Howard Phillips Lovecraft

scrittore, poeta, critico letterario e saggista statunitense (1890-1937)

Howard Phillips Lovecraft (1890 – 1937), scrittore, poeta, critico letterario e saggista statunitense.

H.P. Lovecraft
Per approfondire, vedi: Ciclo di Cthulhu e Racconti dell'incubo.

Citazioni di Howard Phillips Lovecraft

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  • Gli uomini di più vasto intelletto ben sanno che non esiste una netta distinzione tra il reale e l'irreale, e che tutte le cose devono la loro apparenza soltanto ai fallaci mezzi mentali e psichici di cui l'individuo è dotato, attraverso i quali prende coscienza del mondo. Il prosaico materialismo della maggioranza condanna invece quei lampi di una visione superiore che penetrano il velo comune dell'ovvio empirismo, classificandoli come manifestazioni di follia. (da La tomba, 1917)[1]
  • Sogno il giorno in cui usciranno dai flutti e stringeranno negli artigli immensi i resti dell'umanità insignificante, logorata dalle guerre... il giorno in cui le terre sprofonderanno e il fondo oscuro dell'oceano salirà in superficie, nel pandemonio universale.
    La fine è vicina. Sento un rumore alla porta, come se un immenso corpo viscido vi premesse contro. Non mi troverà. Dio, quella mano! La finestra! La finestra! (da Dagon, 1917)
  • Per Crawford Tillinghast, dedicarsi allo studio della scienza e della filosofia era stato un grosso errore. Questo genere di cose vanno lasciate al ricercatore freddo ed impersonale, giacché offrono due alternative egualmente tragiche all'uomo di sensibilità o d'azione: sconforto se fallisce nella sua ricerca, e terrori indicibili e impensabili se mai dovesse riuscirvi. (da Da altrove, 1920)[2]
  • Si dice che a Ulthar, oltre il fiume Skai, non si possono uccidere i gatti, e mentre guardo la bestiola accoccolata a far le fusa davanti al caminetto, non ho nessun motivo per dubitarne. Enigmatico, il gatto è affine a quelle strane cose che l'uomo non può vedere. È lo spirito dell'antico Egitto, depositario dei racconti a noi giunti dalle città dimenticate delle terre di Meroe e Ophir. È parente dei signori della giungla, erede dell'Africa oscura e feroce. La Sfinge è sua cugina, e lui parla la sua lingua; ma il gatto è più vecchio della Sfinge, e ricorda ciò che lei ha dimenticato. (da I gatti di Ulthar, 1920)
  • Arrivato ai miei ultimi giorni, e spinto verso la follia dalle atroci bana­lità dell'esistenza che scavano come gocce d'acqua distillate dai tortu­ratori sul corpo della vittima, cercai la salvezza nel meraviglioso rifu­gio del sonno. Nei sogni trovai un poco della bellezza che avevo inva­no cercato nella vita e m'immersi in antichi giardini e boschi incanta­ti. Una volta che il vento era particolarmente dolce e profumato sentii il richiamo del sud e salpai languido, senza meta, sotto costellazioni ignote. (da Ex Oblivion, 1921)
  • Non è morto ciò che può vivere in eterno, | E in strani eoni anche la morte può morire. [poesia] (da La Città senza Nome, 1921)[3]
  • Che gli dei misericordiosi, se esistono, ci proteggano nelle ore in cui né il potere della volontà, né le droghe inventate dagli uomini posso­no tenerci lontani dall'abisso del sonno. La morte è compassionevole perché da essa non c'è ritorno, ma chi emerge, pallido e carico di ri­cordi, dai recessi della notte, non avrà più pace. Che imbecille sono stato a intraprendere con tanta incoscienza lo studio di misteri che l'uomo non dovrebbe affatto conoscere! (da Hypnos, 1922)
  • L'immaginazione è il più grande rifugio che esista. (da una lettera a F. B. Long del 9 giugno 1922)
  • Lingue ardenti di fiamma invisibile imprimono il marchio dell'inferno sulla mia anima esausta. (da I cari estinti, 1924)
  • “Ma sei assolutamente certo che la tua scoperta sarà per l'umanità un bene tale da compensare questi sacrifici?” Gli occhi di Clarendon lampeggiarono pericolosamente. “L'umanità! E che cos'è l'umanità? La scienza! Sciocchi! Sempre e solo individui! L'umanità va bene per i predicatori... per loro significa folle di ciechi creduloni. L'umanità va bene per i ricchi avidi: a loro parla di dollari e di cents. L'umanità va bene per i politicanti: per loro significa un potere collettivo da usare per il proprio tornaconto. Che cos'è l'umanità? Niente! Grazie a Dio questa rozza illusione non è durata! Un uomo veramente adulto adopera la verità... la conoscenza... la scienza... la luce... strappare il velo e sconfiggere le ombre. La conoscenza, il Grande Moloch! C'è morte nei nostri riti. Dobbiamo uccidere, sezionare, distruggere... tutto per amore della scoperta... il culto della luce ineffabile. La dea Scienza lo esige. Sperimentiamo un veleno dubbio uccidendo. In quale altro modo potremmo farlo? Non si può pensare all'individuo... solo alla conoscenza... bisogna conoscerne l'effetto.” (da L'ultimo esperimento di Clarendon, 1927)[4]
  • Il fascino del macabro è generalmente poco diffuso perché esige dal lettore un certo grado di fantasia ed una notevole capacità di distacco dalla vita quotidiana. Sono pochi gli individui relativamente immuni dalla monotonia della vita di ogni giorno, almeno di quel tanto sufficiente a rispondere ai richiami provenienti dall’esterno, e i racconti di sensazione ed avvenimenti, o di comuni deformazioni sentimentali di tali sensazioni ed eventi, occuperanno sempre il primo posto nel gusto della maggioranza delle persone. E questo probabilmente è giusto, in quanto faccende ordinarie costituiscono la maggior parte dell’esperienza umana. Ma le sensazioni sono sempre con noi e, talvolta, un bizzarro tocco di fantasia invade anche gli angoli più riposti della mente più pragmatica; perciò nessuna razionalizzazione, riforma o analisi freudiana, può cancellare del tutto la paura dei sussurri vicino all’angolo del camino o nel bosco solitario. (da Supernatural Horror in Literature, 1927)[5]
  • L’ignoto, che è anche l’imprevedibile, divenne per i nostri primitivi antenati una terribile fonte di doni e calamità elargiti all’uomo per motivi nascosti ed imponderabili, e quindi appartenenti a sfere di esistenza di cui nulla sappiamo e che non ci riguardano. Il fenomeno del sognare, analogamente, servì a creare il senso del soprannaturale: per cui non c’è da stupirsi del fatto che la vita dell’uomo è impregnata di religione e di superstizione. Tale presenza dev’essere considerata permanente, come un fatto puramente scientifico, per quanto riguarda la mente subconscia e gli istinti interiori. Se infatti l’area dell’ignoto subisce una contrazione da migliaia di anni, un mistero infinito abbraccia ancora la maggior parte del cosmo esterno, mentre una notevole quantità di superstizioni ereditarie permea tutti gli oggetti e quei processi che un tempo erano misteriosi, per quanto, adesso, possano essere tranquillamente spiegati. Oltre a ciò, vi è una presenza degli istinti atavici nel nostro tessuto nervoso che li rende misteriosamente attivi, e questo anche se la mente cosciente viene ad essere liberata da tutte le fonti di stupore. Infatti noi ricordiamo il dolore e la minaccia della morte più vividamente del piacere e, poiché i nostri sentimenti nei confronti degli aspetti benefici dell’ignoto sono stati fin dal principio incanalati in riti religiosi convenzionali, è toccato al lato più oscuto e malefico del mistero cosmico di figurare in primo piano nelle tradizioni popolari soprannaturali. Questa tendenza è esaltata dal fatto che incertezza e pericolo sono da sempre stretti alleati, rendendo così quanto c’è di occulto e misterioso nel mondo quasi un sinonimo di malvagità e pericolo. Quando poi si aggiunge al senso di paura e di malvagità l’inevitabile fascino del prodigio e della curiosità, ecco nascere un insieme composito di acuta emozione e fantasia, la cui vitalità vivrà necessariamente tanto quanto la razza umana. I bambini avranno sempre paura del buio, e gli uomini dotati di menti sensibili tremeranno sempre al pensiero di strani mondi animati di vita misteriosa che vibrano negli abissi al di là delle stelle, o incombono sul nostro pianeta da dimensioni terribili che solo i morti ed i folli possono vedere. Date queste premesse, nessuno si stupirà dell’esistenza di una letteratura dell’Orrore Cosmico. È sempre esistita e sempre esisterà; e non c’è miglior prova della sua forza del citare l’impulso che di tanto in tanto trascina scrittori di tendenze diametralmente opposte ad esercitare saltuariamente la penna in qualche racconto dell’Orrore, come a voler liberare la mente da certe forme di fantasmi che altrimenti li tormenterebbero. (da Supernatural Horror in Literature, 1927)[6]
  • Noi camminiamo nell'oscurità insieme a fantasmi e spettri che non conosciamo e il nostro piccolo mondo si immerge ciecamente in abissi senza fondo, verso mete che non possiamo neanche concepire. Il pensiero stesso è una fusione tra credenza e capacità di intendere. Noi ci illudiamo pensando di conoscere ogni cosa inerente al nostro mondo, ma non è così, e ci stupiremmo se sapessimo realmente ogni cosa o se potesse veramente esserci pace e sicurezza per tutti in questo vasto universo. (da Qualcosa dall'alto, 1929)[7]
  • Né le geometrie non euclidee, né la fisica quantistica, bastano ad aprire certi cervelli, e quando si mischiano questi valori con il folklore e si tenta di scoprire uno strano retroterra di realtà multidimensionali dietro le allusioni demoniache delle storie gotiche e dietro i bisbigli timidi fatti presso l'angolo del focolare, difficilmente ci si può aspettare di essere del tutto liberi dai disordini mentali. (da I sogni nella casa stregata, 1932)[8]
  • E adesso, alla fine, la Terra era morta. L'ultimo patetico superstite era morto. Tutti i bilioni di anni, i lenti millenni, gli imperi e le civiltà dell'umanità, erano riassunti in quell'ultima, povera forma contorta… e quanto titanicamente privo di significato era stato tutto quello! Ora tutti gli sforzi dell'umanità erano arrivati davvero alla fine... quant'era mostruosa e incredibile la conclusione agli occhi di quei poveri sciocchi, felici per i loro giorni gloriosi! Ma il pianeta non avrebbe mai più conosciuto il calpestio delle centinaia di milioni di uomini... e neppure lo strisciare delle lucertole e il ronzio degli insetti, perché anche questi erano per sempre scomparsi. Adesso era venuto il regno degli arbusti spinosi e degli infiniti prati di erba secca. La Terra, come la sua fredda luna imperturbabile, era stata sommersa per sempre dal silenzio e dall'oscurità. Le stelle splendevano... l'intero pianeta avrebbe proseguito verso sconosciute infinità. Questo sciocco finale di un episodio insignificante non importava nulla alle nebulose lontane, ai soli appena nati, a quelli splendenti o morenti. La razza dell'uomo, troppo infinitesimale ed effimera per avere una vera funzione o uno scopo, era come se non fosse mai esistita. A tale conclusione erano pervenuti i millenni della sua farsesca e tormentata evoluzione. Quando i primi raggi del sole morente dardeggiarono la vallata, una luce illuminò la faccia stanca di una figura contorta sommersa dal fango. (explicit di Finché tutti i mari..., 1935)[9]
  • Ora che cerco di raccontare quello che ho visto, mi rendo conto di un centinaio di assurde limitazioni. Le cose percepite con la vista interiore, come quelle fuggevoli visioni che ci arrivano mentre stiamo per cadere nel buio del sonno, sono più vivide e significative di quando cerchiamo di arrivarvi razionalmente. Date la penna a un sogno, e ogni suo colore sparirà. L'inchiostro con il quale scriviamo sembra sbiadito da qualcosa che ha troppa realtà, e scopriamo che dopotutto non è possibile dare forma ai ricordi. È come se il nostro io più profondo, svincolato dal contigente e dalla oggettività, liberasse emozioni represse che vengono soffocate in fretta non appena le traduciamo. Nei sogni e nelle visioni trovano radici le più potenti creazioni dell'uomo, perché essi non sono soggetti alla limitazione delle linee e dei colori. Scene dimenticate e terre più arcane del mondo dorato della fanciullezza si risvegliano nella mente assopita e la pervadono, finché la coscienza non le mette a tacere. (da L'oceano della notte, 1936)[10]
  • È uno che si gode la vita, come tutti quelli a cui è risparmiata la maledizione dell'intelligenza. (da Lettere dall'altrove)
  • [Epitaffio] I am Providence.[11]
  • Il dottor James possiede – è palese – profonde cognizioni scientifiche su come agiscono le sensazioni e i sentimenti umani, e sa bene come dosare eventi, fantasie e sottili associazioni di idee per ottenere il miglior risultato presso i lettori. È un vero artista dell'episodico, abile nel creare eventi e connessioni piuttosto che atmosfere, e riesce a destare le emozioni più a livello intellettuale che in maniera diretta. (citato in Montague Rhodes James, Fantasmi e altri orrori a cura di Gianni Pilo e Sebastiano Fusco, TEN, 1993)
  • In un universo senza scopo, tutto è uguale e nulla vale la pena di un serio pensiero. Non ci resta che cogliere ciò che preferiamo e sorridere, rendendoci conto che dove non esistono autentiche direzioni l'una vale l'altra. Ed è meglio non cadere nell'assurdo eccitandosi o dandosi alla violenza, alle aberrazioni e ai comportamenti antisociali a causa di qualche illusoria sciocchezza. Nulla è importante, ma forse è più confortevole mantenere la calma e non interferire con gli altri. (da Lettere dall'altrove)
  • La verità non esiste e la vita come la immaginiamo di solito è una rete arbitraria e artificiale di illusioni da cui ci lasciamo circondare. Sappiamo che esse sono il semplice risultato di accidenti o punti di vista, ma non abbiamo nulla da guadagnare ad abbatterle. E infatti, è straordinariamente insensato voler abbattere con un forcone da stalla un miraggio che non è mai esistito. Penso che all'uomo assennato convenga scegliere le fantasie che più gli aggradano e crogiolarvisi innocentemente, conscio del fatto che, siccome la realtà non esiste, non c'è niente da guadagnare e molto da perdere nel buttarle via. Ancora, non esistono fantasie preferibili ad altre, perché la misura del loro valore dipende dal rispettivo grado di adattamento alla mente che le contiene. (da Lettere dall'altrove)
  • Lo spettacolo dato dai cristiani e dagli idealisti atei che combattono una lotta mortale è davvero grottesco: viene da considerarlo come una batracomachia, o come la guerra tra i pigmei e le gru.
    Il materialista è l'unico pensatore che fa uso della conoscenza e dell'esperienza che i secoli hanno procurato alla razza umana. È l'uomo che, mettendo da parte gli istinti e i desideri, che sa essere animali e primitivi, e le fantasie e le emozioni, che sa essere puramente soggettive e legate alle ben note illusioni del sogno e della follia, osserva il cosmo avendo ridotto al minimo i pregiudizi personali, come uno spettatore distaccato che perviene, con mente aperta, ad una visione di fronte alla quale non pretende di avere alcuna conoscenza precedente.
    Egli affronta l'universo senza pregiudizi o dogmi, non vuole progettare il dover-essere, né diffondere nel mondo un'idea particolare, ma è dedito solamente all'osservazione, per quanto è possibile, e all'analisi di tutto ciò che può esistere. Egli vede l'infinità, l'eternità, la mancanza di scopi e l'agire automatico della creazione e, in essa, la totale, abissale insignificanza dell'uomo e del mondo.
    Vede che il mondo è solo un granello di polvere la cui esistenza dura un attimo e che perciò tutti i problemi dell'uomo non contano nulla: inezie senza rapporto con l'infinito. Vede chiaramente la debolezza e la fallacia della giustizia e sente l'assurdità della dottrina dell'immortalità della persona, quando in verità la personalità e il pensiero sono propri soltanto della materia altamente organizzata. Riconosce l'impossibilità di cose come delle intellligenze vaghe e incorporee: «vertebrati gassosi», come li ha spiritualmente battezzati Haeckel. (da Idealismo e materialismo: una riflessione)[12]
  • Idealismo e materialismo! Illusione e verità! Scompariranno insieme nell'oscurità solo quando l'uomo avrà cessato di esistere, quando sotto gli ultimi tremuli raggi di un sole morente perirà l'ultimo vestigio di vita organica sul nostro granellino di sabbia cosmica.
    E sui neri pianeti che ruotano diabolicamente attorno ad un sole nero, il nome dell'uomo sarà dimenticato. Neppure le stelle canteranno la sua fama, perforando l'etere con aghi crudeli di pallida luce. Ma chi non sarà così audace da formulare analogie, tanto da dire che degli uomini o delle cose dotate di facoltà umane si insuperbiscono su innumerevoli miriadi di pianeti che, non veduti, roteano attorno a delle stelle lontane? Le loro menti possono essere più grandi o più piccole delle nostre; probabilmente, alcuni mondi ospitano creature più ottuse, mentre altri danno asilo ad esseri che chiameremmo dèi per la loro saggezza. Ma sia che i loro abitanti siano più grandi o più piccoli di noi, nessuno può dubitare che, su ogni mondo in cui esiste il pensiero, esistono anche i sistemi dell'idealismo e del materialismo, eternamente e immutabilmente contrapposti. (da Idealismo e materialismo: una riflessione)[13]
  • Per i materialisti, la mente sembra chiaramente non una cosa ma una modalità di movimento o una forma di energia.
    Ora, per quanto la somma dell'energia nell'universo (parlando senza riferimenti alle recenti scoperte della fisica e della chimica subatomica) sia virtualmente indistruttibile, vediamo con molta chiarezza che essa è eminentemente soggetta a trasformazioni da una forma all'altra. L'energia meccanica diventa, in condizioni appropriate, elettricità, e, in altre condizioni, l'elettricità si muta in luce e calore. Niente si perde, ma tutto si trasforma.
    Ora, io considero il principio vitale come una forma di energia, e la mente è solo una delle molte manifestazioni complesse di quel principio. È un prodotto e un attributo di certe forme e processi della materia e, quando quella materia si disintegra, cessa di esistere, proprio come il calore molecolare cessa di esistere nella dispersione o disintegrazione delle molecole materiali che lo rendono possibile.
    Niente si perde, non più di quanto l'energia elettrica si trasformi in energia luminosa: ma avviene una metamorfosi completa, e l'dentità di mente e vita si distrugge, mentre le unità di energia si disperdono in altre forme: soprattutto calore radiante e altre onde dell'etere. La mente non è più importante della fiamma di una candela. La fiamma è immortale, se vogliamo avere una visione poetica e riflettere sul fatto che le unità di energia non si perdono mai nell'universo, ma vanno semplicemente dissipate e incorporate in altre forme e fenomeni. (da Il materialista oggi)[14]
  • Il mondo, la vita e l'universo che conosciamo sono soltanto una nuvola passeggera; ieri non esisteva e domani la sua esistenza sarà dimenticata. Nulla importa: tutto ciò che accade, accade attraverso l'automatico e inflessibile interagire degli elettroni, atomi e molecole di infinito, secondo modelli che coesistono in una stessa entità di base. L'idea generale è quella di un caleidoscopio con le sue infinite modificazioni; non c'è scopo né obiettivo nella creazione, poiché tutto è un ciclo incessante e ripetitivo di transizioni dal nulla al nulla.
    Ad ogni modo, tutto ciò non deve necessariamente inquietare. Le aspirazioni dello spirito umano, così appassionatamente chiamate in causa dai teisti, sono sufficientemente belle di per se stesse; e non c'è bisogno di distruggerle per cercarne le componenti fisiologiche (anche se è relativamente facile farlo), né di attribuire loro un significato cosmico che, per quanto sia poetico da immaginare, certamente non è logicamente deducibile dalla loro esistenza e dalle loro caratteristiche.
    È dimostrazione di maggiore sensibilità accettare semplicemente l'universo così com'è, e farla finita. Tutto è illusione, vuoto e nulla, ma cosa importa? Le illusioni sono tutto ciò che abbiamo, e dunque fingiamo pure di aggrapparci a loro; esse presentano valori drammatici e confortanti di sensazioni di finalità a cose che in realtà sono senza valore e senza scopo: tutto ciò che si può fare logicamente è lasciar scorrere placidamente e cinicamente la nostra vita, secondo schemi tradizionali artificiali che l'ereditarietà e l'ambiente ci hanno trasmesso. Rimanendo fedeli a queste cose, si avranno maggiori soddisfazioni della vita. (da Il materialista oggi)[15]

Incipit di alcune opere

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Racconti onirici

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I gatti di Ulthar

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Si dice che ad Ulthar, che si trova al di là del fiume Skai, nessuno può uccidere un gatto, e io non stento a crederci, mentre guardo l'animale che sta facendo le fusa davanti al caminetto.

Ex Oblivione

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Quando gli ultimi giorni scesero su di me, e l'orrenda futilità dell'esistenza cominciò a farmi impazzire come delle goccioline d'acqua lasciate cadere senza sosta su un punto preciso del corpo di una vittima, mi abituai al meraviglioso rifugio del sonno. Nei miei sogni trovavo un po' di quella bellezza che invano avevo cercato nella vita, e vagavo tra antichi giardini e boschi incantati.

Possano gli dèi misericordiosi, se esistono davvero, proteggerci in quelle ore in cui vengono meno sia la forza di volontà, sia le droghe inventate dagli uomini per salvarci dall'abisso del sonno. La morte è pietosa, perché da essa non c'è ritorno, mentre per colui che è uscito dalle più profonde camere della notte, consapevole e stravolto, non c'è più pace.

La città dorata

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Se non ci fosse del buono nella pura verità, allora i nostri più bei sogni, le nostre illusioni e follie, dovrebbero essere stimati quanto le ore di lucida veglia per il conforto che ci portano.
Se la verità non vale niente, è giusto guardare ai fantasmi dei nostri sonni con la stessa serietà con cui consideriamo gli avvenimenti della vita quotidiana.

La saga di Randolph Carter

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La deposizione di Randolph Carter

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Vi ripeto, signori, che la vostra inchiesta è inutile. Trattenetemi per sempre, se volete, e imprigionatemi o giustiziatemi se vi serve una vittima da sacrificare a quell'illusione che chiamate giustizia, ma non potrò dirvi niente più di quello che ho già detto.
Ho raccontato con la massima sincerità tutto quello che ricordo. Non ho nascosto né alterato nulla e, se c'è qualcosa di poco chiaro, è solo a causa della nube oscura che mi ottenebra la mente... quella nube e la natura nebulosa degli orrori che l'hanno attirata su di me.

L'innominabile

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Eravamo seduti su una tomba priva di lapidi del XVII secolo, nel tardo pomeriggio di una giornata d'autunno nel vecchio cimitero di Arkham, a speculare sull'Innominabile.
Guardando in direzione del salice gigantesco del cimitero, il cui tronco aveva quasi completamente inghiottito una lapide antica ed illeggibile, avevo espresso una fantasiosa osservazione sul nutrimento macabro e indicibile che quelle enormi radici dovevano succhiare alla terra cinerea e putrida sottostante. Il mio amico la giudicò una assurdità: nessuno strano nutrimento poteva arrivare a quell'albero — disse — perché nel cimitero non avvenivano sepolture da oltre un secolo.

La chiave d'argento

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Quando Randolph Carter giunse all'età di trent'anni, perse la chiave della Porta dei Sogni.
Fino a quel momento aveva compensato la prosaicità della vita con escursioni notturne nelle strane e antiche città situate oltre lo spazio e nelle belle e incredibili terre al di là dei mari eterei. Ma, man mano che procedeva negli anni, sentiva che quella libertà gli sfuggiva a poco a poco, sino a quando, alla fine, non ne fu tagliato fuori del tutto.

La ricerca onirica dello Sconosciuto Kadath

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Tre volte Randolph Carter sognò la meravigliosa città, e tre volte venne portato via mentre si trovava ancora sull'alta terrazza che la dominava.
Riluceva, dorata e splendida nel tramonto, con le sue mura, i templi, i colonnati e i ponti ad arco di marmo venato, mentre fontane d'argento zampillavano con un effetto prismatico su ampi piazzali e giardini odorosi, e larghe strade passavano tra alberi delicati, urne ornate di boccioli e statue d'avorio disposte in file lucenti. Su vertiginosi strapiombi, rivolte verso nord, si arrampicava invece una lunga serie di tetti rossi, e antichi frontoni aguzzi si susseguivano lungo stradine erbose coperte da ciottoli.

Attraverso i cancelli della chiave d'argento

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In un ampio salone arredato con arazzi dagli strani disegni e tappeti di Boukhara estremamente antichi e preziosi, c'erano quattro uomini seduti intorno ad una scrivania. Dagli angoli più lontani, dove bizzarri tripodi di ferro battuto venivano di tanto in tanto riempiti da un negro incredibilmente vecchio, si sprigionava il fumo caotico dell'olibano. In una profonda nicchia ricavata in un canto, ticchettava invece un curioso orologio a forma di bara, il cui quadrante portava incisi dei geroglifici misteriosi, e le cui quattro lancette non si muovevano secondo il sistema orario del nostro pianeta.

Racconti in versi

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Psychopompos

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Io son colui che urla nella notte;
Io son colui che geme nella neve;
Io son colui che mai vide la luce;
Io son colui che ascende dall'abisso.
E il mio cocchio è il cocchio della Morte,
Le mie ali son ali di paura,
Il mio respiro è il soffio del maestrale
E le mie prede sono i freddi morti.

Funghi da Yuggoth

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Il posto era scuro, polveroso e perso
Negli intrichi di Antichi vicoli intorno al porto,
Odorosi di strane cose portate dagli oceani
E annebbiati da volute di foschia spinte dai venti occidentali,
Piccoli vetri a losanghe, oscurati dal fumo e dal ghiaccio,
Mostravano solo i libri, ammassati come alberi contorti.

L'Avamposto

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Quando la sera raffredda il giallo fiume,
E l'ombra incede sui sentieri della giungla,
Il palazzo di Zimbabwe si accende d'un bagliore accecante
Per un grande re che ha paura di sognare.

L'Antico sentiero

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Non c'era nessuna mano a trattenermi
La notte in cui trovai l'antico sentiero
Sulla collina, e mi sforzai di vedere
I campi che tormentano i miei ricordi,
Quell'albero, quel muro: li conoscevo bene,
E ogni tetto, ogni frutteto, aveva
Ai miei occhi l'aspetto familiare
Di un passato non lontano.

Ricordi

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È una dimora a forma di boschetto circolare
Accanto ad una collina,
Dove i rami raccontano
Strane leggende sul Male.

Talvolta sono sulla riva
Ove riversano gli affanni l'impetuoso efflusso,
E le acque inquiete stridule gridano e sospirano
Di segreti che non osan rivelare.

Fantasmi

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Era l'ora innominabile della notte
In cui le illusioni in un nembo delirante
Intorno al silenzioso dormiente, ondeggiano
E si muovono furtive nelle sue visioni inconsce

Altri racconti

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L'estraneo

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Infelice chi nell'infanzia ha soltanto memorie di paura e tristezza. Sventurato chi, volgendosi indietro, non vede che ore solitarie trascorse in sale vaste e malinconiche, tappezzate di lugubri tendaggi e file esasperanti di libri antichi, o in desolate veglie in boschi crepuscolari fitti di immensi alberi grotteschi coperti di erbe, che agitano silenziosi in alto i rami contorti.
Tal sorte gli dèi hanno riservato a me... A me: l'attonito, il deluso; l'abbandonato, l'infranto. Eppure, stranamente pago, mi aggrappo in modo patetico anche a questi ricordi appassiti negli attimi in cui la mente minaccia di soverchiarli per richiamare l'altro ricordo.

Azathot

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Quando la vecchiaia discese sul mondo, e gli uomini persero la capacità di meravigliarsi; quando città grigie sollevarono verso cieli di fumo alte torri cupe e sgraziate, alla cui ombra era impossibile sognare il sole o i campi fioriti di primavera, quando la scienza ebbe strappato alla terra il suo manto di bellezza, e i poeti non cantarono più, se non di fantasmi contorti osservati scrutando nel proprio intimo con occhi velati, quando tutte queste cose accaddero, e le speranze più ingenue si dileguarono per sempre, ci fu un uomo che valicò i confini della vita alla ricerca di qualcosa nei vasti spazi ove erano fuggiti i sogni del mondo.

Nella cripta

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Secondo me, non c'è nulla di più sciocco della convinzione che quello che è familiare sia necessariamente rassicurante, e si tratta addirittura di una convinzione tipica della psicologia di massa.

Qualcosa dall'alto

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Spesso i fatti sono più incredibili degli orrori che proviamo negli incubi. La sola differenza sta nel fatto che, se noi riusciamo a spiegarci un incubo, questo smette di opprimerci. Per l'incidente accaduto a Norton, nell'ovest del Minnesota, questo non avvenne; il mistero non fu mai risolto completamente. Molto spesso non è la vicenda in sé a terrorizzarci, quanto il fatto di non riuscire a comprenderla. È una cosa che stravolge leggi e regole, un qualcosa che va oltre il nostro incoscio e che contrasta con la vita tranquilla di tutti i giorni. Ciò che successe a Norton fu un orrore di natura così incredibile e spaventosa che, chiunque ne fosse stato coinvolto, non avrebbe mai più dimenticato quel giorno di follia.

La trappola

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Fu un giovedì di un mattino di dicembre che cominciò tutta la storia con quell'incomprensibile movimento che mi era parso di vedere nel mio antico specchio di Copenaghen. Mi sembrava che si muovesse qualcosa, qualcosa che veniva riflesso nello specchio, anche se in camera ero completamente solo. Rimasi fermo a scrutare attentamente l'immagine quindi, decidendo che doveva trattarsi di pura illusione, ripresi a pettinarmi i capelli.

Finché tutti i mari...

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L'uomo riposava su una roccia erosa dal vento, scrutando giù per la vallata. Sdraiato in quella posizione poteva vedere molto lontano, ma per tutto lo spazio non c'era il minimo movimento. Non si agitava nulla sulla distesa polverosa, su quel piano di sabbia formatosi dalla disintegrazione dei letti dei fiumi dove una volta scorrevano le acque della giovane Terra. C'era poco verde in quest'ultimo mondo, in questo stadio finale della prolungata presenza dell'umanità sul pianeta.

Tra le mura di Eryx

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Prima di riposare scriverò qualche appunto per preparare il rapporto. Ciò che ho trovato è tanto singolare, così in contrasto con tutte le esperienze passate, da meritare una descrizione precisa.
Sono giunto al campo di atterraggio principale di Venere il 18 marzo, tempo terrestre; VI, 9 del calendario del pianeta.

L'orrore soprannaturale nella letteratura

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Il sentimento più antico e più radicato nel genere umano è la paura, e la paura più antica è quella dell'Ignoto. Questi assunti vengono posti in discussione da ben pochi psicologi, e la loro conclamata verità stabilisce in qualsiasi tempo la genuinità e dignità del racconto Soprannaturale e Orrorifico come forma letteraria.

Alle radici

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Per coloro che guardano dietro la superficie, la Guerra Mondiale attualmente in corso porta mirabilmente a galla più di una verità antropologica. E di queste verità nessuna è più profonda di quella che riguarda l'essenziale immutabilità dell'umanità e dei suoi istinti.

L'Americanismo

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È facile fare del sentimentalismo sullo «spirito americano», su cosa sia, su cosa possa, o su cosa debba essere. Esponenti di recenti e diverse teorie politiche, sono particolarmente inclini ad assumere questo atteggiamento, concludendo quasi sempre che il «vero Americanismo» non è niente di più o niente di meno di quello che le loro rispettive dottrine applicano nell'interno della nazione.

Idealismo e materialismo: una riflessione

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Il pensiero umano, con le sue infinite varietà, i suoi infiniti gradi, aspetti e conflitti, è forse lo spettacolo più divertente e, insieme, più scoraggiante, del nostro globo terracqueo.

Il materialista oggi

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Oggi si assiste alla nascita di una nuova ondata di interesse per la speculazione filosofica. Per un certo periodo, nel diciannovesimo secolo, la dissoluzione di antiche dottrine sotto l'influenza della scienza, favorì la diffusione di un materialismo razionale, di cui furono cospicui esempi Huxley ed Haeckel, ma il successivo infrangersi degli standard morali, nella confusione della liberazione mentale, ha provocato un senso di inquietudine e di panico cerebrale, e per il momento assistiamo al divertente spettacolo di un brancolare alla ricerca di rifugio sotto l'ala di credenze soprannaturali concepite ciecamente al di fuori della riflessione intelligente, o tenuamente modificate così da accordare un sistema di origine extrarazionale con quante più verità scientifiche possibili.

Alcune cause di autoimmolazione

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Le azioni umane, così diverse, complesse e contraddittorie, hanno sempre stimolato la curiosità degli uomini dotati di raziocinio. Fin dai tempi più remoti, i filosofi ne hanno ricercato il movente od i moventi fondamentali, senza giungere ad un accordo fino alle ultime due generazioni, quando è giunta in loro soccorso la psicologia scientifica, fornendo numerose informazioni pertinenti[16].

Tradizione e modernismo: il senso comune nell'arte

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A parte le caratteristiche morfologiche e i riflessi nervosi, ghiandolari e organici determinati da eoni di evoluzione fisica, tutto ciò che siamo, tutto ciò che sentiamo, pensiamo, diciamo, facciamo, speriamo e sogniamo, è prodotto unicamente del nostro patrimonio ambientale.

Lord Dunsany e la sua opera

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I riconoscimenti relativamente esigui accordati sino ad oggi a Lord Dunsany, il quale è forse l'autore vivente più singolare, originale e ricco di potenza immaginativa, costituiscono un divertente commentario sulla naturale stupidità del genere umano.

Alcune osservazioni sulla narrativa interplanetaria

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Nonostante l'attuale copiosità del flusso di racconti che trattano di altri mondi e di altri universi, nonché di intrepidi viaggi tra essi attraverso lo spazio cosmico, probabilmente non è affatto esagerato affermare che soltanto una mezza dozzina di questi prodotti, compresi i romanzi di H.G. Wells, possiedono la benché minima pretesa di serietà artistica o di dignità letteraria.

Qualche passo nel mondo delle Fate

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Nei tempi moderni il termine Fata è stato applicato ad un'amplissima varietà di entità immaginarie, fin quasi a perdere il significato a favore di un valore semantico meno specifico e circoscritto. L'autentica Fata, nell'accezione sviluppatasi nell'ambiente del più antico folklore celtico, costituiva indubbiamente uno spirito di natura femminile corrispondente alle Driadi, alle Naiadi e ad altre ninfe locali dell'antichità classica.

I racconti del soprannaturale: fasi e procedimenti di scrittura

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La ragione che mi induce a scrivere racconti è di fatto la voglia di provare la soddisfazione di visualizzare più chiaramente, dettagliatamente e stabilmente, bellezza e avventurosa attesa che mi vengono suscitate da visioni (sceniche, architettoniche, atmosferiche, ecc.), idee, avvenimenti e immagini incontrate nella letteratura e nell'arte.

Citazioni su Howard Phillips Lovecraft

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  • Una analisi dei racconti di Lovecraft non è agevole; grava sul lettore il pesante fascino della materia; l'ipnosi che impongono gesti e riti mentitamene sacri. Vi è in Lovecraft qualcosa di risolutamente ingenuo, una cultura da incolto, una artificiosità elementare. E tuttavia non pare assurdo dirlo «scrittore». Forse perché il suo puro, concentrato orrore stinge rapidamente, e svela, sotto, qualcosa di duro, di ostinato: si sospetta, una scheggia di letteratura. È angusto, ma non sciocco; è sommario, talora anche rozzo, ma lo assiste una oscura intelligenza, una macchinosa astuzia da monomane. I suoi racconti sono incubi, ed è proprio degli incubi l'essere falsi: sgomenta non la concretezza dell'apparizione, ma la sua sacrilega aspirazione ad esistere. Lovecraft fruga una regione germinale, affollata di nulla sconciamente deformi, e gli accade talora di rintracciare e annotare i segnali dell'altrove, sfregi segnaletici violentemente significanti. (Giorgio Manganelli)
  • Di grande in Lovecraft c'è proprio questo aspetto; sembra sempre che ti dica: «Ho questa cosa orribile per le mani ma non posso descrivertela, se te la descrivessi diventeresti pazzo all'istante e quindi non lo farò». E per me è come se dicesse: «È successo qualcosa, ed è stato incredibilmente sexy. Oh, Dio mio se è stato sexy! Se lo sapessi ti metteresti a correre per strada ululando, ma non posso dirtelo perché non voglio che tu cominci a comportarti in quel modo». Provoca senza eccedere, senza fare un passo in più. Cosa che può lasciare il lettore nello stato d'animo di chiedersi: «Beh, Lovecraft si comportava così perché stava bluffando e cosa fosse l'orrore davvero non lo sapeva».
  • H.P. Lovecraft era geniale quando si trattava di raccontare il macabro, ma come scrittore di dialoghi era uno strazio. Doveva saperlo, perché dei milioni di parole che scrisse, meno di cinquemila sono quelle dedicate al dialogo. [...] Lovecraft era indiscutibilmente uno snob affetto da timidezza patologica [...] quel tipo di scrittore che mantiene una corrispondenza voluminosa ma ha difficoltà a stabilire rapporti personali diretti con il prossimo; fosse vivo oggi, è probabile che la sua presenza sarebbe più vibrante soprattutto nelle varie chat-room di Internet. Scrivere bene i dialoghi è un'abilità che acquisiscono le persone più inclini a parlare e ascoltare gli altri, in particolare ascoltare, cogliendo accenti, ritmi, dialetto e slang. I lupi solitari come Lovecraft sono spesso carenti in questo settore, lo riproducono male o con la cura con cui si scriverebbe in una lingua che non fosse la propria lingua madre.
  • Tra le storie di Lovecraft ho le mie preferite e quelle rimarranno sempre ma è il suo stile che prima o poi può diventare un problema. Ti attira sin che sei giovane e riesci ad accettare anche tutto l'armamentario rococò.
  1. "Tutti i romanzi e i racconti. Il sogno. Tutte le storie oniriche e fantastiche - L'Incubo - I. I Racconti", pag. 51.
  2. "Tutti i romanzi e i racconti. Il sogno. Tutte le storie oniriche e fantastiche - L'Incubo - I. I Racconti", pag. 96.
  3. "Tutti i romanzi e i racconti. Il sogno. Tutte le storie oniriche e fantastiche - Il Mito - I. Le Storie del Ciclo di Cthulhu", pag. 1114.
  4. "Tutti i romanzi e i racconti. Il sogno. Tutte le storie oniriche e fantastiche - L'Incubo - I. I Racconti", pag. 371.
  5. "Tutti i romanzi e i racconti. Il sogno. Tutte le storie oniriche e fantastiche - Il Mito - II. Miscellanea e Saggi", pag. 1843.
  6. "Tutti i romanzi e i racconti. Il sogno. Tutte le storie oniriche e fantastiche - Il Mito - II. Miscellanea e Saggi", pag. 1844.
  7. "Tutti i romanzi e i racconti. Il sogno. Tutte le storie oniriche e fantastiche - L'Incubo - II. Miscellanea", pag. 552.
  8. "Tutti i romanzi e i racconti. Il sogno. Tutte le storie oniriche e fantastiche - Il Mito - I. Le Storie del Ciclo di Cthulhu", pag. 1608.
  9. "Tutti i romanzi e i racconti. Il sogno. Tutte le storie oniriche e fantastiche - L'Incubo - I. I Racconti", pag. 457.
  10. "Tutti i romanzi e i racconti. Il sogno. Tutte le storie oniriche e fantastiche - L'Incubo - I. I Racconti", pag. 469-470.
  11. Letteralmente «Io sono la Provvidenza»: evidente gioco di parole tra la città natale, nonché luogo di sepoltura di Lovecraft, e la Provvidenza (Foto della lapide).
  12. "Tutti i romanzi e i racconti. Il sogno. Tutte le storie oniriche e fantastiche - Il Sogno - Saggi", pag. 1032-1033.
  13. "Tutti i romanzi e i racconti. Il sogno. Tutte le storie oniriche e fantastiche - Il Sogno - Saggi", pag. 1036.
  14. "Tutti i romanzi e i racconti. Il sogno. Tutte le storie oniriche e fantastiche - Il Sogno - Saggi", pag. 1037-1038.
  15. "Tutti i romanzi e i racconti. Il sogno. Tutte le storie oniriche e fantastiche - Il Sogno - Saggi", pag. 1038-1039.
  16. Il titolo completo del saggio è: Alcune cause di autoimmolazione. I motivi per cui gli esseri umani si sottomettono volontariamente a situazioni spiacevoli.

Bibliografia

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  • Howard Phillips Lovecraft, La tomba e altre storie dell'orrore (1995), Newton Compton editori, traduzione di Gianni Pilo.
  • Howard Phillips Lovecraft, Lettere dall'altrove: epistolario 1915-1917, Mondadori, 1993. Edizione e traduzioni a cura di Giuseppe Lippi.
  • Howard Phillips Lovecraft, Tutti i romanzi e i racconti. Il sogno. Tutte le storie oniriche e fantastiche, a cura di Gianni Pilo e Sebastiano Fusco, Newton, 1993. ISBN 8879832247

Filmografia

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