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[1361-1365] Re e principi. Corte e nobiltà 459


e molti secoli prima di lui un poeta latino aveva detto:

1361.   An nescis longas regibus esse manus?1

(Ovidio, Heroides, ep. XVII. Helena Paridi, v. I66).
intendendo che i re hanno le mani lunghe e quindi la giustizia loro può colpire anche da lontano: ma la frase si cita maliziosamente in ben altro senso.

Però, benchè Vittorio Alfieri, implacabile odiatore della tirannide, opinasse che:

1362.   Seggio è di sangue e d’empietade il trono.

(Saul, tragedia, a. IV. sc. 3).
altri sono più sereni, e ammettono delle distinzioni: certamente ci furono, ci sono e ci saranno dei principi, simili a quelli di cui disse il Divino Poeta:

1363.                                      ....Son tiranni
Che diêr nel sangue e nell’aver di piglio.

(Dante, Inferno, c. XII, v. 104-105).

o che furono ammoniti da Vincenzo Monti per bocca di Aristodemo con le ultime parole di lui:

1364.                                 .... Dite ai regi
Che mal si compra co’ delitti il soglio.

(Aristodemo, tragedia, a. V, sc. 4).
ma non tutti rassomigliano a costoro, e in fondo:

1365.                            .... Ces malheureux rois,
S’ils font beaucoup de mal, ont du bon quelquefois.2

( Andrieux, Le meûnier de Sans Souci, v. 7-8).

Il secondo verso è più spesso citato così:
     Dont on dit tant de mal. ont du bon quelquefois.

  1. 1361.   Non sai che i re hanno le mani lunghe?
  2. 1365.   Questi disgraziati re, che fanno tanto male, hanno talora del buono.
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