Ho letto questo romanzo agli inizi della mia esperienza professionale e ne rimasi entusiasta. Lo feci leggere a Paola e poi decidemmo di regalarlo a tutti i nostri clienti, Piccirillo, credo l’unico che lo ha letto, mi chiamò felicissimo. Di anni ne sono passati una trentina e, praticamente, quasi al termine dell’attività professionale, a seguito del trasferimento dello studio, questo libro è ricomparso e ho deciso di rileggerlo. Ero curioso di capire quanto mi avrebbe appassionato, di acqua, delusioni, dolori, disillusioni, sotto il ponte della mia vita ce n’è passata davvero molta. E non escludevo che un libro sui giornali letto quasi trenta anni fa potesse oggi deludermi. Ma così non è stato. La storia di Tito Almerighi, un giornalista di qualità, chiamato a dirigere il quotidiano di una piccola città di provincia mi ha da subito preso un’altra volta. Gli ingredienti sono semplici, quasi banali, un ricco industriale che detta le regole del gioco alla politica per ingrandire il proprio giro di affari, la magistratura silente e un giornale prono agli interessi del boss locale. Una palude che sembra divorare qualsiasi cosa e che rende vano ogni tentativo di opposizione. Nonostante una giovane ambientalista, Rachele, provi con ogni energia a combattere questo limbo in cui la sua città è precipitata e un magistrato che, da solo, prova a vederci chiaro. Ma l’arrivo di Almerighi alla direzione de “Il nuovo informatore” cambia tutto e Marramiero, il potente industriale, inizia ad avere i primi problemi. La soluzione diventa a questo punto acquistare il giornale in modo da zittire definitivamente Almerighi, ma qua non devo fare i riassunti e allora semplicemente basti dire che questo è un libro che non ti fa dormire per sapere come va a finire. Non sarà un capolavoro, ma è un grandissimo romanzo. ( )