'umanità. Non dell'odio come tanti, ma del dolore. Tanti sono stati i dolori del Novecento. Non provo nemmeno a farne un elenco. Lo studioso americano, Rudolph Rummel, ha affrontato la realtà dell'omicidio di popolo ("demomicidio" secondo la sua espressione): ha calcolato 170 milioni d'esseri umani uccisi nel XX secolo, in gran parte dalla violenza di Stato.[10]
  • C'è un valore misterioso di una vita caduta a terra, anche se non è dato di conoscere i tempi del germoglio.[11]
  • La forza "umile" del cristiano può andare incontro a insuccessi, ma resta animata da una fiducia che non ha la sua misura nel risultato immediato.[11]
  • Andrea Santoro è stato un prete: prete di Roma, prete del Concilio, uomo di preghiera, capace di grande prossimità con la gente, come testimoniavano i tanti accorsi al suo funerale. Erano volti segnati da un dolore personale e dalle lacrime: popolo che ha colto il mistero di una vita gratuitamente donata per gli altri.[12]
  • L'assassino è sempre uno stupido.[12]
  • Sono vent'anni che siamo pellegrini del dialogo tra gente di religione diversa. Siamo partiti nel 1986. Allora Giovanni Paolo II invitò i leader delle diverse religioni a pregare gli uni accanto agli altri per la pace ad Assisi. C'era ancora la guerra fredda. Il papa aveva compreso che le religioni possono essere benzina per il fuoco dei conflitti, oppure acqua che spegne l'incendio della guerra. Alla fine di quella memorabile giornata, sulla collina di Assisi, piena di ulivi e sbattuta dal vento, vicino alla tomba di San Francesco, profeta di pace, Giovanni Paolo II disse: "Continuiamo a diffondere il messaggio della pace e a vivere lo spirito di Assisi." Noi di Sant'Egidio lo abbiamo preso sul serio. Ci sembrò una grande intuizione![13]
  • La pace può sembrare oggi un sogno da illusi. Così appare sugli scenari mediorientali e non da oggi. Così in gravi conflitti africani. Anche in alcune società dove non c'è pace sociale e dove i vari gruppi si difendono in spazi chiusi. I disegni terroristici vogliono mostrare la pace come un sogno impossibile, alimentando l'insicurezza e la paura di un nemico senza volto.[14]
  • Avere speranza non vuol dire possedere una visione lucida di come sarà il domani. La speranza profonda viene dalla convinzione che la famiglia degli uomini e dei popoli non è stata abbandonata da un amore più grande.[15]
  • C'è una forza di attrazione da parte dei comportamenti giusti e pacifici, anche se di pochi.[15]
  • Con Olivier Clément – il teologo morto a Parigi il 15 gennaio scorso all'età di 87 anni – scompare un uomo particolare, unico. [...] Oggi, in questo tempo in cui coltiviamo le divisioni e le frontiere, magari in nome dei diritti dell'identità, la sua memoria resta un punto di ispirazione per chi non ha rinunciato a credere nell'unità dei cristiani come una priorità, per chi crede nell'Europa come forza "umana" in un mondo difficile.[16]
  • Quel Sabato terribile [16 ottobre 1943] ci trovò divisi tra romani: c'erano gli ariani e gli ebrei. Ma eravamo anche lontani come credenti. Una storia dolorosa separava i cristiani, i cattolici, dagli ebrei, con un muro di ignoranza che qualche volta si faceva disprezzo, fatto di poca frequentazione e amicizia. Fu la storia di quei mesi a far scoprire a molti cristiani il volto dell'ebreo. Credo che taluni ebrei scoprirono volti umani di cristiani. Nella tragedia del 1943-44 finì una storia di separazione, di distanza, tra romani, tra cristiani e ebrei.[17]
  • C'è un bel verso di Karol Wojtyla, arcivescovo di Cracovia, scritto negli anni tristi e plumbei della sua vita polacca. È tratto da una poesia intitolata, Una vecchia conversazione...: "io credo che l'uomo soffra soprattutto per mancanza di visione". Sull'orizzonte polacco del card. Wojtyla non si vedeva nessun segnale di cambiamento, nessuna prospettiva. Era un orizzonte cupo in cui il futuro Giovanni Paolo II cercava una visione di speranza. Maturava nel dolore quella fatica della speranza che lo ha reso forte.[18]
  • I promessi sposi si collocano all'inizio della storia linguistico-culturale italiana che precede di pochi anni la nascita dello Stato unitario e l'affermarsi dell'Italia come nazione. Restano un'opera che accompagna la crescita dello spessore nazionale e l'identificazione di crescenti gruppi sociali nel destino nazionale.[19]
  • Il cristianesimo dell'autore [Manzoni] spingeva a guardare verso il cielo, meno alla terra. La fede cristiana non aveva educato alla rassegnazione di fronte al gran gioco della storia? Manzoni non credeva alla forza delle rivolte.[19]
  • In tanti angoli dei Promessi sposi si scorgono vicende e pensieri di intensa profondità e di carattere sapienziale, che hanno fatto del libro una specie di Bibbia laica (ma fondata sul cristianesimo) del vivere italiano dell'Ottocento.[19]
  • Dopo l'11 settembre molti plaudirono al conflitto. Non spiaceva ai terroristi. Ben Laden, in un messaggio minaccioso, diceva: "loro vogliono il dialogo, noi la morte". La cultura del conflitto esprimeva le paure e le angosce di un mondo globalizzato, spaesato, minacciato da varie parti: sembrava proteggere. Lo spirito d'Assisi sembrò un'utopia.[20]
  • La famiglia è un ricchezza sotto tanti profili: rappresenta una vera risorsa umana in un mondo in cui uomini e donne vivono in modo stressante o sotto pressione. In una società dove tutto si compra o si vende, la famiglia è l'ambito più espressivo della gratuità degli affetti, del legame, del dono, della certezza della solidarietà.[21]
  • La Shoah è un fatto drammaticamente europeo. È vero che ha avuto cuore nella Germania nazista ma in tutti i paesi europei gruppi più o meno grandi hanno collaborato. Il 27 gennaio – giorno in cui furono abbattuti i cancelli di Aushwitz – è divenuto "giorno della memoria" per una legge dello Stato. Ciò che è stato fatto contro gli ebrei riguarda tutti».[22]
  • La fame resta una triste, anzi lugubre, compagna della storia dei nostri giorni. Non possiamo dimenticarlo né cancellarlo dall'agenda della nostra azione politica. Molte sono le priorità per i nostri paesi, come l'Italia, stretta da una crisi economica. Ma la sicurezza alimentare, la lotta alla fame, è priorità delle priorità.[23]
  • I cattolici hanno un tessuto sociale, religioso e pastorale, assolutamente integro. Sono una preziosa risorsa e un serbatoio di valori. E di reti, di riferimenti per quanti non vogliono impiccarsi all'individualismo estremizzato, la trappola di un meccanismo sociale dell'uomo contemporaneo.[24]
  • Sicuramente i migranti, gli stranieri e i rom in una dimensione spesso sottovalutata, sono vittime di atteggiamenti di intolleranza, di discriminazione, di violenza. Nonché la comunità ebraica, sempre oggetto di attacchi inaccettabili, dalle scritte sui muri, ai siti web antisemiti. Abbiamo il dovere di garantire e proteggere in primis la sicurezza di questi soggetti. Ma credo pure che la società italiana nel suo insieme rischi di diventare, anch'essa, vittima di gesti o parole del genere. Bisogna sempre vigilare contro quella che definisco la "cultura" del disprezzo, perché in tali circostanze viene compromessa la possibilità che la nostra società sia aperta, pacifica, integrata.[25]
  • La divisione dell'Europa, come in altre stagioni, può far correre rischi gravi: quella tra un'Europa ricca e un'Europa in difficoltà. Ma ormai esistono connessioni così profonde tra i nostri mondi nazionali che tale divisione mette tutti in crisi. È su questa connessione, che abbiamo investito, credendo che alimentare le relazioni, le amicizie, le sinergie, le imprese comuni, valga di più che una dichiarazione.[26]
  • Attorno al fenomeno migratorio si sono appuntate tante angosce e paure che crescono in un periodo di recessione in realtà si tratta di una grande questione nazionale e simbolica, ma anche di un grande fantasma. In un periodo di crisi in cui sono assenti i significati, gli "incendi" nascono dalle parole, non è secondario il modo in cui lanciamo i messaggi.[27]
  • [...] l'Italia deve superare la sua ritrosia: di fronte alle sfide della globalizzazione e di quello che avviene al di là dei nostri confini ci tiriamo indietro troppo spesso. Cooperazione è aiutare, fare solidarietà, ma anche far entrare in contatto il sistema Paese con altri sistemi, i sistemi del mondo.[28]
  • Gli italiani hanno sentito Rossella [Urru] come l'espressione di una parte coraggiosa e generosa del Paese, che guarda oltre le frontiere. Per me, queste persone indicano la via del futuro all'Italia: aprirsi a un mondo più vasto. È la via della solidarietà, ma anche dell'"estroversione" del sistema-ltalia, che riguarda il lavoro e l'impresa, anzi l'intera società.[29]
  • Ci sono sicuramente molti immigrati che, di fronte alla crisi, sono tornati nei paesi d'origine. Altri invece sono andati in altri Stati europei dove è più facile trovare lavoro e integrarsi. Si tratta in generale di manodopera specializzata molto richiesta dagli imprenditori e di persone che si sono ben integrate: è un fenomeno che rischia di tradursi in una perdita per noi.[30]
  • La crisi alimenta le speranze miracolistiche. C'è una catena pericolosa tra gioco d'azzardo, indebitamento e usura che va spezzata. Mi preoccupa anche l'aspetto culturale della mutazione del rapporto tra giocatore e gioco. La componente socializzante dei giochi di carte o in famiglia sparisce, e l'uomo è sempre più solo davanti alla macchina: il computer per giocare al casinò virtuale on line, il videopoker, la slot-machine. E un dato su cui riflettere.[31]
  • C'è un grande valore nell'incontro tra donne e uomini di religione, quando si realizza una liturgia dell'amicizia e del dialogo, quando si prega gli uni accanto agli altri. Sì, gli uni accanto agli altri: mai più gli uni contro gli altri, come talvolta è avvenuto! Stare insieme, allora, diventa la profezia e l'indicazione di un mondo di pace, soprattutto delegittima lo scontro etnico, di civiltà e di religione: crea la civiltà del vivere insieme.[32]
  • Vivere insieme tra diversi è una delle grandi sfide che l'Italia, l'Europa, il mondo, sono chiamati ad affrontare. Ma è possibile vivere insieme quando si è diversi, per provenienza, cultura, religione? La condivisione degli stessi luoghi con l'"altro" suscita problemi, pone domande. Eppure la realtà è che, al di là delle difficoltà, già viviamo insieme. E con grandi vantaggi reciproci. I lavoratori immigrati costituiscono quasi un decimo della forza lavoro, generano più del 10% del Pil, innalzano i tassi di natalità, sostengono il sistema pensionistico. La presenza di tanti stranieri che arricchiscono con il loro lavoro, e il loro contributo umano e civile, la vita del nostro Paese ci offre già l'immagine di un possibile e proficuo convivere fra diversi, ma uguali. E mi sembra che negli ultimi tempi, si stia riuscendo ad andare oltre le generalizzazioni, i luoghi comuni. Certo, l'integrazione è un processo non breve, non facile, perché significa muovere verso l'"altro". L'immigrato incontro a noi. Ma anche noi incontro allo straniero. L'integrazione non riguarda solo i non italiani, bensì pure gli italiani. Qui c'è una grande sfida culturale ed educativa, ma anche una necessità di empatia, di una simpatia che faccia cadere i muri, che aiuti ad accettare il fatto che le identità si ereditano, ma si costruiscono anche.[33]
  • La cooperazione offre agli italiani la possibilità di partecipare da lontano, di sostenere, di appassionarsi a pezzi di mondo. C'è un grande spazio per il sostegno a distanza. C'è spazio per la partecipazione politica, affettiva, attiva. Sì, chi coopera, chi sostiene, chi segue, crea una rete attraverso cui è possibile vivere la globalizzazione in modo diretto. Così la globalizzazione diventa amica, non invasiva, non estranea, troppo grossa per uomini e donne di un piccolo ambiente. Io credo che la cooperazione possa aiutare l'Italia a non avere paura del mondo, ma anzi a simpatizzare con il mondo.[34]
  • Quando i soldi mancano, bisogna trovarli o aprire percorsi alternativi per cambiare la realtà. Si deve compensare con le idee.[35]
  • Sul fronte dell'immigrazione, rivendico innanzitutto a questo governo il merito di aver aiutato a cambiare il linguaggio di fronte a questo fenomeno epocale per l'Italia, abbandonando quei toni terrorizzanti con cui era stato affrontato in passato. È un cambiamento importante oggi, perché la sfida che abbiamo di fronte –anche per la crescita- è quella dell'integrazione degli immigrati. Vorrei citare qui l'impegno per far uscire dalla condizione di illegalità 140 mila immigrati, che prestavano la loro opera in nero presso le famiglie e le imprese italiane. Debbo ricordare come le famiglie italiane siano state le prime a rispondere in modo massiccio a questo appello alla legalità. Il successo di questa regolarizzazione mostra che l'Italia ha ancora bisogno, in alcuni settori, di lavoratori immigrati.[35]
  • L'Italia ha una missione in Europa, nel Mediterraneo, in Africa e nel mondo; gli italiani possono operare per superare la crisi e integrare i migranti nel tessuto sociale del nostro Paese. La speranza è che ci sia un futuro degno per ognuno di noi, ma anche per le nostre famiglie e comunità e per quella comunità nazionale che si chiama Italia.[36]
  • La Shoah non è stata mica un incidente di percorso del fascismo. Ha i suoi prodromi nelle leggi razziali del '38, che a loro volta affondano le radici nella marcia su Roma del '22. È qui che comincia la tragedia. Un consenso fondato in gran parte sulla coercizione. Non c'è stato un fascismo buono e uno cattivo, anche se c'erano anime diverse all'interno del regime, ma una macchina finalizzata al furto della libertà e alla violenza. Matteotti, don Minzoni, i fratelli Rosselli. I massacri di popolo in Etiopia e Libia. E infine la tragedia della Seconda guerra mondi.[37]
  • [...] in questo Paese, poroso e di transito per i migranti, vadano evitate forme di automatismo. Io ho parlato di "ius culturae", ossia la cittadinanza concessa ai nati in Italia solo dopo aver concluso un ciclo scolastico. Questa riforma mi sembra ottenere maggiore consenso ed è più adeguata alla situazione italiana».[38]
  • [La Siria] è un paese distrutto nelle sue vittime e nei suoi beni, ma anche nella sua anima. Un regime che uccide il suo popolo, ribelli divisi e sempre più radicalizzati, una popolazione separata secondo le antiche fratture etnico-religiose della popolazione ormai ravvivate. Davanti a questo disastro umanitario, la comunità internazionale resta divisa e incerta.[39]
  • La novità di Francesco è proprio il fatto che parole antiche e evangeliche, come fede, misericordia, perdono, speranza, missione..., sono tornate attuali e attrattive.[40]
  • Nel modo di pensare e di comunicare è un papa globale, ma la globalizzazione Francesco l'ha appresa nella sua Buenos Aires: una grande capitale globalizzata che racchiude in sé svariati microcosmi religiosi, sociali e culturali. La Shoah e l'ebraismo, l'ortodossia russa, l'Holodomor degli ucraini, il Metz Yeghern degli armeni: tutte queste realtà Bergoglio le ha conosciute, frequentate e interiorizzate nella capitale argentina.[41]
  • [...] c'è un altro grave problema su cui l'Unione deve risvegliarsi: la questione dei rifugiati, un problema che impone di diventare una comunità di destino proiettata nel mondo.[42]
  • Nel complesso il cristianesimo europeo ha fatto la scelta di vivere in comunità cattoliche piuttosto ristrette ma corrette, i «pochi ma buoni» assediati dall'avanzata del secolarismo e delle fedi concorrenti. Viceversa, quello di Bergoglio è un cristianesimo di popolo.[41]
  • Non dimenticare Aleppo. Resistere con Mosul, per continuare a sperare per il Medio Oriente. Aleppo è una città assediata, sotto le bombe, una città affamata da cui i cristiani non possono uscire perché, se escono, la loro vita è a rischio.[43]
  • I terribili semplificatori sono quelli che lavorano poi sulla paura, sono i fondamentalisti, sono i terroristi ma sono anche quelli che non vogliono faticare a capire, faticare a incontrare. Stiamo attenti ai terribili semplificatori, perché seminano nella loro irresponsabilità. E qui c'è una grande responsabilità della cultura, dei media, della politica di spiegare che il mondo è complesso, che non si può essere ignoranti in un mondo come questo.[44]
  • Siate realisti! È impossibile evitare i conflitti. La pace non è il futuro! Almeno, per certi popoli… Un "no" rassegnato, in fondo spietato e indifferente. Questo "no" ha un prezzo: sofferenza per centinaia di migliaia di persone; donne ferite e violentate, di bambini a cui è rubata l'infanzia, uomini costretti a fuggire. Gente senza futuro. Noi non vogliamo aggiungere il nostro "no" a quello di tanti altri.[45]
  • La rivolta dei musulmani contro l'immagine distorta dell'islam è significativa. La maggior parte di loro non si ritrova nel totalitarismo islamico. Una missiva di autorevoli esponenti musulmani, diretta al sedicente califfo, gli ha negato ogni autorità, dichiarando: «L'Islam vieta di uccidere gli innocenti».[46]
  • Chiediamoci dunque come amare di più, come fare di più: non bisogna avere paura di cambiare; partendo dalle piccole cose si possono scrivere pagine di storia e ce lo insegnano i grandi santi della carità.[47]
  • I muri durano e si trasmettono di generazione in generazione. Io credo che il discorso di Francesco sulla cultura dell'incontro sia aprire delle falle in questi muri o evitare che crescano.[48]
  • Il problema più grande non è quello degli stranieri e dell'ospitalità dei rifugiati, anche se si può migliorare la qualità dell'assistenza in questi centri. L'Italia con l'operazione "Mare Nostrum" ha compiuto una importante opera umanitaria salvando migliaia di vite umane, bisogna lavorare per migliorare la qualità dell'accoglienza e favorire l'integrazione di chi è fuggito da situazione di miseria e di guerra. Il problema è rappresentato da periferie in cui non si investe da anni e in cui si è smarrito il senso della qualità della vita e mancano i servizi. La Comunità di Sant'Egidio si sente di far proprio un grido di preoccupazione per queste situazioni, continuando a lavorare per far crescere anche nelle periferie una cultura del dialogo e della pace. (Roma, Riccardi: Crisi è grave, città ha bisogno del risveglio delle sue energie più profonde.[49]
  • Noi stiamo assistendo da più di due anni all'agonia di una città, alla distruzione dei suoi monumenti. Io vi ricordo che Aleppo è patrimonio dell'umanità. Aleppo è stata la città della convivenza. La città dolce, la chiamavano. Lì vivevano cristiani e musulmani insieme. Guardate, noi siamo a un palmo dalla tragedia: basta che un gruppo vada cinquecento metri al di là dei suoi spazi, al di là delle periferie di Aleppo e si può scatenare la tragedia e Aleppo può divenire un cumulo di rovine, in cui si annidano i combattenti. Ma perché Aleppo e non un'altra città? Be', Aleppo è un simbolo, è un simbolo della cultura, è un simbolo della civiltà, è un simbolo della convivenza e Aleppo può essere la proposta di un metodo per risolvere l'insieme di una situazione, davanti a cui noi non abbiamo soluzioni. di fronte alla quale non ci sono soluzioni.[50]
  • Parigi è una grande città che ha saputo reagire in modo eccezionale. Stando in mezzo a questa folla, composta da rappresentanti delle istituzioni e autorità religiose insieme a migliaia di comuni cittadini, si sente l'espressione di un umanesimo popolare che è alle radici dell'Europa e che ci impegna a lavorare per l'unità e l'integrazione. Oggi, qui, il nostro continente comunica a tutti la sua anima più vera e profonda: la coscienza che è possibile vivere una grande unità con la partecipazione e il contributo di tutte le diversità che ne fanno parte.[51]
  • La globalizzazione non è adatta alle semplificazioni volute da una comunicazione affrettata e da una politica superficiale. "Per amare bisogna conoscere", diceva Giovanni Vannucci, grande mistico del Ventesimo secolo. Invece, troppo spesso, sembra che basti un clic su internet per conoscere le cose. Non è così. La nostra è una società troppo ignorante. Quando ero bambino vedere un africano camminare a Trastevere sembrava già un film. Oggi la complessità quotidiana trova rifugio nel settarismo. Bisogna riattivare l'umanità nelle grandi periferie, intervenire, non lasciarle ancora nello stato in cui versano. Il problema si risolve lì, altro che scontro di civiltà.[52]
  • Nei varchi delle divisioni tra cristiani, si insinua il grande male della guerra.[53]
  • I cristiani si combattono: gli ucraini di Kiev e gli ucraini filorussi, secondati dalla Russia. Ma questi popoli – secondo la tradizione – nascono dallo stesso battesimo.[54]
  • Non si può essere indifferenti alla violenza e alla violenza in nome della religione. Ecco, in questo senso le religioni debbono parlare e debbono dire che l'uomo va rispettato, la libertà dei popoli va rispettata e debbono pregare per la pace.[55]
  • Di fronte alla nuova, terribile, strage del mare, che conta centinaia di vittime al largo di Lampedusa, si sente il bisogno civile e morale di alzare la voce: non è possibile che la politica e le istituzioni non riescano a dare risposte concrete ad un fenomeno prevedibile come quello di chi è costretto a fuggire da Paesi in guerra o dove regna la violenza.[56]
  • Papa Francesco fa bene a ricordarlo. Noi guardiamo alla guerra in modo troppo ideologico. C'è un substrato economico, ci sono ambizioni territoriali. La guerra è un demone, la violenza è una malattia. Con la guerra la povera gente perde mentre alcuni si arricchiscono. Mi preoccupano le conseguenze dei flussi di rifugiati e profughi, dei milioni di persone scappate dalla Siria che arrivano ai confini della Turchia, del Libano, della Giordania.[57]
  • I messaggi del Califfato sono minacciosi e pericolosi. Sono presentati in modo professionale, incutono terrore. Ma noi non dobbiamo subire la loro iniziativa politica e mediatica. Sarebbe un errore, a mio avviso, rispondere alla complessità con la semplificazione dell'armiamoci e partiamo...[57]
  • In Centrafrica non è in atto un conflitto religioso né una guerra per bande; c'è invece una società che è stata abbandonata dalla politica. Ora la politica deve riprendere il proprio ruolo; e l'accordo firmato tra le maggiori personalità del paese è un segnale di speranza per tutti.[58]
  • Se non si realizza una nuova cultura umanistica del Mediterraneo, se si pensa a difendersi dal Sud, soprattutto da parte degli europei del Nord, si commette un grande errore: il Mediterraneo diventa un grande cimitero e non si costruisce il necessario spazio umano, politico e culturale tra Nord e Sud. Immigrati e rifugiati legano il Nord con il Sud.[59]
  • Dal 2007 il mondo urbanizzato ha sopravanzato numericamente quello agricolo. È un mondo dell'incontro, delle differenze, del pluralismo, dai confini fluidi. Si diceva: crescendo la modernità, spariranno le religioni. Si sognava di trasformare il mondo in una grande Francia de la laicité. Non è stato così. C'è stata una grande rinascita religiosa, a volte connotata dall'aumento del fanatismo e conseguentemente dei conflitti interreligiosi. Ma non è tutto così, c'è anche altro, molto di positivo: la religione è ormai considerata come un fattore determinante dello sviluppo del mondo globale.[60]
  • È l'ora della prova per alcune comunità religiose. Per i cristiani in Iraq, Siria, Nigeria, Pakistan. Per i musulmani sciiti in Iraq, Siria, Pakistan, Libano. Il tema del martirio ci unisce, anche se abbiamo un approccio diverso.[60]
  • I cambiamenti radicali in cui siamo immersi non sono ancora bene esplorati: come vivere insieme? come perseguire la pace? come intendere i rapporti con la politica e con lo Stato? come affrontare la sfida di un capitalismo globale senza umanesimo, realtà insopportabile e inaccettabile responsabile del crearsi di gravi tensioni?[60]
  • Che cosa sarebbe il mondo senza preghiera? Sarebbe disumano! Che cosa sarebbe il mondo senza dialogo? Sarebbe disumano! Spesso ci si chiede: che cosa hanno cambiato preghiera e dialogo? Io credo molto. La storia è fatta anche di correnti sotterranee, non è solo la cronaca gridata dei giornali.[61]
  • Cosa succede oggi in Siria? Che ne è stato di Aleppo? Quale ruolo sta giocando l'Europa? Abbandonare la Siria al suo destino è stata una decisione insana. E a pagare il conto non sono solo i siriani. Quel conto lo pagheremo anche noi. La parola chiave è "pacificare". Per farlo però è necessario avere una politica, in Siria, in Libia e in Africa.[62]
  • Nel cuore di ogni fede c'è la consapevolezza che il nome di Dio è pace. Al centro delle tradizioni religiose c'è il valore dell'uomo, la fraternità, il rispetto del creato.[63]
  • La comunità Sant'Egidio propone di aprire degli humanitarian desk, sulla riva sud del Mediterraneo, dove si possano registrare le persone che chiedono asilo nei Paesi europei. I quali possono concedere i visti umanitari. Ma il vero problema è che bisogna agire alla fonte dei Paesi da dove i profughi scappano, altrimenti il fenomeno non finirà mai.[64]
  • Ma mi sono anche convinto che un paese come l'Italia, ricco e carico di storia, ma che non ha ambizioni egemoniche, può essere un crocevia importante nel mondo di oggi. È questo lo sforzo che l'Italia deve fare e che il governo italiano sta facendo, quello dell'internazionalizzazione dell'Italia.[65]
  • L'Italia è un paese che ha la sua storia, che ha attraversato i suoi momenti difficili, ma è anche – e questo è stupefacente per noi italiani, che tante volte siamo pessimisti su noi stessi – un paese che suscita simpatia e attrazione in tante parti del mondo. Lo mostra la domanda che c'è dello studio della lingua italiana nel mondo, mi sembra che siamo ancora il quinto paese come lingua studiata al mondo. E questo è impressionante perché mostra che c'è una domanda di Italia.[65]
  • Bisogna dire che la trasformazione che stiamo vivendo non è una trasformazione che ci porta alla rovina. Se avremo la Parola di Dio nel cuore e se avremo una grande attenzione ai più poveri, ai bisognosi, a quanti sono in difficoltà, passeremo questa transizione in modo umano, e – io spero – costruendo una società migliore da Famiglia Cristiana.[66]
  • Nell'Enciclica di Papa Bergoglio, ispirata al Cantico delle Creature, san Francesco è citato dodici volte come un ponte di dialogo per credenti, non credenti e credenti di altre religioni. Ai responsabili delle nazioni è chiesta l'assunzione delle loro responsabilità per l'intera umanità. L'esempio di san Francesco è utile ancora oggi. Non è sceso in crociata non ha fatto guerra all'islam, ma ha tenuto aperto il canale del dialogo mentre infuriava l'odio. Oggi si invocano le crociate ma nessuno vuole fare davvero la guerra. Adesso è meno dura dialogare di quando lo faceva san Francesco malgrado le armi siamo più micidiali.[67]
  • C'è una grande domanda di senso nella vita e tra i giovani prende piede la scoperta del valore della gratuità. Quando si aiuta davvero si confonde chi aiuta e chi è aiutato.[68]
  • Nel mondo globale, tutto è molto complesso. Le civiltà e le religioni sono una realtà importante, ma s'intersecano con tanti fattori in modo non schematico. Il mondo musulmano sta vivendo un implacabile conflitto tra sunniti e sciiti. Il terrorismo radicale ha un retroterra vasto tra musulmani, ma non fa l'unanimità. In realtà – spiega l'islamologo Olivier Roy – la globalizzazione ha ancor più frammentato il mondo islamico.[69]
  • Le civiltà e le religioni sono una realtà importante, ma s'intersecano con tanti fattori in modo non schematico.[69]
  • In tante comunità cristiane, e in tutte le Comunità di Sant'Egidio del mondo, si prega ogni giorno per la liberazione dei due vescovi e di padre Paolo Dall'Oglio. Questi tre amici avrebbero potuto avere un ruolo prezioso in Siria negli ultimi e durissimi anni. Anni in cui tanto è cambiato. In peggio.[70]
  • Nel patrimonio religioso ci sono le motivazioni del destino comune dei popoli nella madre terra. Vanno riproposte. I leader religiosi e i credenti debbano vivere una conversione ecologica, comunicando stili di vita differenti. Tale conversione è motivata in profondità dalle loro tradizioni. Leader illuminati, come il patriarca Bartolomeo o papa Francesco, lo mostrano...[71]
  • L'accordo sul nucleare non significa un capovolgimento dei rapporti tra Usa e Iran. Ma è un disgelo. Permetterà una nuova politica nella regione. Non si può più accettare che la Siria vada in pezzi e che metà della popolazione abbandoni le sue case. Questa guerra avrà conseguenze enormi su tutto il Medio Oriente. Lo si vede già in Libano. C'è l'enorme problema delle minoranze cristiane in fuga. Un clima di maggiore fiducia può portare a una collaborazione per pacificare Siria e Iraq. Nessuno si nasconde che Turchia, Arabia Saudita e Iran abbiano mire egemoniche. Va garantita la sicurezza d'Israele. Ma, insieme, vanno pure domate le fiamme che bruciano tanta parte del Medio Oriente.[72]
  • Giovanni Paolo II è uno dei grandi del '900. La storia di questo secolo non si può scrivere senza di lui. È sempre stato "piantato" in mezzo agli avvenimenti. E questo non lo può cancellare nessuno, credente o non. Quell'uomo "venuto da lontano" è stato un vento di speranza per tutti, per il mondo, per la Chiesa.[73]
  • Vivere insieme tra diversi é ormai la condizione di tantissime società del mondo. Non esistono più società omogenee senza l'altro. Nessuna società è un'isola. Vivere insieme tra diversi crea problemi, ma è una condizione ricca umanamente che spinge al dialogo quotidiano.[74]
  • [Sulla sponsorship] Si tratta di permettere a cittadini europei, associazioni, parrocchie e organizzazioni varie della società civile, di farsi garanti dell'accoglienza: ospitare subito coloro che sono arrivati ma anche chiamare singoli e famiglie direttamente dalle zone, evitando così i viaggi della morte nel Mediterraneo e lo sfruttamento da parte dei trafficanti.[75]
  • L'Europa si deve ripensare, aprendosi ai rifugiati. Non sono così tanti, non è una invasione. È una realtà di cui noi abbiamo bisogno e che viene ad arricchire la nostra stessa realtà. Non abbiamo fatto mai un ragionamento su questo: abbiamo considerato sempre l'immigrazione e i rifugiati un'emergenza che "in due mesi passa". Non c'è stata una preparazione in tal senso. Penso che ora bisogna fare veramente un ragionamento sul lungo periodo.[76]
  • Occorre far emergere la volontà di pace e di bene che c'è nei popoli: non è inutile bussare, chiedere, protestare, invocare, perché la pace è sempre possibile. I popoli europei, nonostante le loro paure, hanno mostrato un volto piuttosto ospitale verso i rifugiati.[77]
  • Il Papa all'Angelus, dopo l'apertura del Sinodo, ha insistito: non «società-fortezza, ma società-famiglia, capaci di accogliere, con regole adeguate, ma accogliere, accogliere sempre, con amore». Si riferisce ai rifugiati o alla famiglia? Rivolge a tutti l'invito a entrare in un processo di apertura.[78]
  • [Su Aleppo assediata] Quando si fa la pace si trovano sempre le mani sporche di sangue, ma ora si deve far sì che quelle mani si incontrino e si stringano[79]
  • È l'ora di abbandonare biechi clericalismi purtroppo così diffusi, preoccupazioni avare, calcoli. Ci sono riserve umane e religiose anche dove non lo si crede, soprattutto i poveri non sono un peso ma una risorsa per la Chiesa. Questo vuol dire far sgorgare un umanesimo cristiano e popolare.[80]
  • Sarà chiamato l'incontro di Cuba, quello tra Francesco, e il patriarca di Mosca, Kirill. I leader delle due più grandi Chiese tradizionali, cattolica e russa, non possono non parlarsi. Il mondo globalizzato, per certi versi, si unisce: la distanza tra le Chiese è un non senso o, di più, uno scandalo.[81]
  • Dante ha fondato la visione di un’umanità più giusta e positiva. È una visione italiana in senso profondo. Del resto si celebrano le identità culturali associate alla grande poesia di autori come Cervantes o Shakespeare. L’Italia non è un paese che fa paura nel senso di una potenza militare, ma è vista da tutti nel mondo come una risorsa culturale e il sommo Poeta è il simbolo della cultura e della lingua italiana.[82]

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  • In realtà, le religioni sono una grande risorsa di pace. Creare una convivenza solida è difficile sotto tutte le latitudini, ma necessario. La certezza del diritto e la libertà ne costituiscono l'ossatura. Il dialogo accorcia l'estraneità.[83]
  • Bergoglio incarna, fin dai tempi del suo ministero in Argentina, una Chiesa assetata di giustizia, coinvolta nelle «periferie dell'esistenza», vicina agli ultimi, agli emarginati, come gli anziani abbandonati al loro destino, come i profughi ricordati nella commovente visita a Lampedusa. Una Chiesa permeata dalla «cultura dell'incontro», che sappia creare condivisione negli sterminati spazi urbani dove rischia di dissolversi ogni senso di umanità. Una Chiesa capace di costruire un autentico dialogo in un mondo globalizzato dove persone di diverse religioni e storie convivono sempre più spesso negli stessi luoghi. Soprattutto, una Chiesa che parli della misericordia di Dio.[84]
  • Umanesimo Spirituale è una grande introduzione alla spiritualità e alle problematiche religiose e umanistiche del nostro tempo. ... Questo testo non è invecchiato e tocca ancora i principali problemi della fede, della Chiesa, dell'unità dei cristiani, della vita umana.[85]
  • Dopo l'11 settembre il dialogo è più che necessario: per svuotare i giacimenti di odio e di diffidenza che rischiano di avvelenare gli animi, di alimentare il terrorismo.[86]

Corriere della sera, 3 maggio 2009, p. 30

  • La laicità è una storia che viene da lontano. Non un dogma, ma una storia.
  • Un laico sente le acquisizioni del Cristianesimo dentro la laicità.
  • Oggi è diverso. Laicità è ricerca ragionevole, possibile, del bene comune, al di là del messianismo o delle passioni di parte.
  • Se si prescinde dal cristianesimo italiano, non si può costruire un'identità nazionale condivisa.
  • Il vuoto produce identità contro, senza cultura, espresse da una pratica aggressiva.
  • Siamo tutti diversi ma anche uniti da connessioni profonde. Nel conoscere e comporre contiguità e distanze, prossimità e meticciati, si esercita quell'arte del convivere frutto di realismo politico e di speranza. È il realismo di fronte a un mondo plurale. È l'augurio che non sì ripeta l'impazzimento della pluralità nel conflitto. È la realizzazione di una civiltà fatta di tante civiltà o di tanti universi culturali, religiosi e politici, senza svendita e senza paura delle identità. La coscienza di quanto sia necessaria la civiltà del convivere è l'inizio di una cultura condivisa. Convivere, Laterza, 2006 [87]
  • Giovanni Paolo II, protagonista per più di un quarto di secolo sulla scena mondiale, è stato definito il papa slavo, colui che ha dato il colpo di grazia all'Unione Sovietica e al suo impero, l'uomo del secolo. Più semplicemente, egli riteneva di aver ricevuto il compito di introdurre la Chiesa nel nuovo millennio. Questo era il senso del suo viaggio condotto, secondo la sua convinzione, dal filo invisibile della Provvidenza. Questa guida nascosta l'aveva sottratto alla guerra e alle deportazioni di cui erano caduti vittima tanti suoi compagni; l'aveva chiamato alla vita sacerdotale; l'aveva scelto come vescovo e come papa. Ancora nel 1981 questo scudo di grazia l'aveva protetto in occasione dell'attentato in piazza San Pietro. Una volta ristabilito, Giovanni Paolo II ampliò ulteriormente il suo raggio d'azione. Al servizio della Chiesa cattolica, egli si impegnò a favorire l'unione tra i cristiani, l'amicizia con l'ebraismo, il dialogo tra le religioni, la pace nel mondo. Al termine della sua vita, consumato dalla dedizione, commosse il mondo con la sua sofferenza. (da Giovanni Paolo II. La biografia, San Paolo Edizioni, 2011)
  • Ai tempi in cui Roma è città aperta e alla mercé dei tedeschi, tra le mura e i vicoli della città si consuma una guerra di fuggiaschi e nascondigli. È una guerra nascosta e cruenta che porta i civili in prima linea: cittadini, uomini e donne di chiesa, Pio XII in persona. Né potrebbe essere diversamente visto che Roma, di fatto e per comune sentire, non è più la capitale dell'effimero regime fascista della Repubblica sociale ma in tutto e per tutto la città del papa. E come lui non combatte l'occupazione ma nemmeno cede; resiste, si impegna a sopravvivere, aiuta i ricercati a nascondersi. Gli occupanti tedeschi lo avvertono e impongono il regime duro. In una Roma assediata dove le croci uncinate sostano sotto le finestre del papa, i nazisti catturano quasi duemila ebrei; muoiono nei campi di concentramento, alle Fosse Ardeatine. All'incirca diecimila, invece, sopravvivono nascondendosi in case private, nei conventi e nelle parrocchie, negli ospedali, nelle istituzioni e nei territori della Santa Sede. Taluni di quelli che sono venuti in aiuto ai perseguitati sono stati riconosciuti come 'giusti'. Di molti si è persa ogni traccia. (da L'inverno più lungo. 1943-44: Pio XII, gli ebrei e i nazisti a Roma, Laterza, 2012)
  • Il XXI secolo si è aperto nel segno della globalizzazione. Sono cadute barriere territoriali, doganali e politiche. Si verificano migrazioni di popoli e crisi economiche. Di fronte a questi eventi la paura blocca le energie e rende più deboli. Il nostro è un tempo complesso, ma non mancano le nuove possibilità. L'Italia ha una missione in Europa, nel Mediterraneo, in Africa e nel mondo; gli italiani possono operare per superare la crisi e integrare i migranti nel tessuto sociale del nostro Paese. La speranza è che ci sia un futuro degno per ognuno di noi, ma anche per le nostre famiglie e comunità e per quella comunità nazionale che si chiama Italia. (da Dopo la paura la speranza, San Paolo Edizioni, 2012)
  • La sera del 13 marzo 2013 su una Chiesa in grave crisi, su un mondo cattolico ancora scosso dalle dimissioni di Benedetto XVI, si leva improvvisa "una ventata di freschezza umana ed evangelica". Dalla loggia centrale di San Pietro si affaccia un papa inatteso: il cardinale Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires. Il suo pontificato si annuncia fortemente innovatore fin dal nome di Francesco, che nessun predecessore, in duemila anni, aveva mai scelto. Le sue parole e i suoi gesti semplici conquistano subito credenti e non credenti. Non si presenta come il capo di un'istituzione gerarchica, ma come un vescovo che vuole camminare con il suo popolo. Da allora continuano a crescere, giorno dopo giorno, l'entusiasmo e la speranza intorno alla sua persona. (da La sorpresa di papa Francesco, Mondadori)
  • Il Mediterraneo è stato a lungo rappresentato come il mare dei tanti conflitti. Soprattutto il secolare conflitto tra il mondo cristiano e quello islamico, divenuto un archetipo dei rapporti tra le due religioni e le civiltà ad esse legate. Ancora oggi il Mediterraneo è contrassegnato da una serie di preoccupanti conflitti, come quello tra israeliani e palestinesi. Ma anche la "primavera araba" ha lasciato un'eredità di pesanti tensioni in Egitto e in Libia. Drammatica è la situazione della Siria, ostaggio di una guerra civile con tante interferenze internazionali, dove si scontrano il mondo sunnita e sciita. Anche nel XXI secolo il mare Mediterraneo si presenta come uno spazio dove ci sono tanti conflitti, quasi confermando la storia di secoli, se non di millenni. Il Mediterraneo è un mondo frammentato in tante storie diverse, ma intrecciate l'una con l'altra. In questo mondo di diversità c'è però anche un'unità profonda. Esiste un Mediterraneo che, in qualche modo, lega le sorti dei differenti paesi e delle diverse comunità. Si ripropone il grande tema del vivere insieme nel mondo contemporaneo. La civiltà del convivere, nell'uguaglianza e nel rispetto della libertà, è la grande prospettiva che si apre per il XXI secolo. Vivere insieme riguarda anche i rapporti tra le religioni, le nazioni e le culture di quel sistema complesso rappresentato dal Mediterraneo. Per chi ne percorre le storie si aprono scenari in cui le convivenze di ieri si incrinano, ma anche dove si intrecciano nuovi rapporti. (da Mediterraneo. Cristianesimo e Islam tra coabitazione e conflitto, Guerini e Associati, 2014)
  • "Alla fine del mese di ottobre 1915, lo sterminio dei cristiani di Mardin sembrava essere concluso. Tuttavia un centinaio di persone vivevano ancora: erano vecchi, donne anziane, infermi. Il turco Bedreddin fu preso da zelo: 'Spazzateli via, e che non ne rimanga nemmeno uno'. Con questi cento sopravvissuti fece un convoglio che, deportato nel deserto, sparì per sempre". Mardin è una delle tante città dell'impero ottomano dove, durante la prima guerra mondiale, si è consumata la strage degli armeni e dei cristiani. Una violenza che ha segnato in profondità quelle regioni e che non è cessata: sono passati cento anni e la persecuzione in Medio Oriente continua. Anche oggi, a pochi chilometri da Mardin, oltre la frontiera turca, in Siria e in Iraq, si combatte con una crudeltà senza misura. Di nuovo, come allora, si assiste a deportazioni, massacri, sgozzamenti, rapimenti, vendita di donne e di bambini. Molti si chiedono: da dove viene tanta ferocia? Dal profondo di una religione, l'islam, o da una storia di convivenza difficile? Oggi, come ieri, si consuma una pagina della 'morte' dei cristiani d'Oriente. (da La strage dei cristiani. Mardin, gli armeni e la fine di un mondo, Laterza, 2015)
  • "Le periferie, che sono molto più integrate da un punto di vista di comunicazione rispetto a quelle del secolo scorso, sono invece distaccate e non rappresentate da un punto di vista sociale e politico. Qui spesso le reti sociali sono scadenti o assenti. Il controllo sugli spazi urbani periferici risulta complesso e difficile, tanto che vaste aree — specie nelle megalopoli — finiscono sotto il dominio di mafie e di cartelli internazionali o nazionali del crimine. La città del XXI secolo è sempre meno una comunità di destino. Anzi, mentre una parte di essa viene assorbita nei flussi globali e procede sulla via dell'internazionalizzazione, un'altra resta ai margini e fuori dai circuiti di integrazione, se non sprofonda in una condizione di isolamento. Sono i quartieri abbandonati dove spesso le persone vivono per l'intera esistenza e dove forse i figli faranno la stessa vita dei genitori. L'universo delle megalopoli si è strutturato in modo che molto spazio abitato diventi luogo di esclusione. La megalopoli produce costantemente periferie urbane e periferizzazioni umane. Di fronte a questa realtà, specie nel Sud del mondo, lo Stato e le istituzioni sovente rinunciano ad un controllo reale di questi spazi. Diventa un mondo perduto, in cui i drammi umani e sociali si annodano con reti criminose e ribellismi endemici, nel quadro di una cultura della sopravvivenza. Il cristianesimo — su impulso di papa Bergoglio — ha la possibilità di comprendere in modo nuovo la condizione umana e urbana del XXI secolo." (da Periferie. Crisi e novità per la Chiesa, Jaka Book, 2016)
  1. Da Condivisione: via alla pace, Tertium Millenium, n.° 1, febbraio 1998; in Vatican.va.
  2. Dalla Preghiera per la Pace di Bucarest, 1° settembre 1998; riportato in Santegidio.org.
  3. Da La forza della debolezza: ecco l'insegnamento dei martiri,Jesus, maggio 2000; riportato in Santegidio.org.
  4. Da Il destino di un ex impero. Perché la Russia è anche cosa nostra, Il Messaggero di Sant'Antonio, giugno 2000; riportato in Santegidio.org.
  5. Dall'intervista Riccardi: Genova, città aperta, Il Secolo XIX, 28 gennaio 2001; riportata in Santegidio.org.
  6. Da [cerca.unita.it/ARCHIVE/xml/150000/145520.xml?key=Andrea+Riccardi%2A&first=1&orderby=1&f=fir Un futuro da capitale], l'Unità, 20 gennaio 2005, p. 3.
  7. Dalla Preghiera per la pace, Palermo, Religioni e culture tra conflitto e dialogo, 1° settembre 2002; riportato in Santegidio.org.
  8. Da Avvenire, 20 agosto 2005.
  9. a b c Da Famiglia Cristiana, 9 settembre 2005.
  10. Dalla Preghiera per la Pace, Lione, Il coraggio di un umanesimo di pace, 11 settembre 2005; riportato in Santegidio.org.
  11. a b Da Avvenire, 8 febbraio 2006.
  12. a b Da Avvenire, 11 febbraio 2006.
  13. Dalla preghiera per la pace di Washington; in Santegidio.org, 26 aprile 2006.
  14. Dalla Preghiera per la Pace di Assisi, settembre 2006; in Santegidio.org.
  15. a b Da Avvenire, 30 dicembre 2007.
  16. Da Jesus, febbraio 2009.
  17. Dall'intervento alla Marcia in ricordo della deportazione degli ebrei di Roma avvenuta il 16 Ottobre 1943 in Santegidio.org, 17 ottobre 2009.
  18. Da L'uomo soffre per mancanza di visione, FondazioneLapira.org, 18 novembre 2009.
  19. a b c Da «I promessi sposi»: cuore dell'Italia unita Corriere.it, 17 gennaio 2011.
  20. Dall'incontro di Preghiera per la Pace a Monaco settembre 2011; in Santegidio.org.
  21. Da La famiglia, una ricchezza che va fatta fruttare, Famiglia Cristiana, 25 dicembre 2011.
  22. Citato in 27 gennaio, Giornata della Memoria della Shoah, Santegidio.org, Roma, 24 gennaio 2012.
  23. Dal discorso dell'onorevole Andrea Riccardi per la Cooperazione Internazionale e l'integrazione in occasione della 35esima sessione del Consiglio dei Governatori dell'IFAD, IFAD.org, Roma, 22 febbraio 2012.
  24. Dall'intervista di Antonio Galdo, AntonioGaldo.it, marzo 2012.
  25. Da Vigilare contro la politica del disprezzo, 150Plus, giugno 2012.
  26. Dal discorso alla consegna dell'onoreficenza di Commandeur de la Légion d'Honneur, 11 luglio 2012; in Santegidio.org.
  27. Citato in Il Ministro Andrea Riccardi alla presentazione del rapporto dell'Istat "I migranti visti dai cittadini", cita Carta di Roma, Cartadiroma.org, 12 luglio 2012.
  28. Da Bentornata: l'Italia e il mondo hanno ancora bisogno di te, l'Unità, 19 luglio 2012, p. 6.
  29. Da Rossella, il volto dell'Italia migliore, Famiglia Cristiana, 26 luglio 2012.
  30. Citato in Bice Benvenuti, Stranieri, per la crisi un milione se ne va, Avvenire.it, 28 agosto 2012.
  31. Dall'intervista di Luca Liverani Riccardi: «Ma quale Stato etico, puntiamo alla riduzione del rischio», Avvenire.it, 6 settembre 2012.
  32. Dal Discorso di apertura dell'Incontro Internazionale delle religioni per la pace "Living together is the future", Sarajevo, 9 settembre 2012.
  33. Dall'intervista di M. Michela Nicolais "Sono i nuovi martiri. Testimoni di una speranza: il trionfo della convivenza e dell'amore", Trinità e Liberazione.it, Anno IV, Numero 7, 20 settembre 2012.
  34. Dal discorso conclusivo al Forum della Cooperazione Internazionale, Milano, 1/2 ottobre 2012.
  35. a b Da Le cose fatte per l'Italia da rinnovare, Famiglia Cristiana, 6 gennaio 2013.
  36. Da Dopo la paura la speranza, Riccardindrea.it, 10 gennaio 2013.
  37. Dall'intervista di Umberto Rosso Parla a un pezzo d'Italia nostalgica non c'è mai stato un fascismo buono, la Repubblica, 28 gennaio 2013.
  38. Dall'intervista di Vladimiro Polchi Cittadino solo chi va a scuola non credo negli automatismi, la Repubblica, 6 maggio 2013.
  39. Da Siria, la guerra non è una necessità, Le Figaro, 29 giugno 2013; riportato in Riccardi Andrea.it.
  40. Da «Da Francesco l'invito a scrivere una nuova storia missionaria», Avvenire, 15 dicembre 2013; riportato in RiccardiAndrea.it.
  41. a b Dall'intervista a cura di Lucio Caracciolo e Fabrizio Maronta, Andrea Riccardi: Francesco, il primo papa della globalizzazione", Repubblica.it, 11 marzo 2014.
  42. Da Non possiamo respingerli, Famiglia Cristiana.it, 30 aprile 2014.
  43. Dall'intervista Andrea Riccardi: «Aleppo non deve morire», Avvenire.it, 12 giugno 2014.
  44. Citato in Andrea Riccardi: no alle guerre di religione, attenti ai "semplificatori", RadioVaticana.va, 9 settembre 2014.
  45. Dalla Preghiera per la Pace di Anversa, 9 settembre 2014; riportata in AndreaRiccardi.it.
  46. Da Le atrocità del Califfato: Non è una guerra contro l'Occidente, Famiglia Cristiana, 2 ottobre 2014; riportato in Riccardiandrea.it.
  47. Da Uscire è la nostra sfida ad un mondo triste, Avvenire, 17 ottobre 2014; riportato in RiccardiAndrea.it.
  48. Da un'intervista per Radio Vaticana; citato in Andrea Riccardi: attenti che risorgono muri da guerra fredda, ContattoNews.it 16 novembre 2014.
  49. Citato in Roma, Riccardi: Crisi è grave, città ha bisogno del risveglio delle sue energie più profonde, il Velino.it, 17 novembre 2014.
  50. Dall'appello SaveAleppo, maggio 2015, video visibile su #savealeppo - an appeal of Andrea Riccardi from Sant'Egidio, AndreaRicciardi.it, 18 novembre 2014.
  51. Durante un discorso alla Marche Repubblicaine di Parigi dopo gli attentati a Charlie Hebdo, 11 gennaio 2015; citato in Oggi l'Europa comunica a tutti il suo umanesimo popolare: uniti nella diversità contro violenza e terrorismo", Santegidio.org, Parigi, 11 gennaio 2015.
  52. Dall'intervista di Giancarlo Calapà, Il Fatto Quotidiano, 14 gennaio 2015; visibile su Riccardiandrea.it.
  53. Dall'editoriale Dialogo e pace, Famiglia Cristiana, 29 gennaio 2015; riportato in Dialogo tra cristiani, fattore di pace: "Chiese sorelle, popoli fratelli", Riccardiandrea.it.
  54. Da Dialogo tra cristiani, fattore di pace: "Chiese sorelle, popoli fratelli", Famiglia cristiana, 1 febbraio 2015; riportato in RiccardiAndrea.it.
  55. Citato in Vescovi dei Paesi in guerra a Roma per pregare per la pace, RadioVaticana.va, 6 febbraio 2015.
  56. Citato in Riccardi: "Italia intervenga su stragi migranti anche senza UE, Riccardiandrea.it, 12 febbraio 2015.
  57. a b Dall'intervista di Andrea Tornielli Libia, Riccardi: «Risposta forte non significa mostrare i muscoli», Vatican Insider, 17 febbraio 2015.
  58. Dalla dichiarazione a seguito della firma del patto di riconciliazione nazionale in Centrafrica, Roma, 28 febbraio 2015; citato in Firmato a Sant'Egidio l'appello per la riconciliazione nazionale in Centrafrica, SantEgidio.org.
  59. Citato in Roberto Bortone, Libia, Siria, Medio Oriente e immigrazione: per Riccardi il Mediterraneo è uno scenario decisivo per la pace, AgoraVox.it, 16 marzo 2015.
  60. a b c Dall'intervento alla Giornata di studio Cattolici e sciiti: responsabilità dei credenti in un mondo globale e plurale, Roma, 24 marzo 2015; citato in Giuseppe Rusconi, Pensieri sull'ISIS: Padre Samir, Sant'Egidio, gli imam sciiti RossoPorpora.org, 26 marzo 2015.
  61. Dall'intervista di Giuseppe Rusconi, Aleteia, 29 marzo 2015; in Andrea Riccardi e la "nuova" diplomazia pontificia, Andreariccardi.it.
  62. Dall'intervista di Stefano Arduini, Riccardi: «Migranti? Tragedie annunciate, figlie della mancanza di visione politica», Vita.it, 20 aprile 2015.
  63. Dall'intervista al Prof. Andrea Riccardi: Islam, migranti e integrazione, Europinione.it, 28 aprile 2015.
  64. Da Riccardi: «Visti umanitari a chi scappa dalla guerra», Santegidio.org, Trentino, 28 aprile 2015.
  65. a b Citato in Filomena Fuduli Sorrentino, Andrea Riccardi, l'uomo che vuole internazionalizzare l'Italia, La Voce di New York.com, 20 maggio 2015.
  66. Citato in Romina Gabbo, un giorno alla Parola di Dio, FamigliaCristiana.it, 31 maggio 2015.
  67. Dall'intervista di Giacomo Galeazzi Riccardi: la lezione di Francesco ci aiuta a isolare i violenti, Lastampa.it, 29 giugno 2015.
  68. Citato in Maria Cobbi e Giacomo Galeazzi, Periferia o missione, la vacanza intelligente è quella solidale, Lastampa.it, 12 luglio 2015.
  69. a b Da La globalizzazione ha frammentato il mondo, rubrica Religioni e civiltà, Sette, Corriere della Sera, 17 luglio 2015; consultabile su RiccardiAndrea.it.
  70. Da Accanto ai rapiti di Siria, per la pace. Con voce di popolo, Avvenire 22 luglio 2015; riportato in RiccardiAndrea.it.
  71. Da Religioni, ecologia e pace "tre cose che vanno insieme" Andrea Riccardi al Summit sul clima, RiccardiAndrea.it, 22 luglio 2015.
  72. Da Iran più vicino, meno tensioni per tutti, Famiglia Cristiana, 23 luglio 2015; riportato su Santegidio.org.
  73. Citato in Il Prof. Andrea Riccardi a Spoleto ha parlato di Giovanni Paolo II, Spoletonorcia.it, 25 luglio 2015.
  74. Da Peace Meeting Tirana 2015, Santegidio.org, 6 settembre 2015.
  75. Citato in Riccardi: per i profughi asilo con sponsor, Avvenire.it, 7 settembre 2015.
  76. Citato in Papa, accogliere famiglie di profughi. Riccardi: non è invasione, RadioVaticana.va, 7 settembre 2015.
  77. Da Peace Meeting Tirana 2015, Santegidio.org, 8 settembre 2015.
  78. Da Riccardi: Gli equivoci su Francesco e la teologia che non divide, Corriere.it, 5 ottobre 2015.
  79. Da Aleppo, intervista ad Andrea Riccardi: devono stringersi le mani, su Avvenire, ripreso da riccardiandrea.it, 8 novembre 2015.
  80. Da Il commento di Andrea Riccardi sul Papa a Firenze, Riccardiandrea.it, 10 novembre 2015.
  81. Da Andrea Riccardi: Francesco e Kirill, l'incontro che cambia la storia, Famigliacristiana.it, 13 febbraio 2016.
  82. Intervista al programma Uno Mattina, citato in La Divina Commedia ci aiuta a venire fuori dall’incubo del coronavirus, Il Faro di Roma, 25 Marzo 2020.
  83. Da Dopo la Paura la Speranza, ed. San Paolo, 2012, pp. 45-46.
  84. Da La sorpresa di papa Francesco, Mondadori, 2013.
  85. Dall'introduzione di Atenagora con Olivier Clément, Umanesimo spirituale. Dialoghi tra Oriente e Occidente, a cura di Andrea Riccardi; citato in Umanesimo Spirituale - Dialoghi tra Oriente e Occidente, Riccardiandrea.it, 6 febbraio 2013.
  86. Citato in Specchio, n. 341, La Stampa, Torino.
  87. Convivere, Laterza, 2006 [1]

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